Caro Draco.
Sono passati tanti anni da quando ci siamo incontrati, da quando ci siamo lasciati. Ognuno dei due è andato avanti con la sua vita, e temo che tu ti sia dimenticato di me, perché io non ci sono riuscita.
Non riesco a scordare tutte quelle ore passate insieme, nella stanza delle necessità. Ogni giorno, per un anno, mi hai portata lì e, guardandoti, il tempo volava.
Ogni volta che credo di aver scordato come mi facevi sentire, ogni volta che mi convinco di essere passata oltre al dolore, un ragazzo che, camminando, mangia un frutto per strada mi ricorda te, o semplicemente mi sveglio dopo un sogno in cui mi toccavi di nuovo con quelle tue splendide labbra.
Ah, quelle tue labbra! Come posso sperare di scordare il modo in cui posavi le tue labbra su di me?
Sei stato il primo a toccarmi in quel modo, sai? E anche dopo, nessuno ha mai più saputo mordermi come facevi tu.
Dopo quell’anno passato insieme, poi, mi hai abbandonato per scappare lontano, e al tuo ritorno non mi hai più cercata.
Non so se per vergogna o perché non ti importava più di me, ormai non importa più dopo tutto questo tempo.
Ho saputo che ormai sei sposato, e che stai per avere dei figli. Sono felice per te.
Ti amo ancora, davvero, e sarà per sempre, fino all’ultimo morso.
La mela.


Draco leggeva e rileggeva quella lettera che, quella mattina, era comparsa sotto la porta di casa sua. Appena aveva visto l’intestazione sulla busta, era corso in giardino, senza dare spiegazioni a nessuno, e nessuno le aveva chieste.
Ora, seduto sotto quel melo che anni prima aveva insistito per piantare personalmente, una lacrima gli rotolò sulla guancia fino ad atterrare sul foglio.