Fanfic su artisti musicali > SHINee
Segui la storia  |       
Autore: SkyScraper88    01/09/2012    9 recensioni
Le prime gocce scivolarono silenziose sul viso, infastidendolo. Sbuffò, mentre cercava rapidamente rifugio oltre l’uscio di quel vecchio stabile ubicato alla periferia di Seoul. Gli piaceva la pioggia, ma non quando i capelli gli si schiacciavano sulla fronte e sulle guance, donandogli un aspetto insicuro e trasandato. Aveva lasciato l’ombrello a casa prima di partire, ricordò con un pizzico di irritazione sul bel volto. Attraverso il fitto incedere del temporale osservò la sua nuova città. L’ultima pioggia. L’estate stava arrivando.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Jonghyun, Key, Quasi tutti, Sorpresa
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NOTE

Eccomiiiiiiiiiiiiiiiii! >_<
*saltella in direzione del palco, con i capelli al vento e una marea di fogli svolazzanti*
Ce l'ho fatta! Ce l'ho fatta! Ce l'ho fatta! *il manoscritto del nuovo capitolo si disperde tra il pubblico, lanciato in aria
dalla sottoscritta, che si prodiga in una clamorosa risata da nevrosi, innalzando le mani al cielo e lodando il Signore*

Ma non vi sono mancaaaaaaaaaaaata?!?!?! *^* Ooooohhhhh quanto mi siete mancate VOI invece,
mie piccole seguaci svalvolate e arrostite dal caldo! ^w^ Quante di voi si sono abbrustolite al sole?!?!
Dite, dite! Sono proprio curiosa di ascoltare le vostre avventure estive! ^^
*si lancia ai piedi del palco, ciondolanto le gambine oltre il bordo e fissando una ad una le sue lettrici*

Fatevi sentire, mi raccomando!!!!

Bacioniiiiiiiiiiiiiiiii
Chuuuuuuuuuuuuu
<3 <3 <3

SkyScraper








 

Capitolo 29 - Luci e colori

Il suo sorriso sapeva di fragole appena raccolte, mentre il sole trasudava da ogni poro delle braccia, donando alla pelle quella sfumatura luminosa di inizio estate. Non era mai banale o scontato. Anche quando ti aspettavi di vederlo apparire, la luce che i suoi occhi ti regalavano rimaneva uno spettacolo unico al mondo. Deliziosamente incantevole. Ecco com’era Kibum.
 
Nonostante avessi sperato in una temperatura più generosa, i nuvolosi grigi oltre le ultime vetrate dei grattacieli non lasciavano presagire alcuna benevolenza climatica. Lui mi osservava, raggomitolato sul divano con Lucy accanto. Mi accarezzò i capelli quando gli sedetti vicino, invitandomi a seguirlo sotto il piumone che si era trascinato dietro appena alzato.
 
“Grazie” gli dissi, accettando con un piccolo bacio la sua bevanda fumante. Scivolò sul mio petto senza parlare, riscaldando ogni angolo della mia anima con la piacevole sensazione del suo corpo stretto al mio. Bevvi solo qualche sorso, porgendogli nuovamente la tazza. Le labbra a cuore si schiusero dolci, e le palpebre vennero abbassate. Doveva piacergli parecchio.
 
“Dove mi porti?” mi aveva chiesto più volte, fin dalla sera prima, mentre strofinava la sua testolina bionda contro il mio collo, quasi stesse facendo le fusa. Lo sapevo che era curioso. Un piccolo micetto dall’intelligenza spiccata e la pazienza quasi inesistente. Cercai di raggirare ognuna delle sue domande, donandogli in cambio numerose carezze. Odiava la mia cocciutaggine, e la sua espressione corrucciata mi faceva davvero troppa tenerezza.
 
Avevo insistito perché prendesse la mia sciarpa e una delle mie felpe più pesanti, da mettere sotto il giubbotto. Il tragitto da percorrere non sarebbe stato breve. Quando richiuse la cerniera, sbuffando pesantemente mentre uscivamo di casa, mi diede l’impressione di un bambino delle elementari con il broncio indignato. Sembrava un fagottino farcito, tanti erano gli strati di vestiario che lo ricoprivano.
 
“Anni di classe buttati nel water…!” si lamentò, strappandomi una breve risata. Sollevò il mento, frustrato e orgoglioso al tempo stesso. “Ma tu cosa ne puoi capire, scimmione!” aggiunse, credendo di offendermi. La realtà… è che mi venne solo voglia di strapazzarlo di coccole. Dovette intuirlo, perché sbuffò ancora, allontanandosi con sdegno. A Kibum non è mai piaciuto essere preso alla leggera.
 
Un orario insolito per viaggiare, difatti i treni erano pressoché vuoti. Salimmo sul terzo vagone, mentre al tabellone elettronico il nome della nostra meta gli fece arricciare le labbra. “E’ lontanissimo” commentò, stringendosi più forte al mio braccio. Avrebbe voluto tenere il muso ancora per un po’, ma faceva molto freddo e il mio calore dovette allettarlo parecchio.
 
Le due ore e mezza seguenti le trascorremmo seduti l’uno accanto all’altro, in quell’anonima carrozza passeggeri di seconda classe. Terza fila a destra, posti 32/A e 33/B. Gli cedetti il sedile accanto al finestrino, sul quale sporadici raggi rendevano il ruvido sostegno appena più confortevole. Parve non accorgersi della mia gentilezza, ma non mi dispiacque. Mi piaceva prendermi cura di lui, e quando tirò fuori dalla tasca della borsa quella squadrata scatoletta rossa e bianca…
 
“L’ho presi ieri, però…” divenne completamento rosso, chinando il capo e mordendo la boccuccia delicata “Mi sento uno stupido adesso”.
 
Il cuore mi esplose in gola, trottando a perdifiato verso le mie emozioni impazzite. Era l’11 Novembre.
 
Friabile e sottile sulla lingua, si frantumò ben presto in piccoli granellini, mentre lasciava infine spazio al gusto dolce del cacao al latte. Sorrisi come un idiota di fronte ai suoi occhietti imbarazzati, ma Kibum abbassò le palpebre, senza permettermi di rimirare oltre le sue reazioni. Sfiorai le sue labbra con quel che restava del mio bastoncino al cioccolato, e lui le schiuse velocemente, masticando a capo chino.
 
“E’ stata tua l’idea…” lo canzonai, ridendo della sua espressione impacciata. Una ragazza, seduta qualche fila avanti a noi, si voltò su un fianco, cercando ancora una volta le nostre figure. Ci sbirciava con la coda dell’occhio, con uno sguardo misto tra la curiosità e la paura di essere scoperta. Non potevo dirlo a Bummie… avrebbe finito col nascondersi sotto il sedile!
 
Teoricamente avremmo dovuto farlo per strada, come tutti gli altri fidanzati; ma noi non eravamo come gli altri, ed io lo sapevo bene. Per questo Kibum mi aveva mostrato la confezione di Pepero solo in treno.
 
Era ingiusto. Perché dovevamo essere giudicati? Avvertivo sulle spalle lo sguardo severo di quell’uomo d’affari con l’auricolare all’orecchio. Non era difficile immaginare la relazione tra me e il mio vicino di sedile. Le dita sottili del ragazzo con cui dividevo casa erano rimaste per tutto il tempo intrecciate alle mie, mentre i suoi capelli biondi sfioravano insistentemente la mia guancia destra, tanto eravamo vicini.
 
L’imbarazzo del mio coinquilino non era dovuto ai giudizi della gente. Nonostante la sua indubbia timidezza, Kibum restava comunque una persona totalmente sorda al pensiero degli estranei, tanto più se superficiale e insensato. “Lasciane qualcuno per più tardi” gli suggerii, chinandomi verso il suo viso quando mi venne voglia si assaggiare la sua bocca.
 
“Sai di cioccolato” mormorò, sorridendo nel nostro bacio. Non risposi, ma lo strinsi più forte a me… mentre tutti quanti, compreso il tizio con la ventiquattrore, spostavano i loro sguardi indiscreti fuori dai finestrini. “Sono felice…” soffiò al mio orecchio, scivolando ancora una volta sulla mia spalla, con gli occhi già chiusi.
 
Si addormentò di lì a poco.
 
Giocherellai con i suoi capelli scomposti dal vento, slegando appena la sciarpa che portava ancora al collo. Il sole, intento a giocare a nascondino tra le nuvole, mostrava di tanto in tanto il suo volto, illuminando il profilo delicato del mio fidanzato. “Non avrei mai pensato di farcela…” sospirai, portando un braccio intorno alle sue spalle. Come avrebbe reagito… sapendo la verità?
 
Il cellulare nella tasca interna del suo giubbotto prese a suonare insistentemente, rischiando così di turbare il suo sonno. Kibum storse le labbra, muovendosi nervosamente nel mio abbraccio. Imprecai tra i denti, maledicendo mentalmente il guastafeste che aveva deciso di chiamarlo proprio in quel momento. Presi la chiamata senza neanche verificarne il mittente, e la voce profonda dall’altro lato dell’apparecchio mi fece automaticamente serrare i pugni.
 
“Cosa diavolo vuoi?!” sputai fuori, attirando nuovamente l’attenzione degli altri passeggeri.
 
“Sicuramente non te” grugnì Byung-Hee, altrettanto infastidito “Sei con lui, giusto?” indagò subito dopo, ma senza darmi il tempo di ribattere aggiunse “Certo che sei con lui. Che domanda idiota!” rise piano, ma nella sua voce non vi era alcuna traccia di divertimento “Digli solo che l’ho cercato. Mi richiamerà”.
 
Aprii istintivamente la bocca, già pronto a mandarlo al diavolo. Ma la comunicazione venne interrotta bruscamente, e la lunga serie di improperi che mi uscì fuori avrebbe fatto impallidire perfino il più scurrile e insolente tra gli  uomini.
 

*****

 
“Non capisco cosa tu voglia da me” commentò, guardingo, spostando il peso del proprio corpo da un piede all’altro. La felpa grigia delineava con garbo le sue spalle ampie e ben proporzionate, rendendo l’alta figura vagamente elegante. “Ho da fare, levati di torno!”
 
Il ragazzo che gli stava di fronte non fece caso al suo tono poco conciliante, rispondendo allo stesso con un sorriso largo e inaspettatamente sincero. “Non era mia intenzione importunarti, però… credo che tu avessi ragione” scandì con una leggera alzata di spalle, facendosi infine da parte “Quel tipo se la tira troppo anche per i miei gusti” concluse, allontanandosi a passo lento verso l’uscita dell’aula.
 
La risata del suo interlocutore gli giunse esageratamente sguaiata, mentre lo studente dai capelli lunghi e lo sguardo divertito gli andava inaspettatamente dietro. “Vuoi dire che culetto d’oro sta facendo impazzire anche te?!” cantilenò, con quel suo timbro vibrante e non più risentito “Eppure… l’ultima volta mi sembravi abbastanza devoto” commentò prudente, inarcando un sopracciglio di fronte all’espressione scocciata dell’altro ragazzo.
 
“Chi non sarebbe devoto ad un culo come quello!”
 
Un nuovo moto di risa, indecente quasi quanto il primo, mentre la grossa mano si abbatteva più volte sulla spalla di Byung-Hee, costringendolo ad arrestare il passo. “Al diavolo, Jung! Ti sento quasi come un camerata adesso!”
 
Due grandi occhi scuri si sgranarono su quella scena, increduli di fronte a ciò che tanto inaspettatamente stava accadendo lungo il corridoio del terzo piano. Minho si appiattì istintivamente alla parete, celando con la fronte aggrottata la propria persona. “Che diavolo sta succedendo qui?!” ringhiò tra i denti, ripercorrendo a mente una delle tante conversazioni avute con il suo compagno di corsa.
 
I passi pesanti di Seung Su gli fecero trattenere il respiro, e di farsi beccare ad origliare da quei due proprio non ne aveva voglia. La tracolla scivolò repentinamente dal suo braccio sinistro, senza che riuscisse a trattenerla. Si scontrò col pavimento, producendo un tonfo non indifferente, che causò l’immediato arresto delle chiacchiere tra i due cospiratori.
 
“Chi c’è?!” sbraitò d’improvviso il più piccolo fra i due, guardandosi intorno con circospezione. I suoi riflessi dovevano essere senza dubbio molto lenti, perché dell’alta figura nascosta oltre la soglia dell’aula di scienze non avvertì alcuna presenza.
 
“Stai diventando paranoico!” sbuffò Byung-Hee, passandogli con familiarità un braccio intorno alle spalle “Temi che qualcuno scopra le tue intenzioni di andare a puttane?!” lo prese in giro, puntando i propri occhi derisori sull’espressione indignata di Seung Su.
 
“Parli proprio tu!” ribatté quest’ultimo “Cosa direbbe culetto d’oro dei postacci che frequenti?!” gli occhi scuri si fecero più sottili, mentre le pupille si dilatarono al col tempo, chiaro segno del suo divertimento. Il più grande fece spallucce, arricciando il naso. La mano si mosse veloce verso la tasca posteriore dei jeans, dove andò a recuperare il proprio pacco di sigarette, già per metà consumato.
 
“Non sono un santo” borbottò, offrendogliene una con fare indolente “Dovrò pur divertirmi in qualche modo, in attesa che quel tizio si decida ad aprirmi le gambe!”
 
La rabbia esplose veloce, vibrando attraverso la mascella serrata e i muscoli contratti. Minho avvertì sotto la pelle il pulsare frenetico del sangue, che risaliva irrequieto ogni vena, manifestando senza indugio la collera che quella conversazione ascoltata per caso aveva risvegliato. “Figlio di puttana!” sputò fuori, frustrato, fin troppo consapevole di non poter affrontare da solo quei due bastardi.
 
Le voci lungo il corridoio scemarono lente, insieme al rumore metallico che la cinghia del casco procurava sull’involucro esterno di quest’ultimo. Orari e punti d’incontro vennero stabiliti con impensabile risolutezza, mentre il nome di un vecchio club dei quartieri malfamati veniva inevitabilmente menzionato.
 
“Non temere… Jong ti aprirà la testa prima di lasciartelo toccare!”
 

*****

 
Raccolsi dal tavolo le ultime mele, sistemandole con soddisfazione all’interno del piccolo portafrutta dalle sfumature verdastre. Mi si fece vicino, addentando con le labbra sporche di cioccolato un altro pezzo di merendina. “Dovresti concentrarti su qualcosa di più salutare!” puntualizzai, indicando i miei acquisti con un gesto del capo. Inutile continuare. Taemin mi fece la linguaccia, lasciandosi cadere sul  divano con un gran sorriso.
 
Separarlo dai suoi amati dolciumi sarebbe stata un’impresa difficile anche per me.
 
“Né Hyung?” mi chiamò, portando sulla mia espressione scocciata i suoi grandi occhi innocenti “Non avercela con me, ok?” mormorò, aprendo le braccia nella mia direzione. Sospirai, largamente sconfitto. Sedetti al suo fianco, permettendogli di stringermi senza opporre resistenza.
 
Continuò a masticare, arrampicandosi sul mio grembo con sguardo compiaciuto. “Piccola canaglia!” borbottai, arricciando le mie labbra e bloccando le sue. Sbuffò contro la mia mano, scacciandola via per potermi baciare. Un bacetto innocente, di quelli che mi dedicava spesso quando eravamo soli. Posò la bocca sulla mia guancia destra, sorridendo euforico quando mi vide arrossire.
 
“Anche Minho-Hyung arrossisce di continuo” osservò, facendo spallucce e ricominciando a mangiare.
 
“Quando torna?” gli chiesi, liberandomi della felpa per consegnarla a lui. Sorrise ancora, ringraziandomi con la bocca piena. Infilò le braccia nell’indumento, alzando la cerniera e tornandomi vicino. Era un po’ grande per lui, nonostante sui polsi la lunghezza risultasse perfetta. “Cresci in fretta” aggiunsi, mentre una nuova luce gli illuminava il volto.
 
“Oggi finisce alle 17:00. Mancano ancora un paio d’ore” rispose, strizzando appena gli occhi quando tentò di decifrare l’orario sul piccolo display del lettore dvd. “Che film guardavi?” volle sapere, abbandonando la carta della merendina sul basso tavolino accanto al divano. “Qualcosa di romantico, scommetto!”
 
Risi della sua osservazione, recuperando il telecomando e pigiando il tasto di avvio. Mi conosceva fin troppo bene. Feci ripartire il video dall’inizio, ma la prima parte già la conoscevo. Chiusi gli occhi, lasciandomi cullare da quella piacevole atmosfera di ordinaria tranquillità che aleggiava all’interno della mia piccola cucina.
 
“Avevo ragione” disse ad un certo punto, quando sullo schermo la principessa venne salvata dal coraggioso cavaliere “Quel tipo potresti essere tu!” aggiunse, convinto, regalando un altro piccolo bacio alla mia espressione imbarazzata “Ecco, vedi!” strillò, indicando la madrina in lacrime di fronte alla scomparsa della principessa “Quello è omma!”
 
La donna dalle lunghe vesti, con in mano un delicato fazzolettino e le guance arrossate, mollò una sberla al povero capitano delle guardie, accusandolo dell’accaduto. “Non dirlo…” ribattei, quasi strozzato dalle mie stesse risa “Quello è Jonghyun!”
 
Tae si contorse sul mio petto, stringendo le braccia allo stomaco quando le lacrime scivolarono lungo le gote insieme al suo divertimento. “Uguale!” starnazzò, rischiando di cadere dal divano. Lo afferrai giusto in tempo, ridendo insieme a lui del povero capitano, costretto a correre dietro all’isterica madrina, ormai furiosa.
 
I due, si sarebbe scoperto solo alla fine, erano mutuamente innamorati l’una dell’altro fin dal primo incontro.
 
Sui titoli di coda, le note di una malinconica canzone accompagnarono quel venerdì pomeriggio, rendendo appena più lucidi i miei occhi. Che vergogna! Sono un vecchio sentimentale, e piangere alla fine di un buon film d’amore è sempre stato il mio punto debole più imbarazzante. Tae si sollevò sulle ginocchia, sorridendo comprensivo mentre mi porgeva la mano.
 
“Andiamo Hyung piagnucolone!” mi prese in giro, aiutandomi ad alzarmi “Ti offro latte e biscotti se abbandoni questi disdicevoli lacrimoni!”
 
E fu più o meno così che finimmo nel suo appartamento: io seduto sulla vecchia sedia di vimini, accanto al frigorifero, e lui impegnato a non versare il latte fuori dal pentolino. Seguii pensieroso i suoi movimenti, soffermandomi più del necessario sul piccolo segno rosso alla base del collo. Fin troppo evidente per i miei gusti. Storsi le labbra, ma non dissi una parola.
 
Sul secondo scaffale, tra la scatola di cereali e il barattolo dello zucchero, una confezione quasi integra di biscotti mi fu indicata. “Puoi prenderli, per piacere?” mi chiese, e io annuii di rimando. Solo con un paio di quei cosi io avrei potuto addirittura cenare. Passai con una smorfia la mano sinistra sullo stomaco, constatando con disappunto quanto quel paio di chili presi negli ultimi tempi iniziassero ad infastidirmi.
 
“Ti prego… non farlo!” esclamò, allarmato, richiamando a sé il mio sguardo confuso “Mi sembri omma in questo momento!” aggiunse, posando entrambe le mani sul visetto paffuto, fingendosi sconvolto.
 
Rise del mio broncio, rubando una dolce girella ricoperta al cacao per portarla alle mie labbra. Borbottai un’imprecazione, infastidito dal suo malefico ghigno. “Chiamerò te per trainarmi fuori dal mio appartamento, quando peserò una tonnellata e non riuscirò neanche a reggermi in piedi!” lo minacciai, raccogliendo dalle sue dita il megacalorico dolcetto.
 
Taemin non diede peso alla mia provocazione, ma lanciò un rapido sguardo all’orologio da parete, aggiungendo una terza tazza alle due già presenti sul tavolo. “Sarà qui tra poco” disse, allineando con eccessiva precisione il cucchiaio dal manico argentato alla stuoietta per la colazione utilizzata da Minho.
 
“Mi ha raccontato dell’album” mormorai, certo di non indispettirlo. Alzò lo sguardo su di me, un po’ imbarazzato, annuendo in risposta. “Come va adesso?” sollevai appena la sedia che mi venne indicata, scostandola dal tavolo. Sedette di fronte a me, chinando il capo sulle dita nervose.
 
“Meglio… credo” la sua voce era solo un sussurro, e dovetti concentrarmi molto sul movimento delle sue labbra, altrimenti sono certo che qualche parola mi sarebbe sfuggita sicuramente. “E’ stato strano. Non credevo di esserne capace, sai?” inspirò profondamente, cercando i miei occhi con un piccolo sorriso appena accennato “Però con lui è stato più facile”.
 
Stesi istintivamente un braccio, cercando i suoi capelli con la punta delle dita. Lo accarezzai con dolcezza, fiero come non mai dell’inaspettato coraggio che aveva dimostrato. “Andrà tutto bene” gli ricordai, mentre il suo sorriso diveniva più sereno e la sua mano stringeva forte la mia “Siamo tutti qui per te”.
 
Schiuse le labbra, probabilmente sul punto di ringraziarmi, ma la serratura all’ingresso scattò all’improvviso, ed entrambi ci tirammo velocemente indietro. Minho annunciò con una piccola smorfia il suo ritorno, abbandonando il giubbotto e la tracolla sul divano. I suoi movimenti erano frettolosi e infastiditi. Non mi lasciarono presagire nulla di buono, così come il suo sguardo preoccupato, quando incontrò il mio.
 
“Non sono un incosciente” esordì, stringendo i pugni e chinando il capo. Taemin gli arrivò rapido vicino, fissandolo con evidente apprensione “Se lo dico a Jong finisce male…”
 

*****

 
Inizialmente progettato su due livelli, il terzo piano era stato inserito tra le direttive dell’architetto solo a metà lavoro. Le vetrate ampie tra una zona e l’altra facevano da pareti, catapultando il visitatore all’interno di quell’incommensurabile spettacolo fatto di acqua e colori. Le luci dalla forma sferica erano state direttamente incassate al pavimento, così da delineare il cammino di ciascun ospite fin verso l’uscita.
 
Ogni vasca era dotata di illuminazione propria, sapientemente progettata in modo da valorizzarne ogni particolare. Le pietre sul fondo rispecchiavano le sfumature argentate da cui erano colpite, proiettandosi poi verso l’alto, accarezzando con il loro tenue bagliore i corpi longilinei e aggraziati che gli nuotavano accanto. Verde, rosso, dorato. La zona dei pesci tropicali era senza dubbio la più stupefacente.
 
I dolci occhi felini si sgranavano ad ogni scoperta, accompagnati dalle pallide dita aggrappate alla brochure, che stringevano con vigore la carta lucida, dimostrando con lampante evidenza quanto quella sorpresa fosse stata gradita.
 
“Mi sa che qui si sono scordati qualcosa…” mormorò Jonghyun, immobile di fronte alla tavoletta descrittiva di una delle vasche più grandi. Kibum, con lo sguardo perso sul liscio dorso della splendida creatura che stava osservando, lo ascoltava appena. “Dice Mante e Mobule, ma… non sono forse tutte uguali?”
 
La risata cristallina del suo accompagnatore gli fece arricciare il naso, così come la manina affusolata che salì a picchiettarlo sulla fronte. “Né Jongie… tu sei bellissimo, ma io sono più intelligente lo sai, vero?” lo prese in giro Kibum, prendendolo sotto braccio e trascinandolo verso l’angolo opposto della vasca, dove due esemplari piuttosto grandi nuotavano accostati.
 
“La Mobula è un genere di razze, molto simili alle mante” iniziò a spiegare, indicando il soggetto a destra, di dimensioni palesemente minori rispetto al vicino “La bocca si trova sulla parte inferiore rispetto al capo, e poi hanno i denti su entrambe le mascelle” continuò, con tono arguto e sguardo affascinato.
 
“La Manta ha gli occhi sul dorso, mentre sul ventre ci sono la bocca e le fessure branchiali” mormorò fievolmente, impressionato dalla grossa mole del pesce cartilagineo che, proprio in quel momento, gli passava dinanzi “La femmina partorisce un piccolo alla volta, che già dalla nascita misura in lunghezza un metro o anche più”.
 
Le iridi scure di Jonghyun si allargarono ulteriormente, come sempre incredule di fronte a tanta conoscenza. Non era certo la prima volta che Kibum lo deliziava con la sua cultura. A casa, spesso e volentieri, si lanciava in qualche sproloquio scientifico di cui lui comprendeva poco o nulla. Come quella volta in cui, solo per aver commesso l’imperdonabile errore di posizionare un pomodoro proprio al centro della fruttiera, insieme alle mele, il suo piccolo micetto se ne era uscito con quell’inusuale quanto assillante quesito.
 
“Ma secondo te il pomodoro è un frutto o una verdura? Perché sai… ci hanno fatto anche dei dibattiti su questo argomento!”
 
A fine serata, tra le lenzuola, con Kibum stretto tra le braccia e quell’enorme punto interrogativo sulla fronte, Jonghyun si sarebbe volentieri strappato orecchie e occhi, pur di non dover più vedere o sentir parlare di pomodori! Potrebbe non sembrare, ma il dolce scimmione è tipo da perder pomeriggi anche su interrogativi come questo.
 
L’attenzione del più grande venne ben presto richiamata dal delicato ragazzino che gli stava accanto. Kibum, infatti, con il sorriso radioso di un bambino in festa, lo spingeva dolcemente attraverso il lungo corridoio di specchi, che li avrebbe condotti alla laguna dei delfini e alle vasche dei leoni marini.
 
“Lo sapevi che la corteccia celebrale dei delfini ha una complessità paragonabile a quella del cervello umano?” chiese il più piccolo, affiancando la grande vasca, mentre allungava istintivamente la mano destra fino ad incrociare quella del coinquilino. “Sono molto intelligenti, e comunicano tra loro non solo attraverso gli ultrasuoni ma anche utilizzando particolari schemi di movimento”.
 
Jonghyun scosse mestamente la testa, mostrando un impacciato e timido sorriso. “Ora lo sai” convenne velocemente Kibum, intenerito dai suoi grandi occhi imbarazzati. Un rapido bacio venne depositato sulla sua guancia sinistra, e il più grande sospirò istintivamente, perso per com’era nell’inafferrabile dolcezza di cui il suo fidanzato gli stava facendo dono.
 
“Guarda…” sussurrò il più piccolo, puntando l’indice sottile verso un giovane esemplare dalle sfumature grigiastre e sporadiche macchioline più scure sul dorso. Il sorridente mammifero risaliva rapido fino alla superficie, danzando tra le limpide acque con innata eleganza . Pochi schizzi si levarono tutt’intorno, quando infine si fermò dinanzi ai loro sguardi ammirati.
 
“Sembra che sorrida…” commentò Jonghyun, avvicinandosi di un altro passo, sfiorando con il pesante cappotto il passamano bagnato. “In realtà è solo la forma della sua mandibola a dare quest’impressione” avrebbe dovuto correggerlo Kibum, ma… per qualche strano motivo… accantonò con un sospiro la propria vena scientifica, osservando con occhi innamorati il profilo lineare del maggiore.
 
“Già” confermò, stringendo più forte la propria mano a quella di Jonghyun “sembra che sorrida”.
 
La mattina scivolò veloce, tra i denti aguzzi dello squalo e le tonalità accese del corallo rosso. I tentacoli delle anemoni si muovevano fluidi, lasciando addentrare nel loro velenoso rifugio il coraggioso pesce pagliaccio, sorprendentemente immune alle punture urticanti delle sue nematocisti. Un bambino tirò la propria mamma per il braccio, indicando con il piccolo dito il grazioso pesciolino dalle tonalità rosse e bianche, intento a guizzare velocemente all’interno della propria casetta.
 
Jonghyun sorrise istintivamente, immaginando un Kibum bambino e dal visetto emozionato, mentre fantasticava sulla propria idea di vita felice, insieme alle enormi creature di quel mondo sconosciuto. “Mi sarebbe piaciuto vederti” mormorò, appena udibile, perdendosi tra le magiche sensazioni che quel dolce scricciolo gli trasmetteva. La testolina bionda si piegò di lato, mentre lo sguardo entusiasta seguiva una lunga fila di cavallucci marini, che attraversarono con inaspettata velocità il lungo percorso in penombra.
 
“Hai detto qualcosa?” chiese il più giovane, sollevando su di lui i propri occhi affilati ed incredibilmente felici.
 
“Si” rispose Jonghyun, tirandoselo più vicino e allungandogli la mappa stampata del grande acquario “Ci fermiamo a mangiare qui, ti va?” domandò, indicando la zona ristorazione presente sulla cartina “Così pomeriggio vediamo lo spettacolo dei delfini”.
 
Le braccia sottili si protesero all’istante verso il collo del bruno, arpionandosi con slancio al suo corpo forte. Jonghyun barcollò appena, ridendo piano a quella muta risposta. “Andiamo Bummie…” sussurrò al suo orecchio, sfiorando la pelle di seta con labbra adoranti “C’è ancora tanto da vedere”.
 

*****

 
L’armadio gli parve meno grande, una volta riempito con i nuovi acquisti. Un numero indefinito di grucce erano state appese l’una affianco all’altra, mentre l’elegante taglio delle camicie di raffinata sartoria lo costringeva a deglutire. Abel strabuzzò gli occhi, chiudendo con un colpo secco le ante dalla base lucida, abbandonandovi sopra la fronte aggrottata.
 
“Questo non era negli accordi” mormorò, visibilmente sconvolto da tanta generosità, ma la persona alle sue spalle si limitò a sorridere, poggiando la schiena allo stipite della porta. “Quanto ti chiede?” chiese, con tono piatto e sguardo al suolo “Quanto ti costa portarmi qui tutti i giorni?”
 
Byung-Hee scosse la testa, divertito, cercando i suoi occhi e arricciando le labbra. “Perché lo vuoi sapere? Qualsiasi sia la cifra… per me non ha importanza”.
 
Abel strinse con forza i pugni lungo i fianchi. Le palpebre vennero abbassate e la schiena raddrizzata. “Ne ha per me” ribatté, fermo e orgoglioso. “Ti restituirò tutto. Non so come…” i denti catturarono nella loro morsa la bocca piccola e piena, torturandola con l’inevitabile disagio che quella conversazione stava causando “Ma lo farò”.
 
Il ragazzo dai guanti di pelle sospirò pesantemente, allungando svogliato l’accendino alle labbra, dove una nuova sigaretta aspettava di essere accesa. “Smettila con questa storia” lo rimproverò, infastidito da tanta ostinazione “Non ho bisogno dei tuoi soldi, Abel. Quello che riceverai da me non è compassione, né tanto meno voglia di sperperare quattrini” puntualizzò, accigliandosi ulteriormente sotto lo sguardo ferito del più piccolo.
 
Passi lenti e silenziosi lo portarono vicino al ragazzino, che chinò istintivamente il capo, evitando i suoi occhi. “Non trattarmi come tutti gli altri. Infondo… non credo neanche di meritarlo” le dita leggere si persero tra i capelli biondi e sottili, accarezzando con dolcezza l’impalpabile sofferenza che quel giovane cuore si portava dentro. “Accetta quello che ti sto dando, e sorridi ogni tanto…” aggiunse, sollevando incoraggiante gli angoli rosati delle labbra di Abel “Saresti più bello se lo facessi più spesso”.
 
Le guance delicate si tinsero immediatamente di rosso, ravvivando con il loro imbarazzo lo sguardo comprensivo del più grande. “Cambiati adesso. Pranzeremo tra qualche minuto”.
 
La porta si richiuse con discrezione dietro le spalle larghe del padrone di casa, mentre il pesante accappatoio color glicine veniva infine lasciato cadere lungo le esili braccia. Byung-Hee percorse pensieroso il breve tratto che lo avrebbe condotto alle scale, ammiccando in direzione di Jihun quando superò la soglia dell’elegante studio.
 
“Hai trovato i ragazzi?” chiese, scuro in volto, prendendo posto di fronte all’amico.
 
“Si” confermò quest’ultimo, zittendosi istintivamente quando dei passi lungo il corridoio gli ricordarono la presenza degli inservienti. “Meglio se questa la chiudiamo” cantilenò, imbronciandosi, posando la grande mano sull’uscio socchiuso. La porta cigolò flebilmente, e la serratura scattò subito dopo.
 
Jihun proveniva da una famiglia ricca e con pochi valori. I suoi genitori si sarebbero detti delle persone frivole e superficiali, se non fosse stato per il grosso ammontare del loro conto in banca, che spingeva gli estranei a trattarli con ben più considerazione di quella che in realtà meritassero.
 
Il padre di Byung-Hee e il suo avevano frequentato la stessa università, per poi rimanere in contatto (per questioni finanziarie) nel corso degli anni. Il giovane erede dei Jung rappresentava per Jihun, probabilmente, l’unico legame affettivo sul quale potesse fare cieco affidamento in qualsiasi circostanza. E questo fu il motivo per il quale, anche quel giorno, si sentì in dovere di metterlo in guardia.
 
“Ti stai esponendo troppo” gli ricordò, porgendogli le foto dei ragazzi che avrebbero utilizzato “Lui sa chi sei, e non ci penserà due volte a mettere in mezzo il suo vecchio per levarti di torno” aggiunse, stringendo impercettibilmente le labbra quando l’altro ragazzo gli sorrise di rimando.
 
“Lo sapevi che, il giorno del suo diploma, il giovane Seung Su non si è presentato a ritirare l’attestato?” ribatté, tirando indietro i capelli e unendo le mani sul grembo “Il giorno prima aveva alzato il gomito insieme ad altri ragazzi, con cui all’epoca era solito causare problemi. Quell’ultima bevuta causò loro un incidente di discrete proporzioni. Nessuna ferita grave, ma l’auto del padre venne completamente distrutta”.
 
Jihun inarcò prontamente un sopracciglio, incitandolo a proseguire.
 
“Mi chiedo perché, per una misera contusione al braccio sinistro e qualche escoriazione sul viso,  quello sconsiderato ragazzo sia stato costretto a trascorrere in casa i tre mesi successivi, ricevendo come unica visita il vecchio e ormai pensionato medico di famiglia…”
 
Sul volto del maggiore un sorriso di compiacimento distese lentamente i lineamenti decisi, assicurandogli quell’espressione soddisfatta che Byung-Hee aveva sperato di ricevere. “Il mio vecchio ha qualche conoscenza” commentò, falsamente modesto, facendo spallucce e sorridendo beffardo.
 
“Suo padre lo terrorizza. Quando capirà in che guaio si è cacciato… l’idea di chiedergli aiuto non lo sfiorerà neanche per un secondo”.
 

*****

 
La pioggia contro i finestrini dell'autobus diveniva ogni minuto più violenta. Mi strinsi più forte nel giubbotto, e la presa intorno alle mie spalle divenne istantaneamente più salda. “Stai gelando” mormorò, depositando un bacio delicato sulla mia guancia sinistra. Scossi la testa, deciso. Non volevo che si preoccupasse. Era stata una magnifica giornata, e un po' di freddo non mi avrebbe sicuramente ucciso.
 
“Grazie per oggi” sussurrai, appena imbarazzato, accoccolandomi sul suo petto. L'aroma del suo profumo mi avvolse veloce, invadendomi le narici e con esse i sensi. C'era un non so che di diverso tra la fragranza originale, percepita direttamente attraverso la boccetta che aveva sistemato in bagno, e quella che riuscivo ad avvertire solo sulla sua pelle.
 
Il profumo, nonostante rimanesse chiaramente riconoscibile, mutava impercettibilmente a contatto con il suo corpo. L'aroma dolciastro diveniva vagamente pungente, colmandosi di quella piacevole sfumatura di virilità che Jonghyun emanava. Pizzicava sulla punta del naso, scivolando attraverso ogni cellula del sistema nervoso, raggiungendo infine quel punto indefinito all'altezza del petto, che si stringeva all'istante, sopraffatto da nuove ed indecifrabili emozioni.
 
“A cosa pensi?” mi chiese all'improvviso, facendomi sussultare. Arrossii, scoprendo una nota di divertimento tra le profondità che le sue iridi scure rappresentavano. Non insistette, arruffandomi i capelli e controllando l'orologio “Tra un po' saremo a casa”.
 
Annuii distrattamente, tirandomi sotto il mento il grande peluche comprato poche ore prima. La bassa risata di Jonghyun mi solleticò una guancia, mentre io sbuffavo pesantemente sul musetto del dolce delfino, infastidito da tanta ilarità. Non feci in tempo a realizzare le sue intenzioni, che mi ritrovai il flash della fotocamera dritto sul viso e... click!
 
“Dammi immediatamente quell'affare, brutto scimmione privo di buone maniere!” strillai istintivamente, prendendo fuoco con la rapidità di un fulmine “Avresti dovuto chiedermi il permesso per quella fotografia!” continuai, imbufalito, attirando l'attenzione degli altri passeggeri.
 
Ma quel vile malfattore neanche mi ascoltava, impegnato per com'era ad evitare che arrivassi alla fotocamera. “Non ci penso neanche a dartela!” ammise spudorato, ridendo di gusto della mia espressione scandalizzata “La cancelleresti sicuramente, e io voglio avere almeno un ricordo di questa giornata con te!”
 
Mi feci piccolo piccolo sul sedile, raggomitolandomi su me stesso tra l'imbarazzo per  quell'inaspettata dichiarazione e la voglia di scomparire. Aveva starnazzato talmente forte che non ero stato solo io a sentirlo. Non molto distante, una coppia di scolarette sghignazzava poco compostamente, aumentando il mio disagio.
 
“Oh, guarda che sei carino tutto rosso! Qui ci vuole un'altra foto!”. L'avrei strangolato volentieri mentre, tutto felice, dava il via a quello che aveva tutta l'aria di un servizio fotografico improvvisato. Chiusi istintivamente gli occhi, cercando di ignorarlo, altamente frustrato con me stesso e con la mia incapacità di oppormi ai suoi desideri.
 
“Te la brucio, Jonghyun! Giuro che quando arriviamo a casa... quella fotocamera farà una brutta fine!” borbottavo, affondando il naso nella sciarpa e le mani nelle tasche. Avrebbe sviluppato le foto dell'uomo invisibile, mi dissi, rubandogli il cappello e schiaffandomelo in testa. Le labbra piene e sorprese di schiusero automaticamente, seguendo i miei gesti, forse deluse dalla mia scelta di rendergli l'impresa difficile.
 
“Adorabile...!” esclamò invece, facendomi strabuzzare gli occhi. “Oh Bummie, non ti muovere. Sei perfetto così!” mi pregava, del tutto indifferente al mio attacco di nevrosi. Tentai nuovamente di afferrare l'infernale oggetto che sarebbe stato la causa della mia ulcera, ottenendo come risultato la sua sola soddisfazione. Difatti gli finii praticamente addosso, subito bloccato dalle forti braccia che mi obbligarono alla mia posizione.
 
“Sorridi!” squittì, euforico, e l'ultimo scatto della giornata... ci avrebbe raffigurati insieme.
 

*****

 
Il piatto venne lentamente messo da parte e il bicchiere portato alle labbra. Il vino bianco scese fresco lungo la gola, accompagnato dal costante movimento del pomo d'Adamo, che ne seguiva con il suo ritmico ondeggiare ogni nuovo sorso. La signora Kim non disse una parola, osservando con espressione severa lo sguardo accigliato del marito.
 
“Ti sto solo chiedendo di accompagnarmi” mormorò, sospirando “Come pensi di porre fine a questa situazione altrimenti?!” proruppe, spazientita, allontanando con un movimento brusco la sedia dal tavolo. L'uomo chinò tristemente il capo, fin quando la fronte corrugata non incontrò la base stabile delle sue mani giunte. I gomiti poggiati al tavolo e il volto cupo.
 
“Ho detto che ci penserò” ripeté, strofinando le tempie. Sua moglie non si lasciò impietosire dal suo stato d'animo, dandogli le spalle e muovendo un passo verso la porta. “Lo sai bene. Non ho mai voluto tutto questo”.
 
La signora Kim si bloccò davanti all'uscio, portando al suolo gli occhi lucidi e lo sguardo affranto. “Io... sono sicura che neanche Kibum lo abbia voluto. Se solo tu provassi a parlarci...” pochi ciuffi, liberatisi dall'elegante acconciatura che portava sulla nuca, le sfiorarono gentili la fronte, accarezzando il suo dolore e spingendola a sorridere. Un sorriso triste e pieno di amarezza.
 
“Te lo ricordi?” chiese, sollevando la mano fino a toccarli “Lui si addormentava con i miei capelli fra le dita. Li stringeva in quella manina piccola e delicata, sorridendo beato poco prima di chiudere gli occhi” le ultime parole scivolarono inevitabilmente su quell'ennesimo singhiozzo represso, e anche il cuore del signor Kim non poté fare a meno di tremare.
 
Il vento soffiò forte, schiaffeggiando le fronde dei sottili arbusti, ancora giovani, che si piegarono stancamente verso destra, lasciando andare a quel possente respiro le loro foglie gialle e rosse. Un piccolo gatto, dalle striature grigiastre e il manto arruffato, si arrampicò abilmente tra i rami di uno degli esemplari più maturi, raggomitolandosi tra i colori di quel rifugio improvvisato. La pioggia sarebbe arrivata di lì a poco.
 
La domestica fece il suo ingresso in riservato silenzio, ritirando discretamente lo sguardo dal volto addolorato della padrona di casa. La signora le badò appena, stringendo tra le dita la cornice d'argento dalla base liscia e lucida, che custodiva oltre il sottilissimo vetro la foto del suo unico figlio. Le lacrime ne bagnarono silenziose i lineamenti gentili, subito seguite da quella nuova ondata di malinconia che la costrinse a sostenersi dalla parete.
 
“Non sai cosa darei... per poter tornare indietro”.
 

*****

 
La canottiera grigia scivolò leggera sul busto minuto, accarezzandone la pelle pallida e ridefinendo la sua figura sottile. Lucy, ferma di fianco all'armadio, tirò in alto il musetto umido, sfiorando con la propria dolcezza canina le dita affusolate che si protesero a toccarla. “Brava la mia cucciola” le disse Kibum, avviandosi verso il corridoio con un gran sorriso. La cagnolina gli scodinzolò dietro, facendo ondeggiare la grossa coda al ritmo della propria andatura.
 
Oltre la porta del bagno l'acqua scorreva veloce, donando sollievo alla pelle infreddolita. Jonghyun posò la fronte alla parete piastrellata, abbassando le palpebre e rilassando i muscoli della schiena. Aveva lasciato che fosse Kibum a fare la doccia per primo, smisuratamente intenerito dalle guance delicate che il vento aveva arrossato. Tirò indietro i capelli, senza riuscire a trattenere un sorriso, e l'acqua calda scivolò sulla sua espressione serena, ridisegnandone ogni particolare con le sue minuscole goccioline incolore.
 
Il pentolino sul fuoco scalpitò, annunciando che il liquido al suo interno aveva velocemente preso a bollire. L'indice e il pollice si unirono, all'interno del piccolo barattolo in ceramica, intrappolando nella propria presa due bustine dalla forma rettangolare e le dolci sfumature del grano. I croccantini contro la ciotola risuonarono allegri, mentre Kibum si piegava sulle ginocchia e sorrideva in direzione di Lucy, già pronta ad avventarsi sulla propria cena.
 
“Eccoti servita” annunciò, regalandole un'ultima carezza e un bacino volante.
 
Sulla soglia della cucina, Jonghyun incrociò i piedi, lasciandosi sostenere dal pesante stipite di legno scuro. I pantaloni rosa del più piccolo si arricciarono sui polpacci sottili, mostrando sfacciati la morbida carne che avrebbero dovuto coprire. Il profumo di Kibum riempiva la stanza, insieme all'inconfondibile aroma del tè appena fatto. Tè rosso, dedusse.
 
“Non pensavo che te ne saresti ricordato” mormorò il ragazzo dalla pelle pallida, ancora fermo di spalle, mentre lasciava che il liquido scuro riempisse silenzioso le grandi tazze già pronte sul lavello. Il sorriso di Jonghyun si fece più largo, e i pochi passi seguenti lo guidarono verso la slanciata figura del proprio coinquilino, sui cui fianchi le sue braccia si chiusero dolcemente, stringendolo con amore.
 
“Ricordo tutto di te” rispose, posando le labbra sulla base profumata del collo di Kibum, dove un lungo brivido serpeggiò birichino, scivolando poi lungo la spina dorsale e ancora più giù, fino alla punta dei piedi scalzi. La nuca sul suo petto si mosse leggera, mentre il più giovane si abbandonava con un sospiro a quelle tenere attenzioni.
 
“Bugiardo” cinguettò, e le gote si tinsero d'imbarazzo, vanamente nascosto dalla sua risatina acuta.
 
Jonghyun sfilò dalle sue dita una delle due tazze, sostenendola dal manico e guidandolo verso il divano. Tra i morbidi cuscini dovette fare molta attenzione, giustamente timoroso all'idea di versarsi addosso il liquido fumante. Kibum gli sedette vicino, naturalmente aggraziato in ogni movimento che faceva, portando le ginocchia al petto e adagiandoci sopra la base bianca della ceramica lavorata.
 
Il bruno ne osservò il profilo perfetto, mentre il nasino si protendeva curioso fino al bordo della tazza, dalla quale un intenso vapore dal retrogusto forte e agrodolce continuava a venir su con piacevole lentezza. Kibum chiuse gli occhi, sorridendo ancora, puntellando i piedini scalzi sulla sponda del divano, voltandosi radioso a cercare il volto del proprio coinquilino.
 
Impreparato al suo sguardo, Jonghyun tossì un paio di volte, muovendosi a disagio e con le labbra imbronciate. “Bevilo, finché è caldo” gli suggerì il più giovane, perdendo un battito sulla sua espressione impacciata. Era sempre così spontaneo in ogni sua reazione, quel grosso scimmione pieno di muscoli, che non rimanere affascinati da tanta dolcezza sarebbe stato come negare al proprio cuore la possibilità di emozionarsi.
 
Rimasero l'uno accanto all'altro, la testa bionda adagiata sulle forti spalle, e Lucy raggomitolata ai loro piedi, che di tanto in tanto lanciava uno sguardo incuriosito nella loro direzione. “Avevi detto che scegliere la vista al di sopra degli altri sensi sarebbe stato sintomo di superficialità” mormorò il maggiore, ridisegnando il profilo sereno di Kibum con la punta dell’indice. Quest’ultimo strinse immediatamente le sopracciglia, perplesso, cercando i suoi occhi e sgranando i propri.
 
“All’acquario” precisò Jonghyun, facendo scivolare il dito fino alle dolci labbra dischiuse, che percorse con infinita lentezza e sguardo adorante “I pesci… potevi solamente guardarli” continuò, chinandosi al contempo verso quella deliziosa forma a cuore, i cui angoli irritati si erano istantaneamente irrigiditi.
 
“Pensi ancora a quello stupido test?!” proruppe Kibum, tirandosi indietro e sbuffandogli sul viso. Il più grande annuì, divertito e pronto alla sfuriata.
 
“Né Bummie?” cantilenò, avvolgendolo stretto fra le braccia e cercando nuovamente la sua bocca “Ho una scommessa da vincere. Mi hai dato la tua parola, ricordi?” ribatté compiaciuto, posando teneri bacetti sulla smorfia di disappunto che il più giovane si era lasciato sfuggire. “Qualsiasi cosa” sussurrò, accarezzando con il proprio respiro il lobo sinistro di Kibum “Me l’hai promesso”.
 
La risata del suo coinquilino lo sorprese, quasi quanto il bacio dolce e appena spinto che questi gli concesse. “Né Jongie?” mormorò seducente, sollevandosi definitivamente sulle ginocchia, mentre protendeva con provocante delicatezza il proprio corpo verso quello del maggiore “E a me non piace perdere, lo sai?”
 
Le mani leggere si spinsero fino ai muscoli pronunciati, sfiorandoli con studiata lentezza, fin tanto che le loro labbra tornavano ad unirsi. I movimenti delle dita si trasformarono ben presto in una danza cadenzata e ammaliatrice, stregando i sensi e mozzando i respiri. Jonghyun si spinse istintivamente in avanti, scivolando sul corpo sottile e sovrastandolo. Kibum non si oppose, sorridendo beffardo della sua ingordigia, abbandonando le braccia ai lati del viso e lasciandosi imprigionare.
 
“Non mi piace lo sguardo che hai…” ansimò il bruno sulla sua bocca, stringendola tra i denti e cercando la sua schiena. La canottiera di cotone non si oppose alla sua invasione, scostandosi immediatamente al frenetico passaggio delle dita bisognose. “C’è qualcosa di pericoloso nei tuoi occhi” gemette impreparato, mentre le cosce del più piccolo si schiudevano lascive, lasciandolo scivolare al loro interno con innaturale disinvoltura.
 
“Ti faccio così paura?” lo canzonò Kibum, quasi diabolico nel suo tono basso e vagamente roco. La lingua saettò rapida tra le labbra dischiuse, giocando con piacere tra le umide pareti della morbida bocca. Jonghyun abbassò definitivamente le palpebre, troppo inebriato dal suo sapore per potersi concedere altre considerazioni. Fu allora che il suo coinquilino si strusciò volontariamente contro il membro eretto, graffiando i suoi fianchi con famelica lussuria.
 
Quel contatto così diretto lo spinse inevitabilmente a tirarsi indietro, tanto sorpreso quanto stordito dall’avvenenza che quel giovane micetto stava dimostrando. Kibum approfittò di quell’attimo di smarrimento per liberarsi dolcemente della sua stretta, poco prima di rimettersi elegantemente in piedi e indietreggiare di qualche passo.
 
“Considerata la determinazione che poni nel tuo obiettivo, caro il mio scimmione…” pronunciò il gattino con estrema lentezza, scandendo ogni sillaba e affilando lo sguardo. Gli occhi sottili si illuminarono di soddisfazione, mentre l’erezione poco più che percepibile all’inizio, diveniva via via più pronunciata tra le gambe del povero Jonghyun.
 
Ogni indumento cadde con spudorata arroganza al suolo freddo, rendendo vano ogni tentativo di folle resistenza. I pantaloni dal tocco femminile, tanto dolci quanto provocanti, su quel corpo che di innocenza non conservava più traccia, furono gli ultimi a toccare terra, rivelando con languido piacere le rifiniture grigie dei minuti boxer dalle tonalità grigie e nere.
 

“Allora, solo per oggi, ti lascerò qualcosa di molto piacevole da guardare
















NOTE FINALI
  •  Il Tè rosso è comunemente conosciuto (almeno in Occidente) con il nome più diffuso di Tè nero. Composto, al pari del Tè verde, dalle foglie della pianta Camellia sinensin, le foglie del tè nero, dopo essere state raccolte e fatte macerare, vengono essiccate, arrotolate e tritate. Questo processo, porta all'ossidazione del tè che non avviene nel processo di lavorazione del tè verde. Il maggiore produttore di tè è la Cina, seguita dall' India. Anche il Giappone ha un ruolo importante nella produzione di alcune qualità (Bancha, Matcha, Sencha e Gyokuro). In Europa il tè viene coltivato nelle isole Azzorre.
  • Il "Pepero Day" è una ricorrenza della Corea del Sud, simile a San Valentino. Prende il nome dal Pepero, che e' uno spuntino coreano. Questa giornata si festeggia l'11 novembre, dal momento che la data "11/11" assomiglia a quattro bastoncini di Pepero uno a fianco all'altro. Pepero (빼빼로) è appunto un bastoncino di biscotto, immerso in sciroppo di cioccolato, prodotto in Corea dalla Lotte Confectionery, fin dal 1983. Questo snack e' stato ispirato da un dolcetto giapponese, che viene prodotto nel paese nipponico dalla Pocky Glico. Anche in Giappone e' stata iniziata la giornata "Simile Pocky", ma non è riuscita a guadagnare trazione come qui in Corea. La festa viene osservata per lo più da giovani e coppie, che si scambiano bastoni Pepero o altre caramelle e regali romantici.

  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > SHINee / Vai alla pagina dell'autore: SkyScraper88