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Autore: PuCcIaFoReVeR    02/09/2012    1 recensioni
Nasuada, ventiquattro anni e ragazza madre, abita con i suoi due figli gemelli in un’abitazione che cade letteralmente a pezzi. Murtagh, il padre dei due bambini, pensa che la ragazza sia emigrata in Brasile per farsi una nuova vita, mentre lei abita casualmente poche case dopo la grande villa della famiglia del ragazzo. Ignaro della sua paternità, si trova i due bambini sulla porta di casa, che cercano di vendere biscotti per racimolare qualche soldo per aiutare la madre a pagare le bollette. Intanto Nasuada conoscerà Eragon, il fratello minore di Murtagh, del quale non era mai venuta a conoscenza. Il ragazzo s’innamora della giovane donna e versa anonimamente tutti i mesi una modesta somma di denaro nel conto corrente della fanciulla. A causa di un incidente, il padre di Nasuada è sottoposto ad una difficile operazione e lei è costretta a lasciare i figli ad Eragon per un po’ di tempo. Proprio nella stessa dimora dove vive Murtagh...
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Murtagh, Nasuada, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Pov Murtagh
Vidi Nasuada scappare via piangendo. Cosa le avevo fatto di male? Era lei che era scappata via in un paese straniero per farsi una nuova vita. Ma soprattutto, cosa ci faceva lei in quel negozio? Perché non si era degnata neanche di guardarlo in faccia? Ok, non mi aveva visto e aveva continuato a svolgere le sue mansioni con Arya, ma i bambini? Non mi sembrava che avesse dei fratelli. La macchina entrò nella via dove abitavo, oltrepassando le zebra crossing dove avevo rivisto la mia ex. Con la coda dell’occhio mi sembrò di vederla entrare in un palazzo a poche abitazioni dalla nostra. No. Non era possibile. Nasuada non poteva vivere a pochi passi da me e non avermi mai visto o salutato. Schiaccia un bottone automaticamente sul cruscotto e la porta del garage si aprì. Mentre aspettavo impaziente che fosse sufficientemente alzata per entrare, venni quasi accecato dai fanali di una macchina... proprio davanti alla casa di Nasuada. Due figure entrarono nella porta di ferro e vetro e la macchina ripartì molto velocemente. Scrollai le spalle e spinsi la macchina nel garage. Richiusi a mano la porta e trovai mia madre a braccia conserte che mi squadrava dalla testa ai piedi. «Se è questo che stai cercando, sì, ci sono andato.» dissi lanciandole la sporta con il logo del negozio di Arya. Lei guardò all’interno e il suo sguardo s’illuminò. Si spostò dalla soglia che portava in casa e mi lasciò passare. Mio padre, l’uomo alto dalla bellezza austera e crudele, era seduto al tavolo della cucina e sfogliava un giornale virtuale sul mio Ipad. Aveva la fronte aggrottata, segno che qualcosa, secondo lui, non funzionava. Mi soffermai a guardare lo schermo da dietro le sue spalle, senza proferire parola. Lui passò un dito da destra a sinistra per cambiare pagina, ma questa rimase dov’era. «Oh, al diavolo! Selena! Perché quest’affare non funziona?» sbottò buttandolo sul tavolo. Mia madre emerse in cucina e lo prese tra le mani studiandolo per un po’.
“Cos’ha?” mi chiese mimando con le labbra.
“È scarico.” le risposi allo stesso modo.
«La batteria si sta scaricando, Morzan.» disse ad alta voce. Mio padre la guardò in cagnesco.
«E cosa aspetti a metterlo in carica?» sbottò lui.
«Ora vado. Non ti scaldare. E saluta tuo figlio.» disse lei seccata uscendo dalla stanza.
Mi misi le mani in tasca e girai intorno al tavolo, sedendomi di fronte a lui. Mi squadrò con quei suoi occhi policromi e si alzò, senza degnarmi di una parola. «Dov’è tuo fratello?» mi chiese tenendomi le spalle voltate. «È ancora al lavoro. Tornerà tra qualche minuto.» dissi piatto.
Mia madre tornò in cucina, seguita dal gattino rossiccio che avevo chiamato Castigo. Mi mise davanti un grosso vassoio di stufato. Alzai le sopracciglia stupito. «Spero che non sia tutto mio...» borbottai. Mamma mi scoccò un bacio enorme sulla fronte. «Sei troppo magro. Devi mettere su qualche chilo.» disse toccandomi le costole effettivamente troppo sporgenti.
«Ma lasciane un po’ per Eragon.» aggiunse sedendosi accanto a me. Al contrario delle altre sere in cui tornavo a casa senza un briciolo di appetito, con le emozioni in subbuglio avrei mangiato tutto quello che c’era nella stanza. Morzan mi lanciò un cucchiaio, che presi al volo e affondai nel sugo caldo, quasi sciogliendomi. «Mamma, sei una cuoca fantastica!» dissi mettendomi in bocca il primo cucchiaio. Le mie spalle tese si sciolsero come la carne sulla mia lingua. In quel momento entrò Eragon con i capelli tutti scompigliati e la camicia completamente bagnata. Mamma si mise le mani sulla bocca e gli corse incontro preoccupata. «Eragon! Che ti è successo?» gli chiese portandogli una coperta.
«Sta arrivando l’autunno. Da domani Murtagh dovrà aspettarmi. Non posso più tornare a casa ogni sera bagnato fradicio.» si lamentò mio fratello. Mi guardò e io annuii, facendolo sorridere. Si tolse i jeans attillati e la camicia, rimanendo soltanto con i boxer neri. Si sedette a tavola, dopo essersi preso un cucchiaio anche lui. Poi, senza tanti complimenti, si  fiondò sullo stufato, mangiandone metà. Lui si che non aveva le costole sporgenti. Neanche chili di troppo, se per questo. Quando ero ancora felice ero così anch’io. Poi Nasuada mi ha lasciato e sono caduto in una profonda depressione. Soltanto il mio amico Castigo mi ha aiutato ad uscirne. Ora sono troppo magro per interessare a qualcuna. E pensare che una volta pendevano tutte dalle mie labbra! «Lasciane qualche cucchiaiata per tuo fratello, Eragon.» lo strigliò la mamma. Mi scompigliò i capelli facendomi l’occhiolino. Mi allungai sul tavolo per prendere il vassoio, sbattendo le costole sul bordo. Mi piegai dal dolore e iniziai a tossire. «Piano, Murtagh.» mi sussurrò la mamma massaggiandomi la schiena. Quando il dolore passò mi alzai per andare in camera mia. Mamma mi seguì, chiudendosi la porta alle spalle. Mi tolse i pantaloni e la camicia, facendomi stendere sul letto. Si sedette accanto a me, rimboccandomi il piumone. «Grazie...» mormorai prima di cadere in un sonno vigile e tormentato da incubi riguardanti lei, solo lei... Nasuada
  
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