Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: Nimel17    02/09/2012    4 recensioni
La fiaba di Raperonzolo è molto conosciuta, ma qualcosa mancava...Rumpelstiltskin. La vera protagonista è comunque Rapunzel.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“La colazione è pronta.”
Emilie mugolò, premendo la faccia contro il cuscino.
“Cinque minuti, mamma, ti prego.”
Si tirò le coperte sopra la testa e si rannicchiò sotto, lasciandosi avvolgere dal dolce tepore delle lenzuola di seta. Tre secondi dopo si rizzò a sedere, gli occhi sgranati.
“Merda!”
Lei non era una che aveva molte certezze, ma una di queste era che lei non aveva lenzuola di seta. Si prese la testa tra le mani, ricordando cos’era successo la sera prima. Quando sentì bussare la porta, guardò la maniglia come se fosse un serpente velenoso. Tra tutte le persone cui poteva chiedere aiuto, cosa le era saltato in mente di andare da lui?
“Un attimo, un attimo.”
Era vestita, grazie a Dio, a parte le scarpe. Tuttavia, non riuscì a farsi venire in mente come fosse arrivata su quel letto.
“Emilie..”
Gli aprì la porta di scatto, senza guardarlo. Si vergognava da morire. Lui le sorrise e fece per prenderle la mano, ma lei la ritrasse, spaventata. Non ricordava la seconda parte della serata e questo la preoccupava.
“Cos’ha messo nel the, ieri sera?”
Il signor Gold alzò un sopracciglio, fissandola con occhi leggermente più scuri del solito.
“Mi hai scoperto.”
Lei impallidì e vacillò impercettibilmente. Lui le si avvicinò e le sussurrò all’orecchio:
“Ti ho messo un sonnifero nella tisana senza che te ne accorgessi, ti ho portata qui su questo letto e ho approfittato vergognosamente della tua incoscienza. Dopodichè, ti ho scritto nella lista delle ragazze drogate e stuprate nel sonno e sono andato a dormire.”
Emilie guardò terrorizzata il suo sogghigno, poi arrossì e rise.
“Mi dispiace moltissimo. Mi sono lasciata prendere dalla fantasia.”
Lui l’accompagnò al piano di sotto.
“Oh, so che la mia reputazione non è esattamente lusinghiera…a ragione. E ieri sera ti ho spaventata intenzionalmente, con quei discorsi sui delitti su commissione. Non è successo niente d’increscioso, ti ho fatto vedere quest’appartamento sopra il negozio e sei andata a letto con le tue gambe, te lo assicuro.”
Emilie avrebbe voluto sprofondare. Cosa le era saltato in mente?
“Ho alcuni giri da fare, oggi.”
“Anch’io…dovrei dire a Ruby le novità.”
Gold storse la bocca.
“Tanto vale scriverlo sul cartello di benvenuto in città. Lo sapranno tutti nel giro di dieci minuti.”
“Uno, Ruby è molto discreta quando vuole esserlo. Due, non c’è niente che gli altri non dovrebbero sapere. Mi hai solo affittato un appartamento.”
Gold sospirò.
“Diciannove anni in questa città e non hai ancora capito come funzionano le piccole menti dei suoi abitanti?”
Emilie lo guardò male. Lui sorrise semplicemente.
“Non è gentile dire questo.”
“Io non sono una persona gentile, Emilie.”
Certo, lo sanno tutti.
“Tuttavia, sarebbe meglio se tu rimanessi qui, per oggi. Questo è l’ultimo posto dove tua madre verrebbe a cercarti. Posso dire a Ruby e a Mary Margaret di venire qui, a patto che non mi distruggiate il negozio.”
“Grazie.”
Gli sorrise, più rilassata di quanto fosse mai stata in sua presenza.
“Questo è un pensiero gentile.”
“Non dirlo a nessuno, o tutta la fatica che ho fatto per costruirmi la mia cattiva fama andrà in fumo.”
Emilie rise piano.
“Spiacente deluderti, Emilie, ma non sono diventato cortese abbastanza da lasciarti sedere sul bancone. Scendi, ti prego.”
Lei obbedì, pensando soddisfatta di essere stata probabilmente l’unica ad avere il coraggio di farlo e di essere sopravvissuta per raccontarlo.
“Mentre resti qui, ci sono alcune regole che devi seguire. Non rompere niente e non toccare nessun oggetto esposto.”
“Sissignore.”
“E non sederti ancora sul bancone appena volto le spalle.”
Maledizione. Leggeva nel pensiero adesso? Trovandosi da sola fece due o tre volte il giro del negozio. La curiosità le bruciava le mani. Si trovava nel famigerato covo del signor Gold e non poteva approfittare della situazione? Era probabilmente la prima, visto che chiunque avesse la necessità di andare a trovarlo non lo faceva senza portarsi dietro aglio, paletto di legno, croce e acqua santa. Si sedette sulla sedia dietro la cassa, sbuffando. Accarezzò l’idea di mettere i piedi sulla cassa, ma poi ebbe l’Illuminazione. Il signor Gold non le aveva detto di non guardare dentro i cassetti. Ne aprì uno, trepidante. C’erano parecchie carte, riposte ordinatamente.
“Em!”
Sobbalzò, spaventata. La voce femminile decisamente non apparteneva a Gold, ma non poteva credere di essere stata così sprovveduta da non chiudere la porta a chiave.
“Ruby! Mary! Entrate, presto e chiudete la porta.”
Loro fecero come lei aveva detto e si avvicinarono, guardandola con occhi avidi.
“Cos’è successo?”
“Sei andata a letto con Gold?”
“Oddio, davvero?”
“Com’è? Essendo un bastardo, deve per forza essere una bomba.”
“Ma, Emilie, come hai…voglio dire, perché proprio lui?”
Emilie le guardò a bocca aperta.
“Ma che cosa avete capito?”
“Non ci sei andata a letto?”
“No, nel modo più assoluto!”
Raccontò loro per filo e per segno gli eventi della sera prima. Mary Margaret le prese le mani, solidale. Ruby non fu altrettanto incoraggiante.
“Secondo me, sei andata dalla padella alla brace. Tutti sanno che chi fa un accordo con Gold è fottuto.”
“Eppure tutti continuano a farne. Senti, lo so, ma al momento non vedevo vie d’uscita.”
Ruby l’abbracciò e Mary si unì a loro, come facevano sempre da quando erano piccole.
“Comunque, cosa stavi facendo quando siamo entrate? Sembravi abbastanza scioccata.”
“Beh…. Gold mi ha detto di non toccare gli oggetti esposti, di non rompere niente e di non sedermi sul bancone…”
Il sorriso dell’amica era talmente malizioso e ampio da farla sembrare ad un folletto malefico.
“Ma non ha detto niente riguardo ai cassetti, no?”
Mary Margaret sussultò.
“Non mi sembra l’idea migliore, ragazze…”
“Pensa, potremo farci le foto di noi tre sulla cassa di Gold!”
Emilie e Ruby sollevarono Mary e scattarono una foto con il cellulare.
“Sidney pagherebbe il nostro peso in oro per averla.”
“Ruby, quello che avviene in questo negozio resta qui, o il mio accordo con lui va a farsi benedire.”
“Tranquilla. Non la metterò neanche come sfondo dello schermo. Dunque, vediamo cosa nasconde il Joker di Storybrooke.”
Facendo estremamente attenzione, sollevarono i fogli per leggerli.
“Ma…sono intonsi! Completamente bianchi!”
“No.. c’è un biglietto qui.”
Emilie lo lesse ad alta voce.
“La curiosità uccise il gatto…o la gatta.”
Rabbrividirono.
“Dio mio, cos’ha quell’uomo che non va?”
 “Guardate quei burattini… non sembra che ci stiano guardando?”
Mary Margaret stava indicando timorosamente due piccoli fantocci, dai visi rugosi come le teste vodoo. Uno era un maschio, dai capelli neri e ricci, l’altro era una femmina dai capelli lunghi e biondi. Entrambi avevano un’espressione di orrore agghiacciante. Emilie si avvicinò esitante e sfiorò la chioma della bambola. Emise un piccolo urlo e indietreggiò, orripilata.
“Ragazze, forse sto diventando pazza, ma… quei capelli… mi sembrano umani.”
Ruby la prese in giro.
“Sei solo suggestionata.”
“Sono una parrucchiera, maledizione! Vuoi che non riesca a distinguere la differenza?”
Ruby e Mary si guardarono, deglutendo.
“B-beh, forse glieli hanno già venduti così… voglio dire, avranno usati quelli tagliati da un qualche parrucchiere. Scusa, Em, non mi riferisco a te.”
Rimasero tutte e tre un po’ in silenzio, inquiete.
“Che ne dite, ordiniamo una pizza?”
Emilie non era mai stata tanto grata a Mary.
“Ottima idea, ma è meglio se la mangiamo nel mio nuovo appartamento, di sopra.”
Ruby la guardò, scandalizzata.
“Vuoi dire niente foto di pizza sulla cassa di Gold?”
“Esatto.”
 “Togli sempre tutto il divertimento. Guastafeste.”
Mentre le sue amiche salivano, Emilie si voltò a guardare i pupazzi. Spinta da un impulso che la stava mettendo sotto pressione da un po’, si avvicinò e strappò loro un capello ciascuno, riponendoli tra le pagine della sua agenda personale.
Il pomeriggio trascorse tranquillo, mangiando pizza sul suo letto e scambiandosi gli ultimi pettegolezzi. Emilie era sempre stata convinta che fare la parrucchiera era un po’ come fare la psicologa e non si era ingannata: sembrava che, con la chioma bagnata o sotto un casco caldo, le donne si sentissero più portate a fare confidenze.
“Sean ha deciso di assumersi qualche responsabilità e aiutare Ashley e il bambino?”
“No, figurati, quell’idiota è manovrato dal suo ricco paparino. Non muove un dito senza il suo permesso.”
“Dimmi, Em, Regina ha davvero una relazione con Graham?”
“Non lo sapevi?”
“Non è che Regina lo gridi esattamente a tutti i venti. Anche se non capisco perché no, io lo farei se fossi riuscita ad accalappiarlo.”
“Persino il signor Gold lo sapeva. E non è che lui vada a spettegolare.”
“Non vuol dire niente. Secondo me lui mette delle cimici in tutti gli appartamenti che affitta per farsi gli affari degli altri e avere potere su di loro.”
“Em, Ruby, non state parlando di un agente del Chaos.”
Le due si guardarono.
“Ma certo! È nel Chaos!”
“Purtroppo no.”
Il signor Gold era lì, sulla porta, appoggiato con entrambe le mani al bastone. Aveva un paio di piccoli occhiali da sole e sorrideva. Com’è che si chiamava quella canzone? The devil on the doorstep?
“Spiacente di dovervi congedare, ragazze, ma ci sono problemi in paradiso. Regina vuole parlarti, Emilie.”
“Regina?”
“Sembra che Henry sia scappato di casa.”
Emilie si alzò e lo seguì.
“Henry ha solo dieci anni! Perché scappare di casa?”
“Seriamente, non lo faresti anche tu se avessi Regina come madre?”
La casa di Regina era sempre stata monumentale, ma quel giorno le parve ancora più intimidatoria, forse perché presagiva che quello non sarebbe stato un incontro sereno. Il signor Gold bussò alla porta.
“Apri la porta, Regina, per favore.”
Il sindaco li fece entrare, reggendo un bicchiere di quello che sembrava sherry. La mascella era serrata e gli occhi sprigionavano lampi.
“È molto importante che risponda, signorina Rampion. Ha più visto Henry dall’appuntamento di ieri?”
“No, no.”
“E sentito?”
“Non mi perdo in sottigliezze, signora Mills. Non mi ha contattata in nessun modo e non avevo la più pallida idea di quello che aveva in mente di fare.”
“Si rende conto che lei è stata l’ultima persona ad averlo visto, vero? Potrei farla accusare per  rapimento.”
Emilie stava per ribattere, le guance rosse di rabbia, ma il signor Gold intervenne.
“Penso tu stia esagerando, cara. E poi, se parliamo di sottigliezze, sono io l’ultimo ad aver visto Henry e lo sai benissimo. E tuttavia, non mi hai accusato di avertelo rapito.”
Lei arrossì un po’. Non si aspettava che lui prendesse le sue difese. Regina la fissò, come a volerle leggere dentro. Strinse leggermente di più il bicchiere di vetro come se volesse spezzarlo.
“Molto bene. Immagino possa andare, signorina Rampion, se non può essere più utile di così.”
“Non sono io che ho spinto mio figlio a scappare di casa.”
Si fece mentalmente un facepalm. Il sorriso del sindaco non aveva nulla di rassicurante.
“Mi saluti sua madre, a proposito.”
Emilie uscì più in fretta che potè, seguita da Gold.
“Non è stata una mossa saggia, rinfacciare a Regina i suoi errori.”
“Tanto mi odia da quando facevo la babysitter al piccolo Henry.”
Erano già le sette di sera quando rientrò nel suo nuovo appartamento. Il signor Gold era andato a raccogliere i pagamenti degli affitti e lei era rimasta sola, preoccupata. Chiamò sia Ruby sia Mary Margaret, ma nessuna delle due aveva visto il bambino. Ashley non rispondeva al telefono e per un attimo prese in considerazione l’idea di chiamare sua madre, ma vi rinunciò vigliaccamente. Non se la sentiva di affrontarla ancora, nemmeno per telefono. Si affacciò alla finestra, guardando il cielo stellato. La faceva sentire meglio, anche se ogni volta provava la stessa sensazione di deja-vu. Il suo cellulare squillò ed Emilie sobbalzò, vedendo che si trattava di un numero sconosciuto.
“P-pronto?”
“Emilie! Emilie, mi senti? Sono Henry!”
“Henry! Da dove stai chiamando? Ci hai fatto preoccupare tutti?”
“Sto ritornando a Storybrooke. Con la mia mamma!”
“Regina ti ha trovato?”
“No, Em, la mia vera mamma”
Ad Emilie per poco non cadde il telefono di mano. Ora stava parlando una voce femminile, sconosciuta.
“Pronto? Signorina Rampion, sono Emma Swan. Non ho idea di come abbai fatto, ma Henry mi ha rintracciata a Boston e ha insistito perché venissi con lui qui a Storybrooke. Siamo arrivati e lo sto riportando dal sindaco Mills.”
“Buona fortuna, allora, ne avrà bisogno.”
Disse una veloce preghiera di ringraziamento. Henry era la cosa che più si avvicinava ad una famiglia per lei, gli voleva molto bene. Passò solo una mezz’ora prima che Gold rientrasse. Emilie aveva sempre pensato che avesse molto coraggio a riscuotere l’affitto di notte, considerando quanti in città lo odiavano.
“Emilie, Henry sta bene, è tornato a casa.”
“Mi ha chiamata poco fa. Ha detto di aver portato qui la sua madre biologica.”
“Emma Swan. Alloggerà dalla signora Lucas per una settimana. Una giovane donna molto decisa, da quanto ho visto.”
“Buonanotte, signor Gold. È molto tardi e dovrebbe tornare anche lei a casa. Domani per me è giornata di lavoro.”
“Buonanotte, Emilie. Ci vediamo domani per precisare qualche dettaglio riguardo al nostro…accordo.”
La prima cosa da cui fu svegliata, la mattina dopo, erano i rintocchi dell’orologio della torre, che aveva ripreso a funzionare.
 
Angolo dell’autrice: Scusate il ritardo lunghissimo! Causa piccolo incidente, ma adesso riprenderò a scrivere regolarmente Jgrazie a Sylphs e Samirina per aver recensito e delphs per aver messo la storia tra le ricordate. Buona domenica a tutti! 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Nimel17