Serie TV > RIS Delitti imperfetti
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Autore: Lisbeth17    02/09/2012    4 recensioni
Dal I capitolo:
“Mi dispiace molto Lucia, ma non è più una cosa discutibile, è una richiesta del Pubblico Ministero e visti i magri risultati ottenuti finora, non possiamo opporci. Non ti obbligo a collaborare in prima persona, ma devi mettere a disposizione uno dei tuoi uomini che farà da collegamento.”
“Mi sembra di capire che non ho molta scelta.”
“A questo punto no, posso capire la tua frustrazione ma non possiamo esimerci da una così chiara richiesta del magistrato.”
“Va bene generale metterò a disposizione uno dei miei uomini, quando dovremmo cominciare?”
“Questa sera passerà il Vice Questore aggiunto Andrea Manzi.”
“E per questa sera avrò delegato a qualcuno quest’operazione coordinata.”
E' passato un anno e molte cose sono cambiate, mentre altre invece purtroppo no.
I nostri Ris perderanno le redini dell'indagine.
Un commissario speciale.
Sempre Pugliese.
NB: Non è una L&O
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Between the laboratory and the police'
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Per Fantasia è ancora domenica, quindi non sono tremendamente in ritardo, solo un pochino!!
Buona lettura...




This is for your protection

«Vai a dormire!!» disse ancora una volta Andrea a Orlando, seduto con lei e Ghiro al tavolo della cucina del loro appartamento.
«Perché? Vi posso aiutare, lo sai.» rispose lui, ancora molto stanco dalla giornata appena vissuta, passandosi una mano sul viso.
«Non è un tuo caso, stai dormendo in piedi e fra tre ore devi essere al Ris.» disse ancora Andrea, assolutamente decisa a volerlo mandare a letto. Era stanco, lo vedeva, e anche molto preoccupato per lei in quel periodo.
«Ti ho dato ben tre validi motivi, e se non ti basta, ti accompagno di là e ti ammanetto al letto.» aggiunse lei, regalandogli un dolcissimo sorriso, al quale lui non seppe resistere.
Le passò una mano sulla guancia, per poi fermarla dolcemente e accarezzarle lo zigomo con il pollice.
«Vado, mi hai convinto.» disse alzandosi in piedi e dando una pacca sulla spalla all’amico. «Fate i bravi, buonanotte.» aggiunse lui sempre sorridente.
«Notte!!» dissero i due in coro, per poi tornare a sfogliare fascicoli.
 
Orlando era molto preoccupato in quei giorni, la morte dell’informatore di Andrea lo aveva messo in uno stato di agitazione vero e proprio. Sapeva che Andrea la stava lentamente superando, ma lui aveva ancora una brutta sensazione. Si sentiva in pensiero per lei, temeva che Pugliese cominciasse a identificare con lei il suo nemico, come vedeva in Lucia la sua preda. Anche se Andrea non sposava questa teoria, sostenendo che lei non aveva in alcun modo interferito con Pugliese e che era certa che lui non sapesse dei suoi accordi con Fulvio, questo la rendeva nulla agli occhi di Pugliese. E probabilmente aveva anche ragione, ma Orlando la amava e non sapeva impedirsi di preoccuparsi per lei, la morte di quell’uomo l’aveva messo di fronte alla pericolosità del loro lavoro. Le lacrime della moglie, lo avevano portato a sentire il terrore di una vita senza di lei. Non era in grado di concepirla, non era nemmeno capace di pensarla, non avrebbe saputo viverla, l’avrebbe seguita probabilmente. Si diede del vigliacco e si girò di nuovo nel letto, quando sentì la porta della stanza da letto aprirsi.
«So che non dormi, che succede amore?» disse Andrea sedendosi sul letto accanto a lui.
«Questa storia di Belli mi ha colpito più di quanto credessi possibile, ho il terrore che ti succeda qualcosa, io … mi manca il fiato Andrea.» disse voltandosi per guardarla negli occhi.
«Sono di fronte a te, e sto bene! Lo so che vedere Sonia in quello stato ti ha sconvolto, ti conosco meglio di quanto tu non creda, ma non mi succederà niente, ti ho fatto una promessa.» disse ancora lei passandogli una mano nei capelli, spettinandolo un po’.
«Io … non saprei vivere.» disse ancora lui, stringendole la mano che teneva poggiata sul suo petto.
«Smettila!» disse Andrea con un tono diverso «Sei la persona migliore che io abbia mai conosciuto. Se, e dico se, mi dovesse mai succedere qualcosa, tu sapresti andare avanti.» disse lei con una certa decisione nella voce. Mentre lui scuoteva ancora la testa.
«Sai perché andrai avanti?! Perché te lo sto chiedendo io, adesso. E tu adesso, mi prometti che non farai stronzate!!» disse lei, ora decisa e spaventata, dalle sue parole.
Lui si tirò su dal letto, per sedersi di fronte a lei e guardarla negli occhi, capì quanto quel discorso potesse averla turbata, e si diede mentalmente dello stupido. Agitarla non era quello che voleva fare, anzi, sapeva che aveva bisogno di calma, per pensare e cercare di capire la prossima mossa di Pugliese.
«Hai sposato uno scemo, perdonami.» disse lui stringendole forte la mano.
«Promettimelo!» disse ancora lei.
«Te lo prometto.» disse ancora lui.
Si chinò verso di lei, che chiuse gli occhi, dopo aver tirato un sospiro di sollievo. Quando le loro labbra si unirono, Andrea si avvicinò di più a lui, che non desiderava altro se non sentire ancora di più il suo calore. Sentirla viva e calda accanto a lui era tutto quello di cui aveva bisogno. Andrea si allontanò posando la fronte sul suo petto.
«Abbiamo ospiti…» disse lei in un sospiro. «Ed io devo dormire perché senno mia moglie si arrabbia.» disse Orlando facendole alzare il viso e baciandola ancora.
«Buonanotte amore mio!!» disse allora lei alzandosi e spingendolo sul letto, per poi chinarsi su di lui e lasciargli ancora un bacio veloce sul naso. «Notte…» le disse ancora lui.
 
Orlando era uscito da circa un’ora. Daniele e Andrea non avevano dormito per niente, troppo presi dall’affare Pugliese. Quando il telefono del commissario cominciò a squillare, erano le sette di mattina e sul suo display brillava ‘Paolo’. «Che cosa succede?» chiese Andrea rispondendo preoccupata, Paolo era uno che prima delle nove non era capace di intendere e di volere.
«Pugliese ha rapito sua figlia e ferito la sua ex moglie, ti aspetto nel mio ufficio, sbrigati.» disse l’uomo agitato, per poi riattaccare subito il telefono.
Andrea cadde su una sedia, sbiancando di colpo. «Nenè che succede?» chiese Daniele arrivandole subito accanto. «P… …» Andrea non riusciva a parlare, le mancava il fiato all’idea della piccola Erika nelle mani del padre... e poi la madre... povera donna… «Cazzo Nenè, parlami!! Che succede?» disse Daniele prendendola per le spalle per scuoterla, si stava davvero spaventando, temendo che fosse successo qualcosa all’amico.
«Pugliese ha rapito Erika.» disse Andrea pianissimo, e questo fece sì che Daniele tornasse di nuovo a respirare, il suo amico stava bene.
Andrea si riscosse improvvisamente dal torpore che le aveva gettato addosso quella notizia. Ora il suo lavoro diventava sempre più complicato e sempre più di vitale importanza.
«Andiamo.» disse alzandosi di colpo, e prendendo Daniele per il polso, trascinandolo verso la porta.
«Cosa?» disse lui ancora scosso.
«Il nostro lavoro è appena iniziato.» disse lei decisa, tirandogli il casco e spingendolo fuori di casa.
 
«Ricapitoliamo.» disse ancora Andrea.
«Ancora?» chiese Daniele, passandosi una mano sulla fronte.
«Per la decima volta?!» chiese Paolo scettico.
Erano chiusi nel suo ufficio da oltre due ore probabilmente, e dopo essersi fatta spiegare la dinamica dai colleghi di Como per quattro volte, aveva rivalutato con loro l’accaduto un’infinità di volte. Lei non sembrava minimamente stanca o provata, mentre i due erano allo stremo della pazienza e della capacità mentale di seguirla ancora.
«Signori miei è veramente necessario aver chiaro quanto successo per capire come si muoverà... come diavolo è arrivato a Como... e un sacco di altre cose.» disse Andrea decisa tirando poi il telefono dalla tasca, indecisa se chiamare o no.
«Paolo, mi autorizzi a mettere la Brancato sotto scorta?» chiese Andrea cominciando a scorrere la sua rubrica.
«Certamente. Avvisiamo Abrami?» disse ancora il magistrato mentre anche Daniele annuiva convinto.
«No, niente carabinieri, con tutto il rispetto.» disse facendo un cenno di scuse a Daniele «Ho io la squadra per noi!!» disse Andrea premendo il tasto verde e facendo partire la chiamata, mentre i due la guardavano sempre più curiosi.
 
«Chi non muore si risente.» le disse una voce maschile, profonda e calda come sempre, come lei la ricordava.
«Sono viva, e anche tu evidentemente se rispondi al telefono. Come stai?» disse Andrea sorridente, era sempre il solito stronzo.
«Non te ne frega un cazzo di come sto. Non ti sforzare, forse vuoi sapere dove sono, perché hai qualcosa per me.» disse ancora lui deciso e fermo, il sorriso non l’aveva mai abbandonato, sentirla era per lui sempre un piacere.
«Può darsi. Ok… sono una merda, temevo avessi preso male il mio ultimo rifiuto.» disse Andrea, cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza.
«Sono ormai abituato. Come stai?» disse lui ancora sereno, sentendo in sottofondo i suoi passi.
«Bene, mi sono sposata, e ho bisogno di te. Siete disponibili?» chiese ancora lei senza mai perdere il sorriso, mentre Daniele scuoteva la testa guardando il magistrato. Andrea era tremendamente diretta, forse troppo.
«Sei sposata?!» disse l’uomo aprendosi in un’ enorme risata «Non lo credo possibile, voglio vedere la fede, voglio conoscere il pazzo, e sono a tua disposizione. Faccio arrivare Lucio per stasera. Dove ci vuoi?» disse ancora lui, ora curiosissimo di rivederla.
«Roma! E si sono sposata, la tua incredulità mi offende.» rispose lei fintamente piccata, lui era quello che le aveva sempre vaticinato che sarebbe crollata fra le braccia dell’unico uomo nato per lei.
«Sono qui.» disse lui, facendo cenno a un ragazzo di andare verso la macchina.
«Raggiungimi in procura, stanza 308, terzo piano!» disse Andrea ora molto felice, sapendo che era già a Roma.
«Non te ne pentirai, sono i migliori, affiderei la mia vita nelle loro mani. Credetemi!» disse Andrea ora rivolta a Paolo e Daniele che continuavano a guardarla senza capire.
 
Quando la porta si aprì, dopo che Paolo aveva invitato i visitatori a entrare, Andrea si aprì in un sorriso e non riuscì a frenarsi. Corse incontro all’uomo che varcò la soglia per prima. Era alto, muscoloso, lo sguardo severo e la barba sfatta. L’uomo sollevò Andrea da terra, dopo che lei gli aveva gettato le braccia al collo.
«Nana, quanto affetto!» disse stringendola in un abbraccio molto forte.
«Mi sei mancato…» disse lei stretta a lui.
«Anche tu, Smettila ora!!» Le era davvero mancata quella ragazza, ma detestava le smancerie, soprattutto perché non erano nemmeno soli, altrimenti l'avrebbe stritolata a lungo.
«La smetto.» disse Andrea mentre lui la rimettava a terra.
«Signori, vi presento Adriano Mori, Giulio Forti e Roberto Destri.» disse Andrea rivolta verso Paolo ancora dubbioso e Daniele che la guardava male, sentendosi in dovere di fare le veci dell’amico.
«Piacere!» dissero Daniele e il magistrato.
«Piacere!» risposero i tre uomini in coro.
«Dimmi tutto!!» disse allora Adriano rivolto verso Andrea.
«La persona che sarebbe affidata alla vostra squadra è il capitano dei carabinieri, Lucia Brancato, dirige il laboratorio del Ris di Roma.» disse Andrea cominciando a spiegare la situazione.
«Un capitano dei carabinieri?? Sono venuto qua per un capitano dei carabinieri??» disse Adriano mentre la guardava stupito e anche leggermente infastidito.
«Un latitante pluriomicida la vuole morta, il latitante pluriomicida che sto cercando di arrestare IO. Per lei la questione è troppo personale, temo faccia stronzate. Ho bisogno del migliore, dei migliori. Di te, di voi!!» disse ancora Andrea spiegando vagamente la bestia che era Pugliese, ma puntando soprattutto sulla più femminea arte dell’adulazione.
«Cavolo... Andiamo, va bene, ci sto. Ti prego solo di non fare così, smettila di guardarmi in quel modo e non sbattere le ciglia. Lo faccio per te e per la tua amica.» disse lui, non apprezzando molto l’essere adulato, sapendo poi che a lei non poteva resistere.
«Non è mia amica, se è possibile, mi odia.» disse Andrea scrollando le spalle.
 
Prese poi il telefono per cercare di chiamare Orlando, doveva accertarsi che Lucia non lasciasse il Ris, prima del suo arrivo. Il telefono di Orlando però era sempre staccato, chiamò allora Bart.
«Vice Questore buongiorno!!» disse Bart in tono serafico.
«Tenente Dossena, buongiorno a lei… Dove si trova mio marito??» disse lei, i due facevano sempre lo stesso teatrino ogni volta che si sentivano.
«Gelosona!! È di sotto, alla balistica.» disse ancora Bart in tono canzonatorio.
«Sto tono e il gelosona me li paghi cari, tuo figlio farà il poliziotto guarda…» disse Andrea per provocarlo.
«Poliziotto mai!» continuò Bart serio
«Tantomeno carabiniere!!» aggiunse Andrea.
«Va bene, farà il dottore.» convenne Bart accondiscendente.
«O quello che vorrà… la Brancato è lì?» disse, più saggiamente, Andrea, per poi arrivare dritta al motivo della sua chiamata.
«Si!!» disse Bart solamente, curioso di sapere adesso, dove voleva arrivare Andrea.
«Trattienila in laboratorio fino al mio arrivo per favore.» disse Andrea con la voce vagamente melliflua, per addolcire la richiesta, non troppo semplice, vista la testona in oggetto.
«Solo perché mi hai detto per favore, lo farei… Ma come?» le disse allora Bart, desideroso sì d’aiutarla, ma vagamente in dubbio sul modo.
«Non lo so, sputa in una provetta e faglielo analizzare, ferisciti alla mano e fatti aiutare, non lo so, quello che vuoi, giocate al microscopio, oppure seducila…» disse Andrea a macchinetta per poi aggiungere subito dopo «No no no!!! Ele poi mi ammazza!! Tu bloccala...»
Dopo essere scoppiato a ridere, Bart si congedò. «Sarà fatto. Ciao.»
Attaccando il telefono, il tenente, vide Orlando varcare le soglie del laboratorio e gli si avvicinò subito «Tua moglie, per motivi non ben definiti. Vuole che blocchiamo Lucia al Ris fino al suo arrivo.» gli disse in tono cospiratorio.
«La cosa non promette nulla di buono.» disse Orlando scuotendo allora la testa.
«Lo penso anch’io.» ammise Bart, grattandosi la testa per un momento.
«Ti do una mano.» disse poi Orlando passandogli un braccio attorno sulla spalla e dirigendosi con lui nell’ufficio di Lucia.
 
«Manzi, buongiorno.» disse Lucia vedendo Andrea entrare nel suo ufficio.
«Capitano, buongiorno a lei.» disse Andrea stranamente serena, probabilmente rassicurata dagli uomini alle sue spalle e dalla presenza di Orlando nella stanza, nel vederlo non mancò di sorridergli dolcemente.
«Il piacere della sua visita? Ed è possibile conoscere il suo seguito?» chiese ancora Lucia vagamente infastidita dallo sguardo che aveva visto tra il commissario e Orlando.
«Ahimè la mia visita è di servizio. Mario Pugliese ha rapito sua figlia e mandato in ospedale l’ex-moglie, non è ancora fuori pericolo purtroppo. Lei deve essere messa sotto scorta.»  disse Andrea per spiegarle la situazione, e con un tono che non ammettesse repliche riguardo alla scorta.
Lucia sospirò per poi posare la mano sul telefono e dire «Avviso subito il generale Abrami.»
«No, non c’è bisogno. Mi sono personalmente occupata della sua scorta. E qui veniamo al mio seguito.» disse Andrea facendole segno di fermarsi.
«Cosa? » chiese Lucia alzando leggermente il tono della voce.
«Non l’ha presa bene.» disse Adriano ora accanto ad Andrea.
«Lo immaginavo.» disse Andrea girandosi verso l’amico.
«Potevi avvisarmi.» disse ancora lui cominciando a vedere quel lavoro come un’enorme grana.
«Cosa?» disse ancora Lucia sempre più infastidita.
«E’ tocca?» chiese ancora Adriano, non capendo quella biondina di fronte a lui.
«Smettila.» disse Andrea rivolta verso di lui, rimproverandolo con lo sguardo, incapace però di nascondere un sorriso, per poi proseguire «Capitano vorrei presentarle Adriano Mori, Giulio Forti e Roberto Destri. La sua scorta!»
«Non se ne parla proprio, non so nemmeno chi siano.» disse Lucia molto arrabbiata per quell’enorme intrusione, prima la sua indagine, poi Orlando, ora si stava anche imponendo con una scorta scelta da lei.
«Mica dobbiamo fare un figlio.» disse Adriano scrollando le spalle.
«Adriano smettila, per favore!!» disse Andrea voltandosi verso di lui, è vero che aveva immaginato che i due avessero fatto scintille, sperava però in un inizio migliore.
«Nana calmala!!» disse allora Adriano molto infastidito.
Orlando nel frattempo stava guardando sempre con maggiore curiosità Andrea e quell’uomo, i due sembravano conoscersi molto bene.
«Manca ancora Lucio Giorti che ci raggiungerà durante la serata.» disse ancora Adriano rivolto alla bionda, nel tentativo di placare gli animi.
«Nessuna donna?» chiese Lucia scettica, quell’uomo era arrogante e indisponente, lo detestava già.
«L’unica che volevo mi ha detto di no.» disse Adriano guardando languidamente verso Andrea.
«Non potete impormi una cosa del genere.» disse ancora Lucia, decisa a non voler accettare ordini o imposizioni da nessuno, certamente non da quella donna.
«Ho l’autorizzazione del magistrato.» disse Andrea mettendole un foglio sotto il naso.
«Voglio almeno un membro della mia squadra. Non può dirmi di no.» disse Lucia senza smettere di fissare Andrea, che non le diede corda, si voltò verso Adriano per intavolare con lui un discorso fatto di sguardi.
Alla fine del quale fu Adriano a parlare dicendole. «Va bene. Ci comunichi il nome entro sera.»
Lucia incrociò le braccia al petto, gesto che infastidì immediatamente Andrea e Adriano, per poi rispondere all’uomo. «Ho già preso la mia decisione. Il tenente Serra.» disse indicando Orlando.
Andrea strabuzzò gli occhi e tanto fece Orlando, non si aspettava da lei una mossa del genere, ma dopo il caso Belli, non si aspettava più niente di positivo da lei.
«Per lei va bene?» chiese allora Adriano, verso l’uomo indicato dalla bionda, che annuì nella sua direzione.
Adriano ancora ignaro che quell’uomo fosse il marito della sua amica, che era rimasta spiazzata dalla risposta affermativa di Orlando, si rivolse ancora a quest’ultimo. «Ha esperienza?» gli chiese, visto che non gli era per nulla sfuggito lo stupore alla richiesta del suo capo, Orlando scosse la testa, in segno di risposta.
«Famiglia?» gli chiese ancora Adriano, avere una persona senza esperienza e magari con una famiglia da mantenere non era certo per lui la cosa più piacevole. Orlando mosse di nuovo la testa, stavolta in segno di assenso.
«Li avvisi.» disse secco Adriano dopo aver sbuffato, almeno quell’uomo non sembrava un cretino, come la bionda invece.
«La mia famiglia già lo sa.» disse allora Orlando, aprendo la bocca per la prima volta in quella conversazione, guardando Andrea negli occhi.
Adriano notò lo sguardo che si scambiarono i due, per poi notare la fede che entrambi portavano al dito. «Allora è vero?!» chiese rivolto verso Andrea, che annuì semplicemente.
«Mi stai già simpatico.» disse allora Adriano, rivolto verso Orlando, che sorrise di rimando.
 
«Può dirmi di più su quanto fatto da Pugliese?» chiese Lucia interrompendo quel quadretto, che la infastidiva parecchio.
«No.» disse Adriano al posto di Andrea.
«Come si permette? Lei deve difendermi, non imtromettersi nel mio lavoro.» rispose ancora Lucia sgarbata.
«Tecnicamente non è un suo caso, ma della nana, e poi la difendo, da se stessa. Al momento lei mi sembra il suo peggior nemico.» disse Adriano deciso, aveva notato la strana scintilla negli occhi della donna al solo sentir nominare il latitante.
«Vedo che v’intendete, bene. Io torno a lavoro, per favore smettila di chiamarmi nana. Ti aggiorno appena abbiamo novità.» disse Andrea rivolta all’amico, per poi salutare tutti, non posò che uno sguardo fugace e infuriato su Orlando che non potè non notarlo.
Quando stava per lasciare la stanza Adriano, all’ennesimo sguardo di fuoco che Lucia gli rivolse, rivolto all’amica disse ancora «Sbrigati, senno faccio un favore al latitante e le sparo io…»
«C’è la fila bello mio, c’è la fila. Prendi il numeretto.» disse Andrea facendogli l’occhiolino, portando inevitabilmente a ridere molti dei presenti, i carabinieri bene attenti a nascondersi, gli altri un pochino più esplicitamente. Mentre Lucia variava diverse tonalità di rosso sul viso.
 
Orlando uscì dalla stanza per seguire Andrea, avendo perfettamente compreso che lei fosse infuriata e cominciando ad aver chiaro il motivo. Andrea non aveva preso troppo bene la sua partecipazione alla scorta di Lucia.
«Ti devo parlare…» disse afferrandola per il braccio, quando stava per varcare le porte del laboratorio.
«Di cosa? Siamo una famiglia, stiamo cercando di adottare una bambina e tu prendi una decisione del genere senza nemmeno confrontarti con me. Di cosa vuoi parlare adesso?? È tardi!» chiese Andrea folgorandolo con lo sguardo «E pensare che mi credevo io la persono più egoista nel nostro rapporto.» disse ancora lei scuotendo il braccio per far si che lui la lasciasse.
«Ha bisogno di avere vicino, qualcuno che conosce, di cui si fida, che la capisce. Le hai imposto una scorta che non conosce, non si fida di te, ed è terrorizzata da Mario, anche se non lo ammetterà mai.» disse ancora lui, ferito e toccato dalle parole di Andrea, nell’accettare quella situazione aveva messo la sua famiglia in secondo piano, e se ne rendeva conto solo il quel momento.
«Ok, va bene. Vai da lei, e dai retta ad Adriano. E rimani vivo se ci riesci.» disse Andrea scrollando le spalle.
«Chi è Adriano?» chiese lui improvvisamente, non era effettivamente geloso, per la prima volta forse, non era geloso dell’uomo che le aveva visto accanto, ma era certo infastidito da alcune affermazioni del ragazzo.
«Non sono cazzi tuoi…» disse Andrea voltandogli le spalle, non aveva alcuna intenzione di dare corda alla sua gelosia.
«Sono tuo marito.» disse ancora lui, adesso più arrabbiato, a seguito del suo rifiuto.
«Ultimamente lo sei quando ti fa comodo…» disse Andrea infuriata, aveva alzato la voce. Mentre Orlando fissava qualcosa alle sue spalle, lei si sentì improvvisamente sollevata da terra.
«Mettimi giù Adriano.» disse lei sapendo perfettamente chi era solito sollevarla quando perdeva la calma. Se la caricava sulla spalla tipo sacco di patate, per allontanarla e calmarla, sperando di influire sull’afflusso di sangue al suo cervello, molto molto arrabbiato...
«Usciamo, tutti e tre. » disse lui deciso indicando anche Orlando, che era sempre più sconvolto dalle libertà che si prendeva quell’uomo con sua moglie; anche se cominciava a capire la dimensione della rabbia di Andrea e quanto anche lui l’avesse combinata grossa. «Tu ferma.» disse ancora Adriano dando uno schiaffo sul sedere ad Andrea, che voleva essere messa giù.
«Signori, non faccio il terapista, non credo in queste cazzate. » disse Adriano mettendo giù Andrea, una volta fuori dall’edificio. «Tu però lavori con me, e mi servi lucido, e tu, signorina, hai una bella sfida davanti!! » aggiunse guardando Orlando prima, per poi rivolgersi ad Andrea. «Devi essere concentrata e attenta, perdi lucidità e perdi di vista il caso. Perdi serenità e…»
«...muori.» disse Andrea per lui, facendo un lungo respiro.
«Chiaritevi, parlatevi, scopate, picchiatevi. Non lo so, non m’interessa il come, ma fatevi vedere di nuovo da me quando sarete calmi, senno non andremo da nessuna parte.» disse ancora Adriano serio, mentre Orlando si sentiva come un bambino rimproverato dallo zio. «La conosco da anni, ho lavorato in passato con lei, l’avrei voluta nella mia squadra, da allora la chiamo ogni tre mesi per sapere se ha cambiato idea...» aggiunse l’uomo per presentarsi a Orlando. «Mi ha salvato la vita. Torno da Charlotte.» aggiunse in conclusione.
«Charlotte?!» chiesero i due in coro.
«Hai presente la bionda, figlia del re del carnavele, nella principessa e il ranocchio?! Quella un po’ scema…» disse ancora Adriano rivolgendosi ad Andrea, che conosceva la sua fissa di affibiare nomi in codice alle persone da difendere, ed era solito attingere alla biblioteca Disney.
«Charlotte è simpatica, non è poi così male.» disse allora Andrea per risposta, mentre Orlando voleva rimproverarla con lo sguardo, ma fallì miseramente, non potendo darle torto.
«Anche tu hai ragione… appena trovo un personaggio stronzo come lei, le cambio il nome in codice.» disse Adriano annuendo.
«Le figlie di Giulio?» chiese ancora Andrea, sapendo bene come conoscesse tutti quei cartoni animati.
«Stanno benissimo, crescono ormai. Vado.» disse lui facendole l’occhiolino e rientrando al Ris.
Orlando fissò ancora per un po’ l’uomo sparito dietro l’angolo, era sicuramente una persona particolare pensò, tornando poi a concentrarsi su Andrea. «Avrei dovuto aspettare prima di rispondere.»
«Sarebbe stato carino da parte tua.» disse ancora Andrea fredda.
«Mi credi almeno?» chiese Orlando colpito dal tono freddo di lei. La conosceva abbastanza, però, da sapere che assumeva quel tono solo per difendersi.
«Sì, ma non è facile affrontare tutto questo senza averti vicino.» disse lei cominciando ad abbassare un pochino le difese.
«Sei in grado di farlo, lo so.» disse lui cominciando ad avvicinarsi a lei.
«Ti prego, stai attento!!» disse lei ora trapassandolo con i suoi occhi chiari.
«Anche tu, anche tu.» disse Orlando cingendole la vita con le braccia.
«Io rischio solo di fondermi il cervello.» disse Andrea accarezzandogli il viso «Tu rischi molto di più… Io questa cosa non gliela perdonerò mai.» aggiunse stringendosi a lui e buttando la testa sul suo petto.
«Lo capisco, starò attento e vedrai che andrà tutto bene. Confido nelle tue capacità di sbirro.» disse lui stringendola forte a se. Le sarebbe mancata moltissimo, solo ora cominciava a capire quanto, assecondare Lucia, gli avrebbe tolto.
 
 Erano passate tre settimane, Andrea e Daniele vivevano una simbiosi quasi preoccupante, ma malgrado tutti i loro sforzi, di Pugliese non c’era nemmeno l’ombra!!! Non avevano alcuna traccia di lui, erano abbastanza certi che fosse tornato a Roma con la figlia, nonostante la Brancato sostenesse che ormai avesse lasciato l’Italia, sfruttando il fatto di essere già a Como.
Nessuno credeva a quanto sostenuto da Lucia, probabilmente nemmeno lei, ma avrebbe fatto o detto qualsiasi cosa pur di liberarsi della scorta impostagli dalla Manzi. Quegli uomini avevano invaso casa sua, non la lasciavano mai sola, nemmeno la notte, per la persona riservata che era quelle persone, avevano invaso e distrutto la sua vita privata.
Neanche la presenza di Orlando la tirava su, lui era normalissimo nei suoi confronti, ma lei non poteva continuare a far finta di non vedere quanto lui riacquistasse la serenità o il sorriso solo quando Adriano le parlava di Andrea, per il resto del tempo era sempre relativamente cupo e preoccupato.
«Charly…pizza per cena??» disse Adriano rivolto verso Lucia.
«Non mi può dare del tu, e non mi può chiamare Charly... Quante volte glielo devo dire?»
«Che rompi scatole che sei!!! Romeo, vai a prendere la pizza, vi mando su Giulio, io vado dalla Nana che mi cercava…» disse allora Adriano. Romeo era Orlando, non per riferimento a Shakespeare ma agli Aristogatti, poiché il primo nomignolo affibiato ad Andrea fu Duchessa per motivi mai chiariti, Orlando era a tutti gli effetti Romeo, e poi secondo Adriano, Romeo era raro quanto Orlando, e pure fosse poco gradita, la cosa non era discutibile, Adriano certe cose le imponeva. Mentre cercava in tutti i modi di far sciogliere la bionda… Impresa ardua…
«Novità su Pugliese?» chiese allora Lucia subito.
«Non lo so, non credo. Pure le avessi dubito che te le direi… quando pensi di arrenderti alle mie regole, Charlie?!» le disse lui come se stesse ripetendo una cosa detta e ridetta.
«Il giorno che mi chiamerai con il mio nome.» disse Lucia lasciando la stanza infastidita, senza neanche essersi resa conto di avergli dato del tu, Adriano ammiccò nella sua direzione per poi lasciare la casa.
 
«Nana… hai una faccia davvero distrutta!!» disse Adriano seduto di fronte alla sua scrivania.
«Sono stanca, dormo poco e male.» disse Andrea massaggiandosi il collo.
«Troppi pensieri. Ne hai parlato con tuo marito?» le chiese allora lui, era da una settimana che aveva saputo quanto stava accadendo ad Andrea e dalla sua espressione sembrava prorpio che stesse affrontando il tutto da sola.
«Quando?? Non lo vedo mai, tu e la bionda lo tenete in ostaggio…» disse Andrea stanca, facendo emergere tutta la sua frustrazione.
«Non puoi fare tutto da sola, questa cosa gliela devi dire…» disse ancora Adriano, con più dolcezza e meno durezza nella voce. Nessuno dei due si era accorto che non erano più soli, Orlando fuori dal suo ufficio, si era fermato, bloccato da quelle confessioni.
«No, questa cosa sparirà con la velocità con la quale è arrivata, sono troppo incasinata anche solo per prenderla in considerazione…» disse Andrea ferma, sbattendo una mano sul tavolo, mano che subito Adriano afferrò.
«Nana, non sei sola! Non ti puoi comportare come se lo fossi…» la voce era dolce e calda, doveva consolarla, lo sapeva, ma soprattutto farle capire quanto non fosse sola.
«Smettila di chiamarmi Nana…» disse lei ora con gli occhi lucidi, era veramente stanca e si sentiva così sola, senza Orlando in quelle settimane.
«Sono quasi 18anni che ti chiamo così, ora ti lamenti?! E non cambiare discorso, ma parla con Orlando.» disse ancora lui accarezzandole dolcemente la mano. Orlando non gli riconosceva quel tono di voce, così dolce e comprensivo.
«Non ho modo né tempo.» disse Andrea asciugando una lacrima che rapida le rigava il volto.
«Stai facendo la stessa cosa di allora, scappi, e non va bene, sei grande ormai…» la rimproverò lui ora.
«Non scappo, non è vero, è diverso… Avevo perso il bambino e noi non avevamo nulla da dirci ancora.» disse Andrea ritrovando una forza nuova, non era la stessa cosa, e ritirare fuori quella vecchia storia in quel momento non l’avrebbe certamente aiutata in alcun modo.
«Non è vero. Tu hai perso il bambino e non hai voluto condividere con me quello che ti è successo…» disse allora Adriano severo, forse un po’ di rabbia era ancora nella sua voce, al ricordo dell’accaduto. Orlando sempre in ascolto lì fuori, cominciava a capire quanto c’era tra Andrea e Adriano che lui non sapeva.
«Se mio padre ti vedeva ancora, ti avrebbe sparato, in barba al suo pacifismo!!» disse lei aprendosi in un mezzo sorriso, voleva e doveva stemperare la tensione e soprattutto cambiare discorso.
«Stai portando ancora la conversazione altrove, ma stavolta t’impedirò di fare tutto da sola, piccola Nana testarda. Parlerai a Orlando!!» disse lui stringendole forte la mano, per avvolorare ancora di più le sue parole.
«Smettila… io sono così stanca e mi sento così sola.» disse Andrea sciogliendo il contatto tra le loro mani per andare a coprirsi gli occhi ormai velati di lacrime.
Quando Adriano si era alzato per andare a stringerla in un abbraccio Orlando aveva bussato ed era entrato nella stanza. Adriano nel vederlo si congedò, portando i cartoni delle pizze, che il ragazzo aveva in mano, a casa Brancato.
«Ciao!!!» disse Andrea alzandosi dalla sedia per avvicinarsi a lui.
«Cosa mi stai nascondendo??» chiese lui facendo un passo indietro.
«Mi spii?? Non ti vedo mai e tu mi spii?» chiese Andrea incredula, non sapeva fermare il vortice di emozioni diverse che le riempivano il cuore, adesso stava dando spazio a tutta la sua rabbia.
«Chi è davvero Adriano??» chiese lui, incredulo che lei gli avesse nascosto chi realmente lui fosse.
«Ti vedo troppo poco per voler discutere.» disse Andrea stanca di troppe cose.
«Rispondimi!! Da quanto lo conosci?? Quanto siete intimi?» chiese lui, reso cieco dalla gelosia e dai suoi dinieghi.
«Che vuoi sapere?! Se siamo stati insieme?! Sì, un miolione di anni fa, io avevo quindici anni e lui ventuno…» disse Andrea stremata da quella conversazione, per lei, in quel momento, tremenda.
«Era... » disse lui con un sospiro.
«Sì! Era il padre del bambino che aspettavo. È finita con la gravidanza fallita, io ero piccola. L’ho ritrovato anni dopo sul lavoro e siamo amici, solo amici da molto tempo.» disse Andrea interrompendolo, perché quelal storia doveva riemergere proprio ora, si chiedeva.
«Non me lo hai mai detto!!» disse lui quasi offeso, in realtà rammaricato, cominciando a vedere la stanchezza su quel viso che tanto amava.
«Quando? Ti prego dimmi quando... Non ti vedo mai!! Stai sempre con lei!!» sbottò Andrea frustrata.
«E’ solo lavoro Andrea!! Cos’altro mi nascondi?» chiese lui, mite, cercando di avvicinarsi a lei.
«Puoi rimanere con me stasera? Venire con me da Tiia? Dormire con me? Stare con me?» chiese lei a raffica, scaldata da quella carezza che lui le stava facendo sul braccio.
«Sai che non posso…» disse lui amareggiato, avrebbe mandato chiunque a quel paese per starle di nuovo vicino.
«Allora non c’è nulla che io possa discutere con te in cinque minuti…» disse Andrea seria, non piccata, solo realista.
«Ti prometto che domani, avrò la serata libera, parlerò con Lucia e Adriano e staremo insieme, non mi tenere fuori dalla tua vita…» le disse lui abbracciandola.
«La mia vita senza di te è schifosamente vuota.» confessò lei gettandogli le braccia al collo.
«Anche la mia, anche la mia, credimi. Che succede amore?» chiese ancora lui, volendo aiutarla.
« Domani...  domani...» disse lei ora sorridente.
In quel momento il telefono di Orlando cominciò a squillare, vide che era Lucia e tornò a guardare Andrea, triste.
«E’ lavoro lo so, vai. Adri la starà stressando.» disse Andrea posandogli un bacio sul naso.
«Tu che fai?» chiese lui poggiando la testa sulla fronte della compagna.
«Fra un po’ vado da Tiia. Sto bene, vai…» disse lei con il sorriso sulle labbra, solo per aver pensato a Tiia.
Dopo essersi scambiati un tenero bacio, Orlando lasciò il commissariato e Andrea tornò alla sua scrivania.
Alle otto, in estremo ritardo per la cena di Tiia, stava lasciando il commissariato.
Ferma di fronte alla sua moto, parcheggiata nel solito vicoletto, non si accorse di nulla, sentì solo una forte fitta alla testa e poi vide il pavimento farsi tremendamente vicino, improvvisamente si fece tutto scuro.


NDA
Stavo scrivendo le note, il capitolo era tutto caruccio, le note erano concluse e bammmmm!
Si chiude la pagina, bene! Dopo una ricca serie di improperi sono di nuovo qui!
.... Scusatemi per la brusca conclusione del capitolo.... un po' di suspence ci vuole però...
Sarò pronta per la prossima pubblicazione in tempi brevi, vorrei non lasciarvi troppo sulle spine...

Come ultima cosa, volevo dirvi che ho creato una nuova pagina su facebook, dove si può parlare, vedere foto di tutti i personaggi di Meeting da me pubblicati, e perché no, ci saranno anche spoiler... Vi lascio il link
LisbethEfp...

Spero di sentirvi! 
Adios
A

Dal prossimo capitolo

Quando Andrea si svegliò, percepì immediatamente una sensazione di calore all’altezza del petto per poi sentire immediatamente il ferro che le costringeva caviglie e polsi. 

  
   
 
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