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Autore: IamShe    02/09/2012    11 recensioni
Cosa succederà nel momento in cui Ran si ritroverà da sola, dopo la morte di Shinichi, ad affrontare la più grande paura della sua vita, e a salvare quella delle persone a lei care?
Cercherà di reagire o subirà impotente, aspettando che il destino si compi?
*
"Perché Shinichi non mi aveva detto niente quel giorno? Aveva inventato la scusa del caso semplice, di un cliente che lo aveva chiamato. Aveva detto che sarebbe tornato la sera, che avrei dovuto cucinargli il suo piatto preferito, che non avrebbe tardato.
Invece aveva deciso di andare ad uccidersi, senza preoccuparsi di nulla e di nessuno. Non vidi più il suo sorriso, e non ascoltai più la sua voce da quel giorno. Ritrovammo solo un corpo senza vita, senza più ricordi e senza più speranza."
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Nuovo personaggio, Ran Mori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una vita d'emozioni'
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Tredicesimo capitolo
Solo per voi

 
 
 
 
La sera cala e le temperature si rinfrescano, ma l’inverno è passato, e non ve n’è più traccia nemmeno qui.
Finalmente, dopo tanto aspettare, è primavera anche per me.
Attorciglio i suoi capelli tra le mie dita, giocando a creare figure astratte nell’aria, scompigliandoglieli in tante ciocche ribelli dalla cromatura corvina.  Gioco con la sua pelle, lasciandogli piccoli baci lungo il profilo del suo collo, e sorrido, sentendolo rabbrividire. Ha il capo appoggiato allo schienale del salotto, e le palpebre abbassate, conscio di potersi godere appieno le mie attenzioni, che non desidero altro che dargli.
Intorno a noi regna il silenzio, spezzato solo dagli ansimi che rimbombano nella stanza e che arrivano dritti alle nostre orecchie, caricando l’ambiente di un’atmosfera bollente.
Il mio corpo è ancora appoggiato al suo, le mie mani attraversano i suoi muscoli duri, mentre le sue sono aggrappate alle mie cosce, e fanno pressione verso il suo fisico, muovendolo con un ritmo regolare e suadente. Attraversata da una scarica d’adrenalina, gli circondo il collo con le braccia e torno ad impossessarmi delle sue labbra, cominciando a giocarci con la mia lingua. Ma nel momento in cui la sua bocca va a prendere la mia, una tosse arriva ai nostri timpani, facendoci fermare all’improvviso. Entrambi spalanchiamo gli occhi, immobilizzati dalla paura, ma nel girarli verso il corridoio, notiamo una figura avanzare nell’oscurità, con le mani a coprirsi il volto.
“Non sto guardando e non voglio guardare.”
Una voce familiare mi porta ad alzarmi improvvisamente dal corpo di mio marito che, al suono di una risatina, scatta all’in piedi, ed avanzando di qualche passo, mi fa scudo col suo fisico.
“Non so cosa state facendo e non lo voglio sapere.”
L’uomo avanza sempre di più, finché la luce non lo illumina. Strabuzzo gli occhi, ritrovandomi dinanzi colui che tanto assomiglia al mio Shinichi. Quest’ultimo intanto, abbassa le spalle, rasserenandosi d’un tratto.
“Ma vi vorrei avvisare che di là c’è un bambino. E svegliarsi e trovare i propri genitori in certi atteggiamenti, non è proprio una bella cosa.”
Sospiro, cercando di portare il mio cuore ad un battito normale, mentre la risatina dell’uomo si espande nella stanza, strappandoci un sorriso anche a noi.
“Per una volta potresti comportarti come persona normale e non entrare dalla finestra come i ladri, che dici?” lo rimbecca Shinichi, mentre sul mio volto si fa spazio un rossore sempre più vivo.
Lui continua ad avanzare, giungendo al lumino che è appoggiato sul tavolino del salotto, ed accendendolo.
“Che ci vuoi fare...” Dice, ridacchiando. “Deformazione professionale.”
Mio marito borbotta qualcosa, seccato, mentre io continuo a sbattere le palpebre, incredula. Chi è lui, e come faceva a sapere che Shinichi abitasse qui? Che sia proprio Shinichi il suo informatore speciale?
Mi stacco dal braccio del mio uomo, indietreggiando di qualche passo e poggiandomi ad un mobiletto del salone. E’ ancora una volta lui a parlare, sempre con il sorriso stampato sulla bocca.
“Mi spiegate cos’è successo? Tua moglie stamattina mi chiama in preda all’ansia per la scomparsa del piccolo, provo a contattarti tantissime volte ma non mi rispondi...” comincia a spiegare, con un tono leggermente melodrammatico. “Il che comincio a preoccuparmi. Così vengo qui, e scopro non solo che Conan è con voi, ma anche che avete intenzione di fargli un fratellino! E bravi.”
I miei occhi sono ridotti a puntini, mentre Shinichi è intento a passarsi una mano tra i capelli, forse tentando di scrollarsi di dosso quella passione che l’aveva pervaso. Si avvicina all’amico, del quale io ignoravo l’esistenza, e accende le luci in camera, illuminando l’intero ambiente.
“Non ti rispondevo perché non potevo mio caro. E poi smettila di dire idiozie, non stavamo facendo nulla. Piuttosto, tu, non mi avevi assicurato che Conan fosse a Niigata?” gli chiede, abbassando il tono della voce, cosicché che nostro figlio non possa svegliarsi.
“Lo era fin quando l’avevo controllato io. Ma insomma, l’avevano preso loro?” chiede, turbato.
“Sì” rispondo io, intromettendomi. “L’hanno rapito e portato nell’organizzazione.”
“Capisco” aggrotta le sopracciglia, strofinandosi il mento. “Quello che non capisco è perché adesso siate ad amoreggiare insieme, voi due.”
“Potresti abbassare la voce? Mio figlio sta dormendo.” Continua a riprenderlo Shinichi, ma l’uomo lo ignora del tutto e si fionda verso di me, con esuberanza.
“Come hai fatto a capire che era lui l’uomo che ti dicevo? Mi aveva detto che non poteva dirti nulla.”
Effettivamente non l’avevo capito.
“In realtà, me l’ha...come dire...suggerito Kemerl.” Gli rivelo, grattandomi il capo con due dita.
“Kemerl?” chiede, innalzando un sopracciglio. Poi, riporta l’attenzione a mio marito, girandosi verso di lui. “Continua a mostrarsi strano?”
“Sì” annuisce Shinichi, riprendendo posto sul divano. “Direi che sta peggiorando.”
“Ed io che avevo pensato che dietro lui ci fossi tu” dico, rivolgendomi a mio marito. Sorride, passandosi una mano sul viso, mentre Kaito ridacchia, poggiandosi ai fianchi.
“A proposito... Ti piace il travestimento che gli ho preparato? Oh, è tutt’opera mia eh. Voglio i diritti d’autore.” Mi dice Kuroba, con la voce fiera, riferendosi alla maschera di Shinichi, lanciata senza alcuna cura sul divano da me qualche minuto fa.
“T-tutta o-opera tua?” domando, inceppandomi nelle parole. Vorrei sapere di più, ma un’insolita paura mi frena... Shinichi non me ne ha parlato, ma lo ha rivelato soltanto a lui.
Perché mi ha tenuto tutto nascosto?
Perché, per l’ennesima volta, non si è fidato di me?
Io l’avrei aiutato, appoggiato, difeso.
“Ma come? Non ti ha detto nulla?” chiede stupendosi l’uomo, divaricando le braccia dalla sorpresa. Gli faccio segno di no col capo, mentre mando un’occhiata a mio marito, guardandolo cupamente.
“Posso dirle cos’è successo?” domanda ancora, stavolta rivolgendo a Shinichi, che annuisce impercettibilmente col capo.
“Beh, prima di tutto... mettiti comoda.” Mi accompagna al salotto, facendomi accomodare vicino mio marito che, al nostro arriva, si scosta per permetterci di sedere.
“C’era una volta...” comincia, scoppiando a ridere. Shinichi lo guarda assottigliando gli occhi, con un’espressione torva dipinta sul viso.
“Cerca di fare il serio Kid!”
Come l’ha chiamato?
Immediatamente mi ritorna in mente l’appellativo che usò sua moglie al telefono, e tutto si chiarisce ai miei occhi. Li strabuzzo, ma prima che possa parlare lo fermo, mettendogli una mano sulla bocca.
“Kid?! Tu... sei Kaito Kid?!”
Inaspettatamente, annuisce col capo, facendomi risalire. Shinichi intanto, con un insolito fastidio stampato sul volto, va a spostare la mia mano dalla sua bocca, portandola nella sua. Lascio che le mie dita si intreccino con quelle di mio marito, e comincio a giocarci, sfiorandole. Il suo tocco mi inebria il cervello e mi fa dimenticare della presenza dell’uomo alla mia destra che, per farsi notare, tossicchia vistosamente.
“Ripasso in un altro momento, che dite?”
Io e Shinichi ci giriamo verso di lui, fingendoci ignari di ciò a cui sta alludendo. In realtà, avendolo capito benissimo, abbiamo quasi paura ad esternarlo. Come se, questo infondo fosse solo uno spicchio di Paradiso nell’Inferno. Come se, alla fine, il peggio debba ancora venire.
“No. No.” Mi affretto a rispondergli, paonazza. Shinichi, intimidito, lascia la mia mano, e si alza all’in piedi, parandosi dinanzi a noi.
“Va beh, spiego tutto io.” Dice, lasciandosi andare ad un sospiro.
“Allora Ran... è iniziato tutto nel momento in cui in quel carcere è scoppiato l’incendio.”
 E mentre mi godo il tono della sua voce, una serie di immagini si aprono e si susseguono dinanzi a me, come in una vecchia pellicola di un film campione d’incassi. Guardare al passato col senno di poi è come sedersi in una sala di un cinema vuoto ed azionare i fotogrammi che compongono la nostra vita. Tutto stabilito e vissuto, nulla sembra più emozionarti. Ma in questo caso, ripensare a quel periodo riesce ancora a turbarmi l’animo, forse perché infondo credo di non esserci mai uscita da quel tunnel, sebbene le prime luci si siano già viste.
“Ero sul posto ed andai a fare un sopralluogo, cercando di informarmi se fosse stato di natura dolosa o no. Gli agenti, in visibile impaccio, erano impegnati in tutt’altro, e non seppero darmi spiegazioni precise in merito, anzi... riuscirono solo a far scappare tre di loro, tra cui Kemerl.”
“Era opera sua l’incendio?” domando, inclinandomi verso l’avanti col busto, avvicinandomi al corpo di Shinichi.
“Non esattamente.” Mi risponde il mio uomo, tra un ricordo e l’altro.
“Alla notizia della sua scomparsa mi misi, ovviamente, a cercarlo. Trovai sia lui che gli altri fuggitivi, ma non erano soli. La moglie l’aveva già raggiunto, e aveva approvato alla nascita di una nuova organizzazione. In quegl’anni, infatti, lei aveva intrattenuto rapporti con alcuni politici ed era riuscita a corromperli. Di conseguenza, aveva assunto anche parecchi uomini, sempre malavitosi, con lo scopo di liberare il marito. E’ stata opera sua l’incendio. Kemerl non sapeva nulla.”
“Cosa?”
“Così pensai a come incastrarli... e ragionando, mi venne in mente Kid. Lui era un mago dei travestimenti, mi avrebbe aiutato.”
“Modestamente” si gonfia il petto il ladro, orgoglioso.
“Mi infiltrai due giorni prima. Avevo già scelto il travestimento, e il piano era ben congegnato. Sapevo, inoltre, che Kemerl da un momento all’altro avrebbe chiesto di me, e non si sarebbe fermato finché non mi avesse visto morire. Così, quando mi telefonò...”
Annuisco, rimembrando quello che sentii dire dalla bocca di Ash Toisuke, qualche settimana fa.
“Lo so, ti chiese di incontrarvi, cosicché lui non avrebbe mai toccato me e Conan.”
Shinichi aggrotta le sopracciglia, stranito. “E tu come fai a saperlo?”
“Heiji ottenne un interrogatorio con Ash Toisuke, l’altro uomo che fuggì dal carcere. Riuscii a parlargli anche io.” Lo informo dell’accaduto, sorprendendolo. “Ci rivelò lui questo particolare.”
Mio marito si lascia andare ad uno sbuffo, e ad un seccato “ovviamente” che io non riesco a decifrare. Rimane per un po’ zitto, finché Kaito non gli ricorda di continuare a narrare ciò che accadde.
“Andai all’appuntamento, in quel magazzino di fuochi d’artificio.”
“Mi vuoi dire perché non ce l’hai detto? Io, Heiji... avremmo potuto aiutarti.”
“Avevo un piano Ran, avresti dovuto saperlo. Infatti, pensavo l’avreste capito.”
Serro le palpebre, incredula. Mi alzo dal divano, avanzando di qualche passo verso di lui.
“Heiji ha trovato il tuo corpo abbrustolito! L’ha visto con i suoi occhi! Te ne rendi conto?!”
Shinichi sbatte più volte l’occhio, come preso da un raptus nervoso.
“Beh, Heiji avrebbe dovuto ragionare un po’ e ci sarebbe arrivato!” Dice, col tono di voce leggermente sarcastico.
“Il corpo, ovviamente, non era suo.” Si intromette Kid, tossicchiando ancora. “Ma era di Juzo Nichi.*”
“J-Juzo Nichi?”
Perché il nome mi sembra più familiare del dovuto?
“Sì... è uno di quelli che scappò con Kemerl.” Continua mio marito, rimettendosi a sedere.
“I-Il corpo era il s-suo? E perché hanno pensato tutti fossi tu?” gli chiedo, accomodandomi sul divano.
“Perché mi spogliai e lo vestii dei miei abiti. Gli infilai nella tasca la mia carta d’identità e tutti gli altri documenti. Successivamente, per non renderlo conoscibile, gli gettai del kerosene addosso, stando attento a far bruciare specialmente il suo viso. Lo stesso feci col corpo, ma senza rovinare le carte. Dopotutto, era giovane, un mio coetaneo, e poteva benissimo passare per me.”
“Non ci posso credere.” Sbotto, passandomi le mani sul viso, coprendolo.
Ho pianto, per più di un mese, sulla tomba di uno sconosciuto.
Ho parlato, per più di un mese, sulla tomba di un criminale.
“Quando andai lì era già morto d’ infarto, soffriva di cuore. Sfruttai l’occasione per far credere a Kemerl che davvero lo fossi anch’io.”
“Avresti potuto dirmelo, dannazione.”
Mi poggia una mano sulla gamba, accarezzandola.
“Non potevo. Avrebbero studiato le vostre reazioni, come ha fatto quell’idiota di Gin.”
“Ma...” cerco di replicare, ma vengo bloccata dallo scorrere degli eventi.
Shinichi abbassa lo sguardo, rattristito.
“L’ho fatto per voi Ran. Solo per te e Conan.”
L’ha fatto per me. Per noi.
Proprio quando, anni fa, mi tenne nascosta tutta la faccenda dell’organizzazione e dei guai che seguirono.
Solo, ed esclusivamente, per tenermi al sicuro. Per accudirci, in un modo tutto suo.
Non ho mai compreso appieno questa sua prassi. Ha sempre voluto farsi carico di tutti i problemi che lo circondano, senza chiedere mai aiuto o appoggio a nessuno. Forse per orgoglio, forse per ostinazione, per eroismo, o per un gran senso d’amore che nemmeno lui riesce a controllare.
Infondo, ho sempre pensato che questo fosse il suo modo di dimostrarci quanto bene ci vuole.
E non a caso, quando, sette anni fa, promisi di amarlo per sempre dinanzi a tutta quella gente, sapevo che avrei dovuto accettare tutto di lui. Anche quelle cose che mi avrebbero fatto stare più male e innervosire.
Anche finte morti e travestimenti ambigui.
Infondo, non ho sposato un ragazzo qualunque, ma lui. E ciò, già mi rasserena.
“Va bene” sorrido leggermente, asciugandomi una lacrima. “Sei quasi perdonato.”
Shinichi ridacchia, lanciandomi un’occhiata maliziosa, mentre il ragazzo alla nostra destra continua il discorso, ignorando le nostre provocazioni.
“Intanto, io, ho continuato a controllarvi. Soprattutto il piccolo, all’uscita da scuola.”
Mi interesso nuovamente al discorso, portando la mente a qualche giorno fa, quando Conan tornò da casa con un’aria insolitamente strana, e con un piccolo dono tra le mani.
“Sei stato tu a dargli il braccialetto vero?”
L’uomo annuisce col capo, osservando mio marito. “Sì. Fu Kudo a dirmi di darglielo.”
Mi volto verso Shinichi, incuriosita dalla questione. “E perché?”
“Beh. C’era scritto...” comincia a dire, ma si blocca improvvisamente. Il suo sguardo è fisso verso il corridoio, e sebbene le sue palpebre si chiudano a ritmo regolare, la sua testa è sostanzialmente immobile.
Mi volto anch’io, imitando mio marito, riuscendo a percepire dal buio dell’ambiente una voce bianca e rotta dai singhiozzi, che si avvicina lentamente verso di noi.
“Non temere mostriciattolo.”
Serro gli occhi, ritrovandomi di fronte l’immagine di mio figlio, con il braccialetto fra le mani e con addosso la maglia del padre, che va a coprirgli perfino le ginocchia. Shinichi sussulta, e rimane fermo per un po’ finché Conan non riprende a piangere e a singhiozzare vistosamente.
“P-papà...”
Fa un passo in avanti, ma ha il viso talmente rigato e gli occhi annebbiati dalle lacrime, che probabilmente, non riesce nemmeno a vederlo chiaramente. Il mio cuore fa una capriola all’indietro, nel momento in cui Conan avanza verso Shinichi, con le mani protese in avanti e le gambe tremolanti.
Mi porto una mano sulla bocca, mentre le lacrime cominciano a scorrere copiose anche sul mio viso.
“P-papà...” continua a chiamarlo, singhiozzante.
Gli occhi lucidi ed arrossati, la bocca leggermente aperta e i denti che vibrano violentemente all’interno di essa, mi fanno percepire l’immensa quantità d’emozione che Shinichi sta cercando di sopprimere, ma che si espande vistosamente dal suo corpo, tradendo le sue intenzioni.
“Papà!”
Conan si avvinghia contro il suo fisico, correndo l’intera stanza nel giro di un secondo. Il padre lo accoglie tra le braccia, stringendolo in un bellissimo abbraccio che rimarrà per sempre nella mia mente. La testa del mio piccolo è sprofondata nell’incavo della spalla di Shinichi che, intanto, si è rialzato, e trattiene Conan con la sua forza, facendolo aderire per bene al suo petto.
Regna il silenzio nell’aria, spezzato di tanto in tanto dai singhiozzi di Conan.
Anche Kaito, leggermente emozionato, ha gli occhi puntati sulla scena, imperterrito, con le mani a coprirsi la bocca. Poi, d’un tratto, si alza, poggiandomi una mano sulla spalla.
“Vado via. Vi lascio soli.”
Il tempo di girarmi, e di lui non è rimasta nemmeno l’ombra. Sorrido, leggermente scioccata.
Una fuga in tempi record, degna di Kaito Kid. Che poi ancora mi sfugge capire come Shinichi l’abbia conosciuto.
Ma, in questo momento, è l’ultimo dei miei pensieri.
Ho davanti l’immagine più bella della mia vita, e restare a guardarla mi infonde il corpo di felicità.
“Ehi, mostriciattolo...”
Lo allontana un po’ da sé, scuotendolo dolcemente con le braccia.
“Che piangi?”
Gli sorride, e sembra farlo anche Conan, sebbene abbia il volto ancora coperto dalle lacrime.
“Ma dove sei stato per tutto questo tempo?”
Gli chiede, mentre Shinichi gli asciuga il viso con le dita, portandogli via l’umidità delle sue stille.
“Sempre vicino a te mostriciattolo.”
“Ma certo!” esclama, sorridente. “Eri Arthur, vero?”
“Sì” annuisce il padre, ridacchiando.
“L’avrei dovuto capire!” si rimprovera lui stesso Conan, storcendo le labbra.
“Dannazione, la scritta era all’interno del braccialetto, ma non ci abbiamo fatto caso! E poi, anche...”
“Per il nome?”
“Sì...” gli risponde mio figlio, convinto. “Papà, la tua fantasia non è delle migliori.”
Shinichi lo osserva torvo, per poi scoppiare a ridere. Lo imito, trattenendo a stento una lacrima.
“Ma come, mi sono inventato quel cognome!”
“Sì, ma effettivamente sul nome non ti sei sprecato più di tanto.” Lo rimbecco io, ridacchiando.
Conan si volta verso di me, sorridendo. Shinichi lo raccoglie fra le sue braccia e lo porta sul salotto, sedendosi a fianco a me.
“Beh, suonava bene. Sir Arthur Wunderwaffe.” Dice, socchiudendo le palpebre e ridendo.
“Il signor proiettile d’argento.” Lo scimmiotto, prendendolo un po’ in giro. “Quanto te la tiri!”
“Io?” chiede, come se l’eventualità fosse improbabile. “E tu? Vanille Haine...”
“E’ fine ed originale, marito.”
“E chi dovresti odiare?” domanda, facendomi arrossire.
Effettivamente scelsi quel nome in un momento particolare. Odiavo con tutta me stessa coloro che mi avevano strappato Shinichi, e il pensiero di far patire loro almeno un briciolo di quello che stavo sopportando io, era una gioia immensa. Forse, per la prima volta, avevo assaporato l’odio.
Mi aveva portato ad infiltrarmi in un’organizzazione criminale, con lo scopo di sterminarla.
Solo per Shinichi. Per Shinichi e per Conan.
“Questi sono fatti miei.” Gli rispondo, un po’ rossa in viso.
“Aspetta, ma sai anche il francese tu?” riprendo a chiedergli, leggermente sorpresa.
Shinichi ridacchia, osservato dagli sguardi incerti di nostro figlio che, ancora sulle sue gambe, è appoggiato col suo corpo al petto del padre.
“Non c’è bisogno di una laurea in lingue per capire che Vanille sta per Vaniglia... ovvero un’orchidea, significato del kanji del tuo nome. Mentre per Haine, beh... mi sono documentato, ma l’avevo immaginato che significasse odio in francese. Soprattutto, dopo aver ascoltato il nome che si è dato quell’idiota di Hattori.”
Il suo tono parte dall’essere sarcastico al seccato. Soprattutto al ricordo dell’amico, Shinichi simula una smorfia scocciata.
“Dai ma come si fa? Almeno tu l’hai tradotto in francese. Quello si presenta in un’organizzazione con quel nome. Salve sono il signor Vendetta dell’Ovest.*”
Conan ridacchia, mentre io rimango un po’ perplessa per il suo atteggiamento.
“A me sembrava carino.” Provo a difendere mio cognato, ingenuamente.
“Oh, l’ho notato.” Replica lui, azzardando un tono leggermente infastidito.
Che sia ancora arrabbiato?
“Ehm... ma così hai scoperto che eravamo noi?” butto lì il discorso, cambiandolo completamente.
Shinichi non mi guarda, limitandosi semplicemente ad annuire, accarezzando i capelli di Conan, che ha il viso poggiato sulla sua spalla. Il corpo del padre sembra rassicurarlo, così tanto che a tratti socchiude le palpebre dalla stanchezza, per poi riaprirle improvvisamente.
“Non solo. Le maschere che avete preso da mia madre, almeno la tua, già la conoscevo.” Mi dice mio marito, sussurrandolo appena.
“Ah ecco. Ci avrai messo due secondi a capire chi eravamo.” Deduco, abbassando un po’ il tono della voce, proprio come Shinichi. Non vogliamo dare troppo fastidio a Conan che sembra lasciarsi andare sempre più nelle braccia del padre, ignorando i nostri discorsi.
“Tua madre ci ha aiutati tantissimo. A me ha dato delle lezioni di sex appeal formidabili.” Gli annuncio, facendogli l’occhiolino.
“A proposito, dovrei avvisarla che Conan è qui e che tu sei vivo.” Medito, portando lo sguardo verso l’alto.
Ma mio marito non mi sta osservando, anzi ha le palpebre socchiuse e il volto poggiato sulla testa di Conan che, intanto, sembra essersi addormentato sul serio.
Il padre gli sposta un po’ il capo, in modo da regalargli un bacio sulla fronte, e accarezzargli il viso con delicatezza.
“Lo portiamo a letto?” gli chiedo, sentendomi quasi ignorata.
Annuisce e, alzandosi, si avvia verso la camera. Lo seguo nella stanza, ma, dopo aver appoggiato Conan nel letto, nostro figlio lo trattiene per un braccio, svegliandosi di soprassalto.
“Dove vai papà? Resta con me!” lo prega, trascinandolo verso di sé.
Shinichi mi lancia un’occhiata ambigua, per poi sorridergli. Si avvicina al letto, e si stende a fianco a Conan, stringendolo tra le sue braccia.
“Mamma perché resti lì? Vieni anche tu!”
Ridacchio, osservando di sottecchi mio marito.
“Certo, vengo subito.” Li raggiungo, facendomi spazio tra le lenzuola, e abbandonando il capo sul cuscino, rilassandomi d’un tratto. Dopo tanto tempo, ritorniamo a dormire come una famiglia normale, solo noi, a cullarci nel buio della notte.
E’ il tempo di socchiudere gli occhi, che la paura m’assale e mi infonde un tremolio generale.
E se dovessi svegliarmi e non trovarlo più?
E’ tutto vero quello che ho vissuto oggi, è uno stupido scherzo? Un bellissimo sogno?
Serro le palpebre, quasi terrificata.
E dall’oscurità della stanza, capisco che nulla è cambiato. Li ritrovo ancora lì, uno stretto all’altro, abbandonati nel loro sonno.
Mio marito e mio figlio. Noi.
Aveva proprio ragione Shinichi, non è un sogno.
 
*
 
Un raggio di luce dorata va a posarsi sul mio viso, costringendomi ad abbandonare il mio sonno ristoratore. Alzo lentamente le palpebre gonfie, mentre con una mano trattengo uno sbadiglio, che nasce spontaneo sul mio volto, ancora un po’ addormentato. Cerco di abituarmi man mano alla luce, aprendo sorniona gli occhi, e fissando il soffitto per qualche istante.
Alla mia destra, addormentati e stretti in un abbraccio senza fine, ritrovo Shinichi e Conan.
Sorrido, restando qualche minuto ad osservarli, in totale silenzio. I loro respiri sono regolari e calmi, i loro volti appaiono rilassati e sereni. Mio figlio lo sta stringendo con le sue mani piccole, che vanno a circondargli il ventre, mentre la sua testolina è appoggiata sul braccio del padre, che si protrae verso il mio corpo, e sfiora con le dita il mio volto.
Mi alzo con delicatezza, stando attenta a non svegliarli, e con le punte dei piedi mi dirigo in cucina, con l’intenzione di preparar loro la colazione. La casa comincia ad illuminarsi dei raggi solari, mentre dalle finestre è possibile ascoltare il canticchio degli uccelli, che si scostano da un ramo ad un altro, facendo cadere alcune foglie. La apro, inspirando la frizzante aria primaverile di primo mattino che aumenta a dismisura il mio buonumore.
Fischietto, cominciando a cercare tra gli scaffali qualcosa che possa zuccherare la mattinata, e che possa fare da colazione ai miei uomini. Ma, a parte cibarie in scatola e alcuni pomodori, sono sostanzialmente vuoti.
“Non c’è nulla di dolce.”
Mi volto improvvisamente, ritrovandomi dinnanzi la figura di Shinichi, intento a stropicciarsi il volto con una mano. Mi alzo, sorridendogli distrattamente.
“E cosa gli diamo a Conan per colazione?” gli chiedo, con un pizzico d’ironia. “Che padre sconsiderato.”
“L’arrivo del mostriciattolo non era previsto nella giornata di Wunderwaffe.” Mi dice, per poi avvicinarmi al mio corpo, e stringermi da dietro.
“In quanto a te, so esattamente come farti svegliare per bene.” Il suo tono malizioso mi provoca un brivido che mi attraversa tutta la schiena, facendomi sfociare in un sorriso divertito.
Shinichi comincia a lasciarmi dei baci lungo il collo, formando una scia di tocchi che si impregnano nella mia pelle, come se fossero lasciati col fuoco. Mi lascio andare in quella sensazione edenica, socchiudendo le palpebre, e abbandonandomi alle sue braccia.
La mano di mio marito scorre lungo i miei fianchi, sfiorandomi i seni, per poi riscendere sul ventre. Non mi oppongo, ma non riesco a non sorridere, nel momento in cui mi fa voltare verso di lui, e mi intrappola tra le sua braccia, facendomi appoggiare al ripiano della cucina. Il suo viso si avvicina, si blocca sulle mie guance e con le labbra tenta di toccare le mie, finché non lo fermo.
“No, no. Ieri ti ho detto che eri quasi perdonato.” Gli ricordo, azzardando un tono tra l’ironico e il malizioso. Shinichi mi sorride, per poi avvicinarsi all’orecchio, e cominciare a baciare anche il profilo di esso.
“Appunto. Lascia che mi faccia perdonare del tutto.”
Il mio dolce martirio tende a continuare, fin quando mio marito non s’impossessa delle mie labbra e comincia a morderle, giocandoci. Ansante di desiderio, lascio che Shinichi mi sollevi leggermente e mi faccia sedere sul tavolo, permettendomi di accarezzargli i capelli, proprio come avevo iniziato a fare ieri sera.
“Shinichi... c’è Conan di là...” lo avviso, balbettando dall’emozione.
“Lo so.” Mi risponde, con un ghigno spavaldo sul viso.
“Potrebbe venire...” cerco di fermarlo, quando in realtà non voglio neanche io. A volte mi sembra d’essere una stupida. Ardo dal desiderio, ma faccio di tutto per non ammetterlo, come se fosse giusto così. E mi accorgo che il mio istinto mi dice altro, sebbene la ragione tenti di frenarmi.
“Sta dormendo.” Mi ricorda, come se io non lo sapessi.
“Potrebbe svegliarsi...”
“Shhhh...”
Non mi permette di dire altro, quando le sue labbra vanno a prendere le mie, intrappolandomi in un gioco dove sembra avere il pieno comando.
Le nostre lingue si scontrano, si sfiorano, si muovono con un ritmo sensuale e crescente.
Le sue mani salgono lungo le mie gambe, adulandole, fin quando non si fermano all’altezza dell’inguine. Shinichi si stacca dal mio bacio, sospirando leggermente. Ha gli occhi fissi sulle mie cosce, mentre col dito va a sfiorare delicatamente su un particolare di queste, un livido. Sussulto, al ricordo di chi me l’ha procurato. Gin si era azzardato a strattonarmi per bene in quella stanza, e i segni sono ancora ben evidenti sul mio corpo. Ma non ho voglia di riparlare di quell’episodio, e lo tiro verso di me, riappropriandomi della sua bocca. Ma ancora una volta si stacca, con fare un po’ brusco.
“Non cercare di evitare il discorso.” Mi dice, col tono duro.
Sussulto, deglutendo. No, non ho voglia di litigare adesso...
“Non lo sto facendo. Ma hai iniziato una cosa...” gli ricordo, cercando di apparire maliziosa. Infondo, quei giorni da Vanille Haine sono serviti a qualcosa.
“...Oppure vuoi abbandonarla?”
Lui ridacchia, forse cadendo nella mia trappola.
“Non mi provocare.”
“E tu finisci quello che hai iniziato...” gli sussurro all’orecchio, facendolo rabbrividire.
Finalmente torna a baciarmi, facendo strusciare le labbra dalla guancia alla mia bocca. Le sue mani mi prendono il viso e la sua forza mi fa stendere sulla tavola fredda e dura, ma al momento non intendo importarmene. Si trascina su di me, sorreggendosi al ripiano, e si lascia sfilare la canottiera, che lancio, senza cura, a terra. Continua a baciarmi, mentre con le dita comincia a sbottonarmi i bottoni della camicetta, aprendola. La sua attenzione si sposta dalle mie labbra ai miei seni scoperti, ma è costretto ad interrompersi, al suono del campanello. Emetto un sussulto, impaurita, ma Shinichi si alza con velocità, ricomponendosi.
“Mi sa che non è cosa.” Dice, sbuffando, mentre cerco di scendere dal tavolo, e riabbottonarmi la camicia.
Un nuovo suono del campanello, stavolta più costante.
“Ma chi è?” domando a mio marito, dimentica del fatto che nessuno sa della nostra permanenza lì dentro. Nessuno, tranne una persona.
“Ehi! Famiglia Kudo! Heiji Hattori a rapporto.”
Assottiglio gli occhi, sorpresa. Appunto. Nessuno, tranne Heiji.
Shinichi sbuffa, rimettendosi la canottiera. Aspetta che io abbia finito di ricompormi, fin quando non si dirige verso la porta, togliendo le varie sicure. Da essa appare mio cognato, dal sorriso stampato sul volto, e da un’aria incredibilmente gioiosa. Ha in mano una busta di carta, quelle tipiche che danno le cornetterie da portare a casa.
Avanza verso mio marito, che lo fissa imperterrito, senza pronunciare una singola parola.
“Ehi amico!”
Cerca di salutarlo, e di abbracciarlo, accompagnato da un’aria incredibilmente calda. Ma l’espressione di mio marito è imperturbabile, e non lascia trasparire nessuna emozione. Non si lascia nemmeno stringere, anzi, si scosta con durezza dalla sua presa. La sua freddezza va a raggelare l’ambiente, che si spegne al suono delle sue parole. Dure, dirette, spinose.
“Proprio te stavo aspettando.”
Ho il presentimento che i guai non siano finiti qui.

 
 
 
 
Precisazioni:
* Juzo Nichi (capitoli 1-2): E’ il tipo, malato di cuore, scappato insieme a Kemerl.
* Vendetta dell’Ovest: Il nome di Heiji è formato da due parole giapponesi “Nishi” (ovest) e “Fukushu" (vendetta). Shinichi però, disapprova questa scelta.

 
 
 
 

Angolino autrice:
Ciao gente!!!
Sono tornata! In questi giorni non ho avuto molto tempo da dedicare alla scrittura, ma ho tentato comunque di concludere il capitolo, visti i numerosi commenti del precedente!
Oh, il ritorno di Shin ha fatto furore! Quel detective montato ha davvero tante ammiratrici, eh?
Ma alla fine solo Ran può gustarselo... a proposito, le scene hot sono finite qui XD
Sennò si diventa ripetitivi eh .-. XD A parte gli scherzi... allora, come vi è sembrato il capitolo?
Kaito che sorprende i due, Shinichi che comincia a spiegare, Conan che scopre tutto...e poi, l’arrivo di Heiji...
Ditemi cosa ne pensate, d’accordo?
Aspetto i vostri commenti, ed intanto, ringrazio i recensori del dodicesimo capitolo:
aoko_90, Black_Princy, LunaRebirth_, arianna20331, Noemina91, xthesoundofsea, 1sere1, Kaori_, CupidSBow e Delia23!
Grazie davvero tantissimo *_______________*
E ringrazio anche ad aoko_90 per aver inserito la storia tra le preferite!

 
Come sempre, siete degli amori <3
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto!!
Alla prossima, un bacione!

Tonia
   
 
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