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Autore: JulietAndRomeo    03/09/2012    1 recensioni
Io rimasi un attimo interdetta: Nick? Quel Nick? Il figlio di Jeremy? Il tipo che avevo odiato a prescindere?
Come se ci fossimo letti nel pensieroci girammo l'uno verso l'altra: «Cosa?»
«Sta zitto!», «Sta zitta!» urlammo all'unisono e continuammo: «Io?»
«Tu!»
«No!»
«No?»
«Si!»
«Smettila!» concludemmo.
questa è la prima storia che scrivo e l'ho fatto per un concorso letterario a scuola quindi non so neanche come è venuta: la pubblico perché mi piacerebbe avere un vostro parere, non so ancora quanto sarà lunga perché il concorso sarà a settembre quindi devo ancora finirla. E' un giallo/commedia perché non piacciono neanche a me le cose troppo pesanti da leggere quindi l'ho 'alleggerita'. Non vi chiederò un commento, quello deve essere a vostro buon cuore. Adesso vi lascio, buona lettura
Genere: Commedia, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 17: Come James Bond

Mentre Anderson e Miller e le loro rispettive agenzie, tenatvano di rintacciare le giuste frequenze radio, io cercavo di passare inosservata e di non farmi vedere dalle telecamere di sicurezza.

'Ma perché capitano tutte a me?!' pensai irritata e sconsolata allo stesso tempo.

Cominciai ad allontanarmi dalla scrivania dell'agente Morris e tentai di pensare ad un posto in cui non c'erano telecamere di sicurezza.

'Lo sgabuzzino delle fotocopie non va bene, potrebbe entrare chiunque... ci deve pur essere un posto non sorvegliato!'.

Nel mio vagabondare, ero passata davanti a parecchie porte, ma due particolarmente vicine tra loro, avevano attirato la mia attenzione.

Tornai sui miei passi appena mi resi conto di quello che vi era dietro e, guardinga, entrai.

Le piastrelle che ricoprivano tutti i muri, mi accolsero fredde e prima di mettere un piede dentro, guardai a destra e a sinistra.

Dopo essermi accertata non ci fosse nessuno, entrai e mi richiusi la porta alle spalle.

Alla mia destra c'erano i lavandini e di fronte a questi, i bagni, divisi da divisori di plastica beige.

Mi infilai velocemente in uno di questi e salii velocemente sulla tavoletta del water, dopo aver chiuso la porta, in modo che se qualcuno avesse ficcato il naso, avrebbe pensato che la porta fosse bloccata, ma che nessuno fosse chiuso lì dentro.

«Cullen, mi sente?».

Saltai in piedi dallo spavento e caddi dal water, per poco non mi ruppi una caviglia, ma comunque diedi una facciata alla porta.

«Il mio naso!» esclamai dal dolore.

Era la seconda volta in un giorno che attentavano alla perfezione del mio naso, quando è troppo è troppo!

«Cullen, sta bene?» disse la stessa voce di prima.

«No, non sto bene, Anderson!» dissi quando capii da dove veniva la voce e di chi era.

«Mi dispiace, ma non ha il tempo di stare male. Abbiamo novità».

«Quando questa storia sarà finita, io la manderò all'ospedale, Anderson, glielo giuro».

«Sarò pronto. Abbiamo ragione di credere che vogliano travestirsi e infiltrarsi al distretto, proprio come ha fatto lei».

«Questo lo avevo già capito, grazie» replicai stizzita.

«La C.I.A. ha notato un'intensa attività nei pressi dell'ingresso principale e con qualche cimice qui e lì, abbiamo captato i nomi di quelli che entreranno e abbiamo preso informazioni su di loro».

«Quanti sono?».

«Quattro in tutto. Inclusa la ragazza con i capelli rossi che non sappiamo bene come chiamare, dati i suoi diversi cognomi e la vedova Jennings. Non si lasci ingannare, saranno ben travestiti se devono passare inosservati e abbiamo ragione di credere che abbiano programmato tutto da tempo, quindi avranno anche possibilità di mimetizzarsi al meglio tra gli agenti».

«Bene».

L'ultima affermazione di Anderson, mi aveva colta alla sprovvista: non che mi aspettassi che sarebbero venute entrambe da me a congratularsi per essere riuscita a scampare alla morte, ma speravo di poterle riconoscere in mezzo agli agenti; speravo che avessero un comportamento diverso dai veri poliziotti.

«Come le riconoscerò allora? Voglio dire, come li riconoscerò?».

«È per questo che abbiamo fatto ricerche su di loro. Allora... la ragazza con i capelli rossi, ha un tatuaggio sul dorso della mano, una specie di tribale con dei fiori, non saprei desciverglielo meglio...».

«Si ok, ho capito, un tribale con dei fiori. Gli altri?».

«Ad un tizio, Terence Meadbowe, manca l'anulare sinistro, sembra gliel'abbiano staccato durante una rissa... non credo si potrà sposare mai, e a mio parere, è una...».

«Anderson! Gli altri?».

«Oh, si giusto. Alan Mallory, ha una gamba di legno, ma riesce a camminare perfettamente e molto spesso, sotto i vestiti, non si nota a quanto dicono nel rapporto. È rimasto ferito in guerra».

«Una gamba di legno? Mi prende in giro?».

«Assolutamente no. La vedova Jennings, invece, dovrebbe avere una piccola cicatrice alla base del collo, non si nota molto, ma se si cerca si trova con facilità, è dovuta ad un incidente d'auto di circa otto anni fa».

«Un incidente d'auto?».

«Si, la trovarono in fin di vita all'interno di un un'auto di sua proprietà. Aveva un pezzo di lamiera conficcato nel ventre e perdeva abbondante sangue anche dal collo. L'hanno portata velocemente all'ospedale, ma rimase comunque priva di coscienza per una settimana e divenne sterile».

Rimasi in silenzio, riflettendo su quello che mi aveva appena detto Anderson, quando mi richiamò: «Cullen, ci serve lucida, non può permettersi di sbagliare, c'è in gioco la sua vita e quella di altre cinquanta persone, padri e madri di famiglia, ignari di quello che sta succendendo. Se proprio le va, appena l'avremmo catturata, gliela lascerò per cinque minuti in una stanza insonorizzata e a telecamere spente, ma adesso deve concentrarsi, le passo l'ispettore così la potrà guidare attraverso l'edificio».

Mi ripresi e risposi di si ad Anderson e poco dopo sentii la voce di Lewis: «Ascoltami bene, Macy: non comunicare mai direttamente con noi quando ci sono terzi, non puoi fidarti di nessuno. Chiaro? E adesso dimmi: dove ti trovi esattamente?».

«Sulla tavoletta del water, nella toilette delle donne».

Sentii una voce in sottofondo seguire la mia affermazione: «L'abbiamo trovata, signore, è qui».

«Bene, grazie Harris. Cullen, noi la vediamo, ma non possiamo sentirla attraverso le telecamere, non si preoccupi di farsi vedere, abbiamo noi il controllo dell'impianto di sicurezza, l'F.B.I. ha fatto un ottimo lavoro».

«Perfetto, dove vado?».

«Esca e giri a sinistra, poi prosegua dritto per circa dieci metr, incontrerà una porta, è la sala registrazioni: lì si trovano le registrazioni di tutte le conversazioni della sala interrogatori e delle telecamere del distretto, può vedere anche lei adesso quando entreranno. Probabilmente, arriveranno dall'ingresso principale, ma meglio che lei tenga d'occhio anche quello sul retro».

«Bene.. siamo sicuri che non entrerà nessuno?».

«Si, le chiavi sono all'interno e quando c'è il tecnico la porta è sempre chiusa».

«Quindi se la chiudo nessuno sospetterà?».

«Esatto».

Una volta chiusa la porta, cominciai a fissare i monitor davanti a me, tentando di rintracciare i segni particolari che anderson mi aveva elencato.

'Allora:' cominciai: 'Una gamba di legno, un tatuaggio, una cicatrice e... un dito mancante!'.

«Quando pensa che arriveranno?» chiesi alla fine a Lewis dopo quindici minuti di attesa.

«Non lo sappiamo, probabilmente dovremmo ancora aspettare» rispose Miller al posto dell'ispettore.

«Uffa! E va bene! Ma se mi si addormentano le gambe e non posso più muovere, qui saltiamo in aria tutti e non... porco cazzo, sono lì! O almeno, quello con la gamba di legno è lì!» dissi indicando un punto sul monitor.

«Lo vediamo».

«Come lo raggiungo, ispettore?».

«Esca e svolti a destra, prosegua tutto dritto e prima di arrivare alla sala interrogatori, giri a sinistra. Da lì sarà perfettamente visibile, quindi stia attenta».

«Certo, non preoccupatevi e avvertitemi se ne arrivano altri».

«Abbiamo ragione di ritenere che Mallory abbia anche una delle bombe con se. Una volta che l'avrà presa, la porti nel bagno degli uomini, c'è un doppio fondo nel pavimento che gli agenti usano per nascondere cose non del tutto legali» disse Lewis imbarazzato.

«E lei lo sa, ma non fa niente?».

«Sarebbe inutile, sono giovani e dopo la sospensione, si troverebbero un altro ripostiglio».

«In effetti...» ammisi.

Appena finii di parlare, intravidi il tizio con la gamba di legno. Camminava bene e l'handicap non si vedeva per niente, ma doveva trovarsi una divisa più grande, perché i pantaloni erano troppo corti e se ci si faceva caso, si notava il legno.

Era un armadio e credo che misurasse uno e ottanta, per uno e ottanta, per uno e ottanta... un cubo insomma.

'Un cubo con la forza di Hulk, probabilmente' pensai sconsolata.

Si guardava intorno, con circospezione e esaminava tutti quelli che gli passavano vicini.

«Quello non può batterlo da sola, le serve aiuto, Cullen» considerò l'ispettore: «Torni velocemente indietro, c'è una specie di ripostiglio poco più in là, vi mettiamo le scrivanie o le sedie rotte che devono essere aggiustate, veda se trova qualcosa di utile».

Feci come Lewis mi aveva chiesto e silenziosamente, una volta arrivata davanti la porta, la aprii ed entrai.

Cumuli di sedie, di ferro, di plastica e di legno, e di scrivanie, degli stessi materiali, mi diedero il benvenuto.

Alcune erano davvero malridotte e mi chiesi come avrebbero fatto a farle aggiustare. Non me ne curai più di tanto e, dopo aver frugato qualche secondo, vidi una scrivania di legno abbastanza rotta da permettermi di staccarne un pezzo bello lungo.

«Perfetto» mormorai.

Tornai indietro e notai che nonostante mi fossi assentata per un certo tempo, l'armadio era ancora fermo lì dove lo avevo lasciato, con la stessa aria guardinga.

«Sta aspettando la pausa, quando gli agenti vanno tutti alle loro scrivanie e stuzzicano qualche tramezzino o bevono un caffé. Dovrebbe essere tra... qualche minuto, tutti controllano l'orologio perché hanno due minuti scarsi per potersi rilassare».

Attesi quindi circa un minuto e come volevasi dimostrare, appena l'orologio dell'atri posteriore dell'edificio, battè le cinque, tutti gli agenti, come un gregge compatto, si diressero verso la sala principale.

Dal mio nascondiglio, dietro la colonna portante dell'atrio, spiavo tutti i movimenti dell'uomo e aspettavo il momento giusto per agire.

Appena fu certo che nessuno lo stesse guardando, il tizio uscì dalla giacca un fagotto grigio, di circa venti centimetri.

Mi diede le spalle e si inginocchiò, per poter piazzare la bomba.

Mi avvicinai di soppiatto alle sue spalle e, mentre nell'orecchio sentivo i tre agenti che in coro esclamavano 'ORA!', alzai la trave di legno sopra la testa con entrambe le braccia e, con forza e precisione, lasciai che si rompesse in due sulla testa dell'uomo.

«Non si attacca alle spalle, Cullen» disse Anderson ridendo.

«Ma stia zitto!» risposi stizzita.

Presi la bomba e la misi sotto la giacca della divisa. Poi recuperai quello che era rimasto della trave di legno e lo lanciai dentro la prima porta che incrociai.

«Ha due minuti, Cullen, dopodiché tutti gli agenti torneranno e la beccheranno» disse Lewis.

«Ho... Capito!» dissi in uno sforzo sovrumano di prendere i polsi dell'uomo svenuto e trascinarlo.

«Si ricordi che poi deve anche legarlo se non vuole che scappi» disse Miller.

«E dove vuole che le trovi le corde?!» esclamai.

«Questo è affar suo, ma le conviene trovarle» disse Lewis.

«Grazie mille per il sostegno!» dissi sarcastica.

Loro non risposero e io mi affrettai, con non poca fatica, a trascinare l'uomo dentro la sala di video sorveglianza.

Una volta riuscita a tirare dentro anche i piedi dell'uomo, mi apprestai a cercare delle corde.

'Porco demonio, dove dovrei trovarle delle corde?! Qui ci sono solo fili e cavi e... Aspetta, ci sono! Eureka!'.

Rovistando, trovai dei cavi USB e legai mani e piedi dell'uomo, per sicurezza misi anche dello scotch trovato all'ultimo secondo intorno alla sedia sulla quale, grazie a non so quale tipo di santo lassù, riuscii a sedere il cubo umano che avevo legato come un salame.

«Come sta andando?».

«Sta andando, mi sento James Bond» risposi alla domanda di Anderson.

«Bene, perché credo che abbiamo un altro problema».

«Cioé?».

«Guardi la stanza principale» disse Miller enigmatico.

Cercai il monitor che riprendeva la sala principale e vidi una donna, che camminava a testa bassa e tentava di eclissarsi ogni due per tre dalla stanza.

«Vada» disse Lewis.

«Quella deve essere quella baldracca di mia madre*» ringhiai sottovoce.

«Giri a sinistra e percorra il corridoio fino alla fine, svolti a destra e poi alla seconda a sinistra, la stanza che incontrerà è la sala caffé».

«Bene, vado».

Seguii le istruzioni di Lewis passo passo e in meno di un minuto, mi ritrovai all'interno della sala caffé in cui avevo conosciuto i due surfisti.

'Bei tempi quelli li! Quando ancora non tentavano di sciogliermi nella soda caustica e non volevano farmi saltare in aria!' pensai.

Dalla vetrata della sala caffé, si vedeva chiaramente la donna che, goffa nella sua divisa troppo grande, tentava di non farsi notare.

Lei avanzò verso la parte nord della stanza e io, confondendomi tra gli agenti, le tenni dietro.

Continuavo a nascondermi in viso, perché continuava a voltarsi per controllare che nessuno la stesse seguendo.

In realtà, nessuno tranne me la stava calcolando: erano tutti così presi dal loro lavoro da non accorgersi che era entrata con una bomba sotto braccio... beh, non proprio sotto braccio, ma quasi.

La donna entrò in una stanza che si affacciava sulla sala grande e si chiuse la porta alle spalle.

«Quello è l'ufficio di Carter, l'ispettore capo. Adesso è in ferie, ma non credo che gli piacerebbe sapere che il suo ufficio è saltato in aria» considerò Lewis.

«Come entro?».

«Non lo fai. Non c'è un'altra entrata. Ti prendi una sedia, aspetti che lei abbia piazzato la bomba e poi, quando esci la stendi. Se entrassi se ne accorgerebbe e potrebbe innescare il dispositivo, se la piazza soltanto, la potri rimuovere con semplicità e portarla con te».

Mi sedetti dunque su una sedia, accanto alla porta dell'ufficio in cui era entrata mia madre e aspettai.

«C'è un'infermeria, qui?» chiesi tentando di non muovere le labbra.

«Si, deve imboccare il corridoio sulla sinistra e poi deve andare a sinistra quando incontra il terzo corridoio. Perché lo vuole sapere?».

«Oh, così... chiedevo».

Sentii un rumore alle mie spalle e poco dopo la porta si aprì. Non diedi il tempo alla donna di fare un solo passo che allungai la gamba e la feci inciampare e sbattere a faccia in giù contro il pavimento.

Tutti gli agenti si voltarono verso di me.

«Oh, scusate, sono così maldestra a volte! La porto in infermeria, così starò più tranquilla!» esclamai.

I poliziotti mi guardarono un po' strano, ma nessuno si oppose, forse dato il sangue che usciva dal naso rotto della donna che sorreggevo, pensavano fosse meglio portarla in infermeria per farla controllare.

«Ottima trovata, Cullen» disse Miller nel mio orecchio.

Presi di peso la donna e mi avviai verso l'infermeria, seguendo le istruzioni che mi aveva dato Lewis.

Appena ci fummo allontanate abbastanza, le diedi un pugno sul naso, già di per sé dolorante, e lei svenne completamente.

Dopo averla trascinata con me fino all'infermeria, ed essermi accertata che dentro non ci fosse nessuno, cominciai a frugare e poco dopo trovai quello che cercavo.

L'infermeria del distretto, era vagamente e inquietantemente simile all'obitorio. La differenza era che al posto dei tavoli di metallo e delle bilancie, c'era un solo lettino, bianco, ma altrettanto asettico.

Frugai in cassetti, armadietti e anche nel cestino, fin quando non riuscii a trovare le siringhe che cercavo.

«Morfina?» chiese Lewis perplesso.

«Morfina!» disse Miller piacevolmente sorpreso.

«Morfina...» disse Anderson scocciato.

Non risposi, ma sentii Anderson spiegare che anche lui avrebbe potuto avere un'idea del genere, Miller dirgli che non era assolutamente vero e l'ispettore chiedere se avesse potuto capire anche lui.

«Quando incontrerà il prossimo, non ci sarà bisogno di stenderlo» spiegò Miller: «Una sostanziosa dose di morfina e anche se il prossimo è un armadio come il tizio di prima, si farà un sonnellino di circa quattro ore».

«Geniale!» commentò l'ispettore.

«Già non vorrei interrompere, ma adesso dove la metto, la baldracca?» chiesi.

«Può lasciarla anche in infermeria, di solito è chiusa e lì vicino, dovrebbe esserci il lucchetto» disse Lewis.

«Perfetto!» esclamai una volta trovato il lucchetto e la rispettiva chiave.

Conservai le siringhe all'interno della giacca e tornai alla sala registrazioni.

Qui, il tizio con la gamba di legno, aveva cominciato a riprendersi e io, non volendo sprecare la morfina, presi un pezzo di metallo di uno scaffale che stavano ancora montando e glielo diedi in testa.

«Non farmi incazzare, amico, sono già abbastanza nervosa!».

«Ma con chi parla?».

«Con Capitan Gamba di Legno... non si ha mai un attimo di pace qui dentro! Telecamera 3» dissi.

«Meadbowe è vicino l'obitorio, come è potuto arrivare fin laggiù?».

«Andiamo a stanare Peter Minus**».

«Chi?!» dissero tutti in coro.

«Peter Minus!».

«...».

«Uno dei cattivi di Harry Potter!».

«...».

«Quello che si taglia un dito e poi... oh, lasciate perdere!» risposi stizzita uscendo dalla porta correndo per dirigermi verso l'ascensore.






 

 

*La definizione di 'Baldracca' per indicare la madre di Macy e qualche volta anche Tiffany, me l'ha data LeaRachelBlackbird_et_Ann che spero non si offenda se ho usato la sua espressione che descrive al meglio queste due 'donne'.

**Peter Minus spero lo conosciate tutti, ma per chi non lo conoscesse è lui che tradisce James e Lily Potter, vendendoli a Voldemort e poi fa ricadere la colpa dell'assassinio della coppia su Sirius Black, fingendo la sua morte, dopo essersi tagliato un dito ed essersi trasformatosi in un topo, andando in seguito a vivere con i Weasley. Dato che la saga di Harry Potter è la mia preferita in assoluto, ho pensato di fare un riferimento.

Detto questo, mi dispiace per il ritardo, sono imperdonabile, e non ho alcun tipo di scusa, quindi spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se personalmente non mi convince troppo, quindi vorrei sapere che ne pensate. Un bacio a tutti :)

   
 
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