Le due professoresse avevano dato
il permesso agli studenti di uscire dall'albergo verso l'ora di cena per
andare a mangiare qualcosa in uno dei ristorantini tipici viennesi della zona,così
Chiara,Carmen e Sabrina avevano deciso di accompagnare Ivan, Luca e Flavio
nella loro disperata ricerca di uno schnitzel caldo.
Con lo stomaco
pieno e sopraffatti dal freddo che attanagliava la periferia, tornarono
in albergo ignari di essere quasi al limite del coprifuoco.
Chiara salutò
a malincuore le due amiche che, ne era sicura, si sarebbero divertite come
matte quella notte e salì fino al terzo piano. Girò la sua copia della
chiave nella toppa e accese la luce.
Nello stesso
istante Roberta uscì dal bagno con un colorito più bianco del solito,
quasi fosse un fantasma materializzatosi lì per rimproverare Chiara del
suo ritardo.
-Oh mio
Dio, mi hai spaventata!- quasi urlò la rossa, portandosi una mano al petto
pulsante. L'altra tirò su col naso e si aggiustò una ciocca di capelli
dietro l'orecchio. Gli occhi, che di solito avevano un'acquosa sfumatura
azzurra, ora si erano improvvisamente incupiti.
-Scusa, non
volevo.-
Roberta Della
Corte le aveva chiesto scusa solo una volta, ma con un tono finto e
maligno, quando aveva “accidentalmente” buttato il suo libro di Freud nel
bidone della spazzatura della scuola. Non era esattamente il tipo di
ragazza popolare, la rossa, e le amiche di Vanessa si divertivano a torturarla
costantemente nei modi più creativi.
Ma Chiara
in quel momento non stava pensando al libro e ai venti euro persi, ma a
quanto il tono di voce della ragazza risultasse vero e privo di doppi
fini.
-Va tutto
bene?- Si sentì in dovere di chiederglielo, anche se non le doveva nulla.
-Si grazie,
vorrei andare a dormire ora... Buonanotte.- rispose solo.
Chiara si
infilò il pantalone del pigiama a fiorellini bianchi e blu, la canotta
azzurra e si decise a dormire. Anche se fuori nevicava da un po' e si gelava a
lei piaceva dormire con le braccia scoperte. Evidentemente piaceva anche a
Roberta, aveva intravisto l'orlo di una t-shirt sotto le sue coperte. Non
riuscì a prendere sonno e verso le tre le fu definitivamente estirpata la
possibilità di riposarsi. Il suo cellulare vibrò per alcuni secondi
mostrano un messaggio da parte di qualcuno di troppo familiare. Riccardo
non mancava mai di mandarle la buona notte e il buon giorno, anche se
spendeva molto di più per i messaggi all'estero.
“ Buona notte, spero non ti sia persa nella
metro oggi. Scusami se ti ho svegliato, ma fino a cinque minuti fa ero
convinto che lì a Vienna ci fosse il fuso orario"
Lesse e
compose rapida una risposta. Era davvero dolce, ma dalla
scorsa chiacchierata al bar con Sabrina si chiedeva se fossero solo
amici. Il display si illuminò quando bastava per inondare di luce anche
il letto di fianco al suo.
Chiara allungò
una mano e aguzzò la vista.
-Roberta, stai
bene?- domandò per la seconda volta quella sera, seriamente preoccupata.
L'altra non
rispose, si limitò a singhiozzare nel tentativo di annuire. La rossa
infilò maldestramente i suoi infradito con la bandiera dell'Inghilterra e
cercò l'interruttore della luce a tentoni.
Era impossibile,
Roberta Della Corte non aveva mai pianto davanti a nessuno fino ad allora,
nemmeno quando al terzo era arrivata una chiamata dall'ospedale dicendo
che sua nonna materna era morta.
-Era il
tuo ragazzo, quello alto e biondo che ti aspetta sempre il martedì e il
sabato fuori scuola?-
Una voce
gracile si levò da quel groviglio di lenzuola di cotone e capelli scuri,
cercando vanamente di risultare scontrosa. Senza motivo, all'altra venne
da sorridere.
-Non stiamo
insieme è... complicato.- concluse, rivolgendo di nuovo l'attenzione allo
stato della compagna .- Hai pianto?- continuò, schietta. “So che non mi
risponderà,ma a questo punto... O la va o la spacca.” pensò.
-Si ho
pianto.- sussurrò Roberta, sfregandosi le braccia e alzando il busto fino
ad appoggiarlo sulla testiera del letto. Il suo tono sfrontato non l'aveva
ancora completamente abbandonata, anche se i suoi occhi si erano
rassegnati a lasciar uscire fuori le lacrime.
-Perché?-
Era così
banale chiederlo che a Chiara sembrò la cosa più stupida del mondo. Più
stupida addirittura dei due maturandi che ogni venerdì giocavano con le
carte platinate dei Pokèmon in palestra.
-Perché me
lo chiedi?- domandò a sua volta Roberta.
"
Se la mia domanda era stupida, questa lo è ancora di più. Ma oramai
è fatta... tanto vale preoccuparsi fino in fondo” pensò
sconsolata l'altra.
-Evidentemente perché
voglio saperlo.- Chiara assunse un tono spazientito ma deciso, non
ammetteva repliche.
-Non hai
abbastanza grane a cui pensare?-
-Senti Della
Corte, fa poco la difficile. Volevo solo aiutarti, nonostante siano le tre
di notte.-
Roberta si
morse un labbro a quelle parole e tirò per un braccio l'altra, che già
sperava di trovare rifugio fra le lenzuola.
-No
aspetta... non lasciarmi così da sola.- quasi la supplicò in un mormorio
isterico, poi si passò una mano sul viso stanco e accese la lampada sul
comodino che le divideva. Nel tentativo di ascoltare la voce sottile dei
Roberta, l'altra si era dimenticata di accendere la luce.
Chiara ebbe
la conferma dei suoi sospetti. Si, la compagna aveva pianto e anche molto,
come dimostravano le sue occhiaie e i residui di mascara sulle guance
seriche.
-Che succede?-
mormorò, sentendo la pelle del braccio scottare pericolosamente visto che
l'altra ancora lo stringeva. Soffiò via dal viso una ciocca rossa in modo
buffo e la fece ridere sommessamente.
-Ti sei
mai sentita a disagio?- Quella domanda spiazzò Chiara del tutto, facendola
arrovellare sulla complicata risposta da dare.
-Si, ai pranzi
di Natale, quando i parenti di mia madre vengono a trovarci. Le mie cugine
si presentano sempre in abiti eccessivamente formali, io una volta scesi a
tavola con indosso solo un jeans e una t-shirt rossa. Da allora mi assillano
dicendomi che sarebbe più adeguato un costume da Babbo Natale visto che ci
sono, almeno diverto i cugini più piccoli.- ridacchiò la
rossa, guardando di sbieco la ragazza di fronte a lei. Perché le
stava raccontando della sua vita privata? Non era lei quella che piangeva disperatamente
nel cuore della notte.
-Tua madre è
irlandese, vero? Così si dice.- la ragazza riuscì solo a domandare.
-Già, ma mia
nonno è scozzese... Dicono che gli assomigli molto, sono l'unica ad aver
ereditato i suoi occhi castani. Il resto della famiglia li ha tutti dal
grigio al verde.- continuò concitata l'altra.
-L'Irlanda
deve essere un bel posto dove vivere-
Chiara rimase
sorpresa dal tono più amichevole con cui era stata pronunciata l'ultima
frase, poi puntò di nuovo al nocciolo della questione.
-Ora mi
dici perché piangevi?-
-Mi sono
sentita a disagio e questo è un buon motivo per piangere.-
La rossa
incrociò le gambe sul suo letto e assottigliò lo sguardo.
-A disagio?
- La conversazione aveva raggiunto un livello di non ritorno, o sarebbero
venute alla luce confidenze o niente.
-Si, ma
ora mi sento un po' meglio,grazie. - Roberta le rivolse un
sorriso sincero.
-Figurati.- mormorò
quella in risposta. Poi, guardandola attentamente, notò un livido violaceo
alla base del suo gomito.
-Come te
lo sei procurato?- La sua voce cominciava ad essere sospettosa e timorosa
allo stesso tempo.
-Domani sarà
una giornata faticosa, ho spiato il programma della Morra, andiamo a
Hofburg e al Leopold Museum... ci conviene dormire.- disse Roberta, in
tono pratico. A Chiara sarebbe interessato andare oltre, ma si augurarono
una fredda buonanotte e ognuna si coricò nel proprio letto. L'ultima
immagine che la rossa riuscì a formulare prima di cadere in un sonno profondo
fu la strana forma di quell'ematoma. Tre piccoli lividi vicini fra loro.