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Autore: Lelaiah    04/09/2012    6 recensioni
Se Ryan fosse costretto a riprendere gli studi a causa di un nuovo nemico?
E se questo nemico fosse, strano ma vero, un Gangrel?
Un vampiro in grado di trasformarsi in animale è diffilce da scovare, ancor di più quando sembra che si nasconda nella scuola frequentata proprio da Strawberry.
Tra situazioni imbarazzanti, missioni sotto copertura e dure battaglie, riusciranno le nostre eroine a sconfiggere anche questa nuova minaccia?
E cosa accadrà tra Ryan e Strawberry, uniti nella comune lotta e in qualcosa che ha a che fare con sentimenti mai sospettati?
Inutile dire che il racconto è incentrato sulla coppia sopracitata e che, ahimè, Mark sarà presto smollato...
Buona lettura, spero vi piaccia! :)
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 11 Piccoli passi Ecco il capitolo che stavate tanto aspettando! :) Non ci sono colpi di scena eclatanti, ma piccoli passi, proprio come dice il titolo.
Spero vivamente che vi piaccia e di non aver deluso le aspettative!



Cap. 11 Piccoli passi


  Kyle era appena uscito dal supermercato.
Era andato a comprare tutto il necessario per il cenone di Capodanno. Si erano accordati per mangiare insieme, poi avrebbero festeggiato separatamente, dato che ognuna delle ragazze aveva un impegno.
Sospirando nascose il viso nella sciarpa.
“Fa un freddo cane.”, pensò osservando il fiato condensarsi in nuvolette bianche.
Si fermò al semaforo, aspettando che diventasse verde.
L’occhio gli cadde su un volantino, appeso ad un palo della luce. Si avvicinò, curioso.
Reclamizzava l’apertura notturna della pista di pattinaggio aperta nel centro di Tokyo, nei pressi del grande albero di Natale.
-Brindisi e fuochi d’artificio per Capodanno… uhm… interessante.- staccò il foglietto e se lo mise in tasca, attraversando la strada.
“Potrei farlo vedere a Ryan.”, si disse, gongolando già all’idea.
Forse sarebbe stata la volta buona!

-Hai preso tutto?- le chiese Ryan per l’ennesima volta.
Strawberry evitò di guardarlo, ripassando mentalmente il contenuto del borsone. –Sì… credo di sì.- mormorò infine.
-Bene.- glielo prese dalle mani e si affrettò a scendere di sotto.
Non voleva correre il rischio di esser visto da Mark: ci mancava solo la sfuriata di un fidanzato geloso.
La mew lo seguì, rischiando d’inciampare nei gradini.
-Le chiavi? Non dimenticarle.- il ragazzo si bloccò, la mano già sulla maniglia della porta.
-Non sono una bambina.- brontolò lei, risentita.
Da quando era successo il fattaccio in sua presenza assumeva due atteggiamenti: o si irritava alla massima potenza o arrossiva così tanto da assumere il colore di un pomodoro maturo.
Avrebbe tanto voluto chiarire, ma quando trovava il coraggio si scontrava coi suoi occhi, ora freddi e distaccati e le parole le morivano in gola.
  Non che Ryan se la passasse meglio.
Aveva la testa talmente piena di pensieri che si era completamente dimenticato del problema “vampiro”. Non toccava il computer da diversi giorni e non faceva altro che farsi discorsi mentali, immaginando come avrebbe potuto scusarsi.
E soprattutto come sarebbe finita.
Il più delle volte si vedeva colpito da oggetti volanti.
Alla fine nessuno dei due aveva mai scovato il coraggio di buttarsi, per cui ora si trovavano nella casa della rossa a recuperare il necessario per un’altra settimana e mezza al Cafè.
Il tutto in un silenzio teso ed imbarazzato.
-Ho tutto.- disse infine lei.
Il biondo annuì con un gesto secco del capo e la precedette all’esterno.
Si caricò il borsone in spalla e attese che chiudesse a chiave. Fece di tutto per non guardarla ed evitarsi di pensare ai se e ai ma.
Sarebbe diventato pazzo andando avanti così.
-Stasera c’è la festa con le ragazze.- esordì lui, mentre uscivano dal cancello.
Strawberry gli lanciò una rapida occhiata. –Sì… lo so.
-Dovresti telefonare ai tuoi. E anche a Mark.- le consigliò. “Ma cosa c’entra Mark? Idiota!”, si rimproverò mentalmente.
Anche lei rimase perplessa. Sapeva che l’americano faceva di tutto per evitare di parlare del suo fidanzato.
-Sì… forse hai ragione.- concesse, abbassando lo sguardo sulla strada. “Forse l’ha detto perché così non desterò sospetti.”, si disse, ancora confusa.
Quel difficile scambio di battute finì lì e i due tornarono al Cafè in silenzio, persi nei propri pensieri.
Molto più simili di quanto pensassero.

-Bentornati.- li accolse Kyle, sorridente come al solito.
Ryan gli fece un cenno con la mano e Strawberry rispose con un sussurro. A quanto pareva non tirava una bella aria, per niente.
-Hai preso tutto?- chiese, rivolgendosi alla ragazza.
-Sì… ehm… vado a sistemarmi nella stanza degli ospiti.- la mew si affrettò a prendere il borsone e sparire oltre l’angolo.
Il cuoco restò un attimo a fissare il punto in cui si trovava fino a poco prima, poi lanciò un’occhiataccia all’amico.
-Per favore, non iniziare.- lo pregò lui. L’espressione con cui lo disse gli fece capire che il biondo era abbastanza provato dalla situazione.
-Pensavo di tenere chiuso, oggi, che ne dici?- gli propose allora, cambiando argomento.
-No… facciamo almeno la mattinata. Così le ragazze avranno da fare e Strawberry non resterà a sbattere la testa contro il muro.- disse.
L’amico lo guardò stranito. –Sbattere la testa?
-Era per dire, Kyle.- si lasciò sfuggire un sorrisetto, ma poi tornò serio. –Anche se non ha più la febbre, ormai, non fa altro che stare chiusa in camera. E sappiamo tutti e due il motivo.
Al che il moro si ricordò del volantino. –Giusto! Aspetta…
Andò in cucina e rovistò nelle tasche del suo giubbino, appeso ad un gancio dietro alla porta.
-Che stai cercando?- Ryan lo raggiunse, curioso.
-Un attimo.- continuò a cercare. Ma quante cose era riuscito ad infilare in un solo capo d’abbigliamento? Estrasse tutti i vari foglietti con appunti su nuove ricette e anche sulle ricerche, ma alla fine lo trovò. –Eccolo!- esultò.
-Cosa?
-Questo. Leggi.- glielo mise in mano, soddisfatto.
Il ragazzo lo lesse velocemente e poi lo posò sul tavolo dicendo:-E allora?
Il cuoco alzò un sopracciglio, trattenendosi dal ringhiargli contro. Perché doveva essere così maledettamente orgoglioso!?
Prese un respiro profondo. –Strawberry. L’hai vista mezza nuda e questo ti ha portato ad avere una ferita sulla tempia e tanti sensi di colpa. Ricordi?
Il diciottenne distolse lo sguardo, sbuffando. –Non la inviterò a pattinare. Non mi piace il freddo.- ogni scusa era buona per non dover affrontare la cosa.
-Va bene, fai come vuoi. Ma non dire che non ti avevo avvertito.- si arrese, facendo il giro del tavolo e tornando alle sue amate torte.
-Ok, papà, non verrò a piangere da te.- fu la risposta. E detto questo se ne andò.
“Benedetto ragazzo.”, pensò scuotendo la testa.
Rimase a fissare pensieroso gli ingredienti che aveva comprato e poi sfogliò un libro di ricette, per decidere cosa cucinare per la serata.
Mentre selezionava alcuni piatti fattibili, sentì le voci delle ragazze.
-Siamo arrivate!- si annunciarono.
Abbandonò penna e fogli e andò loro incontro. –Buongiorno.- le salutò.
-Ciao Kyle.- dissero in coro.
-Oggi abbiamo deciso di fare solo mezza giornata. Quindi chiudiamo all’una.- sorrise.
-Davvero? Fantastico!- esultò Paddy, iniziando a saltellare di qua e di là.
-Bene, così avrò tempo per prepararmi.- commentò invece Mina. Aveva usato un tono di voce indifferente, quasi come se la riduzione delle ore lavorative le fosse dovuta.
-Strawberry?- chiese Lory, guardandosi attorno.
-Eccomi.- la ragazza fece il suo ingresso nel salone, sorridendo. Servire al Cafè era la sua ancora di salvezza, in quei giorni: poche possibilità per torturarsi mentalmente facendo stupidi pensieri sul suo imbarazzo, sui suoi sensi di colpa e su Ryan.
-Su, andate a prepararvi. Tra poco apriamo.
Senza farselo ripetere si avviarono verso i camerini.
-Ah, ho riparato la doccia!- le informò, prima di tornare in cucina.
“Kyle, ti adoro.”, pensò la rossa. Non avrebbe dovuto farsi la doccia nel bagno del biondo. Al solo pensiero si sentì più leggera.
Anche se una piccola parte di lei protestò. Ci rimase un attimo, ma si affrettò a zittirla.
-Che fate stasera, ragazze?- domandò mentre indossava la divisa.
-Io festeggio coi miei fratellini. Faremo i fuochi d’artificio!- sorrise la piccola del gruppo.
-Io ho una sfilata.- annunciò Pam. Tutte si voltarono a guardarla. –Dopo andrò a festeggiare coi miei colleghi.- si affrettò ad aggiungere, leggermente imbarazzata dai loro sguardi.
-Oh, cavolo. Credevo lavorassi anche per Capodanno.- ammise Strawberry. L’altra scosse la testa. –Tu, Lory?
-Noi andremo al tempio.- rispose.
-Niente festa?- chiese Mina, stupita. La ragazza scosse la testa. –Che peccato. A casa mia ci sarà una grande festa in maschera. Vi inviterei se non foste già tutte impegnate.
La mew neko fece per dire che lei non aveva nessun impegno, ma ci ripensò. Non sarebbe stato carino abbandonare i ragazzi.
Per cui allacciò il fiocco del grembiule e chiuse l’armadietto.
-Come ti trovi qui?- Pam le si avvicinò, silenziosa. Lei dovette trattenere un grido. –Scusa.
-Niente, figurati. Ehm… bene… sto bene. Anche se è strano non avere i miei genitori per casa.- si sforzò di mentire.
La modella la guardò per qualche istante, pensierosa. Chissà perché non le credeva, ma preferì non indagare oltre.
-Bene, andiamo.- Paddy spalancò la porta, fiondandosi fuori. Le sue colleghe la seguirono dappresso, ridacchiando per il suo entusiasmo.

  Per tutta la mattinata Ryan non si fece vedere.
Strawberry non sapeva se ringraziare la sua buona stella o l’orgoglio del biondino.
Sapeva che le cose non potevano andare avanti così, era inconcepibile, ma non avrebbe fatto la prima mossa.
“Non sono mica matta.”, si disse, riportando in cucina alcune tazze sporche.
-Ci sono ancora molti clienti?- le domandò Kyle.
“E poi… cavolo, è lui quello nel torto. Non io!”, continuò il proprio monologo interiore.
-Strawberry?
“Andiamo, ma a chi vuoi darla a bere? La colpa è tua.”
-Ehi, tutto ok?- quando alzò gli occhi si ritrovò davanti l’americano. Per poco non lasciò cadere a terra quello che aveva in mano. Lui si appropriò degli oggetti, per evitare il peggio.
-Scusami, ero distratta.- ridacchiò, imbarazzata.
-Ho visto.- sorrise comprensivo.
-Cosa volevi sapere?
-Quante persone ci sono ancora nel locale.- le ripetè la domanda.
-Ah, non molte.- rispose.
-Bene. Tra un’oretta chiudiamo.- lanciò un’occhiata all’orologio. –Hai delle ordinazioni?- chiese poi, tornando a guardarla.
Lei scosse la testa. –No, nessuna.
-Sicura che sia tutto a posto?- le chiese ancora. Lui sapeva che non era tutto ok, ma voleva sentirglielo dire.
-Sì, sì!- si affrettò a rispondere. Non sapeva proprio mentire, era come un libro aperto.
Kyle si limitò a sorridere e tornò al lavoro, cambiando leggermente la presa sulla sac à poche. Doveva finire di riempire i bignè che stava preparando.
La rossa fece per andarsene quando l’occhio le cadde su un volantino abbandonato sul tavolo. Si avvicinò, curiosa e sbirciò.
Annunciava l’apertura notturna della pista di ghiaccio che si trovava in centro.
“Wow! Sarebbe fantastico andarci con Mark!”, pensò trasognata.
Ma poi si ricordò che lei era ad Osaka coi suoi genitori, almeno questo era quello che Ryan aveva detto al suo fidanzato.
Se si fosse venuto a sapere che in verità era ospite lì al Cafè non sarebbe finita bene.
Delusa, uscì dalla cucina.

  Come promesso, Kyle lasciò libere le ragazze all’una e cinque minuti. Si salutarono, dandosi appuntamento per la cena, alle sette in punto.
-Ryan!- il cuoco lo chiamò a gran voce.
Il ragazzo, sentendo urlare il proprio nome, emerse dal laboratorio, dove si era rinchiuso. Doveva distrarsi e quale metodo migliore delle ricerche? In più poteva scaricare la sua frustrazione sugli alieni e su quel dannatissimo essere che si nascondeva nella scuola che stava frequentando.
-Cosa c’è?- chiese.
-Vieni a darmi una mano, dobbiamo sistemare il locale.
Sbuffando tornò dentro per spegnere il pc e poi si avviò lungo le scale. “Perché mi tocca lavorare quando questo posto è mio?”, si chiese, scocciato.
Sbucò al piano terra. -Eccomi. Che devo fare?
-Dobbiamo pulire il salone, spostare i tavoli in più e mettere qualche decorazione.- lo istruì. Lui annuì, facendo spaziare lo sguardo sulla sala.
-Strawberry?- buttò lì il nome della rossa, fingendo indifferenza.
-Di sopra. Credo che stia chiamando i suoi genitori.- disse l’altro, restando sul vago. L’aveva sentita parlottare tra sé passando davanti alla stanza degli ospiti. Forse si stava preparando un discorso da rifilare loro per giustificare l’assenza di telefonate degli ultimi giorni.
Oppure tutti quegli sforzi erano per Mark.
-E non viene a darci una mano?- domandò il ragazzo, incrociando le braccia sul petto.
Kyle gli lanciò un’occhiata eloquente. –Davvero la vorresti qui?
Si fronteggiarono per qualche istante, occhi negli occhi, poi il biondo abbassò lo sguardo, brontolando.
-Lo prendo per un no.- ridacchiò l’amico.
Senza più dire altro, Ryan lo aiutò a sistemare. Era incredibile come fosse diventato improvvisamente mansueto.
Mentre loro lavoravano, Strawberry stava parlando coi genitori.
-Sì, mamma, ho mangiato.- disse per l’ennesima volta.
-Ma sei sicura? Kyle ti tiene d’occhio, vero?- chiese Sakura, apprensiva.
La rossa scosse la testa. –Sì. Stasera sono ospite al Cafè, festeggiamo tutti insieme.- rivelò.
-Oh, davvero? Bene!- esclamò contenta.
-Papà?
-E’ in riunione, se vuoi te lo posso…- iniziò.
-No, fa lo stesso. Salutamelo quando esce.- la interruppe.
-Sicura? Sai che ci tiene a parlare con te: gli manchi.- le disse la donna.
Lei non poté impedirsi di sorridere. –Dagli un bacio da parte mia.
-D’accordo. Be’, allora ti faccio gli auguri adesso… anche da parte di papà.- il suo tono si era un po’ smorzato. Non voleva metter fine alla conversazione.
-Tranquilla, sono in buone mani.- assicurò. –Vi auguro un felice Capodanno.
-Ok… ciao piccola, ti voglio bene.- la salutò.
-Ti voglio bene anch’io. Ciao.- e riattaccò. “Bene, una è fatta.”, sospirò.
Si lasciò cadere sul letto, ragionando sul da farsi.
Cos’avrebbe detto a Mark? O meglio, cosa non avrebbe dovuto dirgli? Sicuramente non che si trovava al Cafè e che ci sarebbe rimasta per un’altra settimana e passa.
“Nemmeno della questione bambina.”, ragionò.
Si rotolò sulle coperte, presa da una marea di dubbi. –Perché devo avere tutti questi segreti col mio ragazzo?- brontolò, stizzita.
Era tutta colpa di quell’assurdo progetto Mew!
Tenne gli occhi fissi sul soffitto per qualche minuto, silenziosa.
-Posso semplicemente fargli gli auguri e dirgli che mi manca.- sussurrò a nessuno in particolare.
Si mise a sedere, sentendo un lieve fastidio all’altezza del cuore.
Abbassò lo sguardo, perplessa e il suo io più profondo le diede una risposta. “Non ti manca poi così tanto. A mancarti è qualcun altro.”, quel pensiero arrivò come un fulmine a ciel sereno.
La mew sgranò gli occhi per poi arrossire fino alla radice dei capelli.
  Stava impazzendo, per caso?
La sua stessa coscienza si opponeva alla sua ragione? Perché?
Non era possibile che sentisse (razionalmente) la mancanza del suo Mark e irrazionalmente quella di… quella di Ryan!
Si portò le mani alla bocca, sconvolta. Tutto quello stava accadendo perché si sentiva in colpa e per quell’assurdo episodio.
Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi e riprendere il controllo di se stessa.
-Ok… basta. Devo sistemare la faccenda.- decise. –Sì, ma come?- riaprì gli occhi e si appoggiò al muro con la schiena.
Ryan era sicuramente furibondo dopo la sua reazione, anche perché aveva rischiato di rompere il suo ricordo più caro. L’espressione che aveva assunto, quando l’aveva scoperto al suo fianco, era stata… strana.
Sembrava imbarazzato e non era da lui. Il biondo non era mai imbarazzato e nemmeno… spaventato? Era paura quella che aveva visto nei suoi occhi?
“Paura di cosa?”, si domandò.
Nascose la testa tra le ginocchia. –Lui ci ha sempre sostenute e aiutate… non vuole che ci accada nulla di male.- mormorò. –Però… mi chiedo perché queste situazioni assurde succedano solo a noi due. Non è mai capitato che una delle ragazze si trovasse a dormire nel suo letto o simili.
Si mise a tracciare i contorni della coperta, decorata con un paesaggio invernale.
-Litighiamo sempre… ogni volta… però non si è mai arrabbiato veramente con me.- realizzò. –Con le altre niente. Manco una piccola discussione. Mi chiedo se gli sto così antipatica.
Se ripensava a tutte le volte che l’aveva rimproverata si sentiva addosso una tale vergogna che avrebbe potuto sprofondare. E l’avrebbe anche fatto se non le fossero tornati in mente i suoi sorrisi: quei rari sorrisi che sembrava riservare solo a lei.
-Io gliel’ho detto che dovrebbe sorridere più spesso…- mormorò. Sì, ricordava quando gliel’aveva detto, erano nella sua camera e lui era appena stato ferito.
Strawberry si bloccò. Ragionandoci si rese conto che non era solo il biondo a comportarsi diversamente in sua presenza, ma anche lei faceva lo stesso.
Quella consapevolezza la lasciò senza parole.
E peggio, quando entrambi si comportavano come persone civili, senza urlarsi addosso, si creava un’atmosfera distesa e molto piacevole. Troppo piacevole.
“Non mi sono mai sentita così… nemmeno con Mark.”, pensò.
-Ok, ho deciso! Devo parlargli, dobbiamo chiarire.- saltò in piedi sul letto, stringendo un pugno con fare agguerrito. -Ma come?- il suo entusiasmo si smorzò.
Si mise a setacciare la stanza, alla ricerca di una qualche idea, quando le tornò in mente il volantino.
-Sì, trovato!- esultò.

  La cena si svolse senza intoppi.
Le ragazze arrivarono puntuali, compresa Strawberry dato che si trovava già al Cafè. Kyle aveva superato se stesso, cucinando così tante leccornie da leccarsi i baffi.
E Ryan… be’, aveva fatto un ottimo lavoro con le decorazioni.
Stelle di ghiaccio ed esplosioni di cristallo in tutto il salone, accompagnate da foglie di pungitopo e bacche rosse.
-Wow, non sembra nemmeno lo stesso salone!- fece Lory, impressionata.
-Grazie.- il biondo si lasciò sfuggire un sorriso, soddisfatto.
Anche Strawberry lo trovava molto bello, ma non ebbe l’occasione di dirglielo. Come non gli disse che il maglione di morbida lana che indossava metteva in risalto muscoli che non credeva avesse. Almeno fino a poco tempo fa.
  Dopo alcuni convenevoli e lo scambio degli auguri, si sedettero tutti a tavola. La rossa e il biondino vennero sistemati ai lati opposti della tavolata, per evitare imbarazzanti silenzi.
Kyle, artefice della sistemazione, si ritrovò a sorridere di nascosto notando gli sguardi che si lanciavano ogni tanto.
Si cercavano nonostante fossero entrambi arrabbiati. E anche molto imbarazzati.
Ben presto iniziarono numerose conversazioni e il pasto trascorse piacevolmente, senza nessuna discussione tra Strawberry e Mina, tra l’altro.
Verso le dieci si ritrovarono a brindare, anche se erano in netto anticipo. Ma dato che non potevano stare insieme fino allo scoccare della mezzanotte sarebbe andato bene comunque.
Tempo di sparecchiare e le ragazze si dileguarono.
-Caspita, sono sparite.- ridacchiò Kyle, sorpreso. Strawberry, poco lontano, sorrise al suo commento.
-Ti aiutiamo a sistemare.- si offrì Ryan.
Il moro lo guardò stupito. –Oh… grazie.- disse. La sua arrabbiatura con la rossa non aveva solo lati negativi.
Avrebbe dovuto sfruttarla a proprio vantaggio.
In poco meno di mezz’ora il locale riassunse il suo aspetto originario. –Bene, è tutto pronto per il servizio di lunedì.- disse soddisfatto il cuoco.
-Domani siamo…?- iniziò la mew rosa.
-Chiusi, sì.- confermò.
-Oh… wow!- fece, stupita. Rimase a fissare l’orologio e si ricordò improvvisamente della telefonata che doveva fare a Mark. –Scusate!- e scappò via.
I due ragazzi si guardarono straniti.
Strawberry si rifugiò in camera, recuperò il cellulare ed avviò la chiamata.
-Ehi, micetta, ciao!- la salutò il ragazzo.
-Mark! Che bello sentirti!- si dovette sforzare per dare alla sua voce il giusto tono. Non voleva fargli capire che c’era qualcosa che la turbava.
-Tutto ok? Ma da dove mi stai chiamando?- domandò.
-Oh, da Osaka. Sono ad una festa aziendale coi miei genitori.- inventò. –Vorrei tanto essere con te.
-Anche io. Sono rimasto stupito quando mi hanno detto che eri partita.- le disse.
-Sì, lo so. È stato improvviso.
-Capisco…- disse solo.
La ragazza si accigliò. Sembrava che fosse scontento di qualcosa, ma non osò chiedere. –Volevo farti gli auguri prima che le linee si intasino.
-Grazie! Auguri di buon anno anche a te.- rispose e poté quasi immaginarlo sorridere.
-Ora… ora dovrei andare.- annunciò, esitante.
-Oh, ok… ci sentiamo in questi giorni?
-Sì, certo.- annuì.
-Ok, allora buona serata, piccola.- la salutò.
Strawberry attese il segnale di fine chiamata e poi rimase a fissare lo schermo. Mark le era sembrato strano, distaccato.

  Osservò il display, confuso.
Poi andò sul menù delle chiamate ricevute per confrontare il numero.
Non c’erano dubbi: era il cellulare di Strawberry.
“Ryan mi ha detto che l’aveva dimenticato al Cafè. Com’è possibile che mi abbia chiamato col suo?”, si chiese.
Non aveva senso. Assolutamente.
A meno che…
No, non poteva neanche pensarci.
Strawberry non gli avrebbe mai mentito per passare il Capodanno in quel locale. Con lui.
Quando si sentì chiamare dalla madre si voltò, lanciando un’occhiata alla grande sala. Non poteva abbandonare la festa, ma avrebbe indagato.
Appena possibile avrebbe fatto luce su tutto ciò.
A quel pensiero qualcosa, dentro di lui, si agitò, pulsando di vita propria.

-Bene, mi sa che me ne andrò a fare un giro.- annunciò Ryan, stiracchiandosi.
Kyle smise di caricare la lavastoviglie per guardarlo. –Da solo?
Il biondo si voltò. –E con chi, se no?- chiese.
L’altro alzò le spalle, già pronto ad iniziare il suo discorso, quando la leader delle Mew Mew li
raggiunse.
Si bloccò sulla porta, indecisa sul da farsi.
-Oh, Strawberry!- il moro l’accolse con un sorriso. –Hai bisogno di qualcosa?
Lei abbassò lo sguardo, trovando improvvisamente molto interessanti le punte dei suoi piedi.
-Tutto ok?- le chiese allora Ryan. Si stava comportando in modo strano: forse le era tornata la febbre.
Al sentire la sua voce la ragazza rialzò la testa, frustandosi il collo coi capelli. –Tutto ok. Sì… ehm… posso parlarti?- gli chiese, puntando i suoi occhi castani in quelli azzurri di lui.
Si indicò, perplesso. –Vuoi parlare con me? Sei sicura?
Annuì, torturandosi le mani.
Kyle sorrise di nascosto, esultando dentro di sé. “Brava Strawberry!”
-Ok, ma fa’ in fretta, devo uscire.- accettò il biondo.
“Ryan!”, se avesse potuto l’americano l’avrebbe preso a schiaffi per quel tono supponente. Ora che si era scoperto, che aveva ammesso di patteggiare per loro, non voleva assolutamente che mandassero tutto a rotoli.
I due si spostarono in corridoio, allontanandosi un po’ dalla porta della cucina.
-Stai male?- Ryan non poté impedirsi di addolcire il tono di voce.
-Male? No, no.- scosse la testa, a disagio.
-E allora cos’è successo?- domandò perplesso.
“Oddio, adesso come faccio a chiederglielo?”, la rossa era nel panico, letteralmente.
-Strawberry, non ho tutta la sera.- la esortò.
-Perché? Dove devi andare?- chiese senza pensare. A quella domanda lui restò immobile, senza sapere cosa dire.
Perché non sapeva nemmeno lui dove sarebbe andato.
Si ritrovarono a fissarsi negli occhi ad una distanza pericolosa. Erano troppo vicini.
La mew deglutì, cercando di calmare il cuore e di ritrovare la voce, persa da qualche parte nella gola.
Quel lungo silenzio stava preoccupando il biondo. Era qualcosa di importante?
Infine, lei si decise a parlare. –Vorrei chiederti un favore.
Si accigliò. –Che genere di favore? Non chiedermi dei giorni in più di permesso.- replicò, mantenendo alta la guardia.
-Oggi ho visto un volantino… della pista di pattinaggio. Vorrei…- si bloccò.
-Vorresti?- le si fece più vicino, in trepidante attesa. Non poteva essere vero, non stava per dire quello che lui agognava da tanto.
-Potremmo andarci insieme. Abbiamo un po’ di cose di cui parlare.- finalmente sputò il rospo.
Il cuore di Ryan perse un battito, lasciandolo stranito.
“Mi ha appena invitato ad uscire…?”, si chiese sconvolto. “No… non è possibile.”
-Mi hai veramente chiesto di andare a pattinare?- domandò, cercando conferma nei suoi occhi.
Lei annuì, tentando di mantenere il rossore sotto controllo. “Adesso rifiuterà.”, continuava a ripetersi.
-D’accordo.- il ragazzo accettò con un sorriso.
Era uno dei più bei sorrisi che le avesse mai fatto, sincero e caldo.
-Davvero? O-ok… dobbiamo dirlo a Kyle.
Lui annuì, già pronto a dare la terribile notizia della loro assenza. Quando entrò in cucina trovò l’amico che indossava i guanti. –Dove vai?- gli chiese.
-Ho anch’io una vita, ricordi?- disse, sorridendo sornione. –Vado dall’unica donna che mi sopporta.
-Oh.- disse solo il ragazzo. Sapeva che l’amico frequentava una ricercatrice, ma non aveva mai indagato. Preferiva non intromettersi troppo, considerato quanto fosse riservato il cuoco. –Quindi non c’è nessun problema se io vado a pattinare…
-Pattinare?- fece il finto tonto.
-So che hai sentito tutto. Non farmelo ripetere, è imbarazzante.- gli scoccò un’occhiataccia. –Soprattutto perché sono felice.- sussurrò dopo essersi avvicinato.
Kyle sorrise e gli diede una pacca sulla spalla. –Vedi di sistemare le cose, va. Ci vediamo domani.
Recuperò la sciarpa ed uscì, salutando Strawberry.
-Ma dove va?- chiese lei, entrando in cucina.
-Ehm… da una persona.- rispose, rimanendo vago. La ragazza accettò la risposta. –Prendo le chiavi e andiamo. A quale pista ti riferivi?
-Quella in centro.- disse lei.
-Perché non andiamo al parco Inohara? Lì dovrebbero esserci meno persone, è più tranquillo.- propose. Non voleva essere circondato da una marea di coppiette occupate in effusioni.
-Ah… be’… sì, va bene.- accettò.
Annuì, recuperò le chiavi e si vestì. Strawberry fece lo stesso, comparendo subito dopo con un grazioso cappottino bianco e un altrettanto carino paraorecchie.

  Durante il tragitto non parlarono tanto.
Ma l’atmosfera di attesa era palpabile e molto più piacevole di quella tesa del pomeriggio.
Tutti e due avevano molto da dire, ma avrebbero aspettato che fosse l’altro a parlare.
Troppa paura di esporsi.
Quando arrivarono al parco, trovarono gli alberi attorno alla pista illuminati a festa. C’era un discreto numero di persone, ma mai come quelle che avrebbero potuto trovare in centro.
“Ho scelto bene.”, si disse Ryan. Meno pressioni aveva, meglio si sarebbe comportato. E forse sarebbe riuscito finalmente a spiegarsi.
-Sai pattinare?- gli chiese la mew. Distolse lo sguardo dalle luci e la guardò, annuendo. –Bene. Io non molto.- ammise, ridacchiando nervosa.
-Tranquilla, cadresti comunque goffa come sei.- replicò lui. Strawberry lo guardò con tanto d’occhi.
-Che antipatico.- sbottò, dandogli le spalle.
A quella reazione il ragazzo non poté fare a meno di sorridere. Non ottenendo repliche, la rossa si voltò a fissarlo. –Perché sorridi?- domandò.
-Perché non reagivi così da un po’. Sembra come ai vecchi tempi.- ammise. “Ed è dannatamente bello.”, aggiunse mentalmente.
A quella considerazione lei arrossì leggermente. –Sì… è vero.
-Vieni, andiamo a prendere i pattini. Siamo qui per questo, no?- le disse, indicando col capo la pista.
-Andiamo.- lo superò, imbarazzata.
Una volta recuperati i pattini li indossarono in silenzio. Ryan fu il primo a togliere la protezione dalle lame, pronto a scivolare sul ghiaccio.
-A-aspetta!- lo fermò Strawberry. Lui la guardò, perplesso. –Vorrei prima parlare…
-Lo faremo dopo, quando non avrai la forza di urlarmi contro.- le disse, allungandole la mano. La guardò, indecisa, ma alla fine la afferrò, facendosi tirare in piedi.
-Sei sicuro di saper fare?- domandò, incerta.
-Be’… da piccolo andavo sempre a pattinare coi miei genitori… nel laghetto vicino a casa.- rivelò. –Mi sono rotto un polso, una volta.
Raccontarle del suo passato gli veniva così facile, così naturale.
-Immagino te la sarai presa col ghiaccio.- non riuscì a trattenersi dal ridere.
Ryan le lanciò un’occhiata, senza farsi vedere. –Più o meno.
Lentamente la portò a bordo pista. Le fece vedere i movimenti basilari per stare in piedi e poi le lasciò le mani.
-Non è che mi fidi molto.- ammise lei, traballando.
Era veramente buffa: sembrava un puledro che prendeva confidenza con le proprie zampe.
-Al massimo cadrai.- le disse.
-E questo ti farebbe ridere di gusto, vero?- lo guardò male, reggendosi al parapetto con una mano. L’altra era a mezz’aria nel vano tentativo di aiutarla a trovare un equilibrio.
-No.- mentì lui.
-Potresti farmi vedere come si fa? Mi sento tutta ingobbita.- brontolò ad un certo punto. Avevano appena fatto dieci metri.
-Non ci penso proprio. Non voglio che mi tiri una lama in fronte.- rifiutò, allontanandosi con una leggera spinta.
A quelle parole Strawberry abbassò la testa, sentendosi in colpa. –Mi dispiace…- mormorò.
Ryan non diede segno d’averla sentita.
Lei allora gli si avvicinò, trascinandosi lungo il bordo, e afferrò la manica del suo giubbino. Il ragazzo allora abbassò lo sguardo su di lei.
-Mi dispiace.- ripetè. “Vorrei sprofondare!”, pensò fissando il ghiaccio sotto di sé.
“Ok… è tempo di parlare.”, si disse lui. –Io posso capire la tua reazione… ma per una volta che non ti stavo provocando o stavo scherzando, avresti potuto starmi ad ascoltare.- le rinfacciò.
La mew neko sentì le orecchie infiammarsi.
-Non hai niente da dire a tua discolpa?- la pungolò.
-Ero praticamente nuda… e tu eri…- iniziò.
-Sì, ero nello stesso letto con te e ti stavo abbracciando.- confermò.
Rialzò la testa. –E ti sembra normale?- per poco non urlò.
Ryan sospirò. –Per la milionesima volta, Strawberry: quando eri bambina ero l’unico di cui ti ricordavi e quindi eri sempre con me. Per comodità, Kyle aveva preparato un letto per te in camera mia, ma tu preferivi dormire con me.- la guardò, esasperato.
La ragazza arrossì tantissimo. –Ma perché mi ricordavo solo di te?- domandò.
-Non lo so.- ammise, scuotendo la testa.
-E poi perché nel tuo letto?
-Perché ti addormentavi sempre lì mentre ti leggevo Cenerentola.- spiegò.
“Mi sono fatta leggere le favole da Ryan?! Qualcuno mi uccida!”, pensò mettendosi le mani davanti agli occhi.
-Non ho approfittato di te, lo giuro. Soprattutto non mi sarei mai sognato di farti qualcosa mentre eri una bambina. Non sono un maniaco, anche se tu sei convinta del contrario.- ribadì.
-Chi mi faceva il bagno?- gli lanciò un’occhiata attraverso le dita.
Lui arrossì leggermente, distogliendo lo sguardo. –A volte Kyle, altre io.- confessò.

  A quelle parole Strawberry sentì il cuore schizzarle in gola.
Batteva così forte da assordarla.
E sentiva caldo, troppo caldo. Talmente tanto che le spuntarono coda e orecchie.
-Oddio!- fece per portarsi le mani alla testa, ma Ryan fu più veloce.
La raggiunse e la circondò con le braccia, stringendola a sé per proteggerla da sguardi indiscreti.
-R-Ryan…- farfugliò.
-Non lo sto facendo perché voglio qualcosa, lo sto facendo per non farci scoprire.- le sussurrò. Annuì impercettibilmente e rimase a contatto col suo petto. Avvertiva il suo battito sotto il palmo della mano. Era rassicurante.
Stettero così per un po’, fino a quando non sentì più il contatto col pelo delle sue orecchie feline. –Ok… pericolo scampato.- la liberò.
-Grazie…- mormorò.
-Allora, dicevamo…?- riportò la sua attenzione sulla conversazione.
La mew si riprese e tornò a guardarlo. –Mi hai fatto veramente il bagno?
-Sì. Ma in quel momento eri solo una tenera bambina.- le disse, sincero. –Non avevo altri pensieri se non quello di strapazzarti e farti ridere.
Se possibile quella confessione la fece arrossire ancora più della precedente.
-Ti prego, calmati.- la supplicò lui.
Prese qualche respiro profondo e ricacciò indietro l’imbarazzo.
-Quindi tu ti sei preso cura di me…? Solo questo?- volle sapere.
-Sì, solo questo. Lo giuro.
-E quando mi sono ritrasformata?- distolse lo sguardo per evitare di guardarlo negli occhi. Non voleva sapere veramente cos’aveva pensato, era pienamente consapevole che era da perfetta masochista, ma una parte di lei doveva sapere se lui aveva provato qualcosa.
-E’ stato… imbarazzante.- ammise lui, riavviandosi i capelli in un gesto che mostrava un po’ del suo nervosismo. “Ora devi spiegarle la questione evitando di farle capire che le piaci.”, si disse.
-Perché ero mezza nuda?- azzardò a chiedere.
-Perché eri mezza nuda, perché ti stavo abbracciando e perché sei fidanzata.- rispose. “Con un ameba.”, aggiunse tra sé.
Strawberry si rese conto solo in quel momento di cosa aveva cercato di fare l’americano. Quando si era svegliata l’aveva trovato vicino a sé, ma non la stava più abbracciando.
Probabilmente stava cercando di uscire dal letto per non spaventarla.
-Io…- trattenne il respiro, sentendosi immensamente stupida. Mosse un piede, intenzionata a dargli le spalle, ma perse acchito col ghiaccio e in poco si ritrovò a cadere.
-Attenta!- Ryan l’afferrò appena in tempo, ma si sbilanciò e caddero in avanti. Riuscì ad evitarle di sbattere la testa, ma non di caderle addosso. –Scusami. Tutto ok?
Ad occhi chiusi la ragazza annuì.
Rimase a fissarla, valutando le varie possibilità che gli si offrivano.
Avrebbe tanto voluto baciarla, come quella volta. No, anzi, meglio di quella volta.
“Ma non posso.”, si disse. Con un grande sforzo di volontà di rimise in piedi, tirandola su. –Ecco. Non sei molto stabile, eppure dovresti avere l’equilibrio di un gatto.- tentò di sdrammatizzare.
Farla arrabbiare sarebbe stato un buon diversivo per lui.
La rossa raccolse la provocazione e gonfiò le guance nel modo che le era tanto famigliare, facendolo sorridere.
-Sai, non ce la facevo più.- ammise ad un certo punto.
Lei lasciò uscire l’aria e chiese:-A fare cosa?
-A non punzecchiarti. So che mi ritieni uno stronzo antipatico, ma quello è il nostro modo di comportarci… e non è da noi tutto questo imbarazzo.- spiegò.
-Già.- convenne lei. –Più o meno come non litigare con Mina.
-Esatto.- ridacchiò.
-Ryan… mi dispiace, sul serio. Non sapevo come scusarmi, soprattutto per il lancio degli oggetti e le urla isteriche. Sei stato molto corretto nei miei confronti e… e l’ho apprezzato.- lo disse senza mai guardarlo negli occhi.
-Sì, quello potevi risparmiartelo.- si trovò d’accordo con lei. Il taglio ogni tanto gli doleva ancora.
Sentendosi rimproverata per l’ennesima volta, la ragazza distolse lo sguardo e lo puntò sui propri piedi.
Ryan allora lasciò uscire tutta la tensione che l’aveva accompagnato in quei giorni e decise di rilassarsi, di lasciarsi andare. Le allungò una mano. –Tutto risolto?
Sollevò lentamente gli occhi, incerta. Quando vide i suoi brillare, si aprì in un sorriso. –Tutto risolto.- e si scambiarono una stretta di mano.
-Ora vuoi provare un po’ a pattinare?- le propose.
-Non mi farai cadere, vero?- lo guardò con sospetto. Non si fidava ciecamente di lui, nonostante tutto. Sapeva che era capace di farle degli scherzi.
-Posso toccarti? Per farti vedere che posizione devi tenere.- domandò, cauto.
Ci pensò un attimo, ma poi annuì.
Facendo molta attenzione il biondo le poggiò una mano sulla parte centrale della schiena e una sullo stomaco. –Devi stare dritta e allargare il baricentro.- la guidò nel movimento.
Strawberry sentiva quel contatto un po’ troppo intensamente. Eppure lui indossava i guanti.
Deglutì, cercando di seguire le sue istruzioni.
Quando fu più o meno in assetto, il ragazzo la prese per mano e le fece muovere i primi passi.

  Si divertirono così tanto, volteggiando per la pista alla velocità di una tartaruga, che non si resero conto del tempo che passava.
Ad un certo punto Ryan alzò gli occhi al cielo ed esclamò:-Nevica!
La mew rosa sollevò lo sguardo e si ritrovò un fiocco sul naso. –Eh sì.- ridacchiò.
-Sta per iniziare il conto alla rovescia.- annunciò una voce all’altoparlante.
I due ragazzi si guardarono intorno, confusi. L’americano guardò l’orologio e si rese conto che mancava meno di un minuto a mezzanotte.
-Meglio andare a bordo pista, non credo tu voglia assistere allo sbaciucchiamento.- le disse, leggermente a disagio.
Lei lo guardò, stupita, poi osservò le persone attorno a loro. Erano tutte coppie e si stavano preparando per i festeggiamenti. Probabilmente avrebbero suggellato l’arrivo del nuovo anno con un bacio.
Al solo pensiero arrossì.
-Possiamo comunque rimanere…- propose. “Che sto facendo?”, si chiese subito dopo.
-Sul serio? Va bene.- accettò lui.
E così rimasero immobili, al centro della pista, mentre i secondi scorrevano veloci.
Allo scoccare della mezzanotte vennero lanciati dei fuochi d’artificio e gli innamorati si scambiarono tenere effusioni.
Ryan e Strawberry, invece, avrebbero voluto essere altrove. Lui aveva l’irrefrenabile desiderio di baciarla e lei si sentiva una traditrice, perché non voleva essere in nessun altro posto se non lì. Nemmeno il pensiero di Mark sembrava contare.
“Ok, diamoci una svegliata.”, la coscienza del biondo urlò a gran voce. Lui serrò gli occhi per qualche istante, sicuro che si sarebbe pentito per tutta la serata.
-Buon anno, Strawberry.- le sorrise.
Lei alzò gli occhi per incontrare i suoi e ricambiò gli auguri.
-Posso fare una cosa?- le chiese.
-Sì…
Le prese il viso tra le mani, delicatamente e si chinò su di lei, posandole un bacio sull’angolo della bocca.
La mew rimase di sasso. Si ritrovò i suoi meravigliosi occhi celesti a pochi centimetri di distanza e diventò rigida come un pezzo di marmo.
-Ehi… riprenditi. Stavo giocando.- cercò di buttarla sul ridere. Tra tutte le reazioni, aveva avuto la peggiore. “Cretino, cretino, cretino!”
Senza sapere che fare, raggiunse l’uscita con poche falcate e poi oltrepassò il piccolo cancellino.
-Ehi!- Strawberry si riprese, voltandosi per urlargli contro. Quando si ritrovò da sola si aggrappò al bordo e si trascinò fino all’entrata della pista.
Tolse rapidamente i pattini e si affrettò ad inseguire il ragazzo.
-Ryan!- lo chiamò.
Lui la ignorò, continuando a camminare.
-Ryan Shirogane, insomma!- si slanciò in avanti e allacciò le braccia attorno ai suoi fianchi. Lui si sbilanciò e caddero insieme sulla neve fresca, tra i cespugli illuminati.
-Ma sei impazzita?- brontolò lui, scrollandosela di dosso.
-Cos’era quello di prima?- domandò a capo chino. Lui finse di togliere dell’altra neve dal giubbino. –Rispondi!
Sospirò. –Nulla, non era nulla. Stavo scherzando, come faccio sempre con te.- mentì.
Stava palesemente evitando di guardarla negli occhi. E non era normale, considerato che lui fissava sempre le persone direttamente.
-Guarda che non sono… arrabbiata. Non ho niente da tirarti addosso.- cercò di sdrammatizzare. Non lo avrebbe mai ammesso, ma si sentiva il corpo percorso da tante piccole e piacevoli scariche elettriche.
-Meno male, non vorrei che mi accecassi.- replicò.
-Ehi!- gli diede una pacca e finirono lunghi distesi per terra.
–Guarda che ci ammaleremo…
Si morse il labbro inferiore, indecisa. Alla fine mormorò:-Solo un po’. Poi ce ne andiamo.
Ryan aveva il cuore a mille, lo sentiva battere in ogni zona periferica del corpo, dita comprese. Si poteva morire di batticuore?
“Un attimo, non sono uno scolaretto alla prima cotta: so controllarmi.”, si rimproverò. Attese un attimo e poi tirò la ragazza più vicina a sé, in modo che non sentisse freddo.
  A quel gesto Strawberry arrossì ma, invece di spostarsi, si accoccolò contro il suo petto. Le trasmetteva calore, anche sotto strati di pelle trattata e lana.

 
  Restarono così, immobili, ad osservare la neve cadere.
Avrebbero dovuto sentire freddo, ma si bastavano a vicenda. Era una sensazione strana, per entrambi: non avrebbero mai pensato che potesse essere così facile trovarsi bene l’uno con l’altra.
Ad un certo punto la rossa represse un brivido. –Hai freddo?- le chiese lui.
Lei sollevò lentamente la testa e lo guardò. –Un po’.- ammise.
Stava per replicare con una delle sue solite battute, quando sentì, dentro di sé, che era il momento giusto.
  Non avrebbe avuto mai più un’occasione del genere.
E trovarsela lì, a pochi centimetri, con le guance arrossate dal freddo e gli occhi leggermente lucidi, era troppo. Lo tentava come mai era stato tentato.
“O la va o la spacca.”, si disse per darsi coraggio. –Strawberry, io…
-Cosa?- chiese, in attesa.
“Avanti, avanti!”, deglutì, nervoso. Lei non disse niente e rimase ad osservarlo, curiosa. Per la prima volta nella sua vita Ryan Shirogane si ritrovò senza parole.
Aveva la mente completamente vuota.
E l’unica cosa che seppe fare fu accarezzarle i capelli, resi umidi dalla neve.
-Ci congeleremo se stiamo qui ancora un po’. Meglio tornare al Cafè.- disse infine. “Brutto idiota! Ti sei giocato la tua occasione!”, nella sua testa scoppiò il caos.
L’unica cosa che poteva fare era darsi dell’imbecille da solo. E non aveva tutti i torti.
-Oh… sì… andiamo.- mormorò lei.
Credeva che stesse per dirle qualcosa d’importante. Ma quando quel qualcosa non era arrivato lei era rimasta delusa.
Tra i due, la più sconvolta era sicuramente Strawberry.
Tutte le sue certezze non sembravano più così solide, non dopo quella serata.
  
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