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Autore: Deirbhile    04/09/2012    2 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Capitolo sei: Immagini vorticanti

 

La metropolitana era molto affollata, decine di teste bionde e chiare si riversavano in quella lucida gabbia di metallo con in mano ventiquattrore o consunti zaini da scuola. Chiara fissava in trance quel via vai di anime frenetiche e ancora una volta le passò per la mente l'immagine di quel brutale livido sul braccio diafano di Roberta. Come se lo era procurato? Di certo non sbattendo sulla maniglia del bagno o cadendo dal letto. Quella forma violacea aveva contorni ben definiti, come se ci fossero tre piccoli ematomi vicini fra loro. Ma a lei che importava? Le rotaie sferragliarono ancora una volta e Chiara fu risvegliata da uno scossone.

 

- Chiara, siamo arrivati! E' da stamattina che sembri uno zombie- sibilò Carmen, bloccando repentinamente la portiera che stava per chiudersi e trascinandosi dietro la figura traballante dell'amica.

 

- Sono solo... stanca- farfugliò quella, stropicciandosi gli occhi. Non era riuscita più a riprendere sonno quella notte, nonostante il caldo delle coperte fosse rassicurante e accogliente. Di solito quando era a casa e non riusciva a

dormire, abbracciava il suo vecchio ranocchio di peluche, Freddie. Ma dopo che era stata presa in giro per averci dormito insieme a Firenze, Chiara aveva deciso che a quasi diciassette anni era inopportuno portarselo dietro.

 

- E' Della Corte che non ti fa dormire?- domandò allora l'altra, con un mormorio rabbioso.

 

- Lascia stare, ti prego… ora muoviti, sembra proprio che la Manzi abbia fretta di arrivare a Hofburg.- riprese seccamente la rossa, sistemandosi la sciarpa.

 

Le stanze della residenza invernale di Francesco Giuseppe e dell'imperatrice Sissi erano un invitante sollievo al freddo viennese, tanto che a tutta la classe sarebbe piaciuto restare lì a riposarsi. Chiara se ne stava seduta sulle

sedie alla fine del piccolo tour, bighellonando con Ivan e Andrea, un ragazzo alto e scuro della II°A.

 

- Ma insomma... L'avete visto quell'imperatore? I suoi baffi erano più lunghi di quelli del professore di matematica quando si scorda di comprare le lamette!- rise Andrea, dando una pacca sulla spalla all'amico.

 

- Già, per non parlare del fatto che dormisse separato dalla moglie... Insomma, se fossi stato al posto suo non mi sarei lasciato scappare neanche una notte con quella meraviglia di Sissi- sospirò sognante il ragazzo con gli occhiali. -

Tu che ne pensi, Chiara? Non hai fiatato oggi- continuò, indirizzato all'amica. Quella sussultò e mormorò qualcosa sul fatto che lei non se ne intendesse di ragazze.

 

Quando Andrea li lasciò soli, dicendo che voleva raggiungere la sua ragazza, Ivan si girò verso il viso di Chiara e le fece un sorriso sghembo.

 

- Tutto bene?- domandò cautamente, passandole un braccio intorno alle spalle. Quegli atteggiamenti così intimi erano tipici del loro rapporto, malgrado Chiara non sopportasse gli eccessivi contatti fisici. Non era un tipo distante lei, no. Era solo parecchio riservata su certe cose.

 

- Si-

 La risposta secca della ragazza non scoraggiò l’amico, che prese fiato e si preparò ad una sua sfuriata. La conosceva da abbastanza tempo per sapere che quando era nervosa prima o poi scoppiava.

 

-A me non sembra-  osservò  ridacchiando. Ma l’altra non si mosse dal suo braccio, né gli urlò contro cose poco carine come suo solito.

 

- No, infatti. – sussurrò, fissando un quadro settecentesco affisso alla parete di fronte.

  Ivan la fissò ancora per un momento, dubbioso.

 

-Che succede?-                                                                                                                                       

 

- Non lo so… Forse è solo lo stress del viaggio-

 

- Allora sii stressata più spesso, ti rende meno aggressiva- annuì concitato il ragazzo con gli occhiali. Chiara emise un sibilo e poi chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie.

 

- Torniamo dagli altri?- azzardò poi, ritraendosi debolmente dall’abbraccio dell’amico.

 

- Dipende da te, finché non mi dici la verità posso anche tenerti in ostaggio- Ivan assunse un’aria fintamente minacciosa e Chiara gli tirò una gomitata nelle costole, tutt’altro che finta.

 

- Allora preparati a passare la tua vecchiaia qui, la verità non la conosco nemmeno io- sospirò la ragazza.

 

- Cavoli, non ti ricordavo così forte- tossicchiò il ragazzo, per poi essere trascinato nella folla verso Sabrina, Carmen e le due professoresse.

 

 

                                                                                  -

 

Quel pomeriggio Vienna era stranamente grigia, le nuvole coprivano la poca luce scialba che arrivava dal sole. I turisti

camminavano come a rallentatore fra la neve che copriva il centro, mentre da qualche parte risuonava un pezzo di Mozart. La melodia era sottile, leggera e si insinuava fra i pensieri di Chiara con facilità impressionante. Per tutta la

giornata non aveva parlato granché, nonostante anche Sabrina e Flavio le avessero chiesto cosa c’era che non andava.

 

Ma davvero, Chiara, cosa c’è che non va?” si chiese lei stessa, sorpresa di come avesse cambiato repentinamente umore dopo la precedente chiacchierata con Roberta, mentre camminava verso l’albergo. Salì silenziosamente le scale, fino al terzo piano, trascinandosi dietro la sacca colorata che portava sempre con se. Aprì la porta con calma snervante, varcò la soglia e lanciò le chiavi sul letto. Roberta non c’era, se lo aspettava. L’aveva vista sull’autobus mentre chiacchierava con una delle oche, nemmeno lei aveva un bell’aspetto. Magari era giù nella hall a

strapazzare qualche poveretta con la sua comitiva. Si lanciò sotto la doccia e si decise a sorridere. In fondo proprio non capiva perché fosse stata a pensare tutta la mattina a quel livido. Era solo un livido e lei era solo Della Corte. Scese

all’ingresso dell’hotel e uscì nella neve, diretta ad un fast-food.

 

 

                                                                                  -

 

 

 Quando rientrò in camera, riuscì a godersi pochi minuti di solitudine. Il rientro della compagna di stanza fu annunciato da uno sbattere di porta e dei passi trascinati. Chiara guardò l’orologio, quella non sera era lei quella in ritardo. La ragazza entrò senza voltarsi verso il suo letto, muovendo i capelli in modo che non le ricadessero sul viso.

 

-Torri, sei qui?- domandò, quasi annoiata. La rossa sbuffò, schiarendosi la voce. L’altra si tolse la giacca pesante per rimanere in t-shirt, col livido ben visibile. Se lo coprì subito, appena si accorse che Chiara lo stava fissando.

 

- Perché mi stai fissando?-

 

- Non ti sto fissando- rispose Chiara in tono angelico, sorridendole strafottente.

 

- Qualunque cosa tu stia facendo, smettila subito. Vado a cambiarmi- disse secca la ragazza dai capelli neri. Poi sparì in bagno, lasciando la rossa interdetta. Quando tornò, anche Chiara si era infilata il suo pigiama e brandiva in mano un libro. Mentre quella leggeva, qualcosa in Roberta si mosse, facendole assumere un tono stranamente amichevole.

 

- Baudelaire?- domandò, quasi sognante. Si accosto di poco al letto di Chiara, quasi timorosa di avvicinarsi troppo.

 

- Già, l’ho trovato in una libreria d’antiquariato qui a Vienna… Guarda che non mangio mica- esclamò indignata, vedendola così riluttante a sedersi sul suo letto. Quella esitò per un istante, ma poi sembrò riprendersi e si sedette sul bordo più vicino dell’altro letto.

 

- Una volta l’ho letto, credo a tredici anni- mormorò assorta Roberta, marcando con enfasi le ultime parole.

 

Chiara restò in silenzio, a cercare di comprendere le parole di una poesia. Qualcosa le ronzava in testa, cominciò a ticchettare con l’indice sulla copertina.

 

-Come ti sei fatta quel livido sul braccio?-  proruppe, in un tono misto fra il casuale e il diffidente. La compagna si irrigidì tutto d’un tratto, scuotendo leggermente la coda di cavallo che si era fatta.

 

- Non hai sbattuto, vero?- Improvvisamente il tono di Chiara era diventato carezzevole, quasi confortante. La fugace ombra di terrore che percosse gli occhi chiari di Roberta le diede la conferma di aver fatto centro. – Chi è stato?-

 

- Non ti interessa, Torri. Lasciami in pace- ringhiò l’altra, voltandosi violentemente verso la finestra. Ancora una volta, Chiara si chiese perché le interessasse tanto quella storia. Avrebbe potuto tornarsene a leggere e lasciarla in pace sul serio, ma poi pensò a Vanessa. Chissà se lei ne sapeva qualcosa, chissà se l’aveva consolata.

 

- Non mi interessa, hai ragione. Volevo solo aiutarti, non so se è comune anche fra voialtri - si infervorò la

rossa, perforandole con lo sguardo la schiena.

 

- E’ stato Massimo- buttò fuori l’altra, toccandosi con una mano la frangia laterale. Massimo, il suo ragazzo. A Chiara venne in mente il suo viso spigoloso e i setosi capelli castani, era sicura fosse in classe con Andrea. Non era male come ragazzo, ma aveva la fama di il prepotente ed un atteggiamento vanitoso. E, in quel mondo dove le etichette erano tutto, importava.

 

- Perché l’ha fatto?-

 

- Basta con le domande, ti prego. Se avessi voluto essere attaccata l’avrei detto a Vanessa, ti pare?- ribattè debolmente quella. Poi si girò e Chiara fu sorpresa di non vedere lacrime sul suo viso, solo un’espressione

amara.

 

- Si, hai ragione, scusami. Meglio che io vada a dormire…- disse frettolosamente, abbassando lo sguardo. All’improvviso si sentiva strana, come se un virus le avesse appena infettato il cervello. Avrebbe voluto non essersi mai immischiata, ora voleva solo dormire senza che altre immagini le vorticassero per il cervello. 

 

  
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