La metropolitana era molto affollata,
decine di teste bionde e chiare si riversavano in quella lucida gabbia di
metallo con in mano ventiquattrore o consunti zaini da
scuola. Chiara fissava in trance quel via vai di anime
frenetiche e ancora una volta le passò per la mente l'immagine di quel brutale
livido sul braccio diafano di Roberta. Come se lo era procurato? Di certo non sbattendo sulla maniglia del bagno o cadendo dal letto.
Quella forma violacea aveva contorni ben definiti, come se ci fossero tre
piccoli ematomi vicini fra loro. Ma a lei che
importava? Le rotaie sferragliarono ancora una volta e Chiara fu risvegliata da
uno scossone.
- Chiara,
siamo arrivati! E' da stamattina che sembri uno zombie-
sibilò Carmen, bloccando repentinamente la portiera che stava per chiudersi e
trascinandosi dietro la figura traballante dell'amica.
- Sono solo... stanca- farfugliò quella, stropicciandosi gli
occhi. Non era riuscita più a riprendere sonno quella notte, nonostante il
caldo delle coperte fosse rassicurante e accogliente. Di solito quando era a
casa e non riusciva a
dormire, abbracciava il suo vecchio ranocchio
di peluche, Freddie. Ma dopo che era stata presa in giro per averci dormito
insieme a Firenze, Chiara aveva deciso che a quasi diciassette anni era
inopportuno portarselo dietro.
- E' Della Corte che non ti fa dormire?- domandò allora
l'altra, con un mormorio rabbioso.
- Lascia
stare, ti prego… ora muoviti, sembra proprio che la Manzi
abbia fretta di arrivare a Hofburg.- riprese
seccamente la rossa, sistemandosi la sciarpa.
Le stanze
della residenza invernale di Francesco Giuseppe e dell'imperatrice Sissi erano un invitante sollievo al freddo viennese, tanto
che a tutta la classe sarebbe piaciuto restare lì a
riposarsi. Chiara se ne stava seduta sulle
sedie alla fine del piccolo tour,
bighellonando con Ivan e Andrea, un ragazzo alto e scuro della II°A.
- Ma insomma... L'avete visto quell'imperatore?
I suoi baffi erano più lunghi di quelli del professore di matematica
quando si scorda di comprare le lamette!- rise Andrea, dando una pacca
sulla spalla all'amico.
- Già, per non
parlare del fatto che dormisse separato dalla moglie... Insomma, se fossi stato
al posto suo non mi sarei lasciato scappare neanche
una notte con quella meraviglia di Sissi- sospirò
sognante il ragazzo con gli occhiali. -
Tu che ne
pensi, Chiara? Non hai fiatato oggi- continuò,
indirizzato all'amica. Quella sussultò e mormorò qualcosa sul fatto che lei non
se ne intendesse di ragazze.
Quando Andrea
li lasciò soli, dicendo che voleva raggiungere la sua
ragazza, Ivan si girò verso il viso di Chiara e le fece un sorriso sghembo.
- Tutto bene?-
domandò cautamente, passandole un braccio intorno alle spalle. Quegli
atteggiamenti così intimi erano tipici del loro rapporto, malgrado Chiara non
sopportasse gli eccessivi contatti fisici. Non era un tipo
distante lei, no. Era solo parecchio riservata
su certe cose.
- Si-
La
risposta secca della ragazza non scoraggiò l’amico, che prese fiato e si
preparò ad una sua sfuriata. La conosceva da abbastanza tempo per sapere che quando era nervosa prima o poi scoppiava.
-A me non sembra- osservò ridacchiando. Ma
l’altra non si mosse dal suo braccio, né gli urlò contro cose poco carine come
suo solito.
- No, infatti.
– sussurrò, fissando un quadro settecentesco affisso alla parete di fronte.
Ivan la
fissò ancora per un momento, dubbioso.
-Che
succede?-
- Non lo so… Forse è solo lo stress del viaggio-
- Allora sii stressata più spesso, ti rende meno aggressiva- annuì
concitato il ragazzo con gli occhiali. Chiara emise un sibilo e poi chiuse gli
occhi, massaggiandosi le tempie.
- Torniamo
dagli altri?- azzardò poi, ritraendosi debolmente dall’abbraccio dell’amico.
- Dipende da
te, finché non mi dici la verità posso anche tenerti
in ostaggio- Ivan assunse un’aria fintamente minacciosa e Chiara gli tirò una
gomitata nelle costole, tutt’altro che finta.
- Allora
preparati a passare la tua vecchiaia qui, la verità non la conosco
nemmeno io- sospirò la ragazza.
- Cavoli, non
ti ricordavo così forte- tossicchiò il ragazzo, per
poi essere trascinato nella folla verso Sabrina, Carmen e le due professoresse.
-
Quel
pomeriggio Vienna era stranamente grigia, le nuvole coprivano la poca luce
scialba che arrivava dal sole. I turisti
camminavano come a rallentatore fra la neve che
copriva il centro, mentre da qualche parte risuonava un pezzo di Mozart. La melodia era sottile, leggera e si insinuava fra i pensieri di Chiara con facilità
impressionante. Per tutta la
giornata non aveva parlato granché, nonostante
anche Sabrina e Flavio le avessero chiesto cosa c’era che non andava.
“Ma davvero, Chiara, cosa c’è che non va?” si chiese lei
stessa, sorpresa di come avesse cambiato repentinamente umore dopo la
precedente chiacchierata con Roberta, mentre camminava
verso l’albergo. Salì silenziosamente le scale, fino al terzo piano,
trascinandosi dietro la sacca colorata che portava sempre con se. Aprì la porta
con calma snervante, varcò la soglia e lanciò le chiavi sul letto. Roberta non
c’era, se lo aspettava. L’aveva vista sull’autobus mentre
chiacchierava con una delle oche, nemmeno lei aveva un bell’aspetto.
Magari era giù nella hall a
strapazzare qualche poveretta con la sua
comitiva. Si lanciò sotto la doccia e si decise a sorridere. In fondo proprio
non capiva perché fosse stata a pensare tutta la mattina a quel livido. Era
solo un livido e lei era solo Della Corte. Scese
all’ingresso dell’hotel e uscì nella neve,
diretta ad un fast-food.
-
Quando rientrò in camera, riuscì a godersi pochi minuti di
solitudine. Il rientro della compagna di stanza fu annunciato da uno sbattere
di porta e dei passi trascinati. Chiara guardò l’orologio,
quella non sera era lei quella in ritardo. La ragazza entrò senza
voltarsi verso il suo letto, muovendo i capelli in modo che non le ricadessero
sul viso.
-Torri, sei
qui?- domandò, quasi annoiata. La rossa sbuffò, schiarendosi la voce. L’altra
si tolse la giacca pesante per rimanere in t-shirt, col livido ben visibile. Se lo coprì subito, appena si accorse che Chiara lo stava
fissando.
- Perché mi stai fissando?-
- Non ti sto fissando- rispose Chiara in tono angelico, sorridendole
strafottente.
- Qualunque
cosa tu stia facendo, smettila subito. Vado a cambiarmi- disse secca la ragazza dai capelli neri.
Poi sparì in bagno, lasciando la rossa interdetta. Quando
tornò, anche Chiara si era infilata il suo pigiama e brandiva in mano un libro.
Mentre quella leggeva, qualcosa in Roberta si mosse,
facendole assumere un tono stranamente amichevole.
- Baudelaire?- domandò, quasi sognante. Si accosto di poco al
letto di Chiara, quasi timorosa di avvicinarsi troppo.
- Già, l’ho
trovato in una libreria d’antiquariato qui a Vienna… Guarda che non mangio
mica- esclamò indignata, vedendola così riluttante a
sedersi sul suo letto. Quella esitò per un istante, ma poi sembrò riprendersi e
si sedette sul bordo più vicino dell’altro letto.
- Una volta l’ho letto, credo a tredici anni- mormorò assorta Roberta,
marcando con enfasi le ultime parole.
Chiara restò
in silenzio, a cercare di comprendere le parole di una poesia. Qualcosa le ronzava in testa, cominciò a ticchettare con l’indice sulla
copertina.
-Come ti sei fatta quel livido sul braccio?- proruppe, in un
tono misto fra il casuale e il diffidente. La compagna si irrigidì
tutto d’un tratto, scuotendo leggermente la coda di cavallo che si era fatta.
- Non hai
sbattuto, vero?- Improvvisamente il tono di Chiara era diventato carezzevole,
quasi confortante. La fugace ombra di terrore che percosse
gli occhi chiari di Roberta le diede la conferma di aver fatto centro. – Chi è stato?-
- Non ti interessa, Torri. Lasciami in pace-
ringhiò l’altra, voltandosi violentemente verso la finestra. Ancora una
volta, Chiara si chiese perché le interessasse tanto quella storia. Avrebbe potuto tornarsene a leggere e lasciarla in pace sul
serio, ma poi pensò a Vanessa. Chissà se lei ne sapeva qualcosa, chissà se
l’aveva consolata.
- Non mi interessa, hai ragione. Volevo solo aiutarti, non so se è
comune anche fra voialtri - si infervorò
la
rossa, perforandole con lo sguardo la
schiena.
- E’ stato Massimo- buttò fuori l’altra, toccandosi con una
mano la frangia laterale. Massimo, il suo ragazzo.
A Chiara venne in mente il suo viso spigoloso e i setosi
capelli castani, era sicura fosse in classe con Andrea. Non era male come
ragazzo, ma aveva la fama di il prepotente ed un
atteggiamento vanitoso. E, in quel mondo dove le etichette
erano tutto, importava.
- Perché l’ha fatto?-
- Basta con le
domande, ti prego. Se avessi voluto essere attaccata
l’avrei detto a Vanessa, ti pare?- ribattè debolmente
quella. Poi si girò e Chiara fu sorpresa di non vedere lacrime sul suo viso,
solo un’espressione
amara.
- Si, hai
ragione, scusami. Meglio che io vada a dormire…- disse
frettolosamente, abbassando lo sguardo. All’improvviso si sentiva strana, come
se un virus le avesse appena infettato il cervello. Avrebbe voluto non essersi mai immischiata, ora voleva solo
dormire senza che altre immagini le vorticassero per il cervello.