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Autore: lethebadtimesroll    04/09/2012    21 recensioni
Un problema non sottovalutabile giungeva con i bulli: spietati come animali sia con i ragazzi che con le ragazze, attratti dal cercare rogne solo per dimostrarsi all'altezza o per divertimento, erano l'incubo di tutti, soprattutto di noi. Bisognava sempre evitarli, sempre.
Ma se inspiegabilmente ci si ritrovava a volersi ritrovare sulla strada del ragazzo più forte e più temuto della scuola, se ci si ritrovava a osservarlo da lontano, a sognare continuamente i suoi occhi scuri, beh, allora era davvero un casino.
-
- M-Mi hai spaventata – balbettai, con il cuore che batteva a mille, sebbene il verbo al passato non fosse poi così azzeccato.
Alzò un angolo della bocca in un sorrisetto, continuando a fissare davanti a sé da sotto le lenti scure degli occhiali.
Restammo in silenzio per un po’, con il solo sottofondo del chiacchiericcio post-lezioni. Di tanto in tanto, qualche curioso ci osservava dalla parte opposta del corridoio.
Si decise a parlare solo quando il silenzio iniziava a pesare sul serio, passandosi una mano tra i capelli biondi – C più… Non mi sembra poi tanto grave. –
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Hockey.
Ma perché” era tutto ciò che riuscivo a chiedermi mentre mi dirigevo a passo svelto verso l’entrata del campo.
Era già buio e i lampioni nel piazzale erano tutti accesi. Nessuna persona passava in quel momento, in compenso dall’interno dello stadio illuminato proveniva un discreto baccano.
Mi strinsi nella giacca: certo a quell’ora avrei potuto essere a casa a studiare per la borsa di studio, oppure a prepararmi per recuperare quell’odiosa C +, oppure…
Il concetto era che qualsiasi cosa sarebbe stata più costruttiva di una funesta partita di hockey.
Insomma, quello sport mi spaventava.
Gli energumeni di due metri mi spaventavano.
La violenza mi spaventava…
Per cui essere circondata da bestioni armati di spalle imbottite, mazze e spregiudicatezza non mi faceva sentire esattamente a mio agio.
Mi chiesi cos’avevo in testa quando avevo accettato… Forse nient’altro che i suoi occhi profondi.
Ad alimentare il fatto che tra il mio pensiero fisso ed il nuovo acquisto della Westmount non corresse buon sangue, si aggiungevano ora le due squadre rivali nella competizione di quella sera: il Montreal – Junior – Hockey Club e i New Jersey Devils.
Per fortuna tra Justin in campo e Adam sugli spalti c’era una rete di sicurezza e un campo di ghiaccio, ma… Da qualche parte avrei pur dovuto schierarmi.
Pagai velocemente in biglietteria e cercai tra le gradinate i miei amici: individuarli fu facile, raggiungerli un po’ meno: era tutto gremito, e oltre alle facce che vedevo a scuola tutti i giorni c’erano anche molte altre persone.
Era una partita importante, Justin me l’aveva detto; in ogni caso non sapevo perché. Non mi intendevo di sport.
- Ehi – mi sedetti affianco ad Adam e una parecchio imbarazzata Rose, afferrando il caffè caldo che mi offriva. Approfittai del calore del bicchiere di carta per riscaldarmi le mani.
- Devils – esclamò Adam – Whoo! Finalmente oggi il New Jersey mostrerà a voi pallidi canadesi di cosa è capace! –
- Va avanti così da dieci minuti ormai – mormorò Rose.
Appoggiai le labbra alla cannuccia, fissandola con comprensione. – Poverina. –
Adam non ci ascoltò neppure. Era proteso in avanti e i suoi occhi brillavano.
- Meno male che è carino – sussurrò. Scrollò i capelli rossi all’indietro e si riprese subito. – Sai, ieri ho parlato con Mark. Gli ho detto di Bryan. –
- E com’è andata? – chiesi. Avevo subito smesso di bere perché al primo sorso mi ero già bruciata la lingua.
- È ancora molto scettico. – Scosse la testa. – In compenso sono quasi riuscita a fargli cambiare idea su di te. Ancora non lo capisce, però inizia ad accettarlo. –
- Accettare cosa? – chiesi stupidamente, fissando il campo con occhi vacui.
Era infastidita dal fatto che non gli prestassi attenzione. - Il tuo amore impossibile – rispose piccata.
- Scusa – replicai con un sorrisetto. – Ehi, ti ho detto della C che ho preso… -
Fui interrotta da urla e fischi di acclamazione, e qualche gradino sotto di noi i giocatori entrarono in campo.
- Per chi devo tenere? – chiesi a Rose, completamente incapace di distinguere le squadre.
- Dipende – sorrise maliziosa. – Se vuoi sostenere Adam oppure… -
- Rose. – staccai le labbra dal bicchiere. – Dimmi in che squadra è. –
- D’accordo, dev’essere uno di quelli con la giacca bianca e blu. Io terrò per Adam comunque – replicò.
“Ruffiana” mimai con le labbra, prima di dedicarmi al campo dove i giocatori stavano prendendo posto lungo le linee di gioco.
 
 
- Trattenuta! – urlò Adam. – Ehi, che razza di arbitro! Guardalinee! Quello era fuori gioco! –
Le urla di Adam mi risvegliarono dal torpore in cui ero caduta: il bicchiere del caffè era a terra – il suo intervento era stato abbastanza inutile -, il chiasso assordante e in campo era in corso una disputa.
- Che schifo! – esclamò Mr New Jersey – Proprio a due minuti dalla fine! Quel punto è nostro! –
- Che succede? – chiesi mezza addormentata a Rose. Adam era troppo preso per rispondermi.
- Il Montreal sta cercando di recuperare, ma noi stiamo vincendo. –
Fece l’occhiolino e mi trattenni a stento dal sottolineare che anche lei era canadese, nonostante stesse tifando per dei tizi muscolosi e abbronzati – che era un valido argomento, lo capivo pure io.
- Ti sei addormentata dopo cinque minuti dall’inizio – rise – e ti sei persa una gran partita. Il tuo adorato sta giocando benissimo, si muove con un’agilità incredibile – commentò, ammirata.
Mi lasciai scivolare contro lo schienale di plastica – non c’è praticamente niente che non sappia fare – constatai con un sospiro.
– Sei completamente cotta – asserì allegra, prima di tornare alla partita.
Neppure un minuto più tardi Adam era in piedi e saltellava infuriato sul posto al fischio che determinava la fine del terzo tempo. – Bell’arbitro! L’hanno pagato, lo dico io! -
- Mi dispiace Adam – farfugliai quando si voltò a guardarmi imbronciato.
- Fa niente. Tanto abbiamo vinto! –
Strabuzzai gli occhi. – Almeno non ti lamentare – borbottai, mentre mi facevo prendere in giro per la perdita.
- Lily – mi chiamò Rose, distraendomi da Adam e indicandomi un punto ai margini del campo. – Credo che ti stia chiamando. –
Nonostante non vedessi niente a causa della folla, riuscii lo stesso a farmi strada e scendere fino al bordo campo. Nella zona panchine erano seduti diversi ragazzi: uno mi fece segno di avvicinarmi.
- Ciao – dissi, sedendomi un po’ imbarazzata accanto a lui. Non sapevo neppure se potessi stare lì.
- Ciao – rispose, sfilando il casco e riordinandosi i capelli scompigliati. Ricordai a fatica di respirare: lo sentii posare il casco a terra e iniziare a slacciare i pattini. – Ti va… -
- Justin, sei stato grande! – Lindsay si piazzò davanti a noi con una bottiglietta d’acqua in mano – assolutamente fenomenale! –
Lui prese l’acqua e la liquidò con un – grazie – disinteressato. Dopo un istante di esitazione in cui mi fissò fredda, la ragazza se ne andò corrucciata.
La guardò allontanarsi, poi riprese – Torni a casa ora? –
- Eh… Sì – risposi, fissando lo sguardo sulla sua divisa. Morivo dalla voglia di guardarlo negli occhi ma, a parte qualche sbirciata fugace, non ne ero proprio in grado.
- Ti va se ti accompagno, quando finisco di cambiarmi? –
Deglutii. Ero un po’ spaventata dall’idea di restare sola con lui, ma la cosa mi attraeva due volte tanto. In teoria avrebbe dovuto farlo Rose, ma non credevo avesse niente in contrario.
- Sì – mormorai infine. Dopo un’occhiata inquisitoria, tornò ai suoi pattini. – Puoi aspettarmi qui fuori, allora. –
Nello stesso istante, un tipo lo chiamò e io ne approfittai per sgattaiolare fuori dal campo.
- Che voleva? – chiese Rose curiosa, una volta che ci ritrovammo fuori.
Ero tesissima. Presi a torturarmi le maniche nervosamente  – Ha chiesto se voglio tornare a casa con lui. Spero non ti dispiaccia… -
Aprì la bocca in un’espressione meravigliata. – Oh mio dio! Gli hai detto di sì vero? –
Annuii.
– Che bello! Beh, io… –
Adam, che era stato zitto fino a quel momento, si schiarì la voce. Mi ero quasi dimenticata che forse lui poteva non essere tanto d’accordo.
- Sai, non riesco a credere che dopo ciò che ti ha fatto sotto i miei stessi occhi tu possa provare certe cose per lui. – proferì pacato.
Non sapevo cosa rispondere. Rose era immobile, rossa dall’imbarazzo quanto i suoi capelli.
- Sono affari miei – dissi infine.
Lui incrociò le braccia. – Non permetterò che ti faccia male un’altra volta. –
Alzai gli occhi al cielo. Adam si era perso tutta la parte delle scuse, perciò quando replicai sbuffando che non mi avrebbe fatto niente si limitò ad una risata amara, che risuonò nell’oscurità di quella serata.
- Se fossi in te, annullerei subito e tornerei a casa senza nessuna complicazione. – Mi fissò con gli occhi azzurri dall’alto in basso.
Avrei accettato che tentasse di difendermi, ma così suonava davvero sbruffone.
– Grazie per il consiglio. Non credo che lo seguirò. –
Parve interdetto, ma si riprese presto. – Fa’ come ti pare. –
Detto ciò, se ne andò senza neppure salutare: i sensi di colpa mi avvolsero non appena scomparve alla vista, ma del resto erano solo problemi miei.
Avevo voglia di fare un po’ di testa mia, di prendere da sola le mie decisioni e sbagliare, se necessario. Ero stanca di fare ciò che dovevo solo perché era giusto.
- Fantastico… - commentò Rose ironica. – Vuoi che ti faccia compagnia o preferisci che vada? –
- No, ti prego, non andare – la pregai con voce lamentosa.
Nonostante a fine partita il parcheggio fosse abbastanza movimentato avevo paura ad aspettare da sola, perciò ci accomodammo su una panchina in un angolo, e sinceramente l’attesa fu piuttosto lunga: Justin si presentò soltanto una mezz’ora minuti più tardi, il borsone a tracolla e solo una maglia leggera addosso.
La sua faccia abbastanza inviperita la diceva lunga: quasi mi pentii di avere accettato.
- Ci vediamo domani – mormorò Rose, e si dileguò in un istante.
Ad un suo cenno della mano mi alzai e lo raggiunsi, restando a debita distanza: abbassai le maniche della felpa per coprirmi le dita intirizzite e automaticamente aumentai il passo per stargli dietro.
Costeggiammo una fila di auto parcheggiate; nonostante stessi combattendo contro l’istinto, lo sguardo scivolò dalle spalle lungo la schiena, fino a fermarsi sui glutei perfetti. Fu parecchio imbarazzante quando dovette chiedermi per ben due volte l’indirizzo: distolsi immediatamente lo sguardo, ma ormai un sorriso malizioso si era già dipinto sul suo viso.
Che deficiente, continuavo a ripetermi, sentendo le guance ribollire. Ero tanto presa dall’insultarmi mentalmente che mi accorsi a stento che si era fermato e aveva estratto una chiave dalla tasca.
Alzai lo sguardo su un alto fuoristrada dal profilo insolitamente aerodinamico. I fanali erano stretti e allungati verso l’esterno, la carrozzeria tanto scura da confondersi con il cielo buio.
- Questa è la tua macchina? – chiesi stralunata, senza riuscire a nascondere la sorpresa. Annuì e parve rilassarsi un po’ a quella domanda.
- Evoque – commentò, osservandomi compiaciuto mentre accarezzavo la sagoma tondeggiante della maniglia. – Un regalo per i diciotto anni. –
La macchina si aprì con uno scatto metallico.
Mi abbarbicai sul sedile del passeggero mentre lui gettava con poca grazia la sacca sui sedili posteriori e tornava a sedersi al posto di guida.
Gli interni erano beige, rilegati in pelle: la luce era calda e soffusa, i comandi talmente tanti che non riuscii a distinguerne la maggior parte.
Insomma, ero abituata all’auto di Rose: lì l’unica manopola era il volume dell’autoradio – rotta, anche.
Tutta un’altra storia.
Armeggiò qualche istante con i pulsanti, infine mise in moto. Prima che potessi spiccicare parola aveva già fatto manovra e stava uscendo dal piazzale.
Mi resi conto che non avevamo mai parlato realmente – o meglio, avevamo avuto conversazioni un po’ strane – e non disponevamo poi di tanti argomenti di cui discutere.
Confidai in ciò che avevo sperato dal primo momento in cui si era offerto di accompagnarmi, e cioè che avesse qualcosa da dirmi. Invece si limitò a chiedere, inaspettatamente – Ti dà fastidio se fumo? –
Scossi la testa in risposta.
Estrasse una sigaretta dal pacchetto e la infilò tra le labbra: con una mano tastò fino a trovare un accendino sul cruscotto, con l’altra continuò a reggere il volante.
Era teso, si vedeva: si tranquillizzò solo quando una prima voluta di fumo uscì dalla bocca.
Cercai velocemente di distogliere lo sguardo e mi abbandonai contro il sedile, sobbalzando quasi nello stesso istante a causa di una brusca frenata. L’auto inchiodò violentemente un metro prima del semaforo; ringraziai di essermi allacciata la cintura, altrimenti in quel momento sarei stata spiaccicata sul parabrezza.
- Scusa – disse, abbassando il finestrino – colpa della trazione integrale. –
Annuii, come se sapessi cosa diavolo fosse una trazione integrale. Mi ritrovai a fissarlo ammaliata mentre prendeva un lungo tiro e si allungava per soffiar fuori una boccata di fumo.
Rabbrividii, probabilmente a causa dell’aria fredda che era entrata.
Quando scattò il verde, il fuoristrada ripartì in quarta: tenni il tachimetro ben lontano dalla mia visuale – avevo come il sospetto che leggerlo non mi avrebbe aiutato a restare calma.
Fuori dalla macchina, i pochi lampioni della strada sfrecciavano a una velocità incredibile. Sebbene non fossi abituata a viaggiare tanto veloce mi scoprii estremamente a mio agio, avvolta dal calore tenue del riscaldamento e dall’odore penetrante del fumo.
L’auto svoltò nella strada di casa dopo neppure dieci minuti. Ero abbastanza sorpresa, dato che con Rose mi ci sarebbe voluto circa il doppio del tempo.
Quando parcheggiò lentamente davanti al cancello e spense il motore, il silenzio calò nell’abitacolo. Avrei voluto restare lì dentro per sempre, ma era evidente che dovevo andare. Mi sforzai di muovermi e quando ci riuscii mi allungai a cercare la maniglia.
- Grazie mille – dissi con un sorriso e feci per aprire la portiera, ma mi immobilizzai quando sentii la sua mano sfiorare la mia. – Aspetta – sussurrò.
Mi voltai, sorpresa, sebbene un po’ me lo aspettassi.
- Io… - fissò fuori dal finestrino, e la debole luce lunare accarezzò il profilo del suo viso. Tamburellò un po’ le dita sul volante, poi si fermò. – Volevo solo essere sicuro che mi avessi scusato… Per ciò che è successo. –
- È tutto okay, sul serio – replicai.
Seguì solo il rumore insistente della pioggia che aveva iniziato a cadere leggera sul parabrezza.
- D’accordo – sussurrò, ma il suo tono di voce suggeriva che non era finita lì. Aspettai pazientemente, e prese la mia attesa come un invito a continuare.
Abbassò lo sguardo.
- Un’altra cosa – era superfluo. – Prima che sia lui a dirtelo, io e il tuo amico abbiamo avuto un… diverbio – giocherellò distrattamente con il portachiavi d’argento.
- Adam? – chiesi. Annuì.
- Ero già agitato per via della partita e… - scosse la testa. – Mi innervosisco con poco. –
- Ma cos’è successo? – chiesi. Di nuovo il suo sguardo era puntato fuori, oltre la strada e le case buie.
- È preoccupato per te. Ha paura che io possa farti del male. – si morse le labbra.
Mi massaggiai le tempie, sospirando. Di certo Adam era una testa dura, ma non pensavo che fosse addirittura arrivato a parlarne con lui: non sapevo se fosse un bene o un male.
Non ci capivo niente in verità, quella conversazione aveva qualcosa di surreale.
– Ma si sbaglia – sussurrò dolcemente, e fu quando si voltò a guardarmi che la situazione prese una svolta imprevista. – Non voglio. –
Sentii un brivido lungo la schiena, e mi chiesi se avessi sentito giusto. Stava studiando ogni mia reazione, nel tentativo di capire cosa mi passasse per la testa senza bisogno di parole.
Dubitavo che ci sarebbe riuscito, perché neppure io lo sapevo.
Mi sentivo così molle e inconsistente che persino quando lo sentii avvicinarsi lentamente e protendersi verso di me non fui capace di muovermi.
Ebbi un fremito quando la sua mano calda si posò sul mio collo, prendendo ad accarezzarmi piano. Dovunque le sue dita sfiorassero, la pelle bruciava.
Il suo viso era sempre più vicino al mio, e il suo profumo tanto buono e caldo da stordirmi.
Stavo per andare in iperventilazione, ma lui continuava a fissarmi, calmo: rischiai quasi di impazzire quando la sua bocca morbida sfiorò la mia guancia. Irruppi in un sospiro tremolante, ricordando improvvisamente che stavo trattenendo il fiato.
Con un lentezza esasperante, lasciò che le labbra scivolassero verso le mie. Solo quando ormai si sfioravano chiese, la voce un po’ roca – Hai paura di me? –
Tacqui, incapace di qualsiasi movimento o risposta logica.
E mi resi conto che non lo sapevo.
La mia paura era quasi irrazionale, dettata dal bisogno di vederlo, di pensare a lui, di essere conscia della sua presenza. Se tutto ciò fosse venuto a mancare, allora avrei avuto paura.
E finalmente, con questi pensieri illogici in testa, annullai la distanza tra noi.
Le sue labbra erano bollenti, eppure soffici. Per un attimo tutto sembrò fermarsi, fossilizzarsi in quel momento eterno, ogni cosa al di fuori di lui si annullò.
Poi prese a muovere la bocca dolcemente sulla mia.
All’inizio era un movimento delicato, gentile, che si fece via via più sinuoso, facendomi salire i brividi lungo le braccia.
La sua mano strinse la presa dietro al collo e, quando si fermò dischiudendo le labbra, mi avvicinò ancora di più a sé.
Fu con estrema calma che la sua lingua si insinuò nella mia bocca, cercando la mia e prendendo ad accarezzarla lentamente.
D’impulso fui colta dal bisogno di toccarlo: allungai una mano sulla sua spalla, per poi salire fino al collo e lisciare i capelli rasati sul lato.
Avevo perso completamente la cognizione del tempo, perciò non seppi mai quanto tempo restammo a baciarci.
Ma di una cosa ero certa: da quel momento in poi, tutto sarebbe cambiato.















#nota
Hallooo wie gehts ihn?
Non chiedetemi cos'ho detto perchè non lo so.
Cioè, wow, non ho mai fatto tanta fatica a pubblicare un capitolo. È arrivato in ritardo non perchè io fossi disinteressata o cosa, ma semplicemente perchè ogni volta che mi ci mettevo su era un parto, e alla fine lasciavo sempre perdere.
Giuro, dovevo pubblicarlo giorni fa. È stato atroce.
Dunque, qualche parolina? In realtà ci tenevo a dire che io so benissimo cos'è una trazione integrale, alle medie ero tipo una fanatica delle macchine. Chiaramente la range rover evoque è un'auto stupenda che io adoro, quindi non potevo non metterla.
*biiip* comunicazione di servizio: ho riletto la storia dall'inizio ed ero tipo CAZZO, DAVVERO HO SCRITTO QUESTE COSEEE RICOVERATEMIII  PLEASE ma cose assurde! C'è cazzo se vedete degli obbbrobri (con 3 b, si) ditemelo, per favore.
Poi avrete sicuramente visto le tre foto HHHOOOT che justin ha pubblicato e mi hanno ispirato taaaante brutte cose, quindi è solo grazie a lui che ho messo questo bacio, perchè non ci doveva neppure essere. Poi ero tipo "ok, siamo al dodicesimo capitolo, sarebbe ora" lol
Dunqueeee, non so quando arriverà il prossimo capitolo, ve lo dico sinceramente. Perchè mi mancano ancora un sacco di compiti e tra poco inizia la scuola quindi. Cercherò di farvelo comunque avere il prima possibile.
Bacioni!

   
 
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