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Autore: Natalja_Aljona    04/09/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Trecentoquarantacinque

One of these days gonna thell her I dream of her every night

Uno di questi giorni le dirò che la sogno tutte le notti

 

Van egy Ország
Ahol álmomban jártam
Magyarország

C'è un Paese
In cui cammino nei miei sogni
L'Ungheria
(Magyarország, Ibolya Oláh)

[...]

Ricordo ch’ero ancora ragazzino

Ma come un uomo lavoravo già

(Vado a Lavorare, Gianni Morandi)

 

Budapest, 2 Giugno 1811

 

Va tutto bene, Kols.

È il 2 Giugno 1811, la tua Budapest è più luminosa che mai, fa relativamente caldo e tu sei sempre Kolnay Desztor, il ragazzo più bello del quartiere, ma lei quasi quasi ti batte, eh?

-Quella ragazza è un sogno, Mil!- sussurri al tuo migliore amico, quando passa Zsófike Szebenics.

Bionda, alta, occhi azzurri più del fondo di cielo bucato dei tuoi sogni impossibili, pelle di seta e neve, e stamattina ha un vestito bianco che ti stringe in gola un nodo da soffocare.

Zsófike è l'aria che ti ruba i respiri, Zsófike è la ragazza che sposerai, ma glielo dovrai dire, glielo dovrai chiedere, prima o poi.

Per oggi ti accontenti di vederla passare, e di allacciare sospiri d'infinita ammirazione ai fili d'oro dei suoi capelli lunghi fino all'inizio delle cosce, che guardi ondeggiare sulla stoffa del vestito finché non cominci a sospettare che stiano ondeggiando anche i tuoi neuroni, da tanto che ti senti stordito.

-Dio se è bella, la Szebenics...-

-Fino a qualche mese fa te ne fregavi di lei, Kols- ti ricorda Milan, e tu vorresti sferrargli un pugno sul naso.

Che razza d'idiota, sempre il solito.

Era il presente che importava.

 

Zsófike Szebenics camminava per mano a sua madre, Krisztine “Kriszti” Áts, e sorrideva distratta, sognante, con quell'aria dolce e ingenua da bambina innamorata che tanto la faceva adorare a Kolnay, e nemmeno sospettava di quanto quello scapestrato si struggesse d'amore per lei, d'un amore che ancora non la sfiorava, ma presto l'avrebbe travolta, sconvolta, ferita e quasi uccisa.

Le sarebbe bastato incrociare il suo sguardo, per sentirsi incendiare dai sentimenti e dall'ardore di quello zingaro dagli occhi neri più ammalianti della città.

Kolnay Desztor, il dio quasi onnipotente della periferia di Budapest e della steppa ungherese.

Kolnay Desztor, con quella selva di capelli nerissimi un po' mossi e gli occhi del medesimo color carbone, e Milan Hrabal, un biondino dagli occhi azzurri dall'aria un po' troppo sfrontata, erano due adorabili furfanti che in via Rákos , il primo al numero 4 e il secondo al numero 3, la facevano un po' da padroni.

Le ragazze consideravano Kolnay il più bello del quartiere -posto che qualche anno dopo sarebbe spettato a Jànos-, anche più di quel dio sceso in terra di Milan.

Kols aveva una teoria al riguardo: Mil si era limitato a scendere in terra, lui invece l'aveva  presa un po' più sul serio, e gli era stato riconosciuto.

Che poi, Milan e Kolnay erano belli al modo dei teppistelli di periferia, a tratti terribilmente affascinanti, a tratti di gran lunga troppo sfacciati e sregolati.

“Kolnay”, in realtà, era un cognome ungherese, non un nome, ma a Bohumil Desztor -che a sua volta aveva un nome ceco- piaceva così tanto da usarlo ugualmente per battezzare il suo primo e unico figlio, anche se la sua quasi moglie siberiana, Natal’ja Pavlovna Eleckaja, avrebbe voluto dargli un nome russo.

Milan Hrabal, invece, aveva un nome e un cognome cechi, perché suo padre, il venticinquenne Bořek Hrabal, un contrabbandiere come Bohumil, il padre di Kolnay, era boemo, di Plzeň, anche se per la precisione il suo cognome era moravo.

Il padre di Kolnay, Bohumil Desztor, aveva ventisei anni e non assomigliava neanche lontanamente ad un bravo ragazzo, ma del resto era nato in via Rákos, e la via Rákos era quello che era, con i suoi teppisti più che pregiudicati e almeno un crimine al giorno.

Era la via degli avanzi di galera e dei poveri da morire di fame, poco distante dall'incrocio tra via Mária e via Pal.

In una segheria di via Pal, Bohumil Desztor aveva il Magazzino del suo Emporio, l'Emporio Desztor di via Rákos.

Bohumil aveva una quantità imbarazzante di vezzeggiativi, rigorosamente cechi, inflittigli dalla madre morava, la trentanovenne di Břeclav (vicino a Brno, nella Moravia Meridionale) Eliška Záhrobská, la nonna di Kolnay: Bohouš, Bohoušek, Mila e Milek.

Certe volte sembrava che stesse chiamando quattro persone diverse.

Era esasperante.

Della situazione familiare della Szebenics, invece, si sapeva molto meno.

Zsófike aveva due sorelle, Katalin e Ildikó, e un fratello, Sándor.

Suo padre, Balázs Szebenics, era un minatore dei Carpazi, e sua madre, Krisztine Áts, una ballerina di strada che sognava il teatro.

Queste erano le informazioni che Kolnay era riuscito ad ottenere a fatica bussando a quasi tutte le porte della via Rákos, perché gli Szebenics parevano essere “gente perbene”, e questa non era una buona notizia.

Kolnay non aveva la minima di come si facesse ad essere “gente perbene”.

Quel giorno, poco dopo le nove del mattino, Milan aveva salutato sulla porta di casa sua madre, Anežka, e i suoi diabolici fratelli maggiori, František e Zdeneček, entrambi ladri professionisti, che appollaiati sulle sedie di legno della cucina, con i piedi sul tavolo, sghignazzando per chissà quale battuta cretina, stavano divorando un intero vassoio di frittelle di latte cagliato appena sfornate -Mil ne aveva arraffate una manciata uscendo e se le era nascoste nelle tasche dei pantaloni, per poi dividerle in seguito con il suo migliore amico- , ed era corso in strada da Kols.

Aveva in programma di fare la fatidica proposta alla Szebenics, quel matto.

-Così bella e così perbene? Dai, non è possibile- ripeté Kolnay, contrariato, per l’ennesima volta.

Stava praticamente gridando.

-Vive in via Rákos, per tutti i Danubi! Non può essere onesta-

-Pensa cosa dirà lei, quando scoprirà che avanzo di galera sei tu- sogghignò Milan, e Kols gli appioppò uno schiaffo sulla nuca.

-Non ha bisogno di scoprirlo. Lo sa. Lo sanno tutti. Grazie al cielo-

-Credimi, Kols, non sarai così fiero di essere un delinquente, quando lei ti guarderà con quei suoi occhioni innocenti...-

Kolnay scosse la testa, ma quell’eventualità lo turbava.

-Quindi... O io rinnegherò la mia delinquenza, o lei rinnegherà la sua innocenza?-

-Esattamente-

Il ragazzo parve prendere in considerazione entrambe le cose, ma la risposta l’aveva avuta sulle labbra fin dal primo istante.

-Lo farà lei-

Il pensiero di dover essere anche solo un po’ meno teppista di così per non spaventare la Szebenics lo terrorizzava.

Non c’era proprio un altro modo per farle passare la paura?

E poi, chi lo diceva che avrebbe avuto paura?

Come se fosse stato chissà quanto spaventoso, lui.

-Sarebbe un disastro in ogni caso, Mil. Lei ha paura di quelli come noi -sempre che ne abbia davvero, poi-, e io ho paura della gente perbene. Ma se le insegno a rubare prima del matrimonio, magari...-

-Magari ti manda a quel paese, Kols-

-Perché? Sembra così dolce, non credo che...-

-La Szebenics è dolce, sì, ma tu sei cretino. Per conquistare una ragazza le insegni a rubare?-

-Allora la rapisco, la porto nella segheria di via Pál e le punto il pugnale alla gola-

A quel punto non ci sarebbe stata proprio l’atmosfera adatta ad una proposta di matrimonio, ma lui gliel’avrebbe fatta lo stesso.

Le avrebbe sciolto i capelli con la mano libera, avrebbe giocherellato un po’ con una delle sue ciocche biondissime e forse avrebbe perfino trovato il coraggio e l’ardire di guardarla negli occhi, ma poi per l’emozione avrebbe distolto lo sguardo, travolto dal panico l’avrebbe alzato al soffitto, e si sarebbe messo a contare tutti i ragni della segheria.

Le avrebbe detto di stare attenta alle schegge di legno e nel dirlo avrebbe azzardato una carezza su una guancia -la destra o la sinistra? Avrebbe dovuto deciderlo prima-, ma poi, sconvolto dalla sua stessa audacia, avrebbe tolto la mano così velocemente da sbatterla su una delle tante -troppe- cataste di legna e si sarebbe riempito di schegge.

E allora il matrimonio -ancora immaginario, tra l’altro-  sarebbe saltato, accidenti a lui.

-Sì, sgozzala, già che ci sei-

-No! No, io voglio sposarla, non sgozzarla, Mil-

-Questo l’ho capito, eh...-

-Senti, io glielo devo chiedere. Non importa dovecome... Anche se il come effettivamente mi preoccupa, chissà se riuscirò a farle la proposta senza attentare alla sua vita-

Milan scosse la testa, con uno sguardo più che eloquente.

No, non ci sarebbe riuscito.

-Però glielo devo chiedere. Cioè, mi sembra giusto. Lei lo deve sapere, no?-

-Sarebbe utile che lo sapesse prima del matrimonio, che tu vuoi sposarla, già-

-Non fare lo scemo, Mil. Sarai il testimone, tu-

-Oh, no! Io non testimonio contro nessuno, specialmente contro di te, che sei il mio migliore amico! Io non tradisco!-

-Testimoniare all’altare, Mil, non in tribunale. Te l’ho detto che sei scemo, Hrabal-

-È la stessa cosa, Kols. Se dico che la rapina della settimana scorsa l’hai fatta tu ti arrestano, anche se lo dico in chiesa-

-Devi testimoniare che voglio sposare la Szebenics, idiota. Che la amo, cose così. Devi dire che è vero, che sono sincero, prendere atto che ci stiamo sposando e firmare da qualche parte, credo-

-Ma c’è proprio bisogno che le dica io, tutte queste cose? Le sanno già tutti, dai-

-Sì, forse occorrerebbe un testimone più intelligente, ma il mio migliore amico sei tu, non uno di quegl’intellettuali dell’Università che predicano cose assurde come che bisogna rispettare la legge, aiutare il prossimo, amare il proprio sovrano e guadagnare onestamente...-

-Non credo che tu andresti mai d’accordo con uno di quei tipi lì. Li riempiresti tutti di botte, e pestare a sangue il prossimo non è uno dei comandamenti-

-La Giustizia è proprio strana, e non credo che quella divina sia tanto diversa.

All'ultimo processo mi aspettavo che condannassero il Duca Nagy per non avermi consegnato spontaneamente i suoi duemiladuecento fiorini, poiché io non mangiavo da tre giorni, e invece l'hanno assolto e condannato me per averglieli sottratti a mano armata!

Che poi anche il Duca era armato, aveva addosso una quantità di gioielli impressionante, e a un dito un anello con una pietra che se mi colpiva in un occhio mi scavava una fossa che neanche un asteroide...

Ma in galera hanno sbattuto me, non lui!

Affamare un dodicenne di via Rákos è meno grave di privare un ricco di una minima parte della sua ricchezza?-

-Certo che no...- borbottò Mil, sdegnato.

-Per fortuna che la tua Szebenics non è la figlia di un giudice. Un minatore e una ballerina vanno piuttosto bene, come suoceri. Un giudice proprio no-

-E grazie al cielo non sono ricchi! I ricchi non ci si devono nemmeno avvicinare, alla via Rákos-

-Sai una cosa, Kols? Lei non è ricca e non è figlia di un giudice, quindi è perfetta. Forse è onesta- Milan rabbrividì, nel pronunciare quella parola -Ma è perfetta per te. Quindi io vado a dirglielo, quanto è perfetta, quanto siete perfetti.

E le dico anche che io sarò il testimone. Tu vai alla segheria di via Pál. Te la manderò lì-

-Ma...-

-Taci, Desztor. Te la manderò lì-

 

Milan corse come un pazzo per raggiungere Zsófike e Krisztine, e le due ragazze, nella manciata di secondi che occorse a Mil per riprendere fiato, non gli staccarono di dosso i loro occhi azzurrissimi e scintillanti di curiosità.

Krisztine Áts, la ballerina, era una ventiquattrenne alta e slanciata dai lunghissimi capelli biondi e ondulati intrecciati con un bel nastro di seta turchese, un vestito niveo come quello della figlia e ai piedi -piedini sottili e candidi come quelli di una ninfa delle sorgenti- un paio di ballerine del medesimo bianco luminoso, adornate da un fiocchetto di lucido raso celeste.

Milan si soffermò a lungo sulla sua splendida figura, guardandola con un’ammirazione difficilmente dissimulabile.

Zsófike era altrettanto abbagliante, e Mil cominciava a capire Kolnay.

-Jó napot!- “buongiorno”, esclamò allegramente, e in quel momento lo sguardo gli cadde -letteralmente- nella scollatura di Krisztine.

-Jó napot- replicò quest’ultima, prendendogli il mento tra due dita e alzandoglielo, delicata ma decisa.

-Guardarmi negli occhi sarebbe più carino, non credi, Milan Hrabal?-

-Immagino di sì...-

-Allora, cosa desideri, caruccio?-

-Dovrei conferire da solo con vostra figlia... Se vostra eccellenza permette...-

-Per fortuna che il vestito di Zsófi è più accollato- sospirò Kriszti, annuendo.

-Va bene, va bene, conferisci da solo con mia figlia, se ti fa piacere. Ma tieni a posto le mani, e anche gli occhi, Hrabal-

-Jó napot!- ripeté il ragazzino, incantato.

Kriszti gli scoccò uno sguardo scioccato.

-Jó napot anche a te, Milan...-

Milan la seguì con lo sguardo finché non si fu allontanata abbastanza da non vedere più la sua splendida chioma dorata ondeggiare sulla sua schiena dritta e dal portamento regale, dopodiché si rivolse alla figlia, che, guardandolo intensamente con i begli occhi cristallini, cercava d’indovinare i motivi della sua inaspettata richiesta.

-Ehi... Zsófike, giusto? Io sono Milan Hrabal della via Rákos, sto al numero 3. Tu abiti al 5, vero?-

La biondina annuì, e Milan procedette con la domanda più “impegnativa”.

-Lo vuoi sposare il mio amico?-

Zsófike sgranò gli occhioni azzurri.

-Come?-

-In chiesa, con i testimoni...- spiegò Mil, fiero di poter essere così preciso ed esauriente.

Aveva appena finito di parlare proprio di questo, con Kolnay...

La Szebenics, però, pareva ancora piuttosto confusa.=

-Quale tuo amico?-

-Kols, ovviamente! Kolnay, Kolnay Desztor. Il figlio di Bohumil e Natal'ja... Sta al numero 4 della via Rákos, lui. Kolnay Desztor, nato a Budapest il 25 Dicembre 1798, possibile che tu non ce l'abbia presente?

È il più bello di tutti, Kols. O almeno dicono così-

-Kolnay dell'Emporio Desztor? Quello che ha praticamente costretto mia madre a comprare venti saponette alla lavanda, qualche giorno fa?-

-Sì, ma devi capirlo, erano rimaste invendute...-

-Sono di Marsiglia. Forse è per questo che come saponette alla lavanda non funzionavano-

-Tu sei un'esperta di saponette, Zsófike Szebenics?-

-No, ma...-

-E allora lascialo decidere a Bohumil e Kolnay, come sono le saponette che vendono!-

-No, non hai capito, Milan! Lo decidono proprio loro, solo loro, come devono essere!

Sono tutte di Marsiglia, poi loro cambiano l'etichetta... Ed è mai possibile che vendano solo confezioni da venti? Venti saponette contraffatte a una quantità spropositata di fiorini!

Senza contare che non le sanno neppure scrivere, le etichette false.

Come sapresti spiegare il set di saponette al cinese mandarino che mia sorella ha portato a casa l'altroieri?-

-Ma no, dai, non prendertela con loro... Devi capire che i Desztor vendono solo saponette di contrabbando, sono più pregiate... Credo-

-Di contrabbando?! Santo Cielo!-

-Che c'è?-

-Ma sono dei disonesti!-

-Oh, non sai quanto...-

-Io quello non lo sposo!-

-Aspetta! Se lo sposi è probabile che cambierà le saponette a tua madre. Tutte e venti-

-Sarebbe un matrimonio d'interesse, quindi? Un ricatto!-

-Kols però non me l'aveva detto, ch'eri così melodrammatica-

-Mio fratello Sándor è in prigione. Ecco perché vivo in via Rákos- sospirò la biondina, rattristandosi.

Gli occhi turchini di Milan s'illuminarono.

-Cos'ha fatto di bello?-

-Di bello?-

-Sì, insomma... Cos'ha fatto?-

-Ha sparato al Principe Estherázy- mormorò Zsófike, abbassando lo sguardo.

-Sul serio? Grande!-

La Szebenics gli lanciò un'occhiata perplessa.

-E l'ha ucciso?- continuò Mil, presissimo.

-No!-

-Peccato...-

-Se l'avesse ucciso l'avrebbero impiccato! E forse lo impiccheranno comunque-

-Non può evadere, scusa?-

-E poi? Ammazzare anche qualche guardia, già che c'è?-

Milan le sorrise, annuendo.

-Hai capito al volo, Zsófike-

-Io lo sposerei anche, il tuo amico, se non vendesse saponette di contrabbando...-

-Ma non contrabbanda mica solo quelle, eh!-

-Ah, no?-

-Non sembri tanto contenta...-

Zsófike sorrise, incredula.

Le stava davvero simpatico, quel teppistello.

Non ne diceva una giusta, ma le stava simpatico.

-Sai, Milan... A quell'idiota arrogante del Principe Estherázy avrei voluto sparare anch'io- ammise, arrossendo.

-E all’inizio, appena ho saputo che Sándor gli aveva sparato, sono stata contenta-

Mil le fece l'occhiolino.

-Lo sapevo! Secondo me anche i suoi genitori, sua moglie e i suoi figli avrebbero voluto sparargli.

Vedrai che Kols riuscirà a portarti sulla retta via. Non devi mai dare confidenza alla gente perbene, Zsófike...

E per fortuna che ho scoperto che almeno una persona nella tua famiglia è pregiudicata, Kolnay era così preoccupato! Cosa direbbe la gente, se Kolnay Desztor sposasse una ragazza onesta? Sarebbe terribile!

Dovresti proprio ringraziare tuo fratello, Zsófike.

Sándor Szebenics... La prossima volta che sarò dentro chiederò di lui-

-Io oggi parto, Milan...-

-E dove vai?-

-A Debrecen, a studiare danza e letteratura russa-

-Ma le migliori scuole sono qui a Budapest! Perché devi andare così lontano?-

-Non è poi così lontano... È sempre in Ungheria!-

Sì, ma Debrecen era nell’Ungheria Settentrionale, a 50 verste dal confine con la Romania.

-Ma è lontano da Kols! Dovete sposarvi oggi, allora!-

-Oggi? Ma non lo so... È che mia madre è di Debrecen, e la scuola di danza l'hai fatta lì...-

-Danza e letteratura russa, hai detto? Ma la madre di Kolnay è russa! Probabilmente lui di russo non sa un accidente, perché la Eleckaja è tornata in Siberia, e lui è troppo ungherese, ma suo padre sì!

Oh, ti prego, studialo con loro, il russo! Ti giuro che non t'insegnano il russo di contrabbando...

Il russo siberiano va bene, no? La Eleckaja è di Krasnojarsk-

-Sì, ma... Io non posso restare qua-

-Verrà con te! Kolnay verrà con te! Vi sposerete a Debrecen, anche senza di me... Posso testimoniare per lettera, al vostro matrimonio? Perché davvero non posso venire, devo aiutare quegli storditi dei miei fratelli con la prossima rapina... Lo so che non sei d'accordo, quindi fai finta di non aver sentito. A proposito, bellissimi capelli!-

-A proposito?-

Le faceva piacere sentirselo dire, ovviamente, anche perché Zsófike era letteralmente fissata con i suoi capelli, con i suoi capelli e con i nastri azzurri, ma non le sembrava che quel complimento c’entrasse molto con la rapina che Milan Hrabal stava organizzando con i suoi fratelli František e Zdeneček. 

-Vai alla segheria di via Pál, ti prego, Kols ti aspetta lì! Io vado a procurargli il biglietto per l'omnibus. Ci vediamo!-

-Ma... Milan!-

-Alla segheria di via Pál, all'incrocio con via Mária! Corri!-

 

Kolnay aveva qualcosa che lo faceva apparire bello a chiunque lo guardasse.

Non era chiaro se la sua bellezza fosse nello sguardo, nel sorriso, nei lineamenti del viso o nel carattere, ma era qualcosa di vero e di autenticamente impossibile da ignorare.

Il suo aspetto ispirava e suggeriva a tratti un’anima dannata, a tratti una spontaneità disarmante.

Un fascino assolutamente zingaresco, tanto sfaccettato da perderci la testa.

Kolnay Desztor era bello per una quantità di motivi che solo la metà bastava a giurare ch’era a dir poco abbagliante.

Zsófike lo vide così, si fermò sulla soglia della segheria e lo vide, appollaiato su una catasta di legna, con la schiena contro il muro, le gambe incrociate e lo sguardo perso sul soffitto.

Lo seguì, e si accorse che stava osservando una serie di ragnatele disposte quasi artisticamente, e i rispettivi proprietari.

-Sono... Carini- commentò la biondina, indicando i ragni.

Kolnay sussultò, e poco ci mancò che cadesse dalla catasta.

-Ah... Sei... Qui-

Lei annuì, con un sorriso dolcissimo che al giovane Desztor fece tremare il cuore.

-Vuoi sederti accanto a me?-

-Lì sopra?- chiese Zsófi, scettica.

-Se vuoi scendo io-

Nell’esatto istante in cui Zsófike mise un piede in uno spazio tra un fascio di legna e un altro, Kolnay saltò giù e quasi le piombò addosso, facendola cadere all’indietro.

-Sarebbe stato meglio mettersi d’accordo prima...- sussurrò lei, mordendosi le labbra.

Kolnay le posò un veloce bacio su una guancia, dopodiché si alzò.

-Forse sì-

-Quindi tu vuoi sposarmi?- domandò lei, con un fil di voce, improvvisamente timida.

-Da morire... Cioè, prima di morire! Sì, lo voglio- asserì Kols, puntando i suoi luminosi occhi neri, seri e sinceri, in quelli chiarissimi, celesti, della biondina.

-E adesso sono tua moglie?- sorrise Zsófike, riferendosi alla sua ultima affermazione.

-Ma non c’erano i testimoni...-

Zsófi scrollò le spalle.

-Sarà un matrimonio segreto- sussurrò, emozionata.

Kolnay sorrise, arrossendo, più confuso che mai.

-Davvero li trovi carini?-

-Eh?-

-I ragni-

-Beh... Sì, sono simpatici-

-Anche tu sei carina. Cioè, sei bellissima. E simpatica. Come i ragni-

A Zsófike venne da ridere, davanti a quella dichiarazione non proprio romantica, e Kolnay sbarrò gli occhi, rendendosi conto dell’immensa cretinata appena detta.

-Oddio, non sembrava un complimento... Scusa-

-No-

-Non mi scusi?- chiese Kols, preoccupato.

-No, non devi scusarti. Sei stato... Carino-

Il ragazzino si accigliò.

-Come un ragno?-

-Anche di più-

-Ma dov’è finito Milan?- mormorò Kols, nervoso -Sembro lui, a dire ‘ste cose assurde-

-È andato a prenderti il biglietto per l’omnibus-

-Quale omnibus?-

-Quello per Debrecen. Io parto oggi, e lui dice che tu verrai con me-

-Lui... Milan?-

-Eh sì-

-Ma è un cretino!-

-L’ho sospettato, però... A me farebbe piacere, se tu venissi-

-Ma a me no! Cioè, adorerei stare con te, ma lasciare Budapest... Io non l’ho mai fatto, sai.

Perché Budapest è la città più bella del mondo, la città dei ponti, e io sto bene qui-

-Ma io devo studiare russo...-

-Te lo insegno io!-

-Allora lo sai?-

-Certo, mia madre è russa... Io non l’ho mai conosciuta, lei, ma il russo lo so. Me l’ha insegnato papà, che i Russi li odia, ma dice che hanno una bella lingua, con un bel suono, una bella pronuncia, e questo lo penso anch’io.

Li odiava anche prima di conoscere la mamma, ma dopo di più. È difficile, il russo, ma è anche bellissimo... E anche le russe sono difficili e bellissime, dice pa’. Davvero, te lo insegno io!-

-Ma a Debrecen devo anche studiare danza, come vuole la mamma... Lei non è russa, è ungherese, di Debrecen, appunto, ma è una ballerina-

-E tu cosa vuoi fare, da grande?-

-Voglio diventare russa- affermò Zsófi, con un gran sorriso.

-Io lo sono per metà-

-Allora diciamo che... Voglio diventare più russa di te. Anche se entrambi i miei genitori sono ungheresi.

Anch’io sono nata qui a Budapest, ed è bello, sì, ma penso che vivere in Siberia lo sarebbe di più-

-In Siberia... A Krasnojarsk?-

-Mi andrebbe bene qualsiasi città-

-A Krasnojarsk è nata mia madre. Potremmo andarci in viaggio di nozze...-

-Io e te?-

-Questa era una domanda da Milan, Zsófi- sorrise Kols, e dopo un po’ anche lei.

-Vieni a Debrecen, allora? Vieni con me?-

Kolnay ci pensò su.

-Per sposarci dobbiamo essere vicini, no?-

Lei annuì, con un batticuore sempre più forte.

-Allora sì-

 

 

 

 

Note

 

One of these days gonna thell her I dream of her every night - Uno di questi giorni le dirò che la sogno tutte le notti: Lieve modifica alla citazione di “When I Kissed The Teacher” degli Abba, l’ho trasposta dal maschile al femminile, riferita a Kolnay e Zsófike.
La segheria di via Pál, all'incrocio con via Mária, è una chiara citazione de "I ragazzi della via Pál", di Ferenc "Feri" Molnár, la segheria dello slovacco Jano è il loro quartier generale, e io ho immaginato che prima potesse essere il Magazzino dei Desztor ;)

 

Oggi è il mio quindicesimo compleanno, e non sono troppo psicologicamente preparata, però sono contenta ;)

In questi giorni fa un freddo fantastico, si vede che è arrivato un po’ di gelo dalla Siberia apposta per il mio compleanno ;)

Poi oggi mia mamma telefonerà per farmi fare un corso di russo, quindi sono proprio felice...

Non avrò Kolnay come insegnante, ma pazienza, a me basta che m’insegni il russo, sarebbe già meraviglioso questo ;)

Questo capitolo lo volevo scrivere da tanto tempo, e non sarà l’unico su Kolnay e Zsófike, c’è ancora tanto da dire su di loro!

Spero davvero che vi sia piaciuto!

Qui Kolnay ha dodici anni, ma è prossimo ai tredici, e Milan e Zsófike undici, prossimi ai dodici.

Cominciamo a vedere le somiglianze tra Kolnay e Feri -che è suo padre sputato- e soprattutto tra Zsófike e Natal’ja -la fissazione per i capelli, la passione per i nastri azzurri, per il russo e per la Siberia-, e conosciamo meglio Milan, che io adoro, ma mi sa che l’ho già detto ;)

I collage iniziali sono piuttosto significativi, soprattutto per i nomi sovrapposti, e spero che vi siano piaciuti!

 

A presto!

Marty

 

 

 

 

 

  
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