Aveva
sperato con ogni centimetro del suo corpo, ma quando il ghiaccio si era
fatto troppo scivoloso le ali di un angelo nero erano spuntate, e
rivoli di acqua nera le erano scivolati sulle labbra.
Si era aperta una voragine e le sue grida si erano disperse nell'aria,
inascoltate e vuote. Inutili?
(Come se qualcuno la stesse guardando senza fare niente da dietro un
vetro troppo lontano, poggiando la mano sulla superficie liscia e
lasciando le impronte delle sue mani).
Il ghiaccio sotto i suoi piedi aveva ceduto, e un profumo intenso di
sangue e di metallo era scoppiato nelle sue narici.
"Non lasciarmi andare!"
Ecco cosa significava cercare di scappare dalla realtà e
abbandonarsi ai sogni, sempre se quelli potevano essere giustamente
definiti così.
Poi il braccio del suo salvatore era più che
evidente e lei non fece altro che cercare di prendere la sua
mano.
La stessa consistenza di un fantasma e la bellezza stessa di un
cristallo, ecco com'era: troppo bello per pensare di poterla
salvare.
Com'era arrivato, così era sparito oltre una montagna di
visioni sbiadite sovrapposte tra loro, e le era parso per un secondo di
non riuscire a vedere più niente.
E tutto era più evidente.
Un incubo, era stato uno dei soliti incubi.
Gone
with the sin
I adore the despair in your eyes
I worship your lips once red as wine
I crave for your scent sending shivers down my
spine
I just love the way you're running out of life
(HIM, Gone with the sin)
Irrimediabilmente, lui aveva lasciato cadere
la bacchetta ai suoi piedi con una lentezza esasperante. Il
coprifuoco era vicino, e gli ultimi riverberi di sole stavano
tracciando delle placide ombre ai suoi piedi. Era la
fiamma di una candela che oscilla lentamente, cercando invano di non
spegnersi, proiettando immagini mostruose sul soffitto, sulle pareti e
sulla sua pelle pallida. Aspettare ancora non era un
buon motivo, e il buio era un ottimo pretesto per respirare la sua
stessa aria senza essere visto. Sapeva di quello che aveva sempre
desiderato, e per un momento, pensò di aver perso l'uso
delle gambe e dei piedi. Nastri di luce fioca si stavano lentamente
infiltrando nelle pieghe del suo mantello e tutto sembrava
più chiaro all'ombra della verità.
Tutto era più chiaro tra quelle pareti
fredde.
Il freddo era il caldo, la certezza era la delusione, la
felicità era la tristezza.
Nulla era più evidente e il chiarore della sua pelle ne era
la torbida conferma.
Forse la terra sotto i suoi piedi stava cedendo e il rumore della
bacchetta che tintinnava contro il pavimento non era altro che un suono
lontano, al riparo dal suo sguardo fermo e dal pezzo di legno ancora
impugnato con forza tra le dita.
Mani sottili e gocce di sudore che lo rendevano
così liscio e sfuggente da far trasparire la paura in ogni
parte del suo corpo.
Tremava di rabbia, di frustrazione, e Draco Malfoy non poté
evitare di chiedersi se fosse per Weasley e la Brown o
perché l'avesse scoperta sola, con i capelli
arruffati, le labbra quasi del color del vino e gli occhi arrossati e
gonfi. Tutto era perfetto: la sua divisa stropicciata, la borsa di
pelle che trascinava ogni giorno per i corridoi stracolma di tomi e
piume, le cinghie allentate e il cuore che martellava per l'ira e
qualcos'altro che lui non osava nemmeno accettare.
Era troppo difficile.
Amava il modo in cui stava cadendo e amava il modo in cui i bagliori
della debole luce del corridoio illuminavano la sua pelle
bianca.
Era troppo vestita.
Ammirava i polsi scoperti, dove la pelle vulnerabile
lasciava scoperta una vena azzurrina che pulsava velocemente, insieme
al petto che si gonfiava e si abbassava ritmicamente.
Poteva fuggire e non lo stava facendo, poteva
schiantarlo e non l'aveva fatto.
Era semplicemente in trappola: la realtà era troppo lontana
e per raggiungerla avrebbe dovuto superarlo. Come se poi, riuscire a
ritornare nel suo spazio di vita avrebbe potuto colmare quello che
aveva cercato di reprimere ogni volta e contro ogni suo
volontà.
La ripugnanza e l'indecenza.
Lei non riusciva a crederci, lui non riusciva a
capacitarsi. Era troppo per lui, e i suoi soli pensieri non erano in
grado di giungere a chi, senza ombra di dubbio, li avrebbe accolti
dimenticando tutto quello che c'era stato prima. Era così
gentile e affabile, che le capriole dei suoi sentimenti non erano nulla
in confronto alla sua bellezza d'animo.
Lui non meritava tutto ciò, ma nemmeno lei
era perfetta come sembrava.
Il meccanismo preciso dei suoi passi era come il gioco
dell'illusionista, come la scappatoia di chi vorrebbe solo affondare e
cadere in un sonno profondo, su lenzuola scarlatte macchiate dai propri
errori e fallimenti.
Lei era il suo peccato.
Perché solo pensare alle sue labbra e alla sua voce, non era
abbastanza per poter credere di aver sbagliato e di essere finalmente
caduto. Perché quel peccato avrebbe di nuovo scombussolato
tutta la sua vita, e quelle mani gentili e lisce lo avrebbero
lentamente portato sull'orlo del baratro.
I passi erano attutiti dal pavimento e il suo respiro, così
tranquillo e regolato, stava cercando di rendere tutto più
semplice e come l'aveva sempre immaginato nei suoi sogni, quando il
risveglio era ancora più estenuante del momento stesso e la
consapevolezza di essere tornato al suo vero scopo era
più che struggente.
Il pensiero di non averla per sé per sempre o
per quegli attimi infiniti in cui il lamento della sua anima o il
dolore per il suo braccio erano alleviati dalle sue carezze timide.
Gli occhi della Grifondoro erano persi nel nulla, e quella bacchetta
impugnata non era altro che il sentore della sconfitta e il passaporto
per l'inferno e il paradiso, o una semplice verticale in un cimitero
buio, provando a giocare con il fuoco e sussurrando riti
segreti. I loro.
Tra mille rose avvelenate e spine pungenti diramate
attorno a un cuore che batte e sanguina, le lancette dell'orologio a
pendolo si spostavano, e lei desiderava ardentemente di poterle portare
sempre indietro o di poter fermare il tempo una volta per
tutte.
Era come volteggiare silenziosamente ed essere
avvolti solo dal buio e da un po'
di luce solo per guardarsi negli occhi.
Per quanto si stesse sforzando di immaginarla tra le sue braccia, nulla
stava compromettendo quell'instante che ai suoi occhi pareva infinito.
Strano che lui riuscisse a percepire la sua presenza, e lei ignorasse
così facilmente tutto quello che accadeva nella terra sotto
i suoi piedi e nell'aria sulla sua testa.
Eppure lei era sempre brava a notare tutto.
Gli era quasi impossibile immaginare - o almeno trovare - la parte
migliore di se stesso, quella che non aveva
faticato a trovare nel momento in cui si era innamorato per la prima
volta.
Perché c'era da sempre, solo che a nasconderla c'era
qualcosa di più grande e struggente della vita stessa.
Ma lui avrebbe aspettato il tempo necessario, con o
senza di lei.
Anche disteso sulle spine e sulla fiamma che bruciava
lentamente.
Sleight of hand and twist of fate
On bed of nails she makes me wait
And I wait without you
With or without you
(U2, With or without you)
§
Il Principe della storia di Narcissa Malfoy stava lentamente morendo
sul marmo bianco di un castello, e la principessa - bella
come gemme incastonate nei suoi occhi e un sorriso
triste - giaceva in una stanza, da sola, e riposava
tranquilla in un letto a baldacchino.
Se il Principe si stava dissanguando, la Principessa avrebbe preferito
che le estraessero il cuore e che lo rinchiudessero in un'ampolla piena
di veleno, senza donarglielo più.
Se il Principe fosse morto, lei non avrebbe avuto
più bisogno di un cuore che batte.
Coperte bianche e morbide, profumi esotici, mele rosse e
avvelenate, leggende, libri, solo libri. Solo quando
la Principessa si fosse risvegliata dal suo sonno profondo, e i
rampicanti che formavano delle leggere trame sul suo letto fossero
appassiti, allora il Principe sisarebbe risvegliato esangue,
ritornato dal mondo dei morti, solo per poter condividere
una notte con un corpo di carne e di sangue, un
corpo vivo. Aveva aspettato anni per attraversare la linea
della vita, riposando in una bara piena di ricordi e fiori appassiti,
lasciando ammirare tutta la sua bellezza giovanile. Ma
poteva essere tanto appagante condividere la vita con un corpo freddo,
con l'illusione del sogno, con lo straziante rimorso della pelle calda,
che con la costante presenza di un umano?
Ed ecco che Narcissa gli spiegava cosa fossero i sogni e i rimorsi:
qualcosa di astratto e ingannevole, di invisibile e triste.
Come se poi i ricordi - a volte -
non sembrassero solo illusioni del passato e non fossero perennemente
presenti nella vita di una persona. E la Granger era il suo ricordo e
il suo rimorso, il suo peccato e
il corpo vivo con cui condividere la tristezza anche solo attraverso
uno sguardo.
Era fin troppo stufo di quella farsa e stufo di doversi
ricordare sempre di tutto.
- Lumos -
Il sussurro gli era risalito sulla spina dorsale e l'aveva fatto
tremare. Stranamente si sentiva accaldato e l'ansia di quel momento,
della scoperta, degli occhi e delle palpitazioni gli stavano facendo
perdere il controllo. Sapeva di muoversi in quel corridoio, ma non
riusciva a capire perché non riuscisse ad avvicinarsi a lei,
a toccarla... a baciarla.
Anche lei era scossa da un fremito, ed era tutto così reale
da chiedersi se fosse vero. Aveva pianto, e le sue labbra erano
più morbide, gli occhi più lucenti, il castano
delle iridi spento, il sorriso malinconico, la bocca socchiusa.
(Schegge che trafiggono un cuore che batte, ecco cosa provava.)
- Da quanto tempo mi segui, Malfoy ?-
Aveva mosso un altro passo e ora riusciva a fronteggiarla.
Spifferi freddi e voci sommesse, il coprifuoco, le
regole, i peccati.
- Potrei farti la stessa domanda, Granger -
Tanto che le sue labbra, il suo petto e le sue mani erano scosse,
dovette spingerla verso il muro per riuscire a baciarla, e prima che le
sue labbra riuscissero a posarsi sulle sue, si rese conto di aver preso
in mano la sua bacchetta. Non le avrebbe cancellato
la memoria - anche se quel pensiero non l'aveva minimamente sfiorato-
semplicemente, quello sarebbe stato il loro peccato e il loro segreto.
Perché non essere consapevoli di condividere
la pelle con la sua e di riuscirle a spostare i capelli
bagnati dalla nuca, accarezzandole il collo e sorridendole sulle
labbra? Perché doveva restare sempre alla luce del suo cuore
ma mai al buio delle sue labbra?
Voleva vederla ma non ci riusciva: ed era così
vicina.
Perché quello non era un peccato e lei, dannata pelle
candida e Insaziabile Saccente Grifondoro, non era altro che la purezza
macchiata da lui e i suoi errori, la perfezione di un attimo.
Così palese ed evidente, così patetico: allora
perché lei non poteva essere consapevole di ciò
che stava facendo e doveva essere lui - per forza -
a doverla macchiare? Troppo poco per rovinare un cuore che solo poco
tempo prima era secco e arido, come la sua anima, e in quel momento
batteva freneticamente. Poteva essere solo uno spiacevole ricordo sulla
pelle, ma lei era la sua seconda pelle, lei era sotto la sua
pelle.
Lei era il motivo per cui non era caduto al suolo con
quel Marchio.
Era il motivo per cui tra mille bacchette puntate e innumerevoli anime
dannate e vite corrotte lui continuava a brillare nel suo cielo e nei
suoi pensieri.
E forse quello Piton non l'avrebbe mai visto.
Era stato un sogno o solamente l'immagine di loro due
insieme? Poteva vedere chiaro come il cristallo che la loro inevitabile
fine era vicina, e non sarebbe stato un Oblivion a fargli dimenticare
tutto per davvero.
La verità allo specchio, la mano nella mano,
l'armadio buio, gli scheletri del presente, il crepuscolo: la luce
sembrava più lontana, e il confine sembrava non esistere
più.
In bilico su un filo teso, Hermione Granger preferiva crogiolarsi nella
sua reputazione: lo scudo dei pettegolezzi e la buona giustificazione
di una cattiva condotta.
Lei era la credibilità di un sogno.
§
Così fa il destino: potrebbe filar via
invisibile e invece brucia dietro di sé,
qua e là, alcuni istanti, fra i mille di una
vita.
Nella notte del ricordo, ardono quelli,
disegnando la via di fuga della sorte.
Fuochi solitari, buoni per darsi una ragione, una
qualsiasi.
(Alessandro Baricco)
Come era già accaduto, la pioggia autunnale
stava portando via tutto quello che incontrava e aveva allagato ogni
tentativo di benessere. Avrebbe voluto placare la sua ira affondando la
testa anche in pochi centimetri di acqua ghiacciata, ma quello le
ricordava troppo i cartoni Babbani e la sua infanzia. E poi le foglie
roteavano in rivoli di polvere e sparivano in gruppi oltre coltri fitte
di nebbia bianca e grigia; non era solo il ritorno del Signore Oscuro
che incuteva timore, ma era la stessa ambientazione a far ridere
Hermione Granger, sempre più convinta di trovarsi in un
teatrino dell'orrore.
Ben lungi dal condividere questo pensiero con Harry Potter, rise
bellamente a sua insaputa e abbozzando una traduzione di
Antiche Rune. Non era la prima volta che
teneva qualcosa per sé, e non sarebbe stata nemmeno
l'ultima, in quel Maledetto Autunno di sangue che non sembrava aver
fine.
Draco Malfoy aveva assunto una strana espressione concitata, e mentre
si dondolava sulla poltrona della Sala Comune dei Serpeverde, non
poté fare a meno di pensare che quell'anno era stato uno dei
più freddi a Hogwarts e che probabilmente
coincideva, in termini parecchio eufemistici,
alla solita fortuna che gli studenti avevano in quel periodo.
Il freddo pungente e una densa parete di nebbia grigia e bianca
avvolgevano il Castello e tutto faceva presagire alla neve, una neve
abbondante, che si era vista arrivare solamente nel periodo
Natalizio.
Draco Malfoy odiava il Natale.
Non c'era festività più odiosa che quella, in cui
tutti si promettevano pace e bene, sorrisi e strette di mano, parole
ipocrite e regali, la vera essenza di - quasi - ogni persona.
Nonostante avesse sempre avuto tutto ciò che chiedeva e
anche che non desiderava, il Natale restava freddo e distaccato dal suo
animo, che di esclusivo non aveva niente, semplicemente, lo respingeva
a priori.
Se non fosse stato per le comunicazioni azzerate e la posta
che - per la felicità di Ron
Weasley - non arrivava più da circa una
settimana, tutti avrebbero preferito che la sera non arrivasse mai.
Pigramente, Draco si chiese se avessero davvero paura di dormire o
sperassero che tutto quello potesse rallentare la loro incondizionata e
felice vita da studenti. Ci mancò poco che la
Burrobirra inclinata pericolosamente tra le sue mani cadesse con
un tonfo e dimostrasse a tutti che finalmente c'era un motivo
in più per scannare Draco Malfoy, e uno di questi era l'aver
quasi macchiato il vestito preferito di Blaise Zabini.
- La mela non cade mai troppo lontano dall'albero - aveva affermato
allarmato e al contempo divertito l'amico, spostandosi bruscamente dal
divanetto. Un ghigno divertito si aprì sul suo viso e gli
permise, anche se per pochi secondi, di accettare la
possibilità di dimenticare. Era stato bello - pensava
serio - accantonare in un angolo quello che lo
tormentava, e l'errore - così palesemente vivo -
aveva azzerato tutto quello che lo aveva reso felice anche per poco.
Quando decise di rispondere nel modo più intelligente
pensò che se - per caso -
avesse avuto un figlio, sarebbe diventato pazzo con il passare
degli anni, proprio come lo stava diventando lui.
Lei era questo?
Era una bugia vuota di scuse e piena di bellissimi istanti? Mentirsi
sarebbe stato come cedere lentamente al destino e accettare con
riluttanza quello che li circondava.
Quanti sbagli azzerati da lei in pochi minuti?
Ma quanti errori irreparabili e, tanto per ironia, incancellabili dalla
pelle? Uno solo.
- Illuminante come sempre - rispose puntellando entrambi i gomiti sulla
poltrona e roteando gli occhi all'insù. Scocciato,
annoiato, preoccupato.
- E' tutto quello che sai dirmi? - la risatina bassa di Blaise fu
così carica di ilarità che Draco non
riuscì a nascondere un sorriso - seppur
debole - sulle labbra.
- Voglio dire, so quanto possa essere affascinante la tua tattica per
spillarmi una sigaretta, e per inciso, sappi che preferirei che mi
tagliassero la testa piuttosto che regalartene un' altra, ma di grazia,
hai deciso? - continuava invadente, e allo stesso tempo
premuroso il ragazzo.
Era risuonata fin troppo bene la domanda, e per la prima
volta, non poté far finta di non aver sentito.
Trasparente come il cristallo e tagliente come la lama
della spada affilata dal cavaliere prima di una battaglia. La tattica
dello stratega preparata a tavolino e l'esperienza del generale sul
campo, in guerra. Blaise era più di un amico. Erano
cresciuti insieme, ed era inevitabile che lui non si preoccupasse come
solo lui avrebbe potuto fare: con l'eleganza dell'entrare lentamente in
punta di piedi nella sua mente, giocando con le parole e sfoderando il
suo immancabile sarcasmo.
Blaise era così pacato, così sicuro, ma era un
simulatore nato, e gli unici suo rammarichi sarebbero stati perdere il
suo capo più prezioso - ne aveva molti -
e innamorarsi di una ragazza che probabilmente gli avrebbe fatto
perdere il senno.
Gli avrebbero rovinato la vita, diceva continuamente
tagliuzzando la sua fetta di bacon affumicato e sorseggiando Succo di
Zucca. Quello era uno dei motivi per cui tutte le ragazze credevano di
morire ogni volta che lui inscenava un'entrata teatrale e ammiccava
loro con un'occhiata sentimentale.
- A mostrare l'altra faccia della moneta? O mi stai chiedendo se
prenderò il posto del mio caro padre che ora sta riposando
in una cella fredda di Azkaban? Beh,
- sussurrò maestosamente Draco - credo che ormai
sia troppo tardi, non credi? -
- Touché: tale padre, tale
figlio -
Blaise Zabini stava aggiustando la cravatta della sua divisa e ammirava
con devozione il riflesso dei suo occhi attraverso un piatto d'argento
e un cucchiaino volto sull'altro verso.
Cedevole come stoffa incrinata, Draco Malfoy era
fragile, e per carità, era lungi dall'essere uguale al
padre, dal quale aveva preso gli stessi tratti e le stesse movenze e
anche lo stesso secondo nome e cognome, ma meglio il secondo, ammetteva
Pansy Parkinson.
- Sei... irrecuperabile - aveva sussurrato contrariato Draco,
ammiccando con interesse l'amico e la sua ostentata e
ben riuscita sicurezza anche quando gli tremavano le
mani.
- In questo momento - e si era girato, guardandolo spaesato - lo sei
più tu che io. E ti prego, quell'aria spensierata non ti si
addice. Guarda, ti offrirei una sigaretta alla menta, ma non posso,
altrimenti mi stropiccerei il vestito per prenderla. -
- Se poco fa hai ammesso di preferire la ghigliottina! - aveva
affermato Draco alzandosi dal divanetto, poggiando la bottiglia di
Burrobirra sulla mensola del camino.
- E' per una buona causa ed io combatto per le buone cause -
- Fammi pensare - aveva annunciato Draco Malfoy, puntellandosi il mento
e guardandolo attentamente - come quella di preservare un tessuto di
prima qualità per gli smoking gessati, o intendi quando ti
sei offerto di dare lezioni di balletto alle studentesse Grifondoro,
che ti hanno allegramente spedito dalla McGranitt ? -
- In entrambi i casi non ho avuto fortuna, e comunque, sei bravo a
cambiare argomento quando sai perfettamente di cosa sto parlando. Mi
hai voluto tenere all’oscuro di
tutto...quando sai che avrei potuto aiutarti in qualche modo
- Pungente, la verità, ma contemporaneamente
così illogica con la realtà e i fatti, da
risultare assurda a chi aveva sempre cercato di non sentirla.
- Vediamo: e in che modo? Nessuno può
aiutarmi, Blaise! -
Il suo sguardo si era finalmente posato sugli occhi di Blaise, che
cercavano una risposta adatta, o perlomeno veramente sincera, alle
parole dell'amico. Sapeva com'era fatto, e non c'era nulla di
più triste nel capire che, non solo era dimagrito e il suo
corpo reagiva al dolore che il Marchio gli procurava la notte, ma gli
occhi incavati e le borse sotto gli occhi, non erano altro che il
frutto d’incubi e di paure. E lui non
lasciava che lo aiutasse e che si avvicinasse a lui, e non condivideva
nemmeno che ci fosse un'altra ad aiutarlo, mentre lui lo conosceva da
sempre. Doveva accettarlo, ormai, che vederlo parlare la notte e
offrirgli aiuto e calmarlo con le sue parole non era più
efficace, e anche per lui, nascondersi dietro a quella perfetta
maschera e cercarne sempre un'altra per ogni occasione non era altro
che un peccato di vanità.
Chiedergli una nuova maschera non era più abbastanza per
sopportare quel peso.
- Semplicemente, puoi ancora tirarti indietro - strava affermando con
fierezza - riusciremo in qualche modo a sviare la situazione e a far
cambiare idea ai tuoi familiari -
- Credo che ora sia troppo tardi -
- Puoi sempre chiedere aiuto, Draco - sussurrò Blaise in
modo impercettibile.
- A chi? - Draco roteava incessantemente gli occhi verso il soffitto, e
quella parola gli scaldò per poco tempo la gola e le guance,
al solo pensiero che c'era - forse -
qualcuno disposto a prendersi cura di lui.
- A Silente -
- Non scherzare. Mia madre darebbe di matto e mio padre preferirebbe
uccidermi, piuttosto -
- Siamo così giovani... non hai nemmeno
diciassette anni. Non preferisci una Burrobirra e
una sbronza piuttosto che uscire ogni notte per fare chissà
cosa ? -
- Tu non capisci, voi tutti non capite: lui mi ha
scelto -
- Scelto? - annunciò sprezzante Blaise - Non far finta di
non aver paura e di desiderare ardentemente tutto questo,
perché - un giorno -
potrebbe portarti a salire davvero sul tronco di quell'albero di mele,
e non ci sarò certo io al tuo fianco per vederti morire
-
- Il tuo umorismo non è ben accetto ora come ora -
proferì Draco irritato - e tanto per dare aria alla mia
bocca, io non lo desidero affatto e non l'ho mai desiderato, ma ormai
è tutto compiuto e totalmente irrecuperabile, e non che mi
dispiaccia...ci sono abituato -
- Non tutto - annunciò con disinvoltura Blaise e con un tono
pastoso e dolce come lo zucchero -non tutto. Che
mi dici di lei? -
- Irritante. Blaise Zabini, sei irritante, impiccione e un nullafacente
-
- Come hai potuto non dirmelo? Pensavi che forse non me ne sarei
accorto? Al solo rumore dei suoi passi e al suono
della sua voce iniziano a tremarti le mani, e, se sei in compagnia, i
tuoi occhi sono attraversati da uno strano lampo... vediamo...- fece
finta di pensare, muovendo le labbra in un sorriso sensuale che colse
Pansy Parkinson, allegramente a civettare nell'altro lato della Sala -
Attrazione? Desiderio? Forse amore? - disse
lanciandogli uno sguardo sentimentale.
- Mi ha sempre attratto la tua capacità di cambiare
argomento da una Burrobirra all'altra, ma credimi, sei l'unico con cui
non potrei parlare di amore, perché preferirei abbracciare
Tiger piuttosto che vederti crogiolare nei tuo falsi consigli moralisti
e i tuoi tentativi di farmi credere che non t’innamorerai
mai: è impossibile. -
- Draco Malfoy, sei un ipocrita e un grazioso mentitore dei miei
stivali - accennò Blaise Zabini con un sorriso affettuoso,
versandosi un bicchiere di Succo di Zucca e
bloccandosi, all'improvviso pensieroso.
- Tu la ami, non è così? -
La freccia scoccata dall'arciere che colpisce in pieno
il petto del nemico.
Draco aveva cercato di farfugliare una risposta e di
comporre un discorso incastrando i suoi pezzi, ma non poté
che arrendersi all'evidenza della sua affermazione. L'unica cosa che
seppe fare fu guardare i suoi piedi e raccogliere i pezzi della loro
promessa infranta, del loro giuramento.
Erano piccoli, ma chi, se non loro, avrebbe
potuto ricordarla per tutti quegli anni? Chi, se non
Blaise, avrebbe potuto prenderla così sul serio da
conoscerlo così bene e sapere, con ogni parte del suo
corpo, che Draco Malfoy l'avrebbe infranta, mentre lui sarebbe
stato a guardarlo, impassibile e impotente? La verità era
che lui la amava, e che, nonostante tutto, non era un bel momento,
perché, a volte, l'amore non basta quando la vita si fa
dura.
Chi era lui da non permettergli di amarla? Chi era lui
davvero?
Stava farfugliando e non andava bene. Aveva alzato lo sguardo
lentamente, e aveva scorto Draco a guardarlo con interesse, forse con
troppo interesse. La volgarità con cui stava per rispondere
fu irrimediabilmente sostituita da un'espressione più
eufemistica, prontamente afferrata dall'ultimo neurone del suo cervello
ancora attivo.
- Questo è un bel problema - annunciò
sottolineando la b con tanta
enfasi che Draco Malfoy lo trucidò con lo sguardo.
§
Quando il Principe si era finalmente risvegliato dal suo
sonno perpetuo - esangue, pallido, ma di una bellezza straziante,
più affascinante di come lo fosse in vita, con mani regali e
bianche, degli occhi così verdi da poter essere paragonati a
gemme preziose - aveva scalato la montagna, la collina, la parete di
roccia che lo separava dalla Principessa e
dal suo amore. Quando il richiamo della vita passata si era fatto
incessante e invadente, aveva raggiunto la Sala della Principessa,
trovando solo una montagna di libri e fiori completamente appassiti su
un letto di sangue, rosso e fresco, come fossero passati solo
pochi minuti. A nulla erano valse le sue grida, che si erano
già mischiate alle lacrime versate dalla Principessa tempo
prima; e quel sangue, così vivo e mostruosamente color
porpora, sarebbe rimasto sempre su quel letto per punire la
Principessa. L'illusione e la speranza di aspettarlo, sfidando la morte
dei secoli e le convenzioni del tempo, i suoi famigliari, i suoi amici,
il suo amore. Gli aveva promesso che l'avrebbe amato fino alla fine dei
tempi, ma lui era intrappolato sulla terra, e lei non era altro che
l'umana che aveva lasciato andare e per cui si era risvegliato
cent'anni dopo, quando già la maledizione era insita nelle
vene in cui non scorreva più sangue.
Il cuore che non batteva più.
Il cuore di lei in un'ampolla trasparente.
Nati per non incontrarsi mai.
Nati per morire.
Eppure lui era morto due volte, e per due volte il cuore aveva cessato
di battere, ma lui continuava a sentirlo nella sua testa, proprio come
la voce della Principessa.
Lost but now I am found
I can see but once I was blind
I was so confused as a little child
Tried to take what I could get
Scared that I couldn’t find
All the answers, honey.
(Born
to die, Lana del Rey)
Dopo un anno, per una volta, i consigli di Blaise si erano rivelati
utili. Nonostante Draco Malfoy avesse concluso troppo e poco negli
ultimi mesi del sesto anno, non avrebbe potuto mai abbandonare quello
che aveva lasciato a Hogwarts.
Uno squarcio nel cielo.
Traditore per una parte degli alunni, eroe indomito per
i Serpeverde: era come se Malfoy avesse volontariamente aperto le porte
di Hogwarts per distruggere tutti i veri affetti che possedeva,
benché avesse un'alternativa, che aveva deciso di rifiutare
quasi con riluttanza: un aiuto.
Silente era morto ed era tutta colpa sua.
Era come il ritmo di una canzone che cresceva nelle sue viscere, come
l'ansia che gli attanagliava lo stomaco, come un pugno nell'occhio: era
lui il vero responsabile. O non era così?
C'era qualcosa di spiacevole nel non riuscire ad accettare quello che
provava, e, come sempre, non avrebbe fatto la cosa giusta.
Ma c'era qualcosa di spiacevole anche nel vergognarsi
della propria famiglia e di ripugnarne quasi tutti i
componenti.
Lucius Malfoy, che aveva mandato il figlio al macello,
l'aveva fatto macchiare, aveva pagato la moneta del Lord Oscuro quasi
con la morte del suo unico figlio e aveva fatto finta di
niente.
Un codardo.
Narcissa Malfoy, stranamente tagliata fuori, stranamente mamma. L'unica
su cui, forse, avrebbe potuto contare, perché ne era sicuro:
dopo la Battaglia Finale - perché sottolineare
l'ovvietà diventava inutile - il padre sarebbe scappato
prima del Signore Oscuro.
La realtà era a casa sua, davanti ad un fardello
più grande di lui e una responsabilità alla sua
portata.
La cosa giusta, come ripeteva Bellatrix Black con voce acuta e
stridula, era quella di Crucciare la Mezzosangue.
Aveva cacciato il pugnale e aveva ammesso - ammiccando
alla vista di Draco con un sorriso perfido - di
volerlo macchiare con il suo sangue sporco.
Avrebbe voluto portarla via da lì.
Quando Potter, Weasley e la Granger avevano varcato la soglia
di quella Sala, lui aveva pregato di svanire nel nulla e di non dover
sopportare uno spettacolo simile: lui non ce l'avrebbe fatta da solo.
Mai.
Quella non era la cosa giusta, ma lui, per una volta,
avrebbe voluto fare la cosa giusta, e non quella che dettava l'animo
perverso della zia.
Non cercava riscatto, quello non era riscatto, non era vendetta: voleva
essere migliore.
E con lei si sentiva migliore.
Draco aveva pregato che i suoi piedi, le sue gambe, non lo
abbandonassero proprio in quel momento, nello stesso modo in cui stava
accadendo la prima notte in cui si erano incontrati. Le urla della
Granger gli stavano lacerando le ossa e stavano riducendo il suo cuore
in mille brandelli di carne. Sembrava che lo guardasse come non lo
aveva mai guardato, e le lacrime che silenziose le accarezzarono il
viso, lo fecero vergognare a tal punto che la terra sotto i suoi piedi
- che aveva amato e amava - lo stava respingendo.
Non era degno di vederla cedere, di vederla morire. Lui
doveva fare qualcosa, subito.
Tastò frugò nella tasca della
giacca, ma non vi trovò la bacchetta.
Allora, contro ogni convenzione, sfilò la bacchetta dalla
mano della madre che si girò brusca, più sorpresa
che contrariata. Lei cercò di spingerlo, di strattonarlo
silenziosamente, ma lui la spinse bruscamente di lato.
Lucius Malfoy era assorto in tutt'altro e non si rese minimamente conto
di quello che il figlio stava eroicamente facendo. Probabilmente, se
l'avesse visto, non avrebbe esitato a schiantarlo.
- Stupeficium ! - La zia
volò per qualche metro e atterrò con un tonfo su
un mobile di legno.
Corse con il cuore in gola e atterrò sulla Granger,
prendendola in braccio e smaterializzandosi immediatamente.
Si erano materializzati in un paesaggio familiare, innevato,
pieno di alberi e fiumiciattoli ghiacciati, c'era odore di erba fresca,
di muschio e di funghi.
Il rumore dell'acqua che scorreva e le foglie che svolazzavano a pochi
centimetri dal suolo gli fecero riprendere la cognizione del
tempo.
Sdraiata su un letto di foglie, ed era lì
tutta per lui.
Lui era lì per aiutarla.
- Non lasciarmi mai andare - aveva
sussurrato al suo orecchio, accarezzandole i capelli e baciandole la
fronte, come desiderava da un anno a quella parte.
E prima che si abbandonasse agli incantesimi di protezione, Hermione
Granger aveva capito che finché fossero stati insieme, c'era
ancora un po' di speranza e un fuoco che ancora bruciava per
loro.
Che quella non era né la fine di tutto né
l'inizio di una nuova vita, lo aveva compreso dallo squarcio nero che
si era lentamente aperto nel cielo nuvoloso.
Poi la pioggia aveva solo iniziato a scendere sul suo viso
già bagnato dalle lacrime.
I can't eat, can't sleep
Still I hunger for you when you look at me
That face, those eyes
All the sinful pleasures deep inside
(Elton John, Original Sin)
Fine
§
|
Ora
il mondo è perfetto (ossia, come miracolosamente ho
pubblicato postuma):
Quando
ho iniziato questa One Shot, non sapevo se l'avrei finita, e non sapevo
nemmeno come mi fosse venuta l'ispirazione - appunto - per
scriverla. Ho abusato del corsivo, ne sono consapevole: ma io adoro il
corsivo e il suo effetto.
Probabilmente,
la storia vi sarà risultata noiosa e credete che le note
d'autore siano più divertenti: non avete poi così
tanto torto. A volte mi chiedo perché le mie storie, mano a
mano, stiano acquisendo risvolti drammatici e tristi e da pazzi. In
ogni caso, se ci fosse scappato il morto, non l'avrei pubblicata per
amor proprio. Non è tanto una questione personale,
semplicemente avrei pianto anch'io, e nella situazione in cui mi trovo,
sarebbe la ciliegina sulla torta.
E
ora i ringraziamenti, perché non mi va di inserirli alla
fine:
Grazie
a Meissa, che ha gentilmente accettato di leggere la One Shot
in anteprima e di sopportare i miei tentativi di raccontargliela
ancora prima di aprire la mail. Grazie anche per i suoi
consigli ; grazie anche a voi che avete letto
(perché se state leggendo qui non credo che abbiate cercato
solo le note d'autore, no?), perché è la
soddifazione più bella. (ma, ripeto, non vi do'
torto).
Grazie anche a Marti, mia fedele aiutante nelle ardue imprese:
grazie di tutto e grazie della lettura in anteprima.
Ho
abbandonato la sezione 'Dramione' da moltissimi mesi, semplicemente
perché non mi sono mai ritenuta all'altezza di poter
scrivere una storia su di loro, e perché sarei finita in una
pozza di fango senza saper cosa fare.
Per
amore dell'IC (OOC and company) : giuro, io amo
l'IC, io scrivo sui personaggi minori, amo Rita Skeeter, e usare l'OOC
con loro, sarebbe come ucciderli, sopprimerli, strappare le pagine dei
miei libri di Harry Potter. Purtroppo (e dico così
perché so che lo leggerò), questa OS ha sfumature
OOC, ma suppongo solo da parte di Draco Malfoy, cosa che
spiegherò nelle precisazioni e nelle fonti. Io sono sicura
che in una Dramione sia molto difficile mantenere l'IC del personaggio,
e a quel punto, sarebbe meglio non farli incontrare e lasciarli ai loro
insulti. Tanto per inciso e per puro orgoglio di fanwriter: qui non si
è parlato né di un Draco palestrato e dolcissimo,
né di occhi color ciocolato fuso e boccoli caramellosi.
Diciamo che quello è solo un cliché abusato,
tanto, troppo. Non credo che l'OOC, se sfruttato in modo ottimale e
coerente, possa dar fastidio in qualche modo.
Questa
storia è in cantiere da molto tempo, e di fonti ne troverete
anche troppe. (le elenco tutte qui sotto)
In
questo momento, vorrei solo sparire e lasciare un testamento. Tanto mi
porterò i libri di Harry Potter nella bara, quando
morirò.
- Parlando
di cose serie, noterete che all'interno della storia, ho letteralmente
infilato un racconto di un Principe e di una Principessa:
bè, l'ho inventato proprio io, e tratta di un amore
tormentato, un amore che non sboccia o che non vuole sbocciare per
colpa del tempo e delle convenzioni - appunto - del tempo.Io
l'ho paragonato un po' alla situazione Purosangue / Mezzosangue di
Draco e Hermione.L'ispirazione mi è venuta grazie
al mio libro di greco, che ci parla dei vampiri nell'Antica Grecia e
nell'Antica Roma, chiamati Revenant, propriamente ritornati
dal Mondo dei Morti. La storia che ho letto
è "La Tragica storia di Filinnio,
Revenant assetata d'amore", che fa parte della
raccolta "Fatti Mirabili". Ora non sto a narrarvi la
trama, ma vi lascio un link che ho trovato sgobbando e
spulciando: qui
- Ad
ogni modo, nella mia storia, entrambi sono assetati d'amore ma non
riescono a incontrarsi più, perché la ragazza si
uccide e il ragazzo è un revenant, che potrà
passare solo una notte sulla terra. Ho fatto questa aggiunta anche in
un'altra mia storia, ma non si trattava di quello che vi ho appena
spiegato. Primo aspetto della mia storia che probabilmente non
piacerà, ma io l'adoro.
- All'inizio
c'è un prologo, un flash back, un ricordo, un incubo. L'idea
mi è venuta grazie a questo video,
un po' misterioso e anche macabro. Io ho voluto renderlo
concreto, scrivendo quello che mi trasmetteva. Una ragazza, che si
trova su uno spesso strato di ghiaccio, inizia a rendersi conto che si
stanno aprendo delle crepe e delle voragini sotto i suoi piedi, e che
dalla sua testa, dagli occhi e dalla bocca scendono rivoli di acqua
nera. Lentamente si trasforma in un angelo nero, cercando,
però, un aiuto, una mano, un salvatore. Come devo
spiegarvelo, non lo so, ma per me ha un bel significato, come se le
parti si fossero invertite. E proprio tra loro due. Secondo
frutto dei miei scleri mentali, dovuti prima allo studio, poi alla
musica.
- La
figura di Blaise Zabini è presente perché l'ho
voluto fortemente. Non nascondo l'idea: avrei voluto che Blaise fosse
innamorato di Draco, ma cercasse di nasconderlo con l'amicizia, la sua
eleganza, le sue maschere e la sua spensieratezza. Blaise è
profondamente legato a Draco, infatti erano molto amici, ma come dicono
molti siti sulla saga, questo non prevale solo per colpa di Draco e
delle sue convinzioni. (ossia, quelle che i genitori gli avevano sempre
impartito) Blaise è ironico, divertente, capita che a volte
sia laconico, ma è un chiacchierone quando si trova con
Draco e Pansy è alla larga da loro. Odia le ragazze, ma solo
quando si innamora; e la sua passione sono i suoi capi firmati. Ho
lasciato l'immagine del Blaise "donnaiolo", che però ho
giustificato con la paura di innamorarsi.( Perdonerete questo
'cliché' voluto? I hope)
- Voglio
rendere chiaro un altro punto: all'inizio ho parlato di coprifuoco e di
regole ; è un periodo particolare a Hogwarts: ci sono
Auror, , controlli, precauzioni. Da rendere chiaro: non
è una serata qualsiasi in cui se ne vanno a zonzo per i
corridoi. Non è notte fonda, semplicemente è
prima dell'orario previsto dalla scuola. E non l'ho inventato io, dato
che gli studenti delle case non possono andare in giro a tutte le ore.
Questo lo faceva solo il Trio ed è giustificato. Harry
Potter rules!
- Il
peccato non è inteso come il peccato che andiamo a
confessare (sono supposizioni, eh), bensì è quasi
un ossessione, è qualcosa che ci spinge a fare di tutto per
una persona, qualcosa che ci tormenta ; per Draco
è più grave, perché ancora
non si capacita dei suoi sentimenti. Il peccato è affiancato
dai suoi fallimenti, intesi come il Marchio.
- La
storia ripercorre il sesto anno, finché, nell'ultima parte,
slitta alla Seconda Guerra Magica e al Manor dei Malfoy, mentre
Hermione viene torturata. Il what if è: e se Draco
avesse salvato Hermione? Bene, oltre alla sfumatura dell'OOC,
c'è anche un what if.
|