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Autore: Bellatrix29    04/09/2012    6 recensioni
Remus ha un piccolo problema. La luna, questa volta, non centra niente. È innamorato, ma non di una persona qualunque: il ragazzo che ama è un purosangue, fiero, coraggioso e arrogante. Oh sì, è anche il suo migliore amico.
Il giovane farà di tutto per cercare di reprimere questo sentimento inopportuno, ma vuole davvero dimenticarsi di ciò che prova per Sirius?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: I Malandrini | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi...

 


“Abbiamo vinto, Moony, Prongs ha preso il boccino, abbiamo vinto!” Remus si costrinse ad alzare gli occhi verso il ragazzo che gli stava accanto, massaggiandosi piano le coste, nel punto in cui Sirius aveva appena posato delicatamente il proprio gomito: non era riuscito a rimanere fermo neanche un minuto di tutte le due ore che era durato l’incontro, e ora che la partita era finita, esprimeva il proprio entusiasmo per la vittoria saltando e urlando di gioia.

“Vinciamo sempre contro i Serpeverde, non vedo il motivo per fare tutto questo chiasso” rispose paziente

“Ma dai Remus! Hai visto la stessa partita che abbiamo visto noi? È stata bellissima e James è stato meraviglioso” intervenne Peter, seduto accanto ai due.

Remus sentiva su di sé lo sguardo dei due amici. Decise, per il proprio bene, di assecondare il loro entusiasmo.
“Abbiamo vinto. Yuhu!” Ciò sembrò bastare a Peter, che si alzò dirigendosi verso gli spogliatoi

“Andiamo ad aspettare James!” cinguettò felice, sgambettando via.

Sirius, tuttavia, era più difficile da ingannare: lo fissava con sguardo scettico, con tanto di sopracciglio inarcato e braccia incrociate:
Abbiamo vinto. Yuhu” gli fece il verso “Ti sei proprio sprecato.”

“Lo sai come la penso. Questa storia delle rivalità tra le case è stupida. Ma sono davvero felice che abbiamo vinto. Lo giuro!” concluse, mentre l’amico lo guardava ancora diffidente.

Evidentemente doveva aver passato l’attento esame, perché il cipiglio sospettoso di Sirius si sciolse, lasciando posto al caldo sorriso che aveva mietuto numerose vittime nel corso degli anni e prometteva di continuare la propria missione anche negli anni a venire.

“Dai andiamo da Peter. Non vorrei che riempisse troppo la testa di James di complimenti. Chi lo regge poi?”

I due amici risero, consci che quella sera la mora e arruffata testa del Cercatore sarebbe stata riempita a dovere, non solo da Peter, ma anche da tutti gli altri tifosi Grifondoro.
Quando raggiunsero gli spogliatoi, trovarono Peter ancora in attesa: evidentemente James non aveva ancora finito di cambiarsi.

“Per la santissima bacchetta di Merlino, Prongs vuoi smetterla di giocare con la tua pensando alla Evans?”
Sirius ridacchiò della propria battuta, guadagnandosi un’occhiataccia da Remus. Dall’interno si sentì la risata di James, che uscì pochi minuti dopo

“Mio caro Felpato, lo sai che quando gioco con la mia bacchetta penso solo a te! Non essere geloso” disse lasciando scivolare un braccio intorno alla vita dell’amico e trascinandolo verso il castello, mentre gli altri due li seguivano.

Il prefetto era pensieroso e lievemente preoccupato. Possibile che James sapesse?
Poche notti prima, aveva fatto un sogno decisamente inopportuno con Sirius come protagonista. Era ancora imbarazzato dal ricordo, e, anche se faceva di tutto per scacciarle, quelle immagini tornavano a fare capolino nei momenti meno indicati.

Si riscosse dai propri pensieri e si accorse di essere rimasto indietro rispetto agli amici.
Li raggiunse in tempo per sentire la fine del resoconto di James
“Pensava di fregarmi, ma mi sono accorto subito che era una finta, quindi ho virato e il resto è storia...” concluse passandosi una mano tra i capelli, disordinandoli ulteriormente.

Peter sembrava pendere dalle labbra del Cercatore, ma Sirius conosceva bene l’amico e sapeva che avrebbe sentito quel racconto molte altre volte, nei giorni a venire. Cercò con lo sguardo gli occhi pacati di Remus, sapendo che lui lo avrebbe capito. I due si scambiarono un’occhiata complice: sarebbe toccato a loro smorzare un po’ dell’ego di James. Gli fece l’occhiolino, prima di mettersi all’opera

“Non lo so, Prongs, a me è sembrata una partita piuttosto monotona, non penso che entrerà negli annali di Hogwarts” le sue parole gli valsero un’occhiata indignata di Peter e una piuttosto scioccata di James.

I quattro raggiunsero la Sala Comune dei Grifondoro, dove i festeggiamenti erano già in pieno svolgimento.
James e Sirius si unirono al resto della squadra di Quidditch, cuore della festa, mentre Peter si spostò affamato verso il tavolo delle vettovaglie.

Remus decise di rimanere tranquillo e si sedette su un divano di fronte al caminetto. Pochi minuti dopo fu raggiunto dall’altro prefetto. Anche Lily, infatti, aveva rinunciato al nobile proposito di tenere la festa sotto controllo

“Non c’è proprio modo di farli stare buoni, vero?” chiese la ragazza stancamente. Remus alzò gli occhi dalla pergamena che stava rileggendo e si guardò intorno

“Temo di no. Ma, in fondo, abbiamo vinto, lasciamoli festeggiare ancora un po’” i due si sorrisero, per una volta indulgenti nei confronti dei compagni di casa.

Iniziarono a confrontare i rispetti temi di Trasfigurazione che avrebbero dovuto consegnare il lunedì successivo, ma vennero presto interrotti dai Malandrini

“Eccoli qui i nostri Prefetti!” Esultò James, sedendosi tra i due

“State veramente studiando? Capisco la Evans, ma Remus... tu quoque amicus meus” aggiunse Sirius con tono drammatico, mentre si sedeva sul bracciolo del divano, accanto all’amico.

“Scusa Black, non volevamo turbarti così tanto” rispose la ragazza, ironica “Ebbene sì, c’è chi si preoccupa di quisquilie quali i voti e la preparazione per gli esami...sconvolgente per il tuo piccolo cervellino, non è vero?” concluse soddisfatta.

La risposta dell’altro, tuttavia, non fu all’altezza delle aspettative: Sirius si limitò a lanciarle un’occhiata divertita, per rivolgersi a  Remus

“Vieni con me, lasciati aiutare, Moony” disse trascinandolo via “Così lasciamo da soli anche i due piccioncini” aggiunse sussurrando all’orecchio dell’amico “e mandiamo due lettere con un solo gufo.”

Remus faticò a reprimere il brivido causatogli dal respiro di Sirius nel proprio orecchio. Cercò di allontanarsi, ma la presa dell’altro era ferrea e non lo lasciò andare fino a quando si ritrovarono di fronte al tavolo con ciò che restava degli alcolici.

“Ah cazzo, è finito praticamente tutto” disse Sirius, mentre controllava velocemente tra ciò che era rimasto

“Dovremo accontentarci di questa” fece l’occhiolino a Remus, mostrandogli il proprio bottino: una bottiglia quasi piena di Acquaviola

“Veramente, penso che tu abbia bevuto abbastanza, Padfoot” replicò il prefetto, ricorrendo al nomignolo cercando di farlo ragionare. Per la seconda volta nel giro di pochi minuti, la reazione di Sirius non fu quella desiderata

Abbastanza non esiste (1), Rem” sogghignò “Senti, ce ne andiamo, che dici?”

“Ma la festa è qui, perché vuoi andare via?”

“Perché mi annoio, e dato che James è occupato a fare gli occhi dolci alla Evans e Peter è andato a dormire, mi resti solo tu. Avanti, non vorrai lasciarmi solo?” chiese con occhi da cucciolo

“Smettila di guardarmi così! Non puoi trovarti qualcun altro?” Remus era indispettito dal comportamento dell’amico. Inoltre non si sentiva in grado di passare la serata da solo con un Sirius alticcio, sebbene facesse fatica perfino con se stesso ad accettare quest’idea: Sirius era il suo migliore amico da anni, perché doveva lasciarsi impressionare tanto da uno stupido sogno? Doveva dimenticarselo, lasciar perdere e continuare con la sua vita di sempre.

Si accorse che l’amico non aveva ancora risposto, forse era stato troppo brusco? Alzò gli occhi per accertarsi della reazione dell’altro, ma lo trovò nella stessa posizione di poco prima, la bottiglia stretta al petto e lo sguardo implorante così insolito in quegli occhi neri.

Cedette. Non poteva resistere a quello sguardo. Chinò nuovamente il capo, sconfitto.
“Dove vorresti andare?” chiese in un soffio. Il delizioso broncio di Sirius si aprì in un sorriso

“Non lo so, all’avventura! Andiamo dove ci porta il cuore!” disse, dirigendosi verso il ritratto della Signora Grassa. Remus lo seguì, un po’ preoccupato.

I due riuscirono a scendere dalla torre dei Grifondoro e ad uscire dal castello senza incontrare ostacoli e si diressero verso le sponde del Lago Nero.

Il sole stava dando il suo estremo saluto a quell’insolitamente caldo sabato di fine aprile e il cielo era colorato di un cupo arancione.

Si sedettero sotto il viadotto, in un angolo nascosto, dove Sirius bevve, con piccoli contributi di Remus, l’intera bottiglia di Acquaviola.
Era seduto a gambe incrociate, con i gomiti posati sulle ginocchia e il viso affondato tra le mani. Negli occhi, uno sguardo pensieroso e distante.
Remus lo guardava inquieto: non era da Sirius essere così silenzioso, quasi tranquillo, dopo aver bevuto. Prevedeva tempesta.

Lo strano silenzio che si era venuto a creare venne interrotto da Sirius: “Sai Rem... qualche notte fa, ho fatto un sogno strano... c’eri anche tu, Rem, e mi guardavi... io ero nudo e tu mi guardavi” sollevò gli occhi, curioso della reazione dell’amico: Remus sembrava scioccato, era impallidito e aveva gli occhi sbarrati.

“Ma sai qual è la cosa più strana Moony?” continuò “Nella mia mente continuavo a gridarti di fare qualcosa, ma tu non facevi niente. Perché non hai fatto niente, Remus?” Chiese infine, sporgendosi verso l’amico.

Quello, intanto, cercava di comporre una risposta che fosse quanto meno decente. Niente. Non aveva fatto niente. Come poteva spiegare a Sirius perché non aveva agito?

Come poteva spiegargli che perfino nei sogni poterlo avere sembrava un’utopia? Spiegargli che mai si sarebbe sentito all’altezza di avere di più di quanto già non avesse? Aveva la sua amicizia, e ciò doveva bastargli.

Doveva bastargli. Non poteva essere altrimenti. Lui non voleva che fosse altrimenti. Ma davvero non voleva?
Non riusciva a capirsi. Non capiva quando e come i suoi sentimenti per Sirius fossero diventati così strani. Era suo amico da anni. Cos’era cambiato? Non molto. O forse tutto. E poi troppo.

Il prefetto sentiva già la mancanza dei giorni in cui tutto era semplice, quando poteva godere della compagnia dell’amico senza sentire il bisogno di qualcosa di più. Aveva sempre saputo che l’amicizia che lo legava a Sirius era diversa da quella tra Sirius e James. Meno intima, forse, fatta per lo più di complicità e silenzi.
I silenzi. Ecco cosa gli sarebbe mancato di più. Erano in grado di passare il tempo insieme senza dirsi una sola parola. Era confortante il silenzio, con Sirius. Nessuna malizia, nessun imbarazzo. Solo pace e silenzio.

Doveva accontentarsi. Era giusto così. Anche se Sirius avesse potuto donare il proprio cuore ad un uomo, non avrebbe mai scelto lui per un dono così prezioso. Come avrebbe potuto? Lui non era un uomo, e non lo sarebbe stato mai. Un nuovo odio per le proprie condizioni nacque dentro di lui.

Mezzo uomo e mezzo lupo. Chi mai avrebbe potuto amarlo? Di certo non Sirius, da sempre abituato a frequentare le famiglie più antiche e nobili di tutto il Mondo Magico. Per quanto l’amico fosse ideologicamente distante dal resto del clan dei Black, come avrebbe potuto abbassarsi così tanto, diventare un reietto, solo per stare con lui? Insignificante e pericoloso. Bestiale. Semplicemente non poteva.
Sognare e sperare in qualcosa di diverso l’avrebbe portato solo ad un’amara e cocente delusione. Sirius non sarebbe mai stato suo. Non in quel senso.

“Dimenticalo, Remus” pensò. Ma come poteva costringersi ad estirpare quel sentimento neonato, quando la sua stessa volontà glielo impediva? Doveva trovare la forza e il coraggio di zittirla ed annullarla.

“Remus?” Dal tono di voce di Sirius intuì che quella non era la prima volta che cercava di attirare la sua attenzione. Si liberò dal tortuoso labirinto dei propri pensieri e focalizzò lo sguardo negli occhi del ragazzo seduto di fronte a sé.

“Remus, tu ti ricordi, vero, che io me la cavo abbastanza bene con la Legilmanzia?”
Il prefetto rimase completamente spiazzato. Non ci aveva pensato, non aveva riflettuto. Lui che era sempre così attento a tutto, era caduto in fallo come un pivello: convinto, forse, di essere al sicuro per via di tutto l’alcool bevuto da Sirius, aveva tralasciato una delle molteplici qualità dell’amico.
Stupido Remus, stupido stupido...

“Non sei stupido, Moony...” iniziò Sirius

“Taci cazzo. Taci. Come... come hai potuto? Mi leggevi nella testa? Ascoltavi i miei pensieri? Avevi promesso che non lo avresti mai fatto. L’avevi promesso!” Remus il proprio delirio urlando.

“Rem...” tentò Sirius, ma l’altro non lo lasciò parlare.

“Pensavo di averti detto di tacere. Non dire niente, Sirius!” Remus si allontanò, ferito ed imbarazzato.
Cazzo. Sirius aveva ascoltato tutto. Sapeva tutto. Dannazione a lui.

Affrettò il passo, voleva solo raggiungere la propria camera da letto e dimenticarsi alla svelta di quella pessima giornata. Dannazione. Non poteva andare in camera. Era la stessa di Sirius. Non poteva dormire con il ragazzo a pochi metri di distanza. Dove andare allora? Si bloccò appena prima di varcare il portone d’ingresso. Dove poteva andare? In infermeria? No, avrebbe dovuto dare spiegazioni a Madama Chips. Dormire in Sala Comune? Non era l’ideale, subito dopo una festa.

Tornò sui propri passi, stando attento ad evitare la capanna di Hagrid, il guardiacaccia. Avrebbe dormito a casa, per quella notte. Si avvicinò rapido al Platano Picchiatore, fece lievitare un ramo fino a toccare il nodo alle radici dell’albero e s’introdusse nel familiare passaggio segreto.

Una manciata di minuti dopo, raggiunse l’ingresso alla Stamberga Strillante. Casa sua per alcune notti al mese, avrebbe potuto ospitarlo anche per quella notte.

“Remus...” la voce di Sirius lo colse alla sprovvista. Pensò di darsi nuovamente alla fuga, ma l’altro fu più lesto: con un rapido movimento di bacchetta, bloccò la porta, in modo che Remus non potesse scappare e fosse obbligato ad ascoltarlo

“Remus, ascolta. Hai ragione, avevo promesso che non avrei mai, per nessun motivo, usato la mia abilità di Leglillimens su di voi. Ma questa è stata un’emergenza.” Sirius alzò lo sguardo dalle proprie mani e fissò l’amico con una luce sincera ad illuminare gli occhi neri. Era veramente convinto delle proprie argomentazioni. Remus era ancora ammutolito per la sorpresa. Volente o nolente, era costretto ad ascoltarlo.

“Sono giorni che sei strano, Moony. E non l’ho notato solo io, anche James se n’è accorto. Cioè, James! È tutto dire” gli rivolse un sorrisino complice, che rimase ignorato “Seriamente, Remus, tu sei il più maturo tra noi, e di solito è a te che ci si rivolge quando si hanno problemi. Ma tu Moony, con chi ti confidi? Non ne hai parlato nemmeno con noi. Ci siamo rimasti male.”

“Sirius...”

“No Rem, è il mio turno adesso. Tu hai parlato prima. Beh più o meno” rispose allo sguardo scettico dell’amico. 

“E poi, ero anche curioso. Cioè, tu non sei tipo che si lascia sconvolgere facilmente, quindi è ovvio che ti fosse successo qualcosa di grosso. E io dovevo sapere.” Sirius sospirò, passandosi una mano tra i capelli scuri, e Remus si sedette sul gradino accanto a lui.

“Non poteva essere una cosa personale, Sirius? Dovevi per forza sapere i fatti miei?” il suo tono era stanco.

“Sì, dovevo. Remus, se sono affari tuoi, allora sono anche affari miei... siamo amici, no?”

“Siamo amici” confermò “Anche dopo tutto quello che hai sentito?” chiese, insicuro

“Ah, già. Rem, pensi davvero quello che hai, beh, pensato?” Remus odiava le persone che rispondevano alle domande con altre domande. Sospirò e rispose: “Sì, lo penso. Mi piaci Sirius. Mi dispiace, ma cercherò di smettere, cioè, di metterci una pietra sopra e tutto tornerà come prima. Credo. Spero. Beh, tenterò.”

“Moony, piantala. Non parlavo di quello. Parlavo del resto. Di tutte le cazzate del Purosangue, del semi-uomo e tutte quelle scuse patetiche con cui ti stavi fottendo il cervello. Anzi, ci stavi fottendo il cervello”

“Ma Sirius” iniziò, subito interrotto dall’amico.

“Sta zitto. Lo pensi davvero. Sei un idiota, Moony. Lo sai, vero? Che sei un idiota? Eh?”

“Sono un idiota perché considero un problema il mio essere un licantropo?” Sirius annuì “E per il fatto che mi piace il mio migliore amico?” Per un momento gli parve che Sirius riflettesse seriamente sulla questione.
Gli si avvicinò, posando la propria bocca sulla sua. Il cuore di Remus mancò un battito. Che cazzo stava facendo Sirius? Sgranò gli occhi, prima di allontanare l’amico.

“Sirius!”

L’interpellato gli tappò la bocca con una mano.
“Sei un idiota completo, Moony.” Strinse l’amico tra le braccia e riprese a baciarlo.

Quella notte, ben pochi Grifondoro notarono l’assenza di due Malandrini.
 



 
Note Finali:
(1)    È una citazione di quel gran genio di Brian Kinney, protagonista di Queer as Folk.


 

   
 
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