Sorpresa
di compleanno
Axel e
Larxene, nonostante avessero cercato di divertirsi il
più possibile, erano sempre stati con un occhio puntato su Saix. Non piaceva a nessuno dei due il modo in cui l’uomo
fissava Roxas, soprattutto visti gli sviluppi della
situazione. Fortunatamente, il ragazzino non si era reso conto di nulla e
continuava a divertirsi come se niente fosse, il che rendeva tutto più semplice
per i due, che non dovevano dare spiegazioni.
Verso le undici Marluxia,
ubriaco, si alzò in piedi.
“Dato che siamo tutti qui per festeggiare i gemelli e
dato che entrambi sono fidanzati, propongo che entrambi scambino un bacio con i
rispettivi partner. E intendo un bacio vero, non di quelli a stampo” disse. Tutti
e due si guardarono e arrossirono.
“E’ imbarazzante”
si ribellò Sora. Kairi rise.
“Dai, cosa vuoi che
sia? Non è mica la fine del mondo” lo
tranquillizzò, mettendogli una mano sulla sua. Il castano, rassicurato, si sporse sul tavolo e la
baciò mentre tutti gli altri applaudivano divertiti.
“Bravi!” gridavano, ridendo. Rimasero incollati per
un’eternità, persi nel loro mondo, almeno finché Vexen, irritato, sbuffò.
“Ha detto un bacio, non che vi dovete accoppiare qui”
commentò. I due ragazzi si scollarono arrossendo, e poi si misero a ridere con
tutti gli altri.
“Adesso anche il piccolo Roxas deve
farlo!” affermò Demyx, ubriaco quanto e se non
più di Marluxia. Il biondo arrossì e fissò Axel.
“Non sono sicuro che sia
una buona idea” rispose. Il rosso stava per dargli ragione, ma una voce
lo fermò.
“Allora significa che
non siete così uniti, se ti vergogni a baciare il tuo ragazzo in
pubblico” ragionò Saix col suo tono lento e
calcolato.
“Ma non è per
questo!” ribatté lui, arrabbiato.
“Allora facci vedere,
dai. Siamo tutti curiosi” lo
sfidò.
“Bene!” accettò. Si
voltò verso Axel e lo tirò per la cravatta, quasi
facendogli male, e baciandolo con quanta forza aveva in corpo. Non voleva darla
vinta a quella specie di avvoltoio, e, per farlo arrabbiare ancora di più, si
issò a cavalcioni del compagno, che rimase immobile di fronte a tanta
intraprendenza.
“Ehi, va bene che siamo tutti maggiorenni, ma datevi
un contegno” rise Marluxia. Roxas si staccò e si voltò verso Saix, che aveva la faccia inespressiva ma gli occhi
iniettati di sangue.
“Un brindisi alle felici coppiette!” esclamò
qualcuno, alzando il bicchiere, seguito a ruota dagli altri. In quel trambusto
nessuno vide che l’uomo si era alzato ed era entrato in casa, chiudendosi dietro
la porta.
“Non dovremmo tornare a
casa?” chiese Sora verso mezzanotte.
“No, ho chiesto a vostra
nonna se potevamo dormire fuori e ha accettato, quindi rimaniamo qui e torniamo
a casa domani. Anche perché io mi
sento piuttosto brilla e non credo di essere in grado di guidare” ammise Kairi.
Il castano rise e le accarezzò i capelli.
“Bene, io inizio a
sparecchiare, se qualcuno vuole aiutarmi” esordì Axel, lanciando uno sguardo più che eloquente verso Roxas, che si affrettò ad alzarsi.
“Ci penso io”
rispose, prendendo due piatti in mano.
Una volta che furono entrambi dentro, il rosso lo
guardò con un’aria minacciosa e incrociò le braccia.
“Non devi dirmi
niente?” gli chiese. Il biondo distolse lo sguardo.
“No” negò, per niente convinto.
“Ma davvero?” lo
prese in giro l’altro. Lui mise le mani in tasca,
imbarazzato.
“E va bene: mi
dispiace!” esplose dopo un minuto di silenzio.
“Vorrei che tu mi spiegassi
come mai una performance del genere” lo implorò l’uomo, appoggiandosi con
una mano al tavolo in cucina.
“Mi dà sui nervi quello là,
ok? È così schifosamente viscido!”
“E
nient’altro?”
“N-no” rispose, arrossendo più del dovuto.
Axel gli andò vicino e gli alzò il viso, così da
poterlo fissare negli occhi.
“Sicuro?” chiese.
Roxas rimase incatenato a quel verde
smeraldo.
“Nessuno deve permettersi
di dirmi che tu ed io non siamo uniti. Nessuno. Soprattutto uno come quello”
confessò. Si sentiva uno stupido a dirlo ad alta voce, ma era la
verità.
Il rosso rimase stupito da quella dichiarazione, ma
sorrise e lo baciò teneramente.
“Sei proprio uno
scemo” lo prese in giro.
“Perché?”
s’infervorò l’altro, staccandosi e mettendo il broncio. Lui lo
abbracciò.
“Non deve interessarti ciò
che gli altri pensano di noi, ma ciò che tu pensi di
noi. Vuoi sapere cosa penso io?” gli
propose, accarezzandogli la testa. Il biondo annuì, sentendo il cuore battere
forte.
“Io penso che ti amo” ammise, tremando leggermente. Ecco il momento
della verità: o la va o la spacca.
“Axel?” lo
chiamò Roxas, staccandosi di quel poco che bastava per
guardarlo.
“S-sì?” rispose
lui, incerto.
“Ti amo anche io”
disse il biondo, sorridendo. Si sporse sulle punte per baciarlo e, per un
istante, il resto non contò più.
Tavola sparecchiata. Mezzo gruppo ubriaco. L’altro
mezzo addormentato.
Axel e
Roxas risero nel vederli in quelle condizioni e
portarono in cucina gli ultimi piatti.
“Certo che i tuoi amici
sono proprio forti” commentò il biondo, divertito.
“Sono anche i tuoi
amici” gli fece presente l’altro.
“Che cosa?” si stupì
lui, sgranando gli occhi.
“Beh, sono qui per te,
giusto? Prima
che per Sora sono venuti qui per il tuo compleanno, quindi significa che ti
vogliono bene. Per cui sono anche tuoi amici, ormai” ragionò. Il ragazzino non ci aveva mai pensato, ma sorrise
capendo che l’altro aveva ragione.
“Già, è vero”
ammise. Non aveva mai avuto amici stretti, anche perché si trovava in difficoltà
nel parlare con persone che non conosceva, quindi gli era scomodo fare amicizia.
Le uniche persone che fino ad allora aveva considerato
amiche erano Sora, Kairi perché stava con Sora, Xion perché era simile a lui e… e
basta.
“Comunque, cambiando
discorso… ti devo dare una cosa” esordì Axel,
posando l’asciughino con cui aveva finito di lavare i bicchieri e
guardandolo.
“Cosa?” chiese lui,
senza capire.
“Lo vedrai da
solo. Vieni con me” lo prese per un
braccio e lo trascinò fuori dalla cucina.
“Ehi, posso camminare da
solo!” protestò il biondo, cercando di
divincolarsi.
“Oh, beh, se ne sei
convinto” rispose lui, lasciandolo. Dato che non se l’aspettava, quando
il rosso lasciò la presa Roxas si sbilanciò
all’indietro e cadde a terra.
“Potresti essere un pochino
più dolce, ogni tanto?” lo implorò, massaggiandosi il
sedere.
“Uhm, no, non posso”
lo prese in giro l’altro, ridendo.
“Sei una serpe” lo
accusò, alzandosi in piedi.
“Sì, ma mi ami, quindi vado
bene anche così” commentò l’uomo, salendo le scale.
Un po’ dolorante, il ragazzino lo seguì, incuriosito
da tanta segretezza.
Una volta in camera, Axel
si chiuse la porta dietro alle spalle e Roxas sorrise
malizioso, avvicinandosi felino come un gatto.
“Guarda che se mi volevi
portare qui, bastava chiederlo” gli disse, ridendo.
“Come sei
pervertito!” lo accusò il rosso, fingendosi offeso. Il ragazzino mise le
mani sui fianchi e lo guardò.
“Dimmi che non ci hai
pensato pure tu e rimangio ciò che ho detto” lo sfidò. Il rosso cercò di
trattenersi, ma poi rise e lo
guardò.
“Ok, diciamo che nei miei
piani c’è anche quello, ma non è il motivo principale per cui ti ho portato
qui” ammise.
“Oh. E allora che devi
darmi?” chiese il biondo,
incuriosito.
L’uomo si avvicinò al comodino e aprì il cassetto,
tirando fuori un piccolo pacchetto celeste, con un grosso fiocco
dorato.
“Questo” rispose,
passandogli la scatola.
Con mani tremanti, Roxas si
sedette sul letto e lo aprì.
“Oh dio!” esclamò,
con gli occhi che brillavano. Fece uscire dal piccolo astuccio un braccialetto
d’oro con un piccolo ciondolo a forma di stella, che pendeva
tintinnando.
“Ma è… è
bellissimo!” commentò con gli occhi lucidi. Guardò Axel, che si era messo accanto a lui, e quasi pianse di
gioia.
“Ti piace?” gli
chiese l’uomo, sorridendo.
“Axel, non so… è
stupendo!” balbettò emozionato.
“Mi fa piacere”
rispose l’altro, sorridendo. Il biondo si gettò tra le sue braccia e lo
abbracciò forte.
“Sei la cosa migliore che
mi sia mai capitata” ammise, ridendo tra le lacrime. Il rosso lo baciò,
facendolo stendere sul letto.
“Penso di poter dire la
stessa cosa” ribatté, baciandolo dolcemente.
“Vado a chiamare gli
altri. Non mi sembra giusto che dormano fuori al freddo” disse Roxas,
alzandosi.
“Mmmh, no,
dai. Rimani un altro po’ qui con me” si
ribellò Axel, stringendolo per la vita e riportandolo
sotto alle coperte. Il
ragazzino rise.
“Ma non possiamo lasciarli
là fuori!” gli fece presente.
“Peggio per loro,
giusto? Guarda come stiamo bene noi due qui sotto” commentò il rosso.
“Sei
malefico”
“Non troppo, solo il
giusto” minimizzò.
“Sì, ma dato che c’è anche
quello scemo di mio fratello fuori, collassato sul tavolo, mi sembra appropriato
farlo rientrare in casa, che dici?”
“Che
rottura! Dì la verità, ti interessa più di loro che di me” lo accusò teatralmente
l’uomo.
“Certo che sei un bambino
se ti ci metti!” osservò Roxas, continuando a
ridere.
“Sì, è tutta questione di
allenamento.
Non puoi sapere quanto mi ci è voluto a diventare così” rispose l’altro, ridendo con
lui.
“Torno subito, il tempo di
scendere, chiamarli, salire le scale e spogliarmi di nuovo” giurò il
biondo.
“Promesso?”
“Promesso”
“Allora va bene, ma se entro
cinque minuti non torni vengo a prenderti per un braccio, memorizzato?”
lo minacciò. Il biondo scese veloce e si rivestì.
“Ok, capito”
rispose, correndo giù per le scale.
Axel
rimase con le braccia incrociate dietro la testa a fissare il soffitto,
sorridendo come un cretino. È proprio vero che l’amore ti
rincoglionisce.
Sentì un rumore, e la porta cigolò lievemente, ma lui
non si voltò.
“Due minuti e
mezzo. Complimenti per la velocità, Rox…” le parole gli morirono in bocca quando vide Saix, in piedi alla porta, che lo fissava con un mezzo
sorriso.
“Aspettavi me?”
gli chiese.
“Che. Diavolo. Vuoi?” ribatté lui, sedendosi.
“Niente di che, ero qui
che girellavo e vi ho sentiti ridere, così sono venuto a vedere se la festa
poteva esserci anche per me” rispose tranquillo. Mentre parlava era
entrato nella stanza e si era chiuso la porta alle spalle. Quel gesto non sfuggì
ad Axel, che si irrigidì.
“Vattene via, Isa” lo
minacciò.
“Altrimenti?”
“Altrimenti ti prendo a
pugni finché quel ghigno che hai sulla faccia non scomparirà del tutto”
spiegò il rosso. Saix rise freddamente e si avvicinò
al letto.
“Fallo” lo
sfidò.
“Sai che potrei, l’ho già
fatto con altri”
“Sì, ma con me non ci
sei mai riuscito” gli ricordò.
“Potrei benissimo cominciare
ora, non scherzare col fuoco” lo avvertì. L’uomo rise e si avvicinò a
lui.
“Sai che questo mi
ricorda qualcosa?” gli disse, accarezzandogli una
guancia.
“Vattene” intimò
dando un colpo alla sua mano.
“Mi fai venire la
nausea” aggiunse schifato.
“Così mi fai male al
cuore” si ritirò Saix.
“Non sono molto sicuro che
tu ne abbia uno” ribatté Axel.
“Dipende dai punti di
vista.
Comunque se proprio non mi vuoi significa che me ne vado” decise.
Il rosso tirò un sospiro di sollievo e si rilassò,
abbassando la guardia, ma fu un errore.
Roxas
stava salendo le scale, senza preoccuparsi di fare piano. Tutto il gruppo era
rincasato e si era accasciato sul tappeto a dormire, senza avere la forza di
alzarsi da lì per arrivare al piano di sopra da quanto alcool aveva
bevuto.
“Eccomi!” annunciò
un attimo prima di spalancare la porta ed entrare nella camera del
rosso.
Si bloccò nel vedere che Saix era steso sopra Axel e lo
stava baciando.