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Autore: lubitina    04/09/2012    0 recensioni
E se un giorno, il Sole, non sorgesse più? Ci sarebbe ancora spazio per gli eroi?
Genere: Drammatico, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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La Storia dell'Eroe
 
 
 
L'acqua gocciolava lentamente, dal rubinetto metallico, nel bicchiere di vetro. Da qualche parte aveva sentito dire che l'acqua, distillata al massimo, totalmente priva di qualunque impurità, era un solvente così potente da sciogliere il vetro, per l'appunto. Lui la sentiva cadere ad intervalli regolari, unico segnale dello scorrere del tempo. Mezza rivoluzione. La sola idea lo riempiva d'orrore. Non sapeva perché, però. Del resto aveva sempre sospettato, fin da quando era troppo piccolo per capire, che sarebbe morto senza la terra sotto i piedi. E quel viaggio interminabile era la realtà nelle sue infantili paure.
Prese il bicchiere fra le mani,e bevve piano, calibrando ogni sorso. Ultimamente era sempre più inquieto.  Uscì dalla sua stanza, sentendo la porta metallica richiudersi dietro di lui. Uomini e donne, si trovò davanti.
-Salve, padre.
Fece un sorriso tirato, piccole rughe apparvero intorno alla bocca, e alzò lentamente la mano bianca.
-Giorno,cara. Come butta oggi?
Ultimamente, il chiacchierare non rientrava fra le sue doti. Curioso era anche che essa fosse una virtù temporanea, decisamente volta al pontificare in sede di confessionale.
-Bene, padre. Come sempre da circa mezza rivoluzione.
Davanti a lui c'era una donna, una donna come tante (o almeno spesso così lui ragionava nella sua mente), sorridente di una gaiezza che lui aveva sempre trovato irritante. “Forse sto invecchiando”.
-Ne sono contento. E i bambini?
-Oh, penso siano nell'area ricreativa.
-L'arena di combattimento.
L'area ricreativa per i bambini dell'equipaggio era una specie di grossa stanza, recintata nell'area centrale,ove venivano lasciati i più piccoli. Ciò gli aveva sempre enormemente ricordato le raffigurazioni delle arene dei gladiatori dell'Antica Roma, con la differenza che i bambini non portavano in mano scudo e gladio, ma soltanto la loro ingenuità, e le ferite inferte non sanguinavano.
-Ahah! Com'è simpatico oggi!
Riabbozzò un sorriso, mollò la donna su due piedi e si avviò lungo il corridoio, verso la Chiesa. Un nuovo giorno era iniziato.
 
Pochi minuti dopo, le sue mani erano aperte, alzate al cielo in segno di preghiera. Il cielo? Ah giusto. Loro si TROVAVANO nel cielo. Più in alto c'erano solo altre stelle, e poi il vuoto intergalattico.
-Rendiamo grazia a Dio onnipotente ed eterno.
La Chiesa era probabilmente uno dei luoghi più grandi di Pirra. L'architetto doveva aver avuto un gusto spiccatamente neogotico, con tutte quelle colonne (metalliche, ma rivestite di materiale plastico simile a marmo) svettanti verso il soffitto, che tale però non era. Infatti esso non era altro che un fac simile dell'osservatorio, vetro super-resistente alle temperature estreme dello spazio, che lasciava ai fedeli almeno la parvenza di poter guardare al Cielo, alle stelle più lontane. Le colonne si assottigliavano sempre più, avvicinandovisi, ed erano dipinte di nero, per dare l'illusione che vi si perdessero. I neri capitelli erano tutt'uno col nero.
Nelle navate, invece, era la luce. Il materiale era candido,splendente, e aveva la deliziosa sfumatura quasi azzurra di certa neve di cui aveva letto in un libro. I banchi erano verdi, di quel verde di quelle pietre preziose che spesso le donne portano al collo. Ed erano ricoperti d'edera, una strana pianta che si attorcigliava attorno alle cose, posto che avesse un po' di terra dove porre radici. Le sue foglie erano lucide, e riflettevano il candore del luogo.
Bianco in terra, nero in cielo. Del resto, non c'era spazio per il celeste.
-Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni. Per mia colpa, mia sola, grandissima, colpa.
E si levò un coro di pugni femminili e maschili, che battevano contro costole e seni, pochi suoni fruscianti che creavano un unico,enorme,fruscio.
-Dio onnipotente abbia misericordia di noi e perdoni i nostri peccati, e ci conduca alla vita eterna.
A quel punto l'uomo lasciò la parola al giovane sacerdote dagli occhi a mandorla, che con voce inferma iniziò a cantare il Gloria. Chiuse gli occhi, mentre un violino suonava delicato.
Gloria.
Gloria.
Gloria a te, nell'alto dei cieli.
Quali cieli? Di che arido pezzo di roccia sospeso nello spazio? Cieli neri come il carbone più nero, non rischiarato da un'atmosfera di azoto e ossigeno?  “Oh, per diamine! Cielo è un concetto metafisico, è come dire “anima”! Come sei gretto, sciocco ragazzo!”
E pace in terra agli uomini di buona volontà.
“La terra, ragazzo, sei tu! Non dubitare della parola di Dio, o Lui ti punirà!” Occhi gialli lo guardavano, da dietro i suoi occhi, occhi che avevano visto il Cielo azzurro e che odiavano, perché non potevano rivederlo più. Una mano si abbatteva sulla sua guancia ancora priva di barba, liscia come quella di un bambino, e lui sentiva il dolore spargersi per il corpo.
Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti rendiamo grazia per la tua gloria immensa.
...Tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi...
“Il peccato, sciocco ragazzino, lo compi anche solo guardandomi negli occhi! Non ne sei degno,capisci? I tuoi occhi impuri! Fai parte di una generazione dannata, voi sareste dovuti perire col Giudizio, non nascervi. Non siete, NON SEI, figli di Dio!” Sentì di nuovo il dolore della mano, misto al sapore ferroso del suo labbro che si spaccava.
Tu che siedi alla destra del Padre, accogli la nostra supplica!
Devi pregare,pregare come un agnello davanti al suo carnefice, di esser salvato. Ma,sappilo, l'Inferno è quello che vi aspetta, là fuori, nel niente”.
Perchè tu solo il Santo, tu solo l'Altissimo...
Il canto fu bruscamente interrotto da un grido orrendo.
L'assemblea vide il sacerdote, steso a terra. Un macchia di sangue andava allargandosi attorno a lui, come acido, viscoso e denso. Sporcava il bianco candido, sporcava la sua veste candida dalla striscia purpurea. Una donna urlò. Era la madre di prima.
Il coltello era lì, affianco al cuore.
  
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