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Autore: IosonoOmbra    05/09/2012    4 recensioni
Vi siete mai chiesti come possa essere stata l'infanzia dell'infido e traditore dio dell'inganno? Avete mai desiderato sbirciare nel passato del potente e superbo dio dei fulmini? E magari, fatemi indovinare, non dispiacerebbe anche sapere cosa sia accaduto a Thor e Loki, una volta tornati ad Asgard dopo il tradimento di Laufeyson. Beh, io so questo e molto altro perciò... non vi resta che leggere...
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Thor, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il suono di mille capricciosi campanelli
 
Loki cresceva bene, e io ne seguivo da lontano, fingendo che non mi interessasse,
ogni suo progresso. La verità è che mi vergognavo di mostrare ad altri quanto amassi
quel fratello che era poco più di una bambola.
Erano ormai 10 mesi che Loki stava a palazzo, e ancora non lo avevamo mai sentito
emettere un suono, fare un verso, che fosse anche soltanto un gorgoglio.
Quella boccuccia restava irremovibilmente chiusa, e tutta la nostra famiglia cominciò
ad essere in apprensione.
Possibile che Loki non avesse voce?
Io sapevo che non era così, perché quando era appena un infante piangeva per chiamarmi,
e se non facevo alla svelta per raggiungerlo, continuava a gridare e piangere fino a ritrovarsi senza forze.
Ma ora Loki poteva ritenersi soddisfatto, dato che trascorrevo la maggior parte
del tempo con lui, certe volte ignorando anche i miei stessi amici.
Gli altri venivano a chiedermi cosa stessi facendo di tanto importante da non poter
dedicargli neppure qualche minuto del mio tempo, e io rispondevo loro che stavo studiando,
o che Frigga mi aveva messo in punizione, o qualsiasi altra frottola ben poco congeniata
mi venisse in mente (dato che mia madre non mi mise mai in punizione).
Il problema con Loki non era soltanto la voce, ma anche e soprattutto il fatto che non
provasse a camminare affatto. Di solito gli asgardiani sono precoci a camminare,
e non sprecano neanche il tempo di imparare a gattonare che, preso il coraggio,
che può possedere un bambino, a due mani, si alzano in piedi e camminano.
È un processo naturale, la cosa più importante per un asgardiano: che si alzi in piedi da solo,
e che se cada non sia aiutato da nessuno.
Può sembrare una pratica crudele, ma è così che hanno fatto tutti gli asgardiani che abitano questi celi.
Tuttavia, nonostante questo, non riuscivo a resistere, e ogni mattina, appena il sole
sorgeva ai cancelli di Asgard, svegliavo Loki e gli dicevo:
“Bene, fratellino, oggi ti insegnerò a camminare.”
Lo mettevo a terra e, sorreggendolo, cercavo di mostrargli come fare.
Ma Loki era recidivo, e come se la cosa non gli interessasse, non faceva nessuno
sforzo per compensare il mio.
Semplicemente continuava a guardarmi stupito, incuriosito, e quando si annoiava,
si accigliava un poco e mi guardava imbronciato.
Di fronte a quegli occhioni lucidi non osavo continuare quello stillicidio che ogni santo
giorno non portava ad alcun risultato.
Non sembrava che non potesse camminare, semplicemente non gli interessava.
Altra cosa che mi dava da pensare su quel fratellino era il fatto che non avessi mai
visto Loki sorridere; non lo aveva mai fatto, neanche una volta.
Quando me ne resi conto corsi da lui, e cercai di farlo ridere in qualsiasi modo, facendo
boccacce, versi, smorfie, ma l’unica reazione che ottenevo era un’espressione perplessa.
Poi un bel giorno decisi di far vedere a Loki una cosa.
Corsi, tenendolo in braccio, fino alle cucine, ci nascondemmo dentro una credenza e aspettammo.
Avevo insaponato tutto il pavimento della cucina, e a quell’ora sarebbero dovuti
tornare i camerieri dal pranzo reale, con vassoi pieni di piatti, pietanze, e bicchieri.
Ero trepidante di attesa e la mia malcelata eccitazione sembrò contagiare Loki che
cominciò a sbattere le manine come per applaudire di fronte ad uno spettacolo grandioso.
“Loki, non guardare me, guarda di là, fra poco succederà qualcosa di molto divertente...”
Mio fratello sembrò capirmi, e fissò il suo intenso sguardo all’ingresso, spiando
attraverso la piccola anta socchiusa della credenza nella quale ci trovavamo.
Pochi minuti dopo arrivarono i camerieri.
Come avevo previsto erano carichi di vassoi, tutti disposti perfettamente in fila:
una trappola perfetta.
Il primo cameriere non fece neppure il tempo di accorgersi di quello che gli stava succedendo;
il suo piede slittò sul pavimento insaponato, il vassoio volò in aria, e una pioggia
di porcellane si sfracellò al suolo, contro i muri, mandando piatti e bicchieri in mille pezzi.
Il povero disgraziato cercò di riprendersi prima di cadere, ma così facendo si
aggrappò al cameriere che lo seguiva che caracollò a terra come avrebbe fatto
una torre di pietra distrutta da un enorme ariete. Anche i suoi piatti fecero una
brutta fine, ma per lo spavento gli partì il vassoio di mano, partendo a razzo come
un frisbee affilato, conficcandosi di taglio nel legno della credenza, poco sopra le nostre teste.
Gli altri camerieri accorsero per vedere cosa stesse succedendo, con l’inevitabile
reazione a catena. Ciascuno inciampò e cadde sui corpi esanimi dei loro colleghi,
mandando all’aria stoviglie, bicchieri, posate, e pietanze avanzate dal banchetto.
Un intera ciotola di salsa tinse di olio e grasso la parete della cucina, e ossa di
pollo masticate sfrecciarono come frecce attraverso l’aria; in seguito vidi ceste
di frutta masticata rotolare a terra, piatti di purè colare come lava sui piani della
cucina, e vulcani di zuppa eruttare dai piatti scagliati in alto. I poveri camerieri cercavano
di non cadere, slittando con bruschi movimenti del bacino su quel pavimento ricoperto
di sapone, e cercavano di aggrapparsi a qualsiasi cosa gli fosse sotto mano,
distruggendo tende, mensole, facendo rovinare a terra ciotole di farina e bottiglie di vino:
la cucina era diventata una specie di grande impasto fatto di uomini e idromele.
L’apoteosi di quel pasticcio fu l’arrivo del caposala, un uomo famoso più per la sua
imponente stazza, che per la sua abilità culinaria.
I camerieri, uno ammassato sull’altro, ebbero appena in tempo a sollevare lo sguardo,
spauriti, che quell’enorme omone entrò in cucina, rovinando come un frassino abbattuto
sopra tutti gli altri. Il suo vassoio cadde a terra con clangore metallico, continuando
a girare nel silenzio malconcio della cucina distrutta.
Avevo guardato la scena con gli occhi spalancati, impietrito, rendendomi conto del
disastro che avevo combinato, e neanche per un momento venne in mente di ridere.
Poi però sentii Loki muoversi un poco sotto di me, e allora spostai la mia attenzione su di lui.
In quell’istante scoppiò in una fragorosa risata, simile al suono di mille capricciosi campanelli.
La scena l’aveva divertito tanto che adesso non riusciva più a riprendere fiato.
“Loki... ho paura che da grande sarai un fratello molto dispettoso...”
Lui alzò lo sguardo, lacrimante per il troppo ridere, e mi sorrise per la prima volta.
Per la prima volta gli vidi fare un’espressione felice, ed era talmente contento che
sembrava gli avessi fatto il regalo più bello del mondo.
Non c’è neanche bisogno di spiegare che naturalmente fummo scoperti, e che io,
essendo l’organizzatore di quel tiro mancino, fui messo in punizione da mio padre.
Odino era un uomo intelligente, e sapeva bene che se mi avesse chiuso nelle mie
stanze assieme a Loki, non mi avrebbe insegnato niente, dato che non aspettavo altro.
Così decise di punirmi severamente, strumentalizzando proprio quell’amore fraterno
che provavo per Loki.
Mi chiuse nelle mie camere, e decise che non avrei avuto il permesso di vedere nessuno,
neppure mio fratello, per un mese intero.
Quella notizia mi sconvolse, ma non potevo che ubbidire.
Mi sentivo come un condannato a morte, e ogni giorno era sempre più duro senza
i miei amici, e senza di lui.
Trascorrevo le giornate cercando di distrarmi sui vecchi libri di avventura,
disegnando guerrieri, draghi, eroiche battaglie, ma tutto questo non serviva, sembrava non bastarmi più...
Ma per volere delle Norne quella reclusione forzata non durò a lungo, e fu proprio Loki a tirarmi fuori dai guai.
Quasi sette giorni dopo, nel cuore della notte, si mise a piangere così forte da svegliare tutto il castello.
I miei genitori accorsero al suo capezzale e cercarono di calmarlo, senza ottenere alcun risultato.
Continuò così per tutta la notte, nonostante fosse senza fiato, e senza altre lacrime da versare.
Io non riuscivo più a sopportare di sentirlo così, tanto atroce era il suo pianto,
e mi tappai le orecchie con forza, appallottolandomi sotto le coperte del letto.
Pregai gli dei che qualcuno alleviasse la sua sofferenza, perché quel grido mi
entrava sotto la carne e mi spaccava il cuore, era orribile.
Ad un certo punto però sentii le porte della mia camera aprirsi, ed io scattai in
piedi come se fosse successo qualcosa di gravissimo.
Entrarono Frigga e mio padre, mia madre mi avvicinò Loki e io lo presi tra le braccia.
Aveva le guance imporporate, gli occhi colmi di lacrime, e tremava come una foglia.
Appena mi vide, rise e qualsiasi diavolo lo avesse tormentato per tutta la notte
se ne andò con la stessa velocità con cui era arrivato.
Loki allungò una manina e giocò con i miei capelli, mentre io rivolgevo lo
sguardo ai miei genitori, tremante d’attesa per il verdetto.
Frigga guardò mio padre, lui sembrò prendere una decisione, sospirò ed infine disse:
“La tua punizione è finita. È impossibile separarvi. Tuttavia dovrai chiedere
scusa a tutta la servitù per lo scherzo dell’altro giorno. Un re dev’essere responsabile
delle proprie azioni, ricordalo sempre Thor.”
Esultai di gioia, approvando con gran baldanza qualsiasi condizione mio padre ponesse per terminare quell’isolamento.
Ero talmente felice che per un istante mi chiesi se fosse il giorno del mio compleanno.
I miei genitori se ne andarono e allora tirai in aria Loki, ridendo:
“Sentito, fratellino, siamo di nuovo insieme! Nessuno può separarci!”
Anche Loki rideva, e tutto fu perfetto.
 

Angoletto autrice:
capitolo tre.. scritto in evidente stato di eccitazione da zuccheri, l'ho riletta e mi è venuto il diabete.. e le carie.. cavolo.. -___-"" di solito non sono così sdolcinata.. chiedo venia se vi sono sembrata troppo "amorino, tesorino, orsettino picciosetto" ... nei prossimi cap cercherò di restare più nel personaggio.. perchè ho l'inquietante sensazione che stia andando proprio OOC.. O_O
detto questo.. spero che il cap vi sia piaciuto... (perchè a me non è piaciuto affatto.. XDDD)
e come al solito commentate e fatemi sapere... :)
i prossimi cap verranno meglio.. promesso..
Bacioni dalla vostra Jack.. <3


   
 
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