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Autore: doctorC    05/09/2012    2 recensioni
Storia ambientata diversi anni dopo la fine di Dragon Ball Z, quando solo pochi dei personaggi che conosciamo sono ancora in vita.
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: 17, 18, Majin Bu, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Distretto Est 439. Molti anni or sono un viaggiatore che avesse osato avventurarsi per queste lande desolate avrebbe trovato solo una casa immersa nella natura selvaggia. Oggi, un piccolo agglomerato urbano, molto affollato, occupa quest’area.
L’aspetto di questo luogo è ormai familiare a chiunque abbia viaggiato almeno una volta da queste parti, ma potrebbe certo apparir bizzarra per chi ha dormito per oltre tre secoli.
C21 si fermò a mezz’aria. Come si aspettava, la casa di Son Goku non corrispondeva più all’indirizzo che i suoi dati gli indicavano.
Scese a terra, e diverse persone rallentarono per guardarlo, ma nessuno sembrava effettivamente turbato. Vedere qualcosa di bizzarro, in quel mondo, era diventato un fenomeno all’ordine del giorno.
L’androide si era fermato davanti al complesso di edifici attorno a cui si era sviluppata la cittadina. Delle mura non troppo alte, interrotte da diversi cancelli, sempre aperti, circondavano un ampio parco.
In mezzo al verde, un edificio più grande era circondato da altri più piccoli, e da una folla di giovani sempre in movimento che popolavano questo ambiente.
C21 attraversò a passi lenti e decisi il prato verde, distinguendosi abbastanza facilmente dalla folla, sia per la sua corporatura imponente sia per l’abbigliamento decisamente bizzarro.
Accanto alla porta dell’edificio principale era affissa una targhetta: “Università Son Gohan, Son City”.
L’androide lesse il cartello, e stringendo i pugni sussurrò a se stesso: «E’ così dunque.»
Secondo i suoi dati Son Gohan era ancora uno studente liceale. Si rese conto di aver dormito troppo a lungo. Ma a differenza di quanto lui stesso si aspettasse, non era frustrazione il sentimento che provava, ma senso del dovere.
«A questo punto la missione principale diventa la caccia ai traditori. Per prima cosa terminerò le funzioni di C17 e C18, dopodiché toccherà anche a quegli impiccioni di Satan city. Una volta che non ci sarà più nessuno ad ostacolarmi, fonderò di nuovo l’esercito del Red Ribbon.»
Il cyborg si guardò intorno, una studentessa l’aveva notato, e lo fissava. Lui ricambiò lo sguardo, impassibile.
Lei gli si avvicinò e gli porse la mano.
«Il mio nome è Hiroko» disse con voce dolce, arrossendo.
L’androide ricambiò la stretta di mano, provando una strana sensazione.
Si guardarono a lungo negli occhi, in silenzio. Lui poteva sentire ed addirittura misurare le pulsazioni cardiache della ragazza crescere mentre gli stava accanto, la sua temperatura corporea era in aumento, i suoi livelli ormonali schizzavano alle stelle.
Il sorriso di C21 si allargò, mostrando appena i suoi denti bianchissimi.
La ragazza era emozionata, felice, finché un dolore lancinante la riportò alla realtà.
Era la sua mano. Probabilmente si era rotta, ma quel ragazzo che sembrava tanto gentile e affascinante non allentava la presa, anzi. Il suo sorriso adesso aveva assunto una connotazione inquietante, da psicopatico… Perché? Perché tutto questo a lei? Perché oggi?
L’ultima cosa che vide fu una luce, una luce che dopo averla attraversata avvolse l’intera area.
In poco più di un attimo, i sogni, le aspettative, gli anni di studio di quei ragazzi non importavano più nulla. Era rimasto nient’altro che polvere.
Dalla nube di morte uscì a passi lenti l’androide, illeso.
«Questo dovrebbe attirare l’attenzione di quelli che si ritengono eroi.»
Ma gli eroi erano impegnati altrove, altre vite si spegnevano a Satan City.
Buu era ancora gravemente ferito, ma cosa più preoccupante non aveva il coraggio di fare del male al suo allievo.
La bestia che aveva preso possesso di lui sfogava la sua sete di distruzione su qualsiasi cosa vedesse. Valeva la pena risparmiare una persona a cui voleva bene e vederne morire migliaia?
Maki era riuscito a stento a portare in salvo Zoster dalla furia omicida dell’Oozaru, ma la crisi sembrava insormontabile. Gli strateghi del gruppo erano Konbu, Voltaren e, ironia della sorte, lo stesso Daikon. Non aveva idea di cosa fare e non aveva idea che dietro a quel gorilla senza pietà si celasse proprio il suo compagno.
Maki decise di tentare il tutto e per tutto.
Aspettò che Zoster si riprendesse per esporgli il suo semplice piano.
«Amico mio, siamo sopravvissuti ai nostri compagni. Siamo già stati disposti a sacrificare la nostra vita una volta, ed io sono pronto a farlo di nuovo.»
Zoster, con le lacrime agli occhi, strinse la mano dell’amico. La sua vocina sembrava aver assunto quasi un tono grave e solenne nel rispondere: «Qual è il piano?»
«La sua pelle sembra fatta di pietra, perciò da dentro. Io cercherò di tenergli la bocca aperta e tu lo soffocherai entrandogli in gola.»
Zoster annuì, ma nessuno dei due era realmente convinto dell’efficacia del piano.
Maki si preparò al massimo delle sue possibilità, e corse più veloce che poteva contro lo scimmione, lo scopo era quello di attirare la sua attenzione.
Giunto a pochi passi dalla possente zampa pelosa, spiccò un salto che lo avrebbe portato all’incirca all’altezza dello stomaco, è colpendolo lì che avrebbe cercato di farsi notare.
Ma il suo piano non era destinato ad avere successo. Nonostante le dimensioni, il mostro aveva ottimi riflessi, e scacciò via il ragazzo come fosse una mosca, scaraventandolo a terra.
Buu assisteva alla scena, con una sensazione di impotenza.
Maki raccolse con disperazione le sue ultime forze per alzarsi in piedi. Ad ogni suo colpo di tosse del sangue bagnava il pavimento.
«Ehi… Scimmione!! Perché non vieni a prendermi?» urlò disperatamente, barcollando. Non sapeva bene cosa avrebbe ottenuto con questa provocazione, nella migliore delle ipotesi lo avrebbe distratto il tempo sufficiente per permettere a qualcuno di mettersi in salvo.
Daikon guardò il compagno sotto di lui, e qualcosa di umano lo mitigò. Il suo cuore rallentò mentre i pensieri animaleschi lasciavano spazio al silenzio dentro la sua mente. Rimase per qualche secondo a fissarlo, senza far nulla.
Maki riconobbe nel suo sguardo il compagno. Al contrario di quest’ultimo, i suoi pensieri affollavano così tanto la sua mente che la calca impediva a ciascuno di loro di prendere forma in parola o azione.
Un singolo, insignificante gesto dell’Oozaru cambiò tutto: senza un apparente motivo, aprì la bocca.
In quel momento Zoster rimbalzò sul terreno per ficcarsi tra le sue fauci, soffocandolo.
Il mostro ritrovò la sua furia distruttrice. Cominciò a dimenarsi gettandosi a terra, provocando non pochi danni.
Quasi come se lo ritenesse la causa del suo male, puntò Maki e spalancò la bocca di fronte a lui in quel che a prima vista sembrava un tentativo spasmodico di prendere aria.
Invece, un raggio di energia luminosa attraversò la sua bocca e il breve spazio che lo separava dal compagno. Daikon era scomparso da quegli occhi, quel che restava era solo furore allo stato puro. Questa fu l’ultima immagine della vita di Maki.
Un’esplosione d’ira divenne palpabile come uno strato di ergia che si espandeva su tutta la città. In effetti, questa veniva ora investita da scariche elettriche di colore viola. Seguendole con lo sguardo, era possibile identificare la loro provenienza: Mister Buu, circondato da una nebbia proveniente dal suo stesso corpo, gli occhi bianchi come il latte e aperti in una conformazione insolita per lui.
Aveva trovato nella sua furia il coraggio di fare ciò che andava fatto.
Mentre l’inferno imperversava a terra, sopra le nuvole comparivano nuove luci di speranza, non prive di aree di oscurità.
C18 stringeva in mano due orecchini, l’ultima speranza dell’umanità. Era ben consapevole di ciò che quegli oggetti rappresentavano. Una volta effettuata, la fusione non poteva più essere sciolta.
Dende l’aveva rassicurata, dicendole che Buu avrebbe potuto spezzare l’incantesimo, ma lei non riusciva ad essere tranquilla.
Buu sarebbe potuto morire da un momento all’altro, e con lui la speranza di far avere una vita normale a quei ragazzi. Era giusto informarli della possibilità... Ma cosa sarebbe successo se avessero rifiutato, una volta conosciuto il rischio?
A Dende non sfuggirono le perplessità della ragazza: «So cosa stai pensando. Ma più tempo aspettiamo e minori sono le probabilità di poter rendere reversibile la fusione.»
C18 venne riportata alla realtà da quella frase come fosse una secchiata di ghiaccio dritta in faccia. Se proprio doveva titubare, meglio farlo dove il tempo non era un problema.
Senza rispondere al suo Kami, si alzò in piedi e corse verso la porta della stanza speciale.
Attraversare quella soglia, era come andare sott’acqua. Dopo il punto di confine tra le due dimensioni, di colpo tutto ciò che era alle spalle non esisteva più, mentre si apriva un intero mondo davanti.
In tal modo, al suo ingresso, venne investita da un’aura nuova, che ricopriva tutta la stanza, mentre una luce abbagliante le impediva di vedere da dove provenisse.
Quando questa si fu diradata, un ragazzo di altezza media, con un fisico atletico ed un’espressione soddisfatta sfoggiava una posa da culturista.
La sua pelle mulatta era uno sfondo perfetto per la sua scura chioma alla moicana. I capelli cadevano indietro fino a toccare il colletto giallo della sua giacchetta.
C18 sentì come se un macigno le fosse stato tolto dal petto, la commozione era tale che perfino una donna orgogliosa come lei non riusciva a trattenerla.
«Ma… come ci siete riusciti?» disse tra le lacrime e la gioia.
Il nuovo guerriero incrociò le braccia, portandosi un dito al viso che gli fece assumere un’espressione saccente: «Vedi, il balletto che tuo marito ti ha insegnato va bene quando i due guerrieri hanno una corporatura simile… riflettici! Movimenti simmetrici per corpi simmetrici! Il segreto stava nel fare movimenti diversi per compensare la diversità fisica. Dopo diversi tentativi ed errori eccomi qua!»
C18 era piacevolmente meravigliata dall’ingegno dei ragazzi.
«Come dovrei chiamarti, prode guerriero?» Disse con una gioia che non provava da anni, accompagnata da una risata sincera come quelle che non riusciva ad avere da anni.
«Il mio nome è Nonbu, milady! E sono pronto a prendere a calci nel sedere quel pezzo di latta» disse fingendo un accento inglese, afferrando C18 ed accennando con lei un passo di valzer.
  
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