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Autore: RiceGrain    05/09/2012    0 recensioni
“Dov'eri?” le chiese lui, avvicinandosi.
“Sono sempre stata qui. Dov'eri tu piuttosto?”
“Sono appena arrivato, scusami.”
Ma lei l'aveva già perdonato. Ancora prima che lui aprisse bocca. “Come stai?” e quel sorriso lei non voleva dimenticarselo mai più.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Lady, where has your love gone?







Assordante. Il rumore lì dentro era semplicemente assordante. Eppure il silenzio lo era ancora di più e non c'era niente che lei potesse fare per metterlo a tacere.

Aveva provato a circondarsi di amici e di facce allegre, ma per un motivo o per un altro nessun rimedio etichettato come infallibile aveva funzionato.

C'era quel taglio nell'anima che non voleva saperne di ricucirsi.

Io adoro il campeggio. Beh sai, in Canada ci passo ogni estate in campeggio. Sarebbe divertente farlo con voi due. Dovremmo davvero pensarci.” Kyle sorrise e lei si sentì ancora peggio.

Fuori pioveva e Londra risplendeva, come annegata nelle sue stesse lacrime.

A me fa schifo il campeggio.” disse e nessuno osò controbattere.

Jill soltanto ridacchiò e si sbrigò a cambiare argomento. Era strana, Jill.

A volte sembrava celare chissà quale grosso mistero dietro le iridi color nocciola, altre sembrava limpida come un laghetto di montagna. In Germania ce n'erano tanti di quei laghetti e Jill rispecchiava la sua terra natia come e meglio ancora di un romanzo scritto a fior di labbra.

La barista dai capelli rosa si avvicinò a loro, portando tra le mani una pila enorme di bicchieri sporchi “Scusate ragazzi, devo passare” e si spostarono, lasciandola passare fra di loro e per un attimo soltanto lei socchiuse gli occhi ed immaginò di trovarsi ancora a chilometri di distanza.

Eppure si era detta che non sarebbe successo mai più. Sì, esattamente quello.

Quel fantasticare perenne senza meta, quel battito di ciglia rapido e infelice. Quel palliativo alla sua malattia incurabile dell'anima.

Dove, dove devo andare? Pensò ancora una volta e si maledisse perchè loro, le lacrime, erano sempre lì in agguato.

Si sbrigò a finire la sua Carlsberg al sapore di pioggia - o forse era soltanto la vista al di fuori delle vetrate scure dell'Hawley a darle quel retrogusto di terra bagnata? - e poi si voltò.


Si voltò una, due, tre volte.

E lo vide.

Nascosto dietro un sorriso triste, di quelli che ti pungono gli occhi per il fiume di lacrime che vorresti versare quando niente nel tuo mondo va per il verso giusto.

La giacca di pelle nera, era sicura che profumasse di pioggia. Se aguzzava la vista poteva anche scorgere le gocce ad imperlarne le spalle.

Beveva qualcosa di scuro, scuro come le pareti retrostanti. E sorrideva di nuovo. Stavolta non più triste, però.

Sorrideva a lei e per un secondo, un secondo soltanto, il taglio nell'anima si ridusse.

Dov'eri?” le chiese lui, avvicinandosi.

Sono sempre stata qui. Dov'eri tu piuttosto?”

Sono appena arrivato, scusami.”

Ma lei l'aveva già perdonato. Ancora prima che lui aprisse bocca. “Come stai?” e quel sorriso lei non voleva dimenticarselo mai più.

Anche se sapeva che poteva farle male più della cicatrice che aveva sul ginocchio, quando da piccola correndo per le scale di casa se l'era aperto letteralmente in due.

Quel sorriso poteva aprirle l'anima in due, e quel taglio che si portava dentro avrebbe finito per risucchiarla dentro di sé per sempre.

Sto bene, grazie.” disse, e in quel momento si rese conto di essere davvero sincera.

Vieni, ti offro da bere” e la condusse di nuovo al bancone.

A Jill piaceva. Piaceva da morire. Era stata lei a convincerla ad accettare il suo invito. “Devi uscirci! Devi farlo per me.”

E lei l'aveva fatto. Nonostante la sua naturale diffidenza verso l'ignoto l'avesse fatta titubare fino all'ultimo.

Non voglio casini, Jill. Non ora che gli esami sono così vicini.”

Maddai. Il ragazzo stravede per te, si vede lontano un miglio. Dagli una possibilità.”

Era stata restia quel pomeriggio a casa, mentre parlando con la sua migliore amica Vee in Erasmus in Italia, aveva scelto cosa mettersi.

Non ho bisogno di nessuno, io. Lo sai, no?”

Ma certo, splendore. Hai solo bisogno di divertirti, infatti.”

Una birra veloce e torno a casa, lo giuro.”


Quella birra veloce si era rapidamente tramutata in un Jack&Coke ghiacciato. Proprio come gli occhi di lui, mentre la fissavano da sopra il bicchiere il momento stesso in cui l'aveva fatto scontrare con il suo.

Così sei una East Ender.” rise un po'. Un po' per prenderla in giro, un po' perchè era sinceramente divertito.

Sì. E non c'è niente di divertente in questo, sai? Ho le buste della spazzatura a coprire le mattonelle dietro la vasca da bagno. E una foresta amazzonica al posto di un backyard. La prossima volta che daremo una festa, sarai il primo ad essere invitato.”

Risero insieme stavolta e qualcuno si girò a guardarli.

Forse avevano attirato qualche sguardo indiscreto. Forse la mano di lui sulla schiena di lei era stata indicativa.

Perchè non cambiamo posto?” chiese Kyle, chiaramente annoiato, interrompendoli bruscamente e Jill intervenne a tirarlo per un gomito.

Oppure possiamo semplicemente restare qui.” disse.

No va bene, cambiamo”.

Aveva paura. Se ne rese conto, perchè non riusciva a sostenere lo sguardo di lui per molto tempo. Aveva paura di scorgervi dentro quei pezzi mancanti di se stessa, probabilmente.

E così si ritrovarono fuori, di nuovo sotto la pioggia eppure stavolta non era più freddo. Non sentiva il bisogno di stringersi nella sua così fuori stagione giacca di jeans di Primark.

E poi si rese conto che era perchè lui le aveva di nuovo messo il braccio attorno alle spalle.

Voglio sapere cosa ci fai qui, in questo posto del cazzo. Ti prego, dimmelo.”

Non è un posto del cazzo, è il posto migliore del mondo. Ecco perchè sono qui.”

Un mezzo sorriso, di quelli belli ma belli da morire. “Forse hai ragione. Londra è il centro del mondo. Nemmeno io vorrei lasciarla mai.”

Camminarono così, l'uno accanto all'altra per tutta Camden High Street ed improvvisamente smise anche di piovere e si accorsero di essere rimasti indietro. Solo loro due, e i loro sogni e le loro parole ingombranti.

Si chiese dove fossero finiti Kyle e Jill e poi si rese conto che non le importava davvero.

Lo guardò, senza farsi scorgere e la sua giacca di pelle brillava adesso, sotto la luce fittizia dei lampioni.

Mi mancano le stelle, sai? Dal tetto di casa mia riuscivo a scorgerne a migliaia, all'infinito. E mi sentivo bene.”

E adesso?” le chiese lui, nonostante sapesse già la risposta.

Non stavo davvero bene, però” continuò lei, fingendo di ignorare la sua domanda.

Camden High Street era diventata Chalk Farm Road e nessuno dei due aveva intenzione di fermarsi, lo sapevano entrambi, lo sapevano i sassi sotto di loro e quelle stelle invisibili sopra le loro teste.

E poi qualcuno li fermò.:“Carta d'identità, signorina” un buttafuori grosso e scuro bloccò il loro passaggio e solo allora si resero conto di essere arrivati al pub dove tutti gli altri li stavano aspettando da chissà quanto tempo.

Gente ubriaca e felice o triste e disperata. Un campionario nauseante come l'odore di alcohol impregnato fin dentro le crepe del soffitto. Dobbiamo proprio stare qui? Si chiese lei.

Odiava Joe's. L'aveva sempre odiato e detestava essere lì con lui. Eppure si rassegnò a cercarlo dentro quella folla delirante.

Jill l'afferrò per un braccio e la trascinò verso di sé. Era già ubriaca e si reggeva a malapena in piedi. Stringeva una pinta di birra fra le mani e Kyle le portava la borsa.

Finalmente!” rise prima di venire sospinta nuovamente tra la folla.

Sospirò e si spostò i capelli su una spalla.

Una birra e me ne vado pensò e poi una mano calda come il sole di settembre scivolò attorno alla sua, intrecciando le dita alle sue e trascinandola verso lo sconosciuto proprietario.

Si guardarono senza parlare, incuranti dell'orrida musica attorno a loro e delle facce anonime e delle grida al sapore di whisky e gin e di Jill e delle sue occhiate maliziose e di quelle due ragazze bionde che avevano messo gli occhi su di lui all'Hawley e che l'avevano seguito anche lì dentro.

Si guardarono e davvero non c'era bisogno di parlare, perchè nessuna parola sarebbe mai stata in grado di riempire quel vuoto delle rispettive anime. Quel taglio che in quel momento a lei sembrava essere scomparso.

Si guardarono e si baciarono.

E il silenzio assordante che si portava dentro esplose in frammenti di stelle. E di millemila cose ancora senza nome. Lo baciò come non aveva mai baciato nessuno in vita sua. Come se poi non potesse esistere nient'altro. Come se fosse rinchiusa in un negozio di caramelle a 5 anni e potesse fare man bassa di orsetti gommosi al lampone. Lo baciò e per un attimo si scordò di essere un casino sconclusionato.

Per una volta, una volta soltanto nella sua vita fu sicura, senza nessun tipo di dubbio, di essere dove avrebbe sempre dovuto essere. Con chi avrebbe sempre dovuto essere.

E poi lui si allontanò e la guardò negli occhi e sorrise e le chiese se stesse bene e come avrebbe mai potuto fargli capire esattamente quanto si sentiva bene?

Restò in silenzio invece, abbassando semplicemente lo sguardo perchè davvero l'intensità di quegli occhi color smeraldo era atroce e sorrise a malapena. E lui la baciò nuovamente.

E poi un'altra volta. E un'altra ancora. E nessuno dei due sembrava intenzionato a smettere.

E a lei venne in mente un'estate di tre anni prima quando si era svegliata con una sensazione acuta all'altezza dello stomaco per un sogno che aveva fatto, un sogno che le era sfuggito del tutto ma di cui ancora conservava il sapore estatico di qualcosa che è scritto nel destino. E in quel momento, confusa fra la giacca di pelle di lui e la parete di marmo alle sue spalle, lei seppe che quel sogno si era avverato.

Voglio conoscerti” le disse poi lui.

Sei troppo alto per me” rispose lei, cercando di scherzare. Perchè sapeva che il taglio nell'anima non se n'era ancora andato.

Lui scosse la testa e si abbassò in ginocchio, facendola ridere. “Adesso va meglio?”

Molto.”

Bene. Adesso ci vieni a casa con me?”

E a lei venne in mente che sarebbe potuto finire tutto l'indomani. E che comunque si era stancata delle regole. E anche di una vita che in fin dei conti le era sempre andata troppo stretta.

Ma comunque rispose che no, non c'andava a casa con lui. Che la sua amica Jill si sarebbe preoccupata e che il suo coinquilino le avrebbe dato il tormento l'indomani per i dirty details.

Solo che commise l'errore di guardarlo nuovamente negli occhi e lì, fra le sopracciglia arcuate e un accenno di sorriso perplesso, si rese conto che quel ragazzo assurdo, per qualche motivo ancora più assurdo voleva davvero conoscerla.

Come non aveva mai voluto fare nessuno.

Stavolta fu lei a baciarlo, stringendosi stretta contro il suo petto e respirando a pieni polmoni il suo profumo muschiato.

Non devi fidarti di me, figurati. Devi solo venire a casa con me. Tutto qui” continuò lui poi.

Non mi fido di te, infatti.” e nonostante volesse convincersi delle sue parole, si rese conto che qualcosa di lui le ispirava fiducia invece. Qualcosa di indefinibile, certo. Ed inafferrabile anche. Ma comunque fu quel qualcosa a farle dire che d'accordo sarebbe andata a casa sua per una birra punto e basta.

Una birra punto e basta.” le fece eco lui. “Sembra ragionevole.”


Pioveva di nuovo per strada e lui la prese per mano, portandosela un po' più vicina.

Ho un ombrello sai?” disse lei, cercando nella sua grande borsa.

Cosa aspettavi a dirlo?”

Mi piace camminare sotto la pioggia.”

Anche a me. Ma questa è un po' più di una semplice pioggia, non ti pare?”

Risero tutti e due e il taglio davvero sembrava non esserci più.

Chalk Farm Road tornò ad essere Camden High Street, nonostante il diluvio attorno a loro rendesse tutto confuso e grigiastro e bagnato e dolce in un certo qual modo amarognolo.

Ma è lontana casa tua?” chiese lei, sperando forse che lui le dicesse che non esisteva nemmeno una casa, che sarebbero fuggiti insieme, senza zaini, solo loro due e un ombrello malconcio.

Pensavo avessi detto che ti piaceva camminare sotto la pioggia...?” di nuovo quel tono per metà canzonatorio, per metà preoccupato che lei potesse prendersela a male.

Certo che mi piace. Magari mi piace di più quando non c'è il diluvio universale ma vabeh. Non si può avere tutto nella vita.”

Sai non dovresti criticare tanto la pioggia. La pioggia è buona. Sotto la pioggia si possono fare un sacco di cose.” fece lui, bloccandosi poi all'improvviso, come se fosse stato colto da un pensiero fulminante e volesse renderla partecipe.

E lei ebbe a malapena il tempo di rendersi conto che la pioggia era addirittura aumentata, che le braccia di lui la avvolsero e di nuovo le sue labbra furono sulle sue, a fondersi un'altra volta ancora con lei, dentro di lei.

Era confortante baciarsi così, nel mezzo del nulla, sotto un torrente di pioggia talmente rumorosa da annientare qualsiasi altro suono.

L'ombrello che lui stava reggendo scivolò via e loro si strinsero ancora di più, come a volersi proteggere dal mondo lì intorno, uno lo scudo dell'altra.

Che clichè, ti prego.” fece poi lei, tornando con i piedi per terra e raccogliendo l'ombrello finito tristemente sul marciapiede.

Baciarsi sotto la pioggia torrenziale? Sto morendo di freddo.” non voleva certo essere così dura, ma la paura di farsi male era tanta ed era imponente e lui lo capì perchè per tutta risposta le offrì semplicemente la sua giacca. Che lei puntualmente rifiutò.

Forse dovrei andarmene adesso pensò di nuovo lei e lo guardò un attimo, quasi sperando che potesse dargliela lui una risposta.

Cosa devi fare domani?” le chiese, invece.

Beh...” cosa doveva fare domani? Avrebbe dovuto studiare, Media Law certo non aspettava lei. E avrebbe dovuto pulire tutta la cucina prima che Delilah, la sua coinquilina francese, si svegliasse.

Sarebbe stato meglio così, in effetti. Ci pensò un attimo e si voltò, cercando forse quell'N253 direzione Euston che l'avrebbe ricondotta a casa.

Non so come tornare a casa da qui” non voleva dirlo ad alta voce, ma lo fece e lui la prese per mano “Pensaci domani, stanotte è solo per noi”

Lo guardò di nuovo, quel ragazzo strano che veniva da Ladbroke Grove ma viveva come un rifiuto della working class, e capì che voleva essere sua e che lui fosse suo.

Andiamo” disse semplicemente.

E lo seguì. Non sapeva dove, non sapeva nemmeno esattamente perchè. Lo seguì e basta.

Forse non dovevano per forza esserci delle risposte a tutto, forse era giusto così e alla fine chi decideva cos'era giusto e cosa sbagliato?

Si concentrò solo sulla mano stretta attorno alla sua e smise di pensare.























   
 
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