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Autore: REAwhereverIgo    05/09/2012    5 recensioni
Che succederebbe se una ragazza con autostima pari allo zero si innamorasse di un bellissimo motociclista? E se le sue sorelle si mettessero in mezzo per darle una mano, rischiando di peggiorare la situazione?
Spero che questa storia sia di vostro gradimento, io di sicuro mi divertirò a scriverla! Rea
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Finalmente una soluzione per Emma

Emma si sentì senza il fiato mancare e i battiti del cuore accelerare, poi un leggero bacio sul collo la fece quasi piangere.

Ho bisogno di parlarti” disse Jason, togliendole le mani da davanti agli occhi. La ragazza le sentì scorrere sul collo fino ad arrivarle alle spalle, poi percepì il calore del suo abbraccio, che la scaldò anche dentro.

Rimasero zitti per un po’: nessuno dei due aveva il coraggio di rompere quel momento perfetto.

Di cosa hai bisogno?” chiese alla fine lei. Con suo grande dispiacere le sue mani la lasciarono, e le mancò subito quel contatto con la sua pelle, ma se lo ritrovò davanti un attimo dopo.

I-io… io voglio scusarmi con te” ammise. Lei spalancò gli occhi.

Con me?! Perché?

Per come mi sono comportato, per quello che ti ho fatto passare. Per le lacrime che hai versato per me, per il dolore che hai sofferto… per tutto” rispose.

Emma rimase allibita da quelle parole, poi lo guardò.

Ma tu… cioè, come…” fu bloccata da un suo bacio arrivato inaspettato, incredibilmente dolce e bellissimo.

O-ok, aspetta un secondo” provò a dire, ma Jason la fermò di nuovo, prendendole il viso tra le mani e tenendola stretta a sé, fin quando non ebbe più fiato e dovette staccarsi per respirare.

Mi stai togliendo il respiro” ammise la mora.

Sì, anche tu” rispose l’uomo, riprendendo a baciarla.

N-no, fermo! Stavo parlando letteralmente” lo bloccò, ridendo.

Oh, scusami” si ritirò lui, rimanendo però con una mano sulla sua guancia.

Non dicevo che mi dispiaceva” s’imbronciò lei. Jason sorrise, poi la guardò intensamente.

Come mai ti sei mosso per venire da me?” gli domandò, tornando seria.

Iniziamo da principio: sono stato un idiota, e per questo ti chiedo perdono. Non volevo farti del male, né volevo che tu pensassi che non me ne importa niente di te, però non… non potevo nemmeno starti accanto. Io sono un professore, tu…

Una studentessa. Questa frase me l’ha ripetuta Rea seimila volte negli ultimi giorni” sbuffò Emma. Lui rise sommessamente e scosse la testa.

Rea. Certo che tua sorella è proprio un tipino testardo” commentò. Lei non capì e lo fissò confuso.

Non ho capito” ammise.

Credo che tu sappia che stamani mi ha parlato, giusto?

Certo che lo so, è uscita prima apposta

Esatto. Sai anche come mi ha parlato e cosa mi ha detto?

No di certo. Mi sono rifiutata di sapere qualsiasi cosa

Ecco. È una che ci va giù pesante con le parole, mettiamola così. Mi ha fatto aprire gli occhi dicendomi delle cose piuttosto forti, ma purtroppo reali. Ed ora sono qui” spiegò. Emma rimase un secondo pensierosa.

Rea? Cioè no, aspetta… Rea ti ha convinto?” si stupì lei.

. E Fabio le ha dato una mano” confessò.

Ah, perché si parlano di nuovo?” domandò.

No, non penso. Almeno non da quello che è venuto fuori dalla discussione con lui. Ma torniamo a noi

Sì, scusami, adesso sto zitta” promise.

Comunque non devi credere che di te non mi interessi niente. Non devi farlo mai, nemmeno se ti sembrerà così. Tu sei… tu sei la cosa più importante che esista per me, qui e ora

Ma tu hai detto che non possiamo!” ribatté lei.

L’hai detto tu, poco fa. Io sono una studentessa e tu un professore, e questo non cambierà

E’ vero, ma non cambieranno nemmeno i miei sentimenti nei tuoi confronti. Se tu mi dirai di non essere pronta per avere una relazione con un uomo che ha il doppio della tua età e che, per di più, non ti può assicurare niente fino a luglio io ti capirò. Io capirò il tuo disagio e me ne farò una ragione. Al contrario, se vuoi rischiare, vuoi provarci almeno, allora io ti starò accanto. Sarò qui ogni qualvolta vorrai, ti stringerò, ti abbraccerò e farò di tutto per renderti felice” le promise.

Ma devi scegliere tu” disse.

Emma non credeva alle proprie orecchie, aveva paura di sbattere gli occhi perché temeva di svegliarsi. Non era possibile che Jason (il suo Jason) fosse sul serio inginocchiato di fronte a lei a chiederle amore. Non era plausibile.

Le vennero gli occhi lucidi per l’emozione, ma non proferì parola: preferì prenderlo per la maglietta e tirarselo contro.

Quando le loro labbra si scontrarono entrambi iniziarono a baciarsi con foga, felici, impauriti, innamorati, vogliosi… avevano bisogno l’uno dell’altro.

E, per quel momento, qualsiasi altra cosa che fosse al di fuori di loro poteva anche andare al diavolo.

 

 

Rea li aveva spiati fino in fondo, piangendo di felicità quando la sorella aveva preso la decisione migliore. Certo, non sarebbe stato tutto rose e fiori, soprattutto all’inizio, ma lei avrebbe fatto in modo che tutto andasse per il meglio. Sarebbe stata accanto a Emma e Laura per aiutarle e dar loro manforte nei momenti difficili, le avrebbe sostenute.

Decise di lasciarli soli e uscì di casa silenziosamente, sorridendo al pensiero della loro felicità.

Bene, e ora che faccio? Potrei andare da Johan… ah, no. È con Laura” iniziò a ragionare. Si mise a camminare stringendosi nel piumino. Il vento novembrino le sferzava il viso facendola rabbrividire.

In effetti, a pensarci bene, sono rimasta sola. No, niente tristezze: Emma è felice, Laura è felice, Johan è felice, Jason è felice… loro stanno bene, e devo essere allegra. Devo mostrare che anche io sono felice per loro. Devo sorridere e non… non essere egoista. Io devo… devo aiutarli, devo portare gioia nelle loro vite… devo… devo…” ma la frase fu rotta dal pianto sommesso della ragazza. Senza nemmeno rendersene conto i suoi occhi avevano iniziato a lacrimare, e non riusciva a fermarli. Non voleva piangere, davvero: avrebbe voluto semplicemente proteggere da lontano quelli che amava.

Ma lì, in mezzo alla strada grigia, in un freddo venerdì pomeriggio, si rese conto di essere rimasta sola.

Tutto sommato non volevo questo? Essere sola con me stessa. Nessuno avrebbe mai potuto ferirmi o deludermi. E allora cos’è? Cos’è questo terribile senso di oppressione che ho nel petto? Cos’è questo dolore lancinante che provo vicino al cuore? Mi fa male…” si chiese, portandosi una mano all’altezza del cuore e cercando di respirare con calma. Si sentiva oppressa, non riusciva  a prendere fiato per bene. Era come se qualcosa le ostruisse la gola, e iniziò a venirle il fiatone.

Perché sono sola? Perché non c’è nessuno qui per me? Dove sono tutti, ora che hanno la loro felicità?” domandò ad alta voce, appoggiandosi al muro. Sentiva che le gambe le stavano cedendo, iniziava a vederci sfocato.

Come mai non ho qualcuno che mi protegge come faccio io con gli altri?” continuò. Si accasciò a terra. Non si sentiva affatto bene.

Ma non dovrei… non dovrei fare questi discorsi, non dovrei essere egoista. Dovrei rallegrarmi… sono allegra… io sono felice per loro… davvero…” disse, sempre più flebilmente.

E’ per me stessa che non riesco ad essere felice” ammise.

La vista si fece sfocata e cadde a terra, senza sapere come mai. Vide un’ombra che si avvicinava e cercò di focalizzarla: era alta. Riusciva a vedere solo questo.

Signore, mi può proteggere lei?” implorò, prima di svenire.

 

“Rea? Rea, mi senti?”

Chi è che la chiamava? Dov’era?

“Rea, tesoro, apri gli occhi” mamma? Come mai la mamma mi sveglia? Non lo fa da quando avevo sei anni.

“Secondo me dovremmo chiamare un’ambulanza”  per chi?

“No, per il momento no. È solo svenuta, lo ha detto quel ragazzo”

Lei gemette, e aprì gli occhi con fatica. Vedeva tutto il mondo girarle intorno, ma piano, piano riuscì a focalizzare almeno le persone intorno a sé: mamma, papà, Emma e Laura.

C-che cosa… che cosa è successo?” domandò, confusa.

“Stai giù, tesoro, va tutto bene” la rassicurò la donna, posandole sulla fronte uno straccio bagnato.

Dove sono?

“In camera tua. Sei qui priva di coscienza da almeno un paio d’ore” rispose l’uomo.

Due ore? Ma io sono uscita di casa per lasciare soli Emma e…

Ehm, ehm!” la fermò sua sorella, schiarendosi la voce. Anche in quello stato confusionale lei capì la minaccia velata e si zittì.

Comunque che ore sono?

Le quattro, più o meno” disse Laura, controllando l’orologio.

Mamma, papà, voi dovreste essere al lavoro!” protestò, fermando la donna che continuava a passarle il panno sulla testa.

Shh, non ti preoccupare, va tutto bene. Le tue sorelle ci hanno chiamate dicendo che ti avevano portata a casa svenuta e ci siamo precipitati qui” la tranquillizzò.

Svenuta? Portata a casa? Ma che…?” vide le due ragazze scambiarsi uno sguardo preoccupato, poi tornarono a fissarla.

Probabilmente hai avuto un malore quando sei uscita e devi aver perso i sensi senza nemmeno rendertene conto. Non hai visto chi ti soccorreva, vero?” dedusse la mora.

L’ultima cosa che ricordo siete tu e…” lei le lanciò un’occhiataccia.

Comunque non ricordo altro. Ho un buco totale, come se non avessi vissuto i momenti successivi” ammise, contrariata.

“Non ti preoccupare, prima o poi ti tornerà tutto in mente. Adesso riposati, Emma e Laura rimarranno con te per il momento. Se hai bisogno chiedi a loro” le disse il padre, alzandosi e dandole un bacio sulla fronte.

Va bene, grazie papà” rispose. Vide uscire lui e la madre dalla sua stanza e poi posò lo sguardo sulle sorelle.

Cos’è successo davvero?” domandò senza mezzi termini. Loro si guardarono preoccupate e poi scossero la testa.

Noi non possiamo dirtelo” confessò la bionda.

Che cosa?” esclamò lei, mettendosi a sedere e facendo cadere il panno.

Abbiamo promesso. È stato un giuramento solenne, come quelli che fai tu: un segreto per un segreto. È un patto di sangue, lo sai” le spiegò, impaurita dalla sorella.

Ma non potete nascondermi ciò che sapete! È una cosa che riguarda me” si ribellò arrabbiata.

In realtà riguarda più noi che te, per cui tranquillizzati. Sei svenuta per strada e ti hanno riportata a casa. Fatti bastare questo perché abbiamo le mani legate, stavolta” le consigliò Emma.

Non dovrebbero esserci segreti tra di noi, lo sapete!” ribatté.

Fossi in te non lo direi, Rea, perché sei la prima a nascondere le cose” la freddò la mora, con uno sguardo che non lasciava molto spazio all’immaginazione: o stai zitta o è la volta buona che ti tiro un ceffone.

Lei chiuse la bocca e si rimise sdraiata.

Comunque, anche se non c’entra molto col discorso, ti faccio i miei auguri” disse dopo un po’.

A chi?” chiese Laura.

A lei. Finalmente hai il tuo Jason, giusto? Per cui sarai felice adesso” dedusse. Il suo tono di voce sembrava arrabbiato, ma, quando guardò la sorella, un enorme sorriso si era dipinto sul suo volto.

Chiedigli se ha voglia di mettere una buona parola per me col prof di filosofia, visto che io oggi sono uscita per lasciarvi spazio. E ora non me la sento di studiare. Anzi, se mi potete lasciare sola, ve ne sarei grata. Non mi sento molto bene” chiese gentilmente. Loro due annuirono.

Se hai bisogno di qualcosa chiama” “Non farti scrupoli” si raccomandarono prima di uscire.

State tranquille, starò bene anche da sola” assicurò. Emma strinse le labbra.

Temevo che avresti detto così” ammise criptica, uscendo dalla stanza e lasciandola da sola.

Adesso si era ricordata come mai era svenuta, ma non poteva spiegarlo a nessuno. Era stupido avere una crisi respiratoria per una cosa stupida come quella. Se le tue sorelle si fidanzano devi essere felice per loro e allegra. Devi sorridere e ascoltare i loro melensi racconti. Devi farlo. O, almeno, dovresti.

Rea si chiese come mai stesse di nuovo piangendo, e si tirò la coperta sulla testa per ripararsi dal mondo esterno. Aveva bisogno di aiuto. Aveva bisogno di qualcuno che le stesse accanto nonostante le sue stramberie e la sua lunaticità. Ne aveva bisogno davvero.

Ma il suo problema, purtroppo, era che non era in grado di dirlo ad alta voce. Non si chiede aiuto, mai. Chiedere aiuto significa dare il peso della propria sofferenza a  qualcun altro, farlo piegare per portare con te un macigno che, con un po’ di sforzo, riesci a portare anche da sola. E non è giusto farlo, non è giusto aggrapparsi ad altri. Nonostante questo, Rea non ce la faceva più.

Strinse il cuscino al petto e si addormentò, cadendo in un sonno senza sogni.

 

  
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