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Autore: Blu Notte    05/09/2012    4 recensioni
Immaginiamo che Loki abbia vinto la prima battaglia, e che sia riuscito a impadronirsi di New York. Immaginiamo che lui e i Chitauri abbiano reso schiava la popolazione di un'intera città.
Leah è una prigioniera, come tutti gli altri. Costretta ad assistere ogni giorno a uno scenario di disperazione e di morte.
Ma qualcosa cambierà, grazie a lei. Il destino della Terra non è ancora stato scritto, così come il destino di qualcun altro.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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                                            L'Illusore


All'incirca un'ora dopo uscii dalla stanza, con due piatti, un bicchiere e una bottiglia di vino, perché l'acqua – per il comandante di un esercito alieno – mi sembrava una bevanda un po' troppo ordinaria.
L'alieno era lì che mi aspettava, naturalmente.
Osservò con la loro tipica freddezza la roba che tenevo in equilibrio precario sulle braccia, ma non accennò a darmi una mano.
Ovvio. Io ero la schiava, lui il padrone.
Iniziò a farmi strada, e io lo seguii, riluttante.
Dovetti concentrarmi al massimo sui miei passi per non rovesciare tutto. Mi chiesi quali sarebbero state le conseguenze, se lo avessi fatto.
Frustate dalla megera, forse. Succedeva raramente, ma ogni tanto avevo visto qualcuno punito così.
O forse.. peggio.
Sbirciai i passi meccanici dell'alieno, i suoi occhi senza luce, e per un istante fui invasa dalla paura.
Tuttavia la repressi subito, come un singhiozzo. Non potevo permettere che il tremore delle mie braccia fosse la causa della mia morte.
Il corridoio di pietra terminò in un'ampia sala circolare.
La prima cosa che mi stupì fu la luce. Convogliava in quell'ambiente come un fiume in un lago.
Era tanto che non vedevo una luce così.. viva. Somigliava a quella della prima parte della sera, quando il sole era appena sparito oltre l'orizzonte, e la fascia rosso ardente nel cielo si era dissolta da pochi istanti. Quando le ombre non avevano ancora preso il controllo del mondo, e se lo disputavano con la luce.
Solo dopo, dopo questa luce, notai l'arredo umano.
Il lungo tavolo di legno, dall'aspetto solido, le sedie placcate d'oro..
Dopo ancora, alla fine, vidi la persona presente in quella sala.
La osservai con curiosità.
Era un ragazzo, di quella che sembrava una decina d'anni più grande di me. Magro, avvolto da un mantello verde, e dai capelli dritti, lunghi e neri.
Ma erano gli occhi l'elemento che dominava sul suo volto. Grandi, chiari, del colore dell'acqua dei laghi di montagna, e assolutamente espressivi.
In quel momento erano assorti.
Non ci stava guardando, probabilmente non si era accorto del nostro ingresso..
In quel momento, nel mio cervello scattò qualcosa.
La mia mente fece un rapido ragionamento che, onestamente, avrebbe dovuto produrre subito. Avrebbe dovuto essere immediato, lo so. Avrebbe dovuto essere ovvio, ma per me non lo fu.
Quando mi accorsi che l'Illusore doveva essere quel ragazzo, provai un tuffo al cuore.
L'alieno fece un cenno rispettoso con la testa, e raschiò lievemente i suoi piedi corazzati contro il pavimento di pietra. In quel modo l'Illusore lo sentì, e si voltò verso di noi.
I suoi occhi erano strani, confusi. Come una pianta che viene strappata dal più profondo della terra, così l'alieno lo aveva estirpato da chissà quali pensieri.
Ma l'Illusore non aveva intenzione di abbandonarli.
Appurato che non era nessuno di importante, si portò una mano sotto le labbra, come per grattarsi il mento, e ritornò ai suoi pensieri. Fece appena un gesto di congedo all'alieno, che annuì, si voltò e abbandonò la sala.
Dopodiché l'Illusore disse a me, di nuovo assorto: -Posali sul tavolo.-
Io rimasi immobile per qualche secondo, prima di realizzare che dovevo obbedire. Così mi avvicinai al tavolo.
Poggiai i due piatti l'uno vicino all'altro, sul posto davanti a una sedia. Piegai il tovagliolo accanto ai piatti e vi poggiai sopra forchetta e coltello. Stappai il vino, lo versai nella coppa e la misi davanti ai piatti.
Poi mi scostai, e osservai l'Illusore.
Era ancora assorto, e adesso i suoi pensieri gli avevano oscurato gli occhi. Muoveva impercettibilmente la testa contro la mano sul mento, e i suoi occhi diventavano sempre più scuri..
-Qui è pronto.- Dissi, di getto.
Il movimento impercettibile della testa cessò. Alzò gli occhi su di me. -..Cosa?-
Mi agitai. -È.. è pronto da mangiare. Cioè.. se aspetti viene freddo. Qui non avete il microonde, non si può scaldare.-
Mi guardò, ancora confuso. Poi mi indicò con la mano -Tu.. saresti una degli schiavi?-
Le mie sopracciglia si contrassero. Sentii le parole fluire prima di riuscire a fermarle. -No. Sono Leah.-
..Avete presente quando vorreste spiccare un salto, e riacciuffare la frase detta prima che raggiunga l'orecchio dell'interlocutore? Ecco, quella è stata la volta dove più mi sembrò possibile farlo, tanto quell'attimo mi parve interminabile.
Vidi il sopracciglio dell'Illusore alzarsi lentamente. Poi gli scappò una risata. -Leah?- Ripeté.
Non era tanto diverso da un bambino, quando rideva. Non per l'immaturità o l'ingenuità, o qualcos'altro di negativo, ma per qualcosa di indefinibile.. L'unica differenza era la piega del sorriso, nei bambini dolce, nell'Illusore amara.
Già.. eppure, chissà perché, l'amarezza non si estese fino agli occhi. Quelli rimasero grandi, espressivi, e un po' confusi.
Mentre pensavo questo, tentai contemporaneamente di salvare la situazione. -Sì, Leah. Sai, noi umani abbiamo la caratteristica di essere diversi l'uno dall'altro, per questo ci diamo dei nomi.- Dissi, e non potei evitare una punta di sarcasmo. -Ci piacciono cose meno complesse che Illusore.-
Lui si avvicinò al tavolo dove avevo posato la roba – quindi a me – ma non parve irritato. Una traccia del riso di prima rimase ancora sul suo volto. -Ma il mio nome non è Illusore.-
Io non arretrai, benché ne fossi tentata. -E allora qual è?-
Lui si fermò a qualche passo da me, e mi guardò. -Loki.- Rispose.
Strinsi gli occhi. Lo osservai.
Loki.
Dunque era lui?
Mi spiego meglio..
Era quello il nome che stavo cercando? Quello il volto che volevo odiare?
Avrei potuto riuscirci benissimo. Sentivo l'odio premere contro le dighe della mia umanità, sarebbe bastato un non nulla per permettergli di entrare, inondarmi l'animo e trasportarmi dovunque egli volesse.
Sarebbe stato semplice, sarebbe stato piacevole.
Però.. però quegli occhi non mi convincevano. Perché l'amarezza non era giunta automaticamente fino a loro? Perché era rimasta solo nelle pieghe delle labbra?
Avrei potuto odiarlo sin dal primo istante, ne avrei avuto il diritto, ma non lo feci.
Loki smise di guardarmi, indifferente. Si sedette al tavolo, e mi rivolse appena un cenno. -Puoi andare se vuoi.- Disse.
Rimasi lì, un po' titubante. Poi dissi -Pensavo di dover cucinare il loro cibo.-
Voltò la testa verso di me, interrogativo.
Mi spiegai meglio. -Quello che ti ho preparato..- Accennai al piatto -.. fa schifo. Non sono capace a cucinare.-
Mi osservò. Poi, come prima, gli scappò un sorriso divertito, anche se amaro, e poi una risata. La sentii saltellare nell'aria per qualche istante, prima che si spegnesse. -Tu..- Loki prese il calice di vino -.. tu non sei una schiava molto furba, vero?-
Mi irrigidii. -Sono furba abbastanza da essere sopravvissuta fino ad adesso.-
Sorridendo ancora, finse di ritrarsi impercettibilmente. -Hai ragione, perdona il mio poco tatto.-
In quel momento, sentii una breccia nella mia umanità.
-Posso chiederti una cosa?- Sputai. -Perché lo hai fatto? Perché hai dovuto venire qui e distruggere tutto ciò che avevamo costruito? Cosa ne hai ricavato?-
Mi guardò con un misto di superiorità e divertimento. Il suo tono divenne tagliente. -L'ho fatto perché voi esseri umani, voi che vi proclamate tanto liberi e indipendenti, avete solo bisogno di un padrone che vi dica cosa fare. È vostra natura essere sot..-
-Sì, questa l'ho già sentita.- Lo interruppi. -Intendevo il motivo vero.-
I grandi occhi di Loki per un attimo si fecero confusi e spiazzati. Nuovamente estirpati, non da un pensiero, ma da un'illusione. L'illusione con cui stava cercando di convincermi.
-Cosa ti abbiamo fatto noi terrestri?- Sussurrai, sarcastica. -A me puoi dirlo, intanto sono una schiava, di qua non me ne posso andare.-
Loki si alzò in piedi. -Sì, sei una schiava, e di solito gli schiavi hanno il buon senso di tacere.-
Arretrai un poco.
-Sai una cosa, Leah?- Proseguì. -Dovreste imparare a obbedire al vostro padrone.-
-Che saresti tu?-
Loki finse di guardarsi attorno, ma non c'era divertimento nei suoi occhi. -Vedi forse qualcun altro che vi ha finalmente ridotti in catene, in ginocchio e a testa china? Dove avreste sempre dovuto stare?-
Lo guardai, fredda. -Mi chiedo quale sia il tuo piano.- Dissi. -Ammesso e non concesso che tu riesca a impossessarti di tutta la Terra, cosa farai dopo?- Fece per aprire la bocca e parlare ma lo precedetti. -Te lo dico io, Loki. Soffrirai. Soffrirai come un cane, come hanno fatto tutti quelli come te, e inizierai a desiderare la morte. Perché se pensi che l'odio sia eterno, ti sbagli di grosso. L'odio è come la passione nell'amore: svanisce. E se non c'è dietro nient'altro, non ne rimarrà neanche la cenere. Per cui, Loki, pensa bene a quello che stai facendo, perché gli anni da vivere sono lunghi, e dovrai conviverli con te stesso.-
Loki rimase immobile, a osservarmi. I suoi occhi erano di nuovo grandi e confusi.
La risposta che prima aveva voluto darmi era sfiorita fra le sue labbra ancora semi aperte.
Io abbassai lo sguardo, mordicchiandomi le labbra.
Passò qualche istante silenzioso, poi lo alzai.
-Con permesso.- Dissi.
Mi voltai e me ne andai.


In realtà, non so perché lo feci. Non so perché gli dissi quelle cose.
Mi erano uscite così, dalle labbra.
Fin da bambina mi avevano sempre detto che avevo una grande empatia nei riguardi delle altre persone. Sapevo cogliere i gesti, le esitazioni, i lievi mutamenti dei toni di voce..
Io non me n'ero mai accorta, erano tutte cose che facevo automaticamente.
Ma, ancora oggi, ritengo che la prima cosa da osservare in una persona siano gli occhi. Gli occhi non mentono, non possono mentire se si allacciano direttamente all'animo.
Magari la verità può essere nascosta, sepolta, ma da qualche parte, nel fondo di quelle pozze, c'é. E si può scorgere.
Forse è per questo che dissi quelle cose a Loki. Perché scorsi qualcosa nei suoi occhi.
Non era granché come Illusore, i suoi occhi parlavano come non avevo mai visto fare.
E – benché avessi dovuto odiarlo, disprezzarlo – non potei fare a meno di rivederli nella mia mente per tutto il giorno.

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Bonjour, ed ecco qui il secondo cap (cioè.. terzo, se contiamo anche il prologo :P) Spero che vi sia piaciuto! Se avete letto, commentate per favore! Voglio i vostri pareri e sapere cosa ne pensate. Intanto ringrazio le due lettrici che hanno commentato fino ad adesso :)
Un bacione a tutti quanti
Silvia


  
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