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Autore: LiquidScience    05/09/2012    2 recensioni
[Spin-off della serie A-Team]
Ed ecco, quando tutto sembra andare sempre in peggio, che fa la sua ricomparsa l'A-Team, dopo molti anni di inattività. Ma i membri che lo compongono non sono gli stessi, ma i loro figli, riuniti insieme da uno scherzo del Destino.
La storia inizia con il racconto di Mike Murdock, intervistato da una giornalista.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dieci anni fa i figli di un commando specializzato operante in Vietnam rifondarono un leggendario gruppo sciolto da tempo. Usando un vecchio negozio come quartier generale, vivono a Los Angeles, lavorando in incognito. Sono tuttora in azione, se avete un problema che nessuno può risolvere, e se riuscite a trovarli, forse potrete ingaggiare il nuovo A-Team!

Hun stava mettendo a posto alcuni “nuovi” arrivi al negozio di antiquariato da un grosso scatolone posato al centro della sala, mentre Maddie, nel retrobottega, stava ripassando tutti gli argomenti studiati all’università durante l’anno. Le serviva un po’ di pace e tranquillità e quel posto era perfetto.
C’era un silenzio tombale, rotto ogni tanto dal rumore di un oggetto posato da qualche parte, una pagina sfogliata o un libro chiuso.
Smith stava mettendo il prezzo al penultimo oggetto quando il telefono squillò.
Entrambi si girarono verso questo.
Hun si avvicinò e alzò la cornetta.
“Negozio d’antiquariato ‘Vecchi Ricordi’. Come posso esserle utile?” disse, recitando la classica frase formulare. A giudicare dall’espressione che fece poco dopo, non doveva essere sicuramente un cliente.
Maddie smise di leggere il libro che aveva in mano. Sentire Hun rispondere a monosillabi o semplicemente con un ‘hmmm-hmmm’ la faceva preoccupare: non era da lui.
Smith appoggiò la cornetta lentamente e inspirò.
“E’ successo qualcosa?” chiese la ragazza.
L’altro si girò, visibilmente molto preoccupato.
“Hanno rapito James” rispose Hun. Tre semplici parole, ma con un grande effetto.
Maddie non perse tempo e fece il numero del fratello.
“Matto di Casa 24 ore su 24, direttamente a casa tua, addio lavori domestici!Come posso esserle utile?” disse il matto.
“Mike, prepara il protocollo di fuga numero 34. Codice 5” disse velocemente la sorella.
“Arrivo subito” rispose Mike, con un tono pacato ma che lasciava trasparire della preoccupazione.
Hun la fissò con uno sguardo interrogativo.
“Protocollo numero 34? Codice 5? Cosa sono?” chiese.
“Ti ricordi quella volta che abbiamo dovuto fare una missione senza Mike perché i medici avevano intercettato la sua fuga e rinchiuso in una cella di isolamento?” disse la ragazza.
“Oh, sì, me lo ricordo”
“Ecco, da allora abbiamo fissato una specie di codice in modo che, se qualcuno avesse origliato, non avrebbe capito i piani. Le fughe sono ordinate in ordine di sicurezza: la 34 è una di quelle che ha una probabilità di essere scoperti in anticipo molto bassa. I codici invece sono numerati da 1 (priorità bassa) a 5 (priorità massima)” spiegò Maddie, lasciando a Hun un’espressione stupita.
“Bravi! Meglio di un pronto soccorso”
“Mi stupisco di come Mike sia riuscito a imparare a memoria tutti i 40 piani” aggiunse Maddie, facendo il numero di Spike.
 
***
 
Una volta ‘ritirato’ Mike dall’ospedale, Maddie raggiunse Spike e Hun al negozio. Si sedettero tutti nel retrobottega per discutere della situazione.
“È arrivata una telefonata prima.  Hanno rapito James” disse Hun, serio.
“Cosa?! Si è fatto rapire? Che femminuccia!” commentò Spike, stupito. Maddie, seduta di fianco a lui, gli lanciò un’occhiata fulminante.
“Scommetto 10$ che lo hanno catturato con una bella ragazza. Tipico” disse la ragazza, scuotendo la testa.
“Io scommetto altri 10$ che sono stati due gorilla grossi come un armadio a rapirlo” ribatté Mike, seduto di fronte alla sorella, con un tono di sfida.
“Ci sto!” rispose l’altra, fissandolo negli occhi.
“Tornando a noi” disse Hun, interrompendo i due fratelli “il rapitore ha detto di aspettare successive istruzioni, che ci fornirà tramite un telefono pubblico davanti al supermarket, alle tre in punto di questo pomeriggio. Beh, sapete già come fare”
Gli altri tre annuirono.
 
***
 
Hun aspettava nervosamente davanti alla cabina telefonica. Nel frattempo, Maddie era andata a prendere uno spuntino al supermarket e Spike, aiutato dal matto,  stava posizionando un sacco di fili e apparecchi elettronici, presi poco prima a casa sua.
“Accidenti, Spike! Questa è roba da dinosauri!” esclamò Mike prendendo una matassa di cavi dal bagagliaio dell’auto di Hun.
“Questa è roba mia!” precisò l’altro. Vedendo che Mike si era aggrovigliato nel tentativo di sciogliere la matassa, lo aiutò a liberarsi.
“Per fortuna dovevi aiutarmi” borbottò Spike.
“Non è mica colpa mia se lavori con degli spaghetti assassini”  si giustificò il matto. Spike lo ignorò e, armato di cavi e pinze, salì sul palo del telefono.
Armeggiò un po’ con i suoi attrezzi , dopodiché scese e collegò l’altro capo dei fili a un aggeggio nero e pieno zeppo di levette, tasti e lucette. Al centro, c’era un display LCD.
Sentendo Spike imprecare furiosamente, Mike smise di rincorrere una farfalla e lo raggiunse.
“Non funziona, accidenti! Avrei dovuto controllarlo prima di prenderlo” spiegò l’altro. Il matto, senza dire nulla, aprì la scatola e scambiò alcuni fili colorati. Subito dopo la richiuse e si girò verso Spike, facendo un largo sorriso. Baracus fece scattare l’interruttore e una spia verde si accese. Spike guardò il matto, incredulo.
“Quello con la stanza di fronte alla mia è un T-Rex. Te l’avevo detto che era roba da dinosauri!” disse il matto e Spike gli diede una pacca sulle spalle, ridacchiando.
 
***
 
James si svegliò in un grande capanno. Nonostante le numerose finestre, l’interno era quasi buio a causa dello strato di sporco sui vetri che impediva il passaggio di buona parte della luce. La testa gli girava e vedeva leggermente sfocato. Aveva mani e piedi legati a una sedia con una grossa corda. Face fece una smorfia: la fune, stretta in quel modo, gli avrebbe sicuramente stropicciato il vestito.
Un uomo si avvicinò, James non poté vederlo in faccia perché aveva il volto coperto dall’ombra.
Face si sentiva piuttosto confuso, l’ultima cosa che ricordava era quando aveva offerto un drink a una ragazza carina, poi fu tutto nero.
L’uomo si avvicinò a un tavolino, poco lontano dal prigioniero, e prese un oggetto.
“Spero non ti dispiaccia se prendo in prestito il tuo smartphone un’altra volta” disse questi, con un voce roca e un po’ inquietante.
“Certo che mi dispiace! L’ho pagato 800$, che diamine! Ehi… che fai? Mettilo giù!” protestò disperatamente James.
“Non sei nella condizione di dare ordini” rispose l’altro.
“Ah, maledizione!” imprecò Face, sotto voce.
 
***
 
Maddie uscì dal supermarket con un sacchetto di carta tra le braccia.
“Tutto pronto?” chiese mentre camminava.  Hun annuì, poi guardò il sacchetto della spesa.
“Cosa ci hai portato di buono?” chiese.
“Ho preso un po’ di frutta e…” rispose, ma fu interrotta da Smith, che infilò la mano nel sacchetto, prese una mela e l’addentò.
“Sì, Spike, ti ho preso anche il latte” disse Maddie notando l’espressione scettica di Baracus.
“E Hot Dog?”
“No”
“Cheeseburger?”
“No”
“…Un panino con il burro d’arachidi?”
“Frutta, che fa bene” Concluse Maddie, un po’ irritata, raggiungendo suo fratello.
“Ha ragione” disse Hun passando di fianco a Baracus e mordendo la sua mela. Spike fece un gesto con la mano e mandò giù un sorso di latte.
“Mike! Ti ho portato …” disse Maddie tirando fuori un sacchettino.
“Le noccioline!” esclamò il fratello rubandole dalla mano della sorella, con gli occhi luccicanti.
Mike adorava le noccioline, ne andava pazzo.
Poco dopo il telefono pubblico squillò, perfettamente in orario. Spike si mise subito al lavoro con i suoi aggeggi mentre Hun rispondeva.
“Hun Smith” disse con un tono secco.
“Salve, Hun! È una giornata meravigliosa, non le pare?” rispose una voce dall’altro capo del telefono.
“Dov’è James Peck?” tagliò corto l’altro, arrivando al sodo.
“Ascolti attentamente” cominciò la voce, improvvisamente seria “Portatemi 300.000$ in contanti e riavrete il vostro amico”
“Credo che abbia sbagliato persone da ricattare: noi non siamo miliardari o indovini e nemmeno indovini miliardari. Cosa le fa pensare che riusciremo a trovare…  ma soprattutto, che le daremo…. Tutti quei soldi, senza nemmeno sapere dove consegnarli?”
“Avanti, voi siete l’A-Team! Ve la caverete, in un modo o nell’altro. Alle undici di mattina in punto, da solo. Avete due giorni di tempo.” concluse la voce, riattaccando il telefono.
“Spike!” disse Hun voltandosi verso Baracus.
“2471 Hunter Street, Los Angeles, CA. Il numero di telefono è quello di James” rispose velocemente l’altro.
“Qui per ora è tutto, linea allo studio” aggiunse Mike.
Hun prese una monetina e la inserì nel telefono. Fece rapidamente il numero, poi appoggiò l’avambraccio su una piccola sporgenza tra un vetro e l’altro della cabina.
“Ciao Fred, sono Hun. È un po’ che non ci sentiamo, eh? Ho bisogno di un favore, hai ancora i Verdoni Hollywoodiani? Riesci a prestarmene 30 matasse da 10.000? …Ok, ok… sì, è una missione. Mandameli pure in negozio… Va bene… Grazie infinite, Fred! Buona giornata!”
“Perdona la curiosità, ma chi hai chiamato?” chiese Maddie.
“Un vecchio amico di Hollywood che mi deve un favore” rispose Hun, riagganciando la cornetta.
 
***
 
Quella sera si trovavano tutti nell’appartamento di Hun. Secondo lui, visto la situazione era meglio restare uniti in caso il rapitore avesse voluto raddoppiare il riscatto. L’unione fa la forza.
Mike e Spike erano in salotto e Maddie guardava la strada fuori dalla finestra di una camera. Hun si era allontanato un attimo, con la scusa di dover chiudere il negozio di antiquariato.
“Cosa stai facendo?” chiese Spike, notando che il matto stava guardando con crescente interesse la tv.
“Guardo la Tv” rispose Mike.
“Ma è spenta!” osservò Baracus.
“Stanno trasmettendo un reality show”
“Guardi i reality show?!”
“Di solito no, ma guarda! C’è uno seduto sul divano che mi assomiglia tantissimo!”
“È il tuo riflesso, scemo!”
“Spike! Mike! Piantatela!” li rimproverò Maddie dall’altra stanza.
Ci furono due o tre minuti di completo silenzio.
“Ehi, un momento” disse Mike “Se nella tv ci siamo noi, vuol dire che noi siamo nel reality show! Sono una star della televisione!”
“No! Tu sei un matto a piede libero!”
“Spike! Smettila, o lo farai andare in crisi!” lo rimproverò di nuovo Maddie.
“In crisi ci andrò io se questo pazzo scemo non la smette!” ribatté Spike.
“Non sono pazzo!” commentò Mike “Sono matto e la differenza è abissale!”
Finito di parlare, incrociò le braccia e si girò dall’altra parte.
Spike lo prese per un bavero del giubbotto in pelle e lo alzò di peso, in modo da guardarlo in faccia.
“Matto o pazzo sono la stessa, identica, cosa! Entrambi vogliono dire malato mentale!” abbaiò nervosamente Spike.
Qualcosa nel cervello di Mike scattò. Un ricordo, un’idea, un pensiero, richiuso nei più remoti angoli della sua mente, si riversò nella sua testa.
Spike vide subito che qualcosa non andava, il matto impallidii e i suoi occhi erano fissi su un punto lontano.
Maddie, come se avesse fiutato la situazione, si precipitò immediatamente in salotto.
“Complimenti, Spike! Sei riuscito a farlo andare in crisi. Fra qualche secondo comincerà a delirare… tre… due… uno…”  disse Maddie con un tono di rimprovero.
Puntualmente, Mike si liberò dalla stretta di Spike con uno strattone e indietreggiò fino ad avere i polpacci contro il divano. Cominciò a balbettare cose senza un senso logico, forse buttate lì a caso come tentativo di esprimere qualcosa.
“Mike…?” disse sua sorella, avvicinandosi.
“Spike… Spike ha… ha ragione…. Sì… io… io…. Io sono pazzo…. S-sono…” balbettò il fratello, ma non riuscì a finire la frase che Maddie lo strinse in un abbraccio. Mike provò a protestare, ma la sorella lo zittì.
“Shhh… Mike, tu non sei pazzo…”
“Eh! Come no!” commentò Spike e Maddie gli lanciò un’occhiata fulminante.
“Sei solo… un po’ squilibrato, ecco” continuò la ragazza rivolgendosi a Mike.
Spike fece un verso di disappunto e fu di nuovo fulminato dallo sguardo di Maddie.
“Stavi pensando ancora a quel film?” chiese la sorella.
Il fratello non parlò, annuì soltanto. La ragazza sospirò.
Mike era facilmente impressionabile, come la madre. Pochi anni prima lui e sua sorella avevano guardato un film horror in cui a un matto venivano delle specie di black-out, durante le quali scappava e commetteva degli omicidi. Sparito il black-out,  il killer dimenticava tutto e riprendeva la vita normale.
Il personaggio era matto. Il personaggio era pericoloso.
Lui era matto. Allora, anche lui era pericoloso?
Pensandoci, Mike entrava in crisi delirando.
Proprio come in quel momento. Toccava a Maddie, poi, trovare un modo per calmarlo.
I due rimasero stretti in un abbraccio fraterno e Mike cominciò a calmarsi.
Secondo Spike, erano un po’ ridicoli. Hun avrebbe sicuramente detto il contrario.
Forse nessuno avrebbe capito il profondo legame che c’è tra fratello e sorella meglio di Maddie e Mike.
“Sentite, mentre ve ne state così io vado a bere qualcosa” disse Spike, andando in cucina.
Mike tirò un profondo sospiro e sciolse l’abbraccio.
“Meglio?” chiese Maddie.
Mike rispose di sì ed entrambi si sedettero sul divano. Poco dopo, arrivò Spike con in mano un bicchierone di latte e cacao e sorseggiandolo di tanto in tanto. Si sedette affianco a Maddie, che accese la televisione.
 
***
 
Hun arrivò qualche ora dopo, con in mano una scatola. In salotto era buio, fatta eccezione per la luce intermittente della Tv. Tutti e tre, accasciati sul divano, sembravano dormire anziché essere svegli.
“Ciao Hun” disse Maddie sbadigliando.
“Scusate se ci ho messo molto”  si giustificò Hun. Diede un’occhiata all’orologio appeso alla parete: segnava le undici e un quarto di sera. Ci aveva messo più del previsto.
“Spero ne sia valsa la pena, io sto morendo di sonno!” protestò Spike.
Hun accese le luci e quelli seduti sul divano chiusero gli occhi, infastiditi nel vedere la luce dopo tanto buio.
Si alzarono tutti in piedi per vedere cosa c’era nella scatola che Smith aveva appena appoggiato sopra la tavola. Hun ne estrasse cautamente una valigetta e l’aprì, con lo stupore dei presenti.
“Accidenti!” esclamò Maddie.
“Hun, a chi li hai fregati?”  chiese acidamente Spike.
All’interno di quella valigetta c’erano innumerevoli matasse di dollari verdi, non avevano una piega, sembravano nuovi. Smith prese un foglietto piegato in due e riposto sopra i soldi e lo lesse.
 
‘Carissimo Hun,
Ecco qui, direttamente da un set di spionaggio di Hollywood, 300.000$. Tutto materiale di scena nuovo di zecca, trattali bene. Ora siamo pari, in bocca al lupo per la tua missione!
Con affetto,
Frederick Santana’
 
“A nessuno, Spike.Non sono nemmeno soldi veri” rispose Hun, sorridendo.
“Contraffatti?” chiese Mike, sgranando gli occhi.
“Materiale di scena. Roba da film” rispose Smith, finendo lì il discorso. Richiuse la valigetta e la serrò dentro una piccola cassaforte. Sebbene siano stati attrezzi di un set, ci teneva particolarmente a non perderli.
“Bene. Come Ho già detto, per evitare altri inconvenienti rimarrete qui questa notte” spiegò Hun.
“C’è una camera degli ospiti con due letti: Mike e Spike dormiranno lì, Maddie invece prenderà il mio letto” disse, indicando gli altri tre a turno, quando li nominava.
“Quanto a me… dormirò sul divano”
“Dormirò io sul divano” protestò la ragazza.
“Ottimo spirito di iniziativa ed altruismo, Maddie, ma conservalo per domani. A letto!” rispose Hun e gli altri obbedirono.
 
***
 
Un profumino invitante svegliò Hun la mattina successiva. Una luce tenue penetrava tra le tende e un leggero sfrigolio condiva l’atmosfera mattutina. Il rumore proveniva dalla cucina, come se qualcuno stesse cucinando.
Hun, anche se a malavoglia, si alzò per controllare. In cucina c’era Mike, intento ad armeggiare con due padelle. Con una faceva saltare la frittata e poi la prendeva al volo con l’altra. La tavola era preparata meticolosamente, c’erano piatti, posate, bicchieri… tutto, non mancava niente. Ma che bravo.
“Buon giorno Hun! Dormito bene?” chiese, facendo saltare in aria la frittata e riprendendola al volo subito dopo.
“Mike, ma cos…?” tentò di dire Smith, ma fu interrotto dal matto.
“Ho visto che non ti svegliavi più, così mi sono dato da fare. Spero non ti dispiaccia” spiegò, con un largo sorriso stampato in faccia. Hun fece cenno di no e guardò l’orologio appeso alla parete del salotto: segnava le otto e un quarto.
“Da quant’è che sei sveglio?” chiese.
“Da quando Spike mi ha buttato fuori dalla camera a calci, circa… tre ore fa” spiegò. Rigirò la frittata nella padella più volte, finché, quando fu pronta, la posò su un piatto.
“L’omelette la vuoi con o senza formaggio?” chiese il matto.
“Con, grazie” rispose l’altro, sedendosi su una sedia.
Poco dopo uscì anche Spike, stropicciandosi gli occhi.
“Ben svegliato! Dormito bene?” chiese Hun.
“Mike non ha fatto altro che delirare, saltellare sul letto e camminare in giro per quasi tutta la notte. Le ultime tre ore sono state le migliori!” si lamentò Baracus.
“Scusa, ma non a caso in ospedale mi mettono a dormire con la camicia di forza o anche sedato, a volte” rispose Mike, seccato.
Passarono alcuni minuti, tempo necessario a Mike per finire un’altra frittata.
“La vuoi con o senza formaggio, Spike?” chiese il matto.
“Cosa?” rispose Baracus, confuso.
“L’omelette!”
“Te lo scordi! Io non mi farò avvelenare da te!”
Spike sembrava piuttosto irritato.
“E tu, Hun, lo lasci fare! Ci avvelenerà tutti! Finiremo all’ospedale”
“Attento, amico,  se non ti calmi in ospedale ci finirai tu. Corromperò i medici perché ti diano la stanza accanto alla mia” disse Mike, sventolando una forchetta gocciolante di uova sbattute.
“Con formaggio” esclamò Spike, cambiando repentinamente idea.
“Buongiorno!” esclamò Maddie, facendo capolino dalla porta delle camere stiracchiandosi mentre Mike metteva nella padella una nuova frittata. Gli altri la salutarono in coro.
“Per me niente formaggio” disse, anticipando la domanda di Mike.
 
***
 
Un lieve schiocco secco e la corda si allentò. James si sgranchì i polsi, quasi non gli sembrava vero di essere libero dopo quasi tutta la notte passata a sfregare un grimaldello acuminato contro la fune,  tagliando un filo alla volta. Teneva sempre uno o due utensili per scassinare all’interno del polsino della giacca. Non si sa mai.
Lasciò che le corde tagliate scivolassero e cadessero a terra con un debole tonfo, poi passò a rompere anche quelle che gli legavano i piedi. Una volta che fu libero, si lisciò il vestito e si guardò intorno. Si trovava in una stanza vuota, le pareti erano grigie e cupe. Sembrava quasi una cella. L’uomo misterioso lo aveva portato lì dopo aver fatto una telefonata con lo smartphone ‘preso in prestito’ a Face.
Davanti a lui c’era una porta in legno. Si avvicinò e provò ad aprirla ma era chiusa a chiave. Aveva ancora stretto in mano il grimaldello e lo usò per scassinare la serratura. Facile, un gioco da bambini.
Uscì e si richiuse cautamente la porta dietro di sé, facendo attenzione a non fare rumore. Ora si ritrovava nello stanzone centrale del magazzino abbandonato. Camminò tra gli scaffali in legno poco distanti, il suo sequestratore era certamente lì da qualche parte e non voleva essere scoperto. Urtò accidentalmente un secchio e James prese al volo un pennello che a momenti cadeva a terra. Rimase per qualche secondo con il fiato sospeso e le orecchie tese nel percepire anche il minimo segnale di pericolo. Non udendo nessun rumore, Face mise il pennello al suo posto e continuò a camminare.
Stava quasi per giungere alla porta che conduceva all’esterno quando un rumore sospetto catturò la sua attenzione. Sembrava un pezzo di scotch schiacciato dal piede di qualcuno.
Si girò, ma qualcosa di duro lo colse nel movimento e lo fece cadere sul duro e freddo pavimento del magazzino, privo di sensi.
 
***
 
Verso tardo pomeriggio i quattro membri dell’A-Team rimasti si riunirono in una stradina persa tra gli edifici di Los Angeles.
“Bene. Spike e Maddie andranno a perlustrare l’edificio da cui ci hanno chiamato” ordinò Hun “Mentre Mike verrà con me”
“Cosa dobbiamo cercare?” chiese Spike.
“Qualsiasi cosa possa sembrare un punto debole che possiamo sfruttare a nostro vantaggio” rispose Smith.
“Grande. Specifico al 100%” commentò Maddie, dopodiché i due andarono via con i mitragliatori in spalla.
“Bene” disse Hun, guardando il matto “Noi due, invece, facciamo un salto all’eliporto. Che ne dici?”
Vedendo gli occhi luccicanti di Mike, Hun sorrise.
 
***
 
Hun camminava disinvolto lungo un piazzale rialzato in cemento, seguito dal matto. Ad un certo punto si fermò bruscamente, guardandosi intorno.
“Ecco!” esclamò, indicando un punto con il dito.
Si avvicinarono all’oggetto indicato da Hun, un Bell 206.
“Sai come pilotare un elicottero?” chiese Hun.
“Posso sempre provare” rispose il matto, salendo sul velivolo. Hun lo imitò sedendosi affianco.
Mike esplorò tutti i comandi a sua disposizione, mordendosi un labbro. L’unica volta che era salito su un elicottero era con suo papà, quando aveva undici anni. Chiuse gli occhi e focalizzò l’attenzione su quel momento, cercando di ricordare quali operazioni faceva suo padre per farlo decollare.
Non che ricordasse molto di quando era piccolo.
Riaprì gli occhi lentamente.
“Tutto ok?” chiese Hun, vedendo l’esitazione di Mike.
Il matto scosse lievemente la testa.
“Se non ce la fai, possiamo farne a meno. Non è indispensabile” propose Hun, ma Mike rifiutò con un gesto della mano.
Una specie di levetta rotonda catturò la sua attenzione. Era simile a un chiodo, Mike la premette fino in fondo per vedere cosa sarebbe successo. Con grande sorpresa, le pale cominciarono a girare.
Una specie di leva, posta tra un piede e l’altro e abbastanza lunga da permettergli di prenderla facilmente con la mano, sembrava avere la stessa funzione di una cloche. Provò a tirarla verso di sé, spingendo altri pulsantini ,tirando levette che gli ispiravano fiducia e armeggiando con la pedaliera. L’elicottero si mosse un poco, si alzò di qualche centimetro da terra girando lievemente su sé stesso. Quando sembrava aver trovato il modo di farlo decollare, il motore improvvisamente rallentò. Il Bell 206 ricadde a terra con un tonfo e le pale smisero di girare.
Mike si girò verso Hun, che sembrava un po’ spaventato.
“Credo di aver fuso il motore!” esclamò il matto, con un’espressione che Spike avrebbe definito ‘idiota’ stampata in faccia.
 
***
 
La sera si ritrovarono di nuovo all’appartamento di Hun. Tutti e quattro si sedettero attorno alla tavola, per confrontare gli esiti dei loro incarichi. Spike prese un foglio bianco e con una penna tracciò un rettangolo non molto preciso, poi evidenziò un’area davanti a uno dei lati più lunghi.
“L’edificio è di forma rettangolare e questo è un piazzale per il carico e scarico merci” disse, con un tomo pacato e secco.
“Nel lato a sud-est c’è una porta chiusa” disse Maddie rubando la penna dalle mani di Baracus “che ovviamente noi non abbiamo varcato per salvaguardare la nostra copertura”
“Dall’altra parte a sud-ovest non sappiamo nulla… c’è una recinzione con una siepe invalicabile”
“ i lati est e ovest non hanno niente di particolare”
“Ottimo lavoro!” esclamò Hun, accendendosi un sigaro.
“Voi invece?” chiese Spike, quasi li stesse stuzzicando.
“Beh…” disse Smith guardando Mike con la cosa dell’occhio “Credo che dovrò rielaborare la seconda parte del piano”
“Niente arma segreta, quindi” chiese Maddie.
“No”
“Ma che cavolo era quell’’arma segreta’?” chiese Spike facendo una smorfia.
“Non importa” tagliò secco Hun. Non voleva far sapere cosa aveva intenzione di fare prima che un piccolo inconveniente stravolse tutto.
Finito di scambiarsi i risultati, ognuno andò a dormire. Questa volta, Mike e Maddie andarono nella camera degli ospiti, Hun nel suo letto e Spike preferì dormire sul divano piuttosto di passare un’altra notte insonne.
 
***
 
L’aria della mattina accarezzava la pelle del viso di Hun e portava via le ceneri del suo sigaro acceso. Era visibilmente teso, se qualcosa fosse andato storto qualcuno poteva lasciarci le penne.
Con un cenno del capo, salutò gli altri tre per avviarsi verso il piazzale per il carico e scarico merci, reggendo la valigetta in pelle nera con la mano sinistra.
Appena girò l’angolo sparendo dalla visuale, gli altri membri si diressero verso la porta sul lato sud.
Secondo Hun, con molta probabilità il rapitore avrebbe ucciso James una volta intascato i soldi. Loro dovevano liberarlo prima che accadesse e poi dare una mano a Hun.
Tutti e tre avevano un fucile a testa, ad eccezione di Spike che ne aveva un altro in spalla, per James.
“Io… devo andare via un attimo” disse Mike, lasciando gli altri perplessi. Il matto fece dietro-front e cominciò a camminare.
“Dove vai?” chiese Maddie, incredula dell’improvvisa codardia del fratello.
“Un Cavaliere non si lancia mai in battaglia senza il suo cavallo” esclamò il matto alzando il braccio come per indicare in punto nel cielo, mentre camminava con lo sguardo fisso in un punto lontano nell’orizzonte.
“Ok. Ok. Adesso lo abbiamo proprio perso” esclamò Maddie.
“E quando mai quello è stato tra noi?” rispose Spike.
“Forza, andiamo” tagliò corto Maddie, varcando la porta a sud-est dell’edificio.
All’interno era piuttosto buio, alla loro sinistra c’erano degli scaffali in legno, mentre alla loro destra dei muri e delle porte, come se ci fossero altre stanze.
“Io rimango qui, a fare la guardia alla porta” disse Maddie e Spike la squadrò. Anche se Baracus, avendo fatto pugilato per parecchio tempo, era largamente più forte di Maddie, ma se venissero colti alle spalle di sorpresa i muscoli sarebbero serviti a ben poco.
Spike si addentrò nel buio del magazzino, mentre Maddie se ne stava alla porta reggendo con due mani il mitra e canticchiando sotto voce un motivetto.
Si sentiva uno strano rumore in lontananza. Incuriosita, alzò lo sguardo al cielo e vide uno strano oggetto che si avvicinava, ondeggiando pericolosamente tra i condomini. Quando lo strano oggetto si avvicinò di più, la ragazza poté distinguerne i lineamenti. Era certamente un piccolo elicottero, la coda dietro era un mosaico di tubi di ferro che le ricordava tanto la Tour Eiffel. Quando, dopo una serie di manovre spericolate, l’elicottero atterrò lì davanti, Maddie riconobbe la figura familiare che ne scese, mettendosi a posto il vecchio giubbotto in pelle marrone.
Nel frattempo, Baracus provò a forzare la serratura di una porta. Vedendo che non andava a buon fine, la sfondò di peso.
Un  buco nell’acqua. La stanza era vuota.
Spike imprecò, poi si voltò.
Un omone, altro almeno una spanna in più di lui, lo stava fissando con le braccia incrociate. L’oscurità che lo copriva rese quasi impossibile vederlo in faccia.
Spike fece per imbracciare il fucile, ma l’omone con un colpo lo fece scivolare a terra. Disarmato, a Baracus non restò che sfoderare i suoi pugni. I due uomini si fiondarono in una serie di pugni e calci, facendo cadere non pochi oggetti, talvolta interi scaffali facendoci cozzare contro l’avversario.
Maddie, sentendo il trambusto, cercò di intervenire. Mike la prese per una spalla, bloccandola prima che fosse troppo tardi. La ragazza lo guardò con uno sguardo interrogativo. Mike chiuse gli occhi e scosse la testa. I due fratelli rimasero a guardare impotenti L’omone che faceva rialzare Spike semicosciente e gli legava le mani.
“Guarda” disse Mike “Lo sta legando. Probabilmente lo porterà da Hun per alzare il prezzo”
Maddie si girò e guardò suo fratello. In quell’attimo sembrava che tutta la sua pazzia fosse sparita dai suoi occhi.
 
***
 
Il ricattatore uscì da un portone che dava al piazzale dedito al carico-scarico merci e raggiunse Hun. Al contrario di quanto Smith si aspettasse, era di media statura, magretto e indossava vestiti logori e consumati.
Hun inarcò un sopracciglio. James si era fatto rapire da uno come quello? Sembrava fin impossibile…
“Finalmente ci incontriamo, eh?” chiese l’uomo.
“Dov’è James?” tagliò corto Hun.
Uno strano rumore invase l’aria ed entrambi cercarono con lo sguardo la fonte. Abbandonarono presto le ricerche e ritornarono ai fatti.
“Dammi i soldi” tagliò corto il ricattatore, tirando fuori una pistola di colore nero pece.
Hun lo disarmò con un calcio ed estrasse la sua Smith & Wesson 639 e la puntò contro l’altro uomo.
“Ah-ah” disse, tenendo il sigaro stretto tra i denti.
“Non muoverti o ti faccio un buco in testa” disse una voce femminile alle sue spalle.
Una signora, più o meno con la stessa età dell’uomo, lo aggirò fino a raggiungere il rapitore, sempre tenendo una pistola puntata contro Hun.
“Posala. Adesso” ordinò.
Smith obbedì e, seppur a malincuore, posò l’arma. L’uomo si fece avanti e la prese.
“Giusto in tempo, cara” disse.
Quasi come se fossero sincronizzati, un altro uomo aprì la porta ed uscì. Era grande e grosso e teneva stretta in mano i due capi della corde che stringevano i polsi di Spike e James.
Le cose si facevano più complicate del previsto. Ma era questo che piaceva a Hun.
“Oh bene! Facciamo i furbetti, eh?” lo canzonò il rapitore. L’omone ridacchiò.
“I soldi” puntualizzò la donna. Hun fu costretto a consegnarli. Anche se le cose fossero andate male e non fosse più riuscito a recuperarli, non sarebbe stata una grave perdita. Era tutto materiale di scena…
La signora l’aprì e fece vedere il contenuto anche al rapitore.
“Con questi non saremo più costretti a fare l’elemosina, non è fantastico, cara?” disse.
Hun corrugò la fronte. Quei tre erano poveracci pronti a tutto pur di guadagnarsi da vivere, anche a costo di macchiarsi la fedina penale.
Lo strano rumore, che per un momento sembrava essersi attenuato, divenne sempre più forte finché un elicottero sbucò dal retro dell’edificio. Ondeggiando pericolosamente in tutte le direzioni, si avvicinò a loro e compì una virata, girando su se stesso e fermandosi a due o tre iarde da terra.
“Arriva la cavalleria volante, I Cavalieri del Cielo!” esclamò Mike urlando come un indiano. In piedi sull’altro lato c’era Maddie, che sparava in aria con il fucile.
Approfittando del momento di distrazione, Hun disarmò il ricattatore e la donna, mentre Spike e James misero a terra l’omone con un colpo ben assestato a mani legate.
I due raggiunsero Hun e, una volta che furono liberi e che ebbero recuperato la valigetta, salirono sull’elicottero e volarono via.
 
***
 
I cinque membri dell’A-Team più tardi si ritrovarono al bar.
“James, come ti hanno rapito?” chiese Maddie.
“Con… una bella ragazza” rispose Face.
“HA!!! Mike, PAGA!” esclamò eccitata allungando la mano verso suo fratello, che dovette sganciare 20$ a malincuore. Si sedettero al bancone e Mike cominciò a stordire Spike con le sue chiacchiere.
“Sai, una volta ho letto un libro molto grosso, circa 1.000 pagine. C’erano tantissimi personaggi e non sono riuscito a memorizzarne tutti i nomi… come si chiamava…”
“Non avrai mica letto l’elenco telefonico?!” disse Spike facendo una smorfia di disappunto.
“Sì! Ecco come si chiamava!” esclamò, euforico.
Quasi cadde dalla sedia cercando di mimare quanto fosse grande il set di enciclopedie che c’era in ospedale. Face lo squadrò in modo strano.
“Ma cos’ha?” disse sottovoce.
“Lui? Niente. L’enciclopedia è dell’ospedale, non sua” rispose ironicamente Hun, come se quella domanda fosse realmente rivolta a lui e non al vento.
Face lo lasciò perdere e sorseggiò un po’ del suo drink.
“James, cosa ti ha insegnato questa disavventura?” gli chiese Smith, questa volta serio.
“Che le donne sono pericolose” rispose Face, ricevendo un’occhiata adirata da Maddie.
“Come scusa?” disse la ragazza, incollerita.
“Che le apparenze ingannano e non devo farmi incantare dal fascino di una donna” si corresse James.
“Ah” disse Maddie, seppur guardandolo ancora con uno sguardo truce.
Poco dopo, una giovane entrò e si sedette al bancone.
“Ciao” la salutò Face, con lo sguardo da agnello innamorato. L’altra contraccambiò.
“Sei veramente carina, sai? Che ne dici se ti offro qualcosa?” chiese James.
Hun alzò gli occhi al cielo. James non cambierà mai…
 

(Ci ho messo un’eternità a fare questo capitolo, tra problemi di salute e imprevisti vari… Fra poco inizia la scuola, per cui credo che aggiornerò più raramente. Anche quest'illustrazione l'ho disegnata io, spero che questo capitolo vi sia piaciuto!)
 
  
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