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Autore: _fedss    05/09/2012    27 recensioni
Sono passati cinque anni da quel giorno.
Cinque anni dalla fine di quell'incubo e dall'inizio del grande dolore.
Cinque anni e Richard Castle ancora non riesce a darsi pace.
Continui incubi e tormenti popolano le sue notti.
Si sente seguito, spiato.
Ma non da poi tanta importanza ai suoi timori.
Ormai la donna che ama non c'è più.
E se non fosse così?
Se l'incubo non fosse ancora finito?
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Onde evitare spiacevoli equivoci, vorrei dire due parole sulla nascita di questa fan fiction.
 
Questa storia è frutto di una notte insonne popolata da numerosi incubi.
Un po’ di tempo fa, dopo aver ormai scritto e finito il primo capitolo, la fantastica Marta mi ha fatto notare l’esistenza di una shot che ha un particolare in comune con la mia FF.
Ora come ora, non svelerò questo particolare ma, capirete presto.
Volevo solamente precisare che non ho voluto rubare l’idea di nessuno, che la mia fantasia ha lavorato da sola per ricavare ciò che leggerete e che non ti intendo essere accusata di plagio.
Se qualcuno ha qualcosa da dire e la pensa diversamente da me, lo faccia sapere subito. Valuterò l’opzione di cancellare questa fan fiction.
Sono una ragazza onesta, scrivo per divertimento. Quindi, sinceramente, non vedo il motivo per cui dovrei “rubare” idee altrui.
In questo fandom ci sono quasi 1000 storie, penso possa capitare che due persone scrivano qualcosa di simile.
 
Grazie a tutti, ora scappo, sono sicura che questa volta Cris mi ucciderà senza farsi molti scrupoli. Oh, per non parlare della Simo. Ahia.
Fede.
 
 

In my veins.

Nothin’ goes as planned. 

 


Correva.
La disperazione si stava impossessando di lui e lo portava a correre sempre più veloce, contro il tempo, contro il destino.
Percorreva le scale di quel dannato palazzo saltando i gradini due alla volta. Forse anche tre, ogni tanto.
In situazioni normali non ci sarebbe mai riuscito.
Ma la situazione non era normale, assolutamente no.
 
Ansimava.
 
«Castle, aspettaci!»
Esposito lo chiamava a gran voce da dietro, provando a raggiungerlo.
Richard non gli prestava attenzione.
 
Le sue orecchie ricevevano i suoni in maniera ovattata.
Le immagini erano sfocate ai suoi occhi, velati di lacrime.
 
Arrivò davanti all’appartamento numero 413 . Aveva il fiato corto, le dita delle mani tremanti.
Come un abile poliziotto, senza prima bussare, sfondò la porta con un colpo di spalla deciso, furioso.
 
Lui, però, non era un poliziotto. Tantomeno un detective.
 
Spesso si dimenticava di essere solo uno scrittore innamorato che aiutava la fidanzata a combattere il crimine, da ormai sei anni.
L’unico distintivo che aveva in casa era quello di plastica regalatogli dalla figlia al suo trentacinquesimo compleanno.
 
Entrò timoroso nell’appartamento della donna, sparita da quasi una settimana.
Il buio lo investì ma non si preoccupò di accendere le luci, conosceva quella casa a memoria.
 
«Kate!»
Dopo aver aspettato una risposta che non arrivò, Castle andò in camera da letto.
«Amore, dove sei?»
La cercò nel bagno, per il corridoio, in salone.
 
Nulla.
 
«Kate, ti prego … »
Un sussurro, niente di più.
 
L’uomo aveva iniziato a pregare un Dio in cui non aveva mai creduto più di tanto.
 
Superò il piano bar che divideva la cucina dal soggiorno e rimase paralizzato davanti ciò che vide, ora che le torce degli altri uomini illuminavano la stanza.
 
Sangue.
Un enorme chiazza di sangue occupava il pavimento.

 
Castle si sentì mancare, le sue gambe si fecero improvvisamente molli e dovette appoggiarsi con una mano al bancone di marmo, per non cadere rovinosamente a terra.
 
Sentì qualcuno che gli scuoteva la spalla mentre le lacrime scendevano copiose sul suo volto.
«Rick, non è detto che sia il suo», sussurrò Ryan dopo aver tirato su con il naso.
Anche l’irlandese non era riuscito a controllare i suoi sentimenti, la paura era visibile nello sguardo di ogni agente.

 
Lo scrittore non rispose, si limitò a prendere un profondo respiro, chiudendo gli occhi.
 
Poi, tutto accadde velocemente.
 
La macchina di Kate, trovata a tre isolati dal suo vecchio appartamento, anch’essa piena di sangue.
 
Le notti insonne, l’attesa straziante e le ricerche continue.
 
Lanie che usciva dal laboratorio piangendo e che si buttava tra le braccia di Esposito, annuendo e singhiozzando contemporaneamente.
 
Lo scrittore che imprecava prendendo a calci la sedia della sala d’aspetto.
 
La consapevolezza che il sangue trovato era troppo e che la detective non poteva essere ancora in vita.
 
L’archiviazione del caso.
 
 
 
 
Si sveglia di soprassalto, sudato.

Si tira su a sedere e guarda la donna che dorme accanto a lui, rilassata, serena. Le sfiora la spalla nuda dolcemente e poi si passa la mano sul viso stanco, scompigliandosi i capelli.

Si alza dal letto facendo attenzione a non svegliarla, si infila una maglietta lunga ed esce con passo lento dalla stanza. Entra nella camera accanto e si china sul letto blu, accarezza la testolina piena di capelli scuri e ricci prima di abbassarsi ancora di più e lasciare un bacio su quella fronte perfetta. Come quella della madre.

Scende le scale del loft, dopo esser uscito dalla cameretta ed aver richiuso silenziosamente la porta dietro di se.

Una volta davanti alla dispensa della cucina, senza frasi molti scrupoli, apre una delle due ante e prende una bottiglia piena di un liquido ambrato. Scotch.

Si versa un bicchiere e si siede sul divano. Guarda l’orologio: le quattro del mattino, non ne può più.

Pochi minuti e tre bicchieri dopo, si alza e va nel suo studio. Posa l’alcolico sulla scrivania e prende una scatola dallo scaffale più alto. La apre ed inizia a sfogliare le foto che trova al suo interno, lentamente, sorridendo con gli occhi lucidi. Ne prende una in mano e ci si sofferma più del dovuto.

Questa è stata scattata in Francia, sotto la torre Eiffel. Rick e Kate sorridevano felici, abbracciati. Castle aveva portato la detective a Parigi, per il loro primo anno di fidanzamento. Era tutto così perfetto, forse anche troppo.

Il solito senso di rabbia che lo tormenta da qualche anno torna a fargli visita, impossessandosi di lui, mentre si maledice per non essere riuscito a proteggere tutta quella perfezione. Era bastato un niente e tutto era stato distrutto.

Afferra il bicchiere e lo scaglia con collera contro la parete, mandandolo in frantumi e lasciando un profondo segno sul muro.

In quel momento, una donna dai capelli rossi fa il suo ingresso nella stanza, sospirando e guardando il figlio teneramente.

«Richard, ti prego.»

L’uomo non risponde, continua a guardare la foto e a serrare la mascella, portando tutto il dolore del mondo sulle spalle.

«Tesoro, per favore. Smetti di auto lesionarti in questo modo, guardare quelle foto non ti aiuterà a farla passare … »

«Non passerà mai», sussurra lui, interrompendola.

Poi, sempre in silenzio, ripone le pellicole nel cartone e va a sedersi sul divano nero, buttando la testa all’indietro sulla spalliera e lasciandosi andare in un pianto liberatorio, anch’esso silenzioso.
La madre gli si siede accanto, prendendogli le mani fra le sue. Gli accarezza dolcemente una guancia, asciugando quelle lacrime fastidiose.

«Lo hai sognato di nuovo, vero?»

Lo scrittore non risponde.

«Bambino mio, posso confessarti una cosa?»

Castle alza finalmente il capo, annuisce impercettibilmente e guarda la donna negli occhi.

«Mi manca mio figlio, Richard – dice con la voce rotta dall’emozione – mi manca quello scrittore di best seller che rideva sempre, che guardava la vita con occhi diversi da come la stai guardando tu adesso e che respirava sereno. Tu hai smesso di respirare cinque anni fa e trattieni il fiato da allora.»

Si interrompe per scrutare l’espressione sul volto di Rick, che rimane in silenzio, logorandosi dentro dal dolore. Martha prende un altro profondo respiro e continua.

«Fra due mesi ti sposerai ragazzo, alla tua fidanzata non fa bene vederti in questo stato. Torna l’uomo che eri prima e che tutti rivogliamo.»

Castle apre bocca ma la richiude subito dopo. Poi, con tono di voce atono, dice:
«Non la posso dimenticare.»

«Non ti sto chiedendo di dimenticarla, assolutamente. Non ci riuscirei nemmeno io. Vorrei solo che ci mettessi una pietra sopra, per il momento. Lei non ti vorrebbe vedere mentre butti la tua vita così, lo sai bene. Vorrebbe che tu combattessi e che continuassi per la tua strada, prendendoti cura del vostro bambino, con un ricordo di lei felice inciso nel cuore.»

L’uomo, questa volta, annuisce più deciso ma i suoi occhi ancora non brillano. Sono spenti da ormai cinque anni. Stringe la mano della madre, ancora intrecciata alla sua, ed ingabbia la donna tra le sue braccia, dandole un leggero bacio sui capelli.
Si scosta un po’ da lei, guardandola rassegnato.

«Non posso prometterti nulla, madre.»

Martha fa per parlare, ma Rick continua.

«Adesso andrò a letto e, prima di addormentarmi, penserò a lei. Vedrò il suo volto che mi sorride felice, vedrò quella sera, prima che tutto cominciasse, in cui abbiamo fatto l’amore, non consapevoli che sarebbe stata l’ultima volta. I bei ricordi mi annebbieranno il cervello, fino a scomparire quando l’immagine di tutto quel sangue tornerà prepotente nella mia mente e sarà difficile mandarla via. Ma ci proverò. Come ogni notte, proverò a dormire tranquillo, abbracciando una donna che non è lei. Amo Melanie, lo sai. Ma nessuna potrà mai prendere il posto di Kate nel mio cuore.»

Finisce la frase in un sussurro, sorridendo tristemente. Un sorriso spento, come tutti quelli che mostra da un po’.

«Perché non riesci ancora a dormire? »

«Pensavo…»

Lo sguardo interrogativo della madre lo invita a proseguire, ad elencare i suoi pensieri, quelli che lo tormentano da cinque anni.

«A volte… ho come la sensazione che lei sapesse tutto… che stesse solo aspettando quel momento.»

Marta sgrana gli occhi, nel suo sguardo c’è preoccupazione mista a terrore, ma spera che il figlio non se ne accorga.

«Come.. come puoi dire una cosa del genere, Richard? Kate ti amava e…»

«Non sto dubitando del suo amore! Eravamo fidanzati da due anni e non voleva sposarsi! Non ha mai venduto il suo vecchio appartamento, anche vivendo qui e infatti, guarda dove abbiamo trovato il suo sangue!»

Ha alzato il tono della voce e la madre prova a tranquillizzarlo.

«Richard, fermati!»

Vorrebbe dire la verità a suo figlio, ma è costretta a continuare a mentirgli.
Lo deve fare, per il suo bene.

«Se lo avesse saputo sul serio, pensi avrebbe corso il rischio di rimanere incinta? Pensi avrebbe fatto nascere Roy James, pur sapendo che dopo te ne saresti preso cura te, da solo?!»

«No.. hai ragione, io non…»

«Non pensare mai più una cosa del genere Richard… lei ti amava e non… non ti avrebbe mai fatto una cosa del genere.»

Lo scrittore si alza lentamente, sbuffando, e si avvia verso la porta dello studio, con passo stanco.

«Domani saranno cinque anni, Richard» gli dice la madre ancora seduta sul divano.

Lui non si gira, abbassa la testa e serra i pugni, le braccia tese lungo il corpo.

«Cosa farai?»

«Farò quello che faccio ogni anno. Andrò a trovare Jim, dopo esser passato al cimitero. Poi farò un salto al distretto, porterò il solito caffè macchiato freddo e lo lascerò sulla sua scrivania.»

«Questo, in realtà, lo fai ogni giorno … »

«E continuerò a farlo, anche dopo aver sposato Melanie, non voglio sentire obiezioni.»

La donna non risponde, continua a tormentarsi le dita delle mani.

Quell’uomo non è suo figlio. Può essere scambiato per un clone, o definito come un corpo che vaga senza anima da quando è stata portata via la parte più importante di lui.

«Notte» dice semplicemente Castle, prima di scomparire nell’altra stanza.

Il Richard Castle che si conosceva, odiava dire “notte”. Lui era uno scrittore, e gli scrittori augurano sempre una buonanotte o dei sogni d’oro.

Lui, ora, dice semplicemente “notte”, consapevole che la sua non sarebbe stata per niente buona e che i suoi sogni non avrebbero avuto nulla di oro.

Da quando Kate Beckett è morta, non è più l’uomo di una volta.
   
 
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