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Autore: Alkimia    06/09/2012    5 recensioni
[CONCLUSA]
Ha calcolato ogni cosa, a questo gli è servito quel suo lungo esilio. Per ogni percorso possibile ha trovato almeno due o tre vie di fuga. Aveva messo in conto anche l'eventualità di venire catturato nel caso in cui il suo piano con i Chitauri fosse fallito.
Mentre nella sua mente si dipana una mappa da seguire, Loki sa che non è più un prigioniero. È solo qualcuno in attesa di un'occasione, come lo è stato per il resto della sua vita.

Loki sfugge alla sua prigionia e torna sulla Terra per recuperare un oggetto di cui ha bisogno per riacquistare potere; potrebbe rubarlo o prenderlo con la forza ma quando lo trova, in quella singolare città che è Venezia, scopre che la situazione non è così facilmente risolvibile. Intanto, dal pianeta dei Chitauri arriva la vendetta di Thanos per la mancata promessa della consegna del Tesseract e la cosa finirà per coinvolgere anche i Vendicatori...
Genere: Azione, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'A waltz for shadows and stars' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo ventunesimo


Nadia guarda i riflessi delle luci sull'acqua. Il cielo e il mare si fondono in una bolla di nero.
Il vento che soffia su Venezia e increspa il mare è un vento tiepido, già carico delle promesse dell'estate; non come il giorno dell'arrivo di Loki, quando soffiava quella prepotente brezza gelida che sembrava aver fatto ghiacciare le nuvole attorno al sole.
La ragazza odia quell'odore malsano che si alza dal mare nelle zone portuali, quel tanfo di petrolio e acqua stagnate, le dà la nausea e mai come quella sera sente lo stomaco fare le capriole mentre respira quell'olezzo insopportabile.
La barca bianca si avvicina alla banchina con manovre lente, sulla fiancata ha la scritta Stark Industries. Nadia la guarda e le sembra che stia fluttuando in mezzo a quel buio, come un fantasma.
Sono passati tre giorni da quando è tornata a casa, alla sua vita, e sono stati comunque giorni surreali, in giro per Venezia con la squadra di supereroi più spiantati del mondo... dell'universo interno, anzi, visto che con loro c'era anche una divinità proveniente da chissà dove. Sono stati giorni irreali, ma straordinari. Ha conosciuto i supereroi dentro quella casa in rovina, quando c'era da combattere e da rischiare; in quelle ultime giornate di tranquille gite per la città dei dogi invece ha conosciuto le persone dietro quella strana leggenda che fa eco da oltreoceano.
Nadia sente una morsa stringerle lo stomaco e trattiene a stento un conato di vomito. A forza di andare in giro per ristoranti e trattorie per far conoscere ai suoi amici le delizie della cucina italiana, sarà ingrassata di almeno cinque chili, e quegli ultimi due bicchieri di Soave ghiacciato a cena forse era meglio evitarli; li ha mandati giù di un fiato, cercando un po' di coraggio per affrontare quel momento, il momento dei saluti.
Si sente una stupida mentre pensa che quasi preferirebbe non essere lì, che sarebbe stato meglio se si fossero separati fuori a quel ristorante, senza dirsi niente.
Nadia sta odiando quell'odore tremendo che c'è nell'aria e il pizzichio delle lacrime nella coda dell'occhio.
A casa, la sua famiglia si è accorta che c'è qualcosa di strano, che le è accaduto molto più di quanto ha voluto raccontare di quell'inesistente stage fotografico a Milano.
«Non è che hai conosciuto qualche ragazzo che ti ha spezzato il cuore?» ha ironizzato sua madre, la sera prima.
No, non è un ragazzo, e il cuore era partito spezzato in partenza. E comunque, non importa, lui se n'è andato...
Lei ha fatto quello che doveva: nascondere con cura i lividi. Tutti i lividi.
La nausea si fa sempre più prepotente, la ragazza è costretta ad allontanarsi dalla banchina e a respirare grandi boccate d'aria per cercare di calmarla. Sarebbe pericoloso vomitare sulla camicia di Bruce mentre lo saluta.
«La nostra barca è arrivata» la informa una voce titubante.
Nadia si volta e si trova faccia a faccia con Steve. Lei e Tony ci hanno impiegato due giorni, ma sono riusciti a infilarlo in una camerino di un negozio di abbigliamento e a fargli mettere addosso un paio di jeans dal taglio moderno e una camicia di cotone azzurro da portare fuori dalla cintura.
Caro, caro, tenero, attempato Steve!
«Ho la sensazione che se tu decidessi di salire a bordo e partire all'avventura con noi, Tony sverrebbe dalla contentezza» aggiunge lui.  
Partire all'avventura, già. Ma loro non stanno partendo per qualche avventura, da lì andranno in aeroporto e prenderanno un volo verso l'America; stanno tornando a casa, alle rispettive vite e occupazioni, ed è giusto che lo faccia anche lei.
«Ho la sensazione che non c'è niente che farebbe svenire Tony» risponde con un sorriso divertito, dimenticandosi della nausea.
Steve le offre il braccio e insieme tornano verso il molo.
Loro sono tutti lì, schierati sulla banchina, ad attendere di salire sulla barca – eccetto Thor, che usa altri mezzi per spostarsi e che resterà quando gli altri saranno partiti.
I primi che Nadia si trova davanti sono Clint e Natasha, lui le afferra la mano in una salda stretta.
«Dunque, se ci servisse una copertura per qualche missione da queste parti?» dice
«Potete venire nel mio albergo, basta che non me lo facciate saltare in aria» risponde lei
«Possiamo senz'altro tentare» conclude Natasha.
Nadia li guarda con un mezzo sorriso, vorrebbe raccomandarsi di prendersi cura di loro stessi e di non finire fatti a pezzi in qualche missione o qualcosa del genere, ma suonerebbe stupido: quei due non finirebbero male neanche se li si mandasse a prendere il sole in un campo coltivato a mine antiuomo!
«Io e l'Altro siamo stati felici di averti conosciuta» dice Bruce, avvicinandosi, sempre torcendosi le mani in quel suo modo nervoso.
«Mi dispiace che l'Altro ci abbia tenuto compagnia per così poco...»
«A me non dispiace affatto».
In barba a tutta la sua goffaggine e alla sua timidezza, Bruce circonda la ragazza con le braccia per un secondo, prima di farsi sopraffare dall'imbarazzo per quel gesto inconsulto. Nadia quasi ride contro la sua spalla.
I saluti hanno sempre quello strano sapore agrodolce che copre tutto come un velo. Per quel che riguarda la ragazza, quella curiosa sensazione sta avendo la meglio anche sulla nausea e sul malinconico senso di irrealtà.
Anche Steve l'abbraccia, in una stretta da spezzare le costole e lei gli stampa un bacio sulla guancia.
«Su, basta, cosa sono queste moine?» esclama Tony, dal nulla, afferrando Nadia per un braccio. «Mollala Capitano, non voglio che respiri troppa naftalina».
Oh, certo, il pezzo forte di quello strano rituale di commiato è lui. Ci deve essere un momento tutto per loro, su quel molo, in mezzo a tutti gli altri; è normale che i tentativi di Nadia di non cedere alla commozione si facciano più ardui adesso che Tony la sta guardando negli occhi.
«Quello che mi mancherà più di tutto, è il tuo improponibile accento, Colombina» le dice, arricciando le labbra. Non si aspettava nessun addio strappalacrime, non dal grande Tony Stark.
«Puoi sempre telefonarmi, se hai voglia di risentirlo» lo rimbecca lei con una smorfia. Non è una battuta è più che altro una specie di invito, perché davvero lei non può pensare che tutto finisca lì, che loro semplicemente se ne vadano via, come ha fatto...
Loki. Non devo pensare a lui.
Infatti non ci aveva pensato affatto, negli ultimi tre giorni mentre era a divertirsi insieme a tutti gli altri.
Nadia deglutisce, scaccia via l'impulso di mettersi a piangere e una nuova ondata di nausea.
«Dovresti venire a fare un giro a New York» aggiunge Tony. «Potrei aver bisogno davvero di un fotografo per il catalogo della Stark Expo, sai?»
«Non so se ho voglia di lavorare per te, signor Stark. Pepper mi ha raccontato cose tremende di quando era la tua segretaria»
«Leggende metropolitane».
Nadia aggrotta le sopracciglia, poi scuote la testa e ridacchia tra sé e sé.
«Ne riparleremo, tra un anno o due, quando mi sarò ripresa da tutto questo» conclude, ironica.
Tony dondola la testa in un cenno di assenso, poi batte energicamente la mano sulla spalla della ragazza.
«Comunque, anche se per colpa tua sono finito a un concerto jazz terminato con un'invasione aliena, sono contento di averti conosciuta» afferma, enfatizzando un'aria solenne.
«Quello che sta cercando di dirti» si intromette Pepper, quasi spingendo da parte il suo esuberante compagno, «è che ti siamo immensamente grati».
Nadia adesso non sa cosa dire. Aveva sempre pensato che salvare la vita a qualcuno fosse davvero una cosa da eroi, adesso che in un certo senso lo ha fatto davvero, si rende conto che è qualcosa di naturale, che sarebbe stato letteralmente abominevole pensare di comportarsi in modo diverso, scegliere di scappare e abbandonare Pepper e tutte quelle persone al loro destino. E comunque sia, non ha fatto di certo tutto da sola.
«Siamo una bella squadra, tutto qui» dice con un sorriso.
Pepper sembra persino più commossa di lei, non ha ancora superato il trauma di essere stata la proprietaria della mano che l'ha pugnalata, ad ogni modo, si china su di lei per un abbraccio. È un abbraccio strano, delicato.
«Loro sono una bella squadra. Tu sei una bella persona» le mormora Pepper all'orecchio.

***

Thor stringe una ad una le mani dei suoi compagni, quei valorosi midgardiani che quasi gli dispiace dover lasciare, soprattutto dopo quegli ultimi tre giorni di goliardica baldoria.
Il vento fa increspare il mare; mentre loro salgono a bordo dell'imbarcazione bianca, lui guarda Nadia in piedi alla sua destra, sembra una fiammella che vibra per il muoversi dell'aria.  
«Posso mettermi a piangere, adesso?» mormora lei, stropicciandosi il viso con le dita.
Thor le posa una mano sulla spalla,
«Non sarò certo io a impedirtelo» le risponde.
No, certo che non glielo impedirà. Quella ragazza si merita di lasciarsi andare alla debolezza, dopo tutto quello che ha passato, dopo tutto quello che ha fatto.
Il dio del tuono ha addosso dei jeans chiari e una maglia di cotone grigia con sopra il disegno stilizzato di un tornado e la scritta 'hurricane' a caratteri rossi. Dopo qualche piccola insistenza, Nadia lo ha convinto anche a legare i lunghi capelli biondi in una coda, giusto per fargli avere un aspetto quanto più normale e anonimo era possibile, così ha detto.
Si voltano e cominciano a camminare, allontanandosi dal porto. Nadia non piange, alla fine, Nadia si mantiene forte fino in fondo, forse perché non vuole immalinconirlo.
«Posso esprimere un desiderio?» dice Thor, guardando quasi rapito le luci elettriche delle costruzioni ai lati della via.
«Un figo dio norreno in jeans può avere praticamente tutto» risponde lei, giocosa.
«Un ultimo cartè, prima della partenza»
«Caffè, Thor. Si dice caffè».
Entrano in uno dei bar aperti che trovano lungo la strada, dove si fondo le tante voci dagli accenti più disparati mentre da quello strumento chiamato radio un uomo canta in italiano con una voce cadenzata.
 
"Hai resistito ai devastanti effetti
del mio passaggio e per la cronaca
ricordo l'ora, i minuti esatti,
lo dico senza retorica...".

Si appoggiano al bancone, nel punto più lontano dagli altri clienti e dai loro bicchieri di quella bevanda arancione smagliante che chiamano spritz e che Tony Stark sembrava molto apprezzare.
Nadia, appollaiata su un alto sgabello, ordina due caffè e appoggia in mento sulle braccia che ha incrociato sul legno lucido davanti a lei.
La voce nella radio continua a cantare, udibile al di sopra del chiacchiericcio.

"Purtroppo non era solo un gioco
 per provocare un comportamento
 ogni reazione serviva a poco,
 nemmeno dirsi addio..."

La ragazza non sembra nemmeno più particolarmente malinconica, ha lo sguardo perso, lontano. E Thor è dolorosamente consapevole di quale sia l'orizzonte verso il quale quello sguardo è proiettato.
Il barista appoggia due tazzine fumanti sui piattini di porcellana. Il dio del tuono ha l'aria di un bambino contento mentre zucchera il suo caffè e Nadia ricambia il suo sorriso, sembra deliziata dal suo essere deliziato.

"... di questa stella che ho messo a fuoco

 io sono l'unico proprietario
 la uso come mio lampadario
 nel buio che si fa".

In realtà è tutto momentaneo, presto anche lui dovrà partire. Partire significa tornare ai propri doveri e mai come in quel momento quegli oneri gli sembrano pesanti, tanto che preferirebbe lasciarli alle spalle di qualcun altro. Era partito da Asgard con l'intenzione di riportare indietro Loki, di ritrovare un fuggiasco evaso dalla sua prigionia e magari anche di ritrovare il fratello che si era smarrito su sentieri che tutt'ora Thor non riesce a comprendere. Non è riuscito in nessuno dei due obiettivi,  ha fallito e adesso vorrebbe solo non essere lui a ricominciare quella che non è più una semplice ricerca ma si è tramutata in una vera e propria caccia.
Nadia gira il cucchiaino per far sciogliere lo zucchero, poi guarda con aria poco convinta la tazzina.
«Non ne ho voglia, puoi berlo tu» gli dice, con una scrollata di spalle.
Sì, certo, lui adora il caffè. Ma non è per questo che adesso si ritrova in quel bar assieme a quella piccola umana; vorrebbe parlarle prima di andare via, vorrebbe farle domande che forse non sono lecite, che forse non ha il diritto di porle. Perché lui ci aveva creduto davvero al fatto che Loki fosse tornato a provare dei sentimenti buoni, perché c'erano stati momenti, in quei giorni chiusi in quella casa, in cui sembrava che lei potesse fare davvero una qualche differenza nel cuore di pietra di quel fratello divenuto a un tratto un nemico ed un estraneo. Perché Thor davvero non riesce a capacitarsi del fatto che si sia trattato solo di una sua illusione, che abbia visto ciò che gli faceva piacere vedere per non accettare una triste realtà alla quale ancora non si è abituato. Perché Thor ancora non sa cosa c'è o cosa ci sia stato nel cuore di Nadia e trova insopportabile non essere riuscito a capire davvero se in quei giorni a Venezia il cuore di Loki fosse tornato a battere.

"Meraviglia,
ho stabilito il mio record
di resistenza alla vita e stranamente
mi sento leggero".

Il dio del tuono indugia, tamburellando con le dita sul bancone, vuole guadagnare tempo, non vuole partire. Non vuole lasciare la ragazza e né vuole tornare ad essere il figlio di Odino che adempie ai propri doveri. Vorrebbe potersi trattenere lì ancora per un po', assicurarsi che Nadia stia bene, illudersi che Loki possa tornare sui suoi passi e spuntare una sera in uno di quegli strani vicoli che affacciano su qualche canale, chiedendo semplicemente di essere lasciato lì, in pace. E lui, forse, lo lascerebbe stare, lì a Venezia, lì con Nadia, in pace.
Ma sono elucubrazioni prive di senso, i pensieri di un sentimentale che si sta mostrando uno sciocco. Meglio smettere subito, meglio alzarsi da quello sgabello e andare via.
Nadia fa per incamminarsi, ma all'improvviso si ferma, appoggiandosi alla spalliera di una sedia, con un gemito di dolore.
«Stai bene?» le chiede Thor, preoccupato.
«Sì, credo di sì. È stato il vino» borbotta lei, agitando la mano come a sottolineare che è un affare di poco conto. «Andiamo, prima che mi venga in mente di sequestrarti e tenerti prigioniero nel mio armadio». Sorride, la piccola umana, ma adesso che Thor si è finalmente convinto a guardarla negli occhi si accorge del velo di tristezza e smarrimento che li rende spenti.
Nadia resterà sola, dopo tutto quello che ha fatto. Sola con la sua storia e con cicatrici che non meritava.   

"...tra il freddo dei vetri

 ho pensato anche a te,
ai tuoi abbracci così taglienti...".

Le luci dei lampioni allungano le ombre e le appiattiscono sul ciottolato. Nadia si infila sotto il suo braccio e gli cinge il torace.
«Parlami di Asgard, che posto è?» chiede, interrompendo il silenzio di quella loro passeggiata che per quanto possano rallentare, prima o poi giungerà alla fine.
Thor sospira.
Avresti dovuto chiedere a mio fratello, lui è molto più bravo di me con le parole.
Suo fratello è destinato a diventare la sua ossessione, ormai lo ha capito. Cerca di non pensarci, di ricacciare indietro quel pensiero, guarda Nadia e tanta di mettere insieme una spiegazione che renda l'idea.
«Una sorta di grande isola, sospesa tra le stelle» dice. «Le sue origini si perdono molto indietro nel tempo, ma chi l'ha fondata doveva avere ben chiaro il concetto di grandezza, è tutto molto... imponente, sfarzoso e ordinato e talvolta, certi luoghi sono persino troppo austeri. Io, sai... non credo che ti piacerebbe».
Nadia lo guarda incuriosita.
«Dici? Beh, se si vestono tutti come te, l'effetto sarebbe sicuramente molto buffo»
«Cosa hanno i miei abiti che non va? Oh, dimenticavo questa sorta di connessione astrale tra te e Tony Stark!».
Nadia ridacchia, poi il suo sorriso si spegna di colpo mentre si rende conto che sono giunti a destinazione.
Thor aveva bisogno di un luogo isolato dove poter ripartire senza che nessuno lo vedesse. L'unico posto del genere che Nadia conosce è quella casa fatiscente, il nascondiglio in cui sono rimasti confinati per tanto tempo. Guardare l'edificio malmesso ergersi nella penombra fa un effetto davvero strano; il dio del tuono sente la ragazza rabbrividire nella sua stretta.
«Posso andare da solo» mormora Thor.
«E lasciare che io mi perda lo spettacolo di te che vieni risucchiato da un fascio di luce? Stai scherzando?».
Scavalcano un davanzale e si muovono piano nella penombra, anche se conoscono a memoria ogni angolo di quel posto. Il dio sa che la ragazza non metterà mai più piede lì dentro dopo quella notte, non sa come fa a saperlo ma ne è certo.
Salgono le scale, arrivano al piano di sopra e aprono la botola che immette sul tetto.
Da lassù si vede la striscia lucida di un rio che scorre verso il Canal Grande, come un nastro di seta nera che scivola tra il cemento.
Thor si toglie l'elastico che ha tra i capelli e un soffio di vento gli agita davanti agli occhi le ciocche dorate. Deglutisce, stende il braccio e attende che il Mjolnir risponda al suo richiamo. Quando il Martello urta contro il suo palmo, una ragnatela di luce e fulmini si dipana attorno a lui e in pochi secondi gli abiti da terrestre lasciano il posto all'armatura e alle insegne del suo rango.
Il vento agita il mantello scarlatto contro il nero della sera. Thor sente uno strano senso di stanchezza e malinconia pesargli sul petto.
«Pensandoci, questo look ti dona parecchio» dice Nadia, ammiccando, riuscendo a strappargli un mezzo sorriso.
Lui le si avvicina e le prende la mano, fa per portarsela alle labbra e salutarla come impone la cavalleria, ma sente lo sguardo della ragazza puntato su di lui, quasi come se gli trapassasse la testa. Si solleva di scatto a guardarla e lei si morde nervosamente il labbro.
«Thor...» gli dice, titubante. «Dove pensi che sia?».
Il dio del tuono non ha bisogno di chiedere chi sia il soggetto implicito della frase.
«Non lo so, ma sarà mia premura cercarlo appena sarò tornato ad Asgard»
«E cosa succederà se dovessi trovarlo?»
«Lo riporterò a casa e invocherò per lui la clemenza della giustizia e del re perché credo che...».
Thor sente la ragazza fremere di angoscia, la vede mordersi con più forza il labbro inferiore fino a farlo sanguinare.
«Non dirmi niente» sbotta lei di colpo. «Non... non voglio pensarci».
Lo sguardo del dio si fa cupo,
«Quando ti chiesi se provavi qualcosa per Loki, sapevo già che la risposta era un sì, ma non credevo che si fosse giunti fino a questo segno» mormora e quasi rimane stupito del vedere Nadia arrossire.
«Siamo tutti e due degli sciocchi sentimentali, per questo credo che lui non gradisca la nostra presenza» tenta di scherzare la ragazza. «Forse ha paura che potremmo contagiarlo».
Thor scuote la testa con un sorriso amaro,
«Credo invece che lui volesse evitare di contagiare te con le sue disgrazie. Loki non ha mai pensato che qualcuno potesse amarlo per quello che è» asserisce.
Nadia deglutisce, come se stesse rimangiando una risposta che era sulle sue labbra ma che preferisce non pronunciare.
«Farò tutto ciò che posso perché gli accada il minor male possibile. Sono uno sciocco sentimentale e per per giunta testardo oppure ottuso, se vogliamo»
«Loki è fortunato ad avere un fratello come te».
Thor trova bello che ora, in quel momento esatto, entrambi trovino la forza d'animo di sorridersi.
Il dio si china a baciare la mano della ragazza.
«Buon fortuna, Nadia di Midgard» le dice.
«Anche a te, figlio di Odino».
La luce azzurra e chiarissima gli invade gli occhi di colpo, inghiottendo il cielo di Venezia e il suo odore di pietra e acqua di mare. Mentre l'energia del Tesseract lo spinge via, lontano da quel piccolo mondo che è la Terra, Thor immagina la ragazza, in piedi da sola su quel tetto, con il naso all'insù a cercare nel cielo risposte che non avrà mai. Si sente triste per lei e per se stesso, mentre il lampo di luce azzurra sparisce e il palazzo di Asgard si staglia in tutta la sua opulenta bellezza davanti al suo sguardo, ma sa che sono entrambi guerrieri e che il destino dei guerrieri è quello di andare avanti, battaglia dopo battaglia.

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Note:

Ora che ho infilato anche Samuele Bersani in una fanfiction sugli Avengers posso morire felice... il brano che Thor e Nadia si trovano ad ascoltare quando entrano nel bar si intitola “Meraviglia” ed è una canzone che ho sempre trovato molto azzeccata per questa fanfiction (senza contare che è una canzone a cui sono molto legata io di mio, a prescindere), in particolare in quel paragrafo mi sembrava molto adatta a descrivere i pensieri di Nadia mentre scorreva il POV di Thor.
La scena sul tetto della casa, con Thor che ritorna a indossare la sua “divisa da asgardiano” si rifà a quella del film, quando lui recupera i suoi poteri dopo aver combattuto contro il Distruttore.

Prossimamente invio reattori Arc a tutte voi XD
Loki si scusa per l'assenza, ma tornerà nel prossimo capitolo, che è l'ultimo capitolo prima dell'epilogo.
Ci leggiamo lunedì con l'aggiornamento.
Ciauz! ^^
   
 
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