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Autore: Kooskia    06/09/2012    2 recensioni
Fanfiction sul Ciclo dell'Eredità di C. Paolini. Ambientata durante lo svolgimento della trama della serie (copre complessivamente un'arco temporale della durata di un anno). Presenta personaggi e ambienti di mia creazione senza influire/modificare/alterare i personaggi originari del Ciclo.
In questa storia vedremo un Cavaliere solitario e il suo drago: nati e cresciuti fuori dai confini noti di Alagaesia, essi si batteranno per riportare la pace in questo angolo di mondo inesplorato scoprendo la verità di un passato a loro ignoto e plasmando il loro futuro in una terra aspra e selvaggia.
Epilogo contentene Spoiler.
Un capitolo conterrà tematica erotica (rating Arancione)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 17 - Non si può tornare indietro

La vista che si mostrava dinanzi a lei non era particolarmente piacevole. La vasta e secca pianura si era sostituita con brulle colline rocciose che lasciavano poco spazio alle rade piante per crescere e svilupparsi. Esse tuttavia non continuavano fino all’infinito: un colle più alto degli altri copriva la vista di una conca fremente di attività umana.
L’altro lato della conca era ben più alto e ripido della collina dove la dragonessa era intenta ad osservare: una parete rocciosa costellata di cave e buche scavate dagli uomini mentre interi sentieri di pietra sembravano esser stati livellati per agevolare loro la salita o la discesa.
L’oscurità notturna non indeboliva la vista di Niya e la dragonessa scrutò attentamente quei pertugi abbandonati, al centro della valle rocciosa si sviluppava un intricato assembramento di tende. Ella volse il muso quando avvertì la piccola mano del suo Cavaliere sfiorare le squame della sua zampa sinistra.
-Sei sicuro che sia la scelta giusta da fare?- chiese.
Il giovane umano annuì. – Quelli che vivono in questa valle lo fanno contro la loro volontà, costretti da quegli stessi uomini che hanno colpito il mio popolo. La morte per mano tua di quei guerrieri scatenerà una vendetta su questi… Mashujaa. Inoltre, se quanto ha detto Khelia è vero, potremo trovare degli amici tra costoro. -
Niya volse il muso, fissando con un grande occhio dorato il suo compagno-di-cuore-e-di-mente.
-Non ti fidi di lei. Riesco a sentire i tuoi dubbi risuonare forti nella mia mente come il bramito di un cervo maschio…-
Una sensazione di colpa e di richiesta di perdono si avvicinò alla sua mente, la dragonessa la accolse e condivise con il suo Cavaliere i suoi dubbi e timori.
-Sei sempre convinto di voler agire in quel modo? Ogni volta che ci allontaniamo rischi sempre di metterti nei guai.- si lamentò lei.
Kooskia ridacchiò mentre Niya avvertì l’intensità della gratitudine nella sua mente.
–Non sarò solo Niya, non dico di non preoccuparti per me… ma converrai che l’entrata in scena di un drago è qualcosa che deve essere sfruttata al meglio e nel momento giusto.-
Niya diede il suo consenso con un borbottio.
-Assolutamente, per quanto riguarda lo stile voi umani siete assolutamente negati.-

La palizzata in legno che si innalzava davanti a loro era un lavoro grezzo e approssimativo, spunzoni di rami costellavano la cima ed altri erano stati posizionati a livello del terreno: infilati in cumuli di pietra. Ma questa modesta barriera difensiva dava l’idea di aver visto tempi migliori, in alcuni punti il legno era logoro e rovinato dalle intemperie mentre alcuni mucchi di pietre erano crollati.
Un paio di guardie assonnate sostavano dinanzi ad un ingresso lasciato incautamente aperto.
Kooskia non ebbe bisogno di altre conferme per realizzare come un attacco fosse l’ultima cosa che si aspettassero.
Uno dei due uomini che indossava la logora tunica rossa, già vista da Kooskia nella foresta, sollevò lo sguardo quando si accorse dell’arrivo degli stranieri al loro ingresso ma non fece in tempo a proferire parola che una freccia sibilante lo colpì in pieno petto.
L’elfo non diede tempo al suo compagno di reagire e con un uno scatto innaturalmente veloce lo raggiunse. Kooskia non ebbe neanche il tempo di vedere con chiarezza come Laér uccise anche la seconda guardia e non trattenne un sussulto di disagio di fronte all’innaturale ferocia di un essere all’apparenza tanto gentile e delicato.
Un rumore di lame estratte ed al suo fianco lo scintillio dell’acciaio si mise in mostra sotto quel sole a picco: un istante più tardi il Cavaliere e i suoi compagni irruppero oltre la barricata.
Un grido di allarme si levò al loro arrivo ma era oramai troppo tardi, il giovane rimase tuttavia interdetto di fronte alla vista che si mostrava davanti a loro.
Decine di uomini e donne dalla pelle scura erano accalcati sul lato roccioso della cava, pesanti catene ai piedi e ai polsi li tenevano imprigionati mentre dozzine dei loro compagni lavoravano più in alto nelle cavità scavate nella pietra.
Alcune guardie si lanciarono contro di loro, molti di essi non indossavano elmo o le consuete tuniche scarlatte mostrando un misto di abiti che includeva le pratiche uniformi da viaggio e da lavoro osservate da Kooskia alcuni giorni prima.
Non vi era da stupirsi inoltre che alcuni dei carcerieri lavorassero a torso nudo per il caldo, l’assenza di protezioni non costituiva comunque uno svantaggio rispetto ai loro compagni.
Brelan incrociò la lama contro uno dei loro nemici alla sinistra di Kooskia, mentre il nano fece buon uso di un ascia che aveva recuperato dal materiale salvatosi giorni prima dalle fiamme di Niya.
Il giovane cavaliere non si era stupito quando Kalgeck aveva rifiutato una spada, arma troppo lunga per la sua stazza, ed aveva scelto una solida scure dopo aver tagliato ed accorciato il manico in legno.
Benchè i suoi due compagni non possedessero le sovraumane capacità dell’elfo, si dimostrarono combattenti esperti e dopo alcuni istanti i loro primi due avversari giacevano nella polvere.
Con la coda dell’occhio il Cavaliere notò anche Khelia battersi con un avversario ma la punta della lancia di un carceriere dovette riportare tutta la sua attenzione sullo scontro imminente.
L’uomo che aveva dinanzi indossava un tunica rossa con l’emblema della fiamma dorata, ma era logora e macchiata di polvere: nulla nell’uomo faceva presupporre una qualche esperienza militare. La sua espressione era spaventata e le sue movenze goffe e Kooskia dovette fare un lungo respiro per cercare di ignorare l’odore di paura che si spandeva attorno a lui. Mosse in avanti il braccio sinistro e devio lateralmente con lo scudo la punta della lancia, quindi calò la lama verde verso il petto scoperto del nemico.
-E’ il secondo uomo che uccido…-
La muta constatazione venne interrotta dalle roche parole del nano.
-Per Gûntera! Faresti bene a chiamare quella tua dragonessa adesso, ragazzo!-
Un cerchio di guerrieri e carcerieri si era formato attorno a loro, gli uomini si erano fatti più prudenti dopo la morte dei loro compagni.
Kooskia si fece avanti, rivolgendosi a loro.
-Io sono Kooskia, Cavaliere dei Draghi. Chiedo la vostra resa.-
Le sue parole avevano suscitato sguardi di nervosismo misto ad un incredule ironia. Non avevano suscitato l’ilarità del passato solo grazie ai corpi degli uomini che giacevano nella polvere.
Il Cavaliere mosse alcuni passi sulla sinistra, cercando di rivolgersi agli uomini e alle donne incatenate. –Voi siete i Mashujaa, ho sentito che eravate un popolo di guerrieri una volta, cosa vi è successo?!- Kooskia volse lo sguardo verso la parete rocciosa e si incamminò fino a raggiungerla, non molto distante dagli altri uomini incatenati vi era un loro compagno.
Quando due carcerieri provarono a mettersi sul cammino di Kooskia, Laèr incoccò una freccia e questo bastò ad immobilizzare i due uomini.
Il Mashujaa dinanzi a Kooskia era l’essere umano più imponente che egli avesse mai visto: lo avrebbe potuto scambiare per un orso nella sua foresta, grazie alla sua stazza e al suo corpo color della notte. Muscoli possenti recavano segni di cicatrici e frustate mentre delle pesanti corde in cuoio lo legavano ad una piattaforma di legno.
-Perchè avete lasciato che degli uomini potessero trattarvi in questo modo? –
La voce del gigante d’ebano era profonda e risuonava come un eco nella mente del giovane.
-I nostri villaggi arsero nelle fiamme e il nostro sangue bagnò la terra. Quelli che non vennero uccisi ebbero poca scelta per proteggere la vita di quelli che non potevano combattere, straniero dalla pelle pallida.-
Kooskia sollevò la spada ed un barlume di timore scaturì negli occhi del gigante, finchè la lama verde recise i legacci in cuoio che lo tenevano prigionero.
-Basta selvaggio! Questo è il mio campo e quello è il mio schiavo!-
Una voce furiosa riecheggiò nella conca e voltandosi, Kooskia vide un uomo della stazza di poco inferiore al gigante che aveva appena liberato.
L’uomo si fece largo tra gli altri carcerieri. Sul bianco petto nudo si stagliava solo la fascia di cuoio che reggeva una fodera sulla schiena mentre il volto era coperto da un casco il pelle.
-Nessun uomo ha diritto di possedere un altro uomo e tu sei uno sciocco se credi di poterci fermare-
Kooskia chiamò la sua dragonessa con la mente.
-Era ora! Avrei potuto sistemarli io fin dal principio... –
-Hai ragione Niya, ma qui ci sono uomini che devono capire come la loro libertà possa essere riconquistata con la parola e con la spada anzichè col fuoco e con le zanne.-

La dragonessa dorata ruggì ed invece che atterrare nella conca volò dritta contro la palizzata in legno, sfondandola all’ultimo momento con le zampe posteriori. Ella atterrò sui resti e ruggì di sfida di fronte ai loro nemici. Bastarono pochi istanti di incredulità e questi ultimi gettarono le armi per poi prostrarsi a terra, tutti meno l’uomo che aveva alzato la sua voce contro Kooskia.
-Un... Cavaliere dei draghi beh... sei solo un ragazzo. Se hai un briciolo d’onore battiti con me! Senza quel tuo drago o trucchetti magici!.-
Kooskia respirò profondamente, quindi allungò il braccio sciogliendo la tensione dei muscoli. La sua spada verde scintillava grazie alla luce solare e il suo avversario estrasse dal fodero che teneva sulla schiena una lunga frusta.
Il suo colore marrone scuro era lucido e denotava una cura spasmodica per uno strumento designato solo a portare sofferenza.
Come il ragazzo scattò in avanti, l’uomo di fronte a lui sollevò la sua arma e caricò una sferzata che impattò contro lo scudo sollevato del Cavaliere: la lunga punta della frusta aveva tuttavia raggiunto il fianco del giovane che trattenne un gemito.
Kooskia si allontanò cercando di guadagnare tempo ma il suo nemico non gli diede tregua, mulinando con esperta precisione il suo strumento di tortura e la nuda spalla del ragazzo venne segnata da un colpo netto che fece scaturire il sangue scarlatto.
L’aria era satura di polvere e il sudore imperlava la fronte di Kooskia che non trovava un modo per oltrepassare la gittata dell’arma del carceriere.
-Potresti prendere la sua mente e porre fine a tutto questo!-
Kooskia scacciò via la critica della sua dragonessa perchè in cuor suo sapeva di dover vincere questa battaglia mantenendo la sua promessa: i Mashujaa dovevano vedere il loro tiranno cadere per forza o abilità, qualcosa che fosse alla loro portata.
L’uomo sollevò il braccio e caricò un colpo poderoso, Kooskia tuttavia si fece trarre in inganno e la frusta andò ad attorcigliarsi sulla sua caviglia sinistra. Tirando con rabbia il carceriere riuscì a sbilanciare il giovane che crollò a terra.
Prima che egli riuscisse ad allungare la spada e a mozzare la frusta, il suo nemico aveva già ritratto il suo strumento con un gesto esperto.
-E va bene... se stanno così le cose... –
Egli si alzò, poi lasciò il suo scudo che cadde a terra con un tonfo cogliendo di sorpresa il suo nemico: quando la frusta diresse contro di lui, il Cavaliere usò entrambe le mani per tenere la sua spada verde e spazzare l’aria di fronte a se. La lama smorzò l’impeto della frusta e Kooskia allungò rapido la mano sinistra afferrandone la cima. Per un istante la lunga frusta rimase tesa tra i due contendenti, quindi Kooskia mosse la spada nella sua mano destra contro di essa.
La frusta si tagliò di netto e sebbene il carceriere fosse in possesso della maggior parte della lunghezza originaria, egli era rimasto sbilanciato da quello stesso taglio.
Il giovane Cavaliere sfruttò il momento ed avvicinandosi con uno scatto infierì ulteriormente sulla frusta tagliandola lungo la metà: un istante più tardi e la sua lama era puntata contro il petto nudo dell’uomo.
-Ho vinto. Tieniti la tua vita ma questi uomini adesso hanno la loro libertà.-
Il Cavaliere si volse e ripose la spada nel fodero sulla schiena.
Non vide il volto dell’uomo contorcersì in un ghigno di rabbia nè la sua mano estrarre dal lungo stivale destro un coltello lì nascosto.
Prima ancora che egli potesse sferrare il colpo letale e prima ancora che Kooskia potesse reagire, avvertito dalle improvvise grida dei suoi compagni, accadde qualcosa: la mano del carceriere venne intrappolata da una presa micidiale.
Il gigante color della notte si era mosso con inaspettata rapidità ed ora tratteneva il braccio del suo nemico: un impresa non da poco, considerando come lo stesso schiavista non avesse nulla da invidiare in fatto di forza fisica.
Eppure lo schiavo liberato torse il braccio del suo nemico come se si fosse trattato di un esile ramoscello, mentre la sua mano destra si chiuse con implacabile ferocia sul collo del carceriere.
L’uomo lascio andare il coltello e cercò di allentare la presa dello schiavo, inutilmente.
Il secco rumore del suo collo che si spezzava interruppe i suoi tentativi.
Kooskia si volse a guardare l’uomo dalla pelle nera che aveva appena riconquistato la sua libertà.
-Avevi ragione ragazzo, il nostro era un popolo di guerrieri. E senza ricorrere a quella bestia dorata ci hai ricordato quel che serve per tornare ad esserlo.-
Alle loro spalle, Brelan e Kalgeck avevano liberato alcuni di quegli uomini che si affrettarono a loro volta a fare lo stesso coi loro fratelli.
Mentre i primi schiavi liberati raccoglievano vanghe e bastoni, gli ultimi carcerieri rimasti si raggrupparono al centro dell’accampamento, consci che nessuno di loro sarebbe sfuggito alla vendetta.

Il cielo era terso quella notte e il cuore del Cavaliere era appesantito dalle preoccupazioni e non riusciva a sentirsi dell’umore giusto per prendere parte ai festeggiamenti attorno al fuoco. Degli uomini e delle donne avevano ritrovato la libertà ma i pensieri di Kooskia erano velati da un ombra.
-Non possiamo più tornare indietro. Se lo facessimo ora, la vendetta contro parenti e compagni di coloro i quali abbiamo liberato questa notte sarà terribile: e la colpa sarà stata solo nostra. –
  
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