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Autore: Itsfree    06/09/2012    2 recensioni
Salve a tutti!
Questa storia non è assolutamente nuova anzi il prologo è stato scritto un anno fa ma non ho mai voluto postarla qui per due motivi:
1) non ero sicura del filone della storia (che ora ho cambiato riportandola qui)
2) non la ritenevo all'altezza delle aspettative di voi lettori (non che ora ne sia sicura).
Spero sia una storia "fuori dal comune" e come feci allora ribadisco che è interamente dedicata ad una persona davvero speciale nella mia vita alla quale ho rubato pure il nome per la protagonista della storia. Ci saranno sia persone famose sia "normali". Em em spero vi piacciano le storie abbastanza tristi.
PS: ogni capitolo, ad eccezione del prologo, avrà legato a sè un link della canzone che maggiormente lo rappresenta.
PS 2: non tratta dei Jonas Brothers di per sè, vedrete. A voi il prologo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4- Breathe Me- Sia 
 
Il mio aereo non mi avrebbe aspettata in eterno. Mi staccai dall'abbraccio sussurrando un semplice "Grazie!" e me ne andai sempre sotto lo sguardo di tutti. Fregandomene ripresi la mia moto, appoggia il casco sulla testa e infilando la chiave partii a tutta velocità.
Arrivata a casa salii velocemente presi la mia valigia prioritaria lasciando tutto il resto accanto al divano del salone:  la mia vicina avrebbe messo tutto su un volo appena le fosse stato possibile. 
 
Era una brava donna e ci fidavamo di lei, o meglio, mia madre si fidava quindi di conseguenza, pure io. La salutai prima di andarmene e la ringraziai nuovamente per la disponibilità e lasciandole la moto che avrebbe messo in viaggio con una nave forse, poi scesi con l'ascensore.
Come era stato detto da mio padre in uno dei mille messaggi in segreteria, il taxi che mi avrebbe accompagnato all' aereoporto, era sotto casa alle 12:00 in punto. Salendo, guardai per un'ultima volta verso casa mia: avevo paura che andandomene avrei lasciato qui anche mia madre, avevo terribilmente paura ma ormai i giochi erano fatti.
Mi sedetti nei sedili posteriori e dissi al conducente che poteva ripartire e intanto tirai fuori le cuffie e cercai di liberare la mente e non pensare a nulla, solo alla musica, la mia migliore amica di questi ultimi tre anni. Appena fatto il check in, un'ora dopo, stavo già salendo sull'aereo che mi avrebbe strappata da Melburne e mi avrebbe catapultata oltre l'oceano. Il fuso orario era orribile perchè Los Angeles era 7 ore in più rispetto a Melburne, in più il viaggio sarebbe durato poco più di 10 ore, solo perchè mio padre aveva conoscenze, altrimenti non avrei beccato un aereo diretto. In teoria sarei arrivata alle 6 del mattino ma mio padre era fuori per lavoro e non so chi mi sarebbe venuto a prendere, credevo un altro taxista.
 
Feci un volo comodo, in prima classe ma fu uno strazio. Bimbi che piangevano, vecchietti che russavano e hostess impertinenti che continuavano a dirmi che avrei dovuto mangiare qualcosa. Presi un libro da leggere, amavo farlo: era come chiudersi in un altro mondo ma ogni volta che la realtà mi veniva schiaffata in faccia, la magia finiva. 
Iniziai a leggere Message in a bottle, e piano piano mi feci prendere dal quei capitoli. Lessi per praticamente tutto il viaggio anche se la stanchezza si fece sentire quando ormai mancavano poco più di un un'ora ed io avevo già finito il libro. Mi addormentai per poi svegliarmi di colpo mentre un auto-parlante urlava l'arrivo e la gente iniziava a dimenarsi.
 
"I passeggeri sono pregati di scendere" sentita quella vocina insopportabile e con gli occhi gonfi per la stanchezza scesi con una borsa a tracolla di pelle. Mi ero vestita comoda prima di partire: jeans chiari, converse nere e una felpona grigia degli NY Yenkees. C'era un pò di sole e decisi di mettere un paio di occhiali per non spaventare le persone che mi avrebbero vista con quella faccia e legai i capelli ormai scompigliati per il viaggio. Scendendo mi diressi a prendere la mia valigia e accesi il mio BBerry: nessun messaggio ed io non sapevo ancora come sarei arrivata a casa. Presi la mia piccola valigia e mi diressi verso l'uscita quando lo vidi: non era possibile, non lui.
 
Il mondo mi cadde addosso improvvisamente, il modo più brutto di riavere la propria famiglia davanti ai propri occhi soprattutto se è una famiglia che ti ha voltato le spalle.
Eppure prima poi avrei dovuto affrontare tutto, non avrei potuto fingere per sempre che non esistevano. E non avevo ancora affrontato l'impatto più forte, quello sarebbe arrivato più tardi a casa.
 
"Rachel!" Mi chiamò ed io per quasi non vomitai al pensiero che sarei ritornata a vivere con lui eppure salutai come meglio potevo "Ciao Matthew!". Avrei voluto fosse possibile cancellare lui come avevo fatto fin'ora invece non si poteva, ecco il mio fratello maggiore, il ragazzo per cui avrei fatto di tutto pure di vederlo stare bene fino a pochi anni prima. 
Ora era lì, davanti a me e mi sembrava solo uno sconosciuto. Rimanemmo impassibili, lui un pò imbarazzato a guardarci per pochi secondi. Era cresciuto, aveva 21 anni. Alto muscoloso con i capelli castano scuro tirati su con della cera, presumevo, e due occhi verdi. E mi resi conto che io e più che altro lei gli assomgliava sempre di più. Era vestito con dei semplici Jeans, Lacoste grigie ai piedi, una maglietta grigia con sopra un maglioncino blu e una sciarpa lasciata morbida con dei Rayban neri scurissimi sulla testa.
"Beh, dammi la valigia che ti accompagno a casa, sarai stanca." Si appoggiò gli occhiali sul naso e prese il mio trolley nero e la freddezza con cui fece tutto, sebbene fosse la cosa che volevo, mi fece male. Era stato importante per me ed io per lui ne ero sicura di questo. Arrivammo alla macchina e rimasi stupita: mio padre aveva fatto davvero così tanti soldi? Aveva una Maybach 57S nera, a dir poco bellissima e a stento trattenni un commento.
Inoltre l'aveva fatta modificare oscurando tutti i vetri e questo la rese ancora più misteriosa e bella. Mi aprì lo sportello del posto accanto al conducente e dopo aver sistemato la mia valigia nel bagagliaio mise in motore la macchina e ci dirigemmo a casa. Non parlammo per quasi tutto il tragitto fin quando verso la fine, appena iniziammo a scorgere un sacco di gente davanti a quella che sarebbe diventata casa mia.
"Beh, da quando..cioè sono cambiate un pò di cose e mi spiace dirtelo così però il nostro stile di vita è un pò cambiato, ti spiegherò tutto a casa" non capivo, ovvio, e un sacco di fotografi e altra gente iniziò a circondare la nostra auto.  Quando scesi per poco non mi venne un infarto.
" Julieeeeeeeeee!" Sentii urlarmi continuamente nelle orecchio. "Oddio oddio oddio è lei! La nostra Styless!" 
"Ti prego fammi un'autografo!"
Mi sentii paralizzata per pochi secondi e non capivo nulla allora mi venne spontaneo urlare il nome di mio fratello " Matthew dove sei finito? Vieni a ripescarmi!"
"Arrivo, ho recuperato la valigia, prendi la mia mano!" Esitai, non volevo ma dovevo se non volevo morire senza ossigeno in mezzo a quella calcaglia. Finalmente entrammo in casa ed era tutta cambiata: prima cosa che mi stupì è che era tutta insonorizzata e gli urli della gente al di fuori dell'abitazione si erano dissolti nel nulla.
"Ecco, siediti pure." Io mi tolsi gli occhiali e un pò spaventata mi sedetti. Ad un certo punto arrivò in salone un uomo che appena mi vide iniziò a parlare.
"Ma come ti è saltato in mente di farti l'extension? e queste cosa sono? I tuoi occhi verdi cangianti dove sono finiti? Lenti a contatto? E le tue unghie! E da quando hai le lentigini?! Julie Aria Styless mi farai perdere i capelli!"
"Scusi ma io non.." e subito lui guardò da un'altra parte, come se la sua attenzione fosse stata rapita da altro e mi interruppe "Oddio, granzie a Dio. Julie dov'eri?" Disse sedendosi sul divano e toccandosi la fronte per il sollievo.
"Oddio Jimmy stavo al telefono, che è successo che ti ho sentito sbraitare!" E colui che a questo punto si doveva chiamare Jimmy mi indicò ed io mi alzai di colpo.
 
Successe tutto così velocemente. Una stretta al cuore e volevo distogliere lo sguardo. Incrocio di sguardi: eccola davanti a me. Uguali, identiche come all'epoca per non fosse per due piccoli particolare, il colore degli occhi: i miei sul castano chiaro, quasi arancioni, i suoi più simili a quelli di Matt. E poi i capelli: io li tenevo sempre lunghi ed erano più chiari dei suoi, lei aveva i capelli più corti e scalati; di certo tra le due, dopo questi tre anni, la più bella era lei, decisamente.  Mi fece male, malissimo ma cercai di non mostrare alcun sentimento mentre rimase con la bocca socchiusa finchè mi salutò, svogliata. "Ciao Rachel!" disse a stento incrociando le braccia.
Le feci cenno con la testa poi mi voltai verso Matt:" Matthew mi potresti dire qual è la camera in cui posso mettere le mie cose? Vorrei riposarmi sai il fuso e il viaggio.." "Sì, ti accompagno parleremo più tardi." Lo guardai e poi presi il trolley dalle sue mani per poi far passare lui davanti a me.
Camminando iniziò un processo di mille emozioni dentro di me e confusione. "Ecco è l'ultima stanza infondo al corridoio, hai il bagno in camera quindi credo riuscirai ad ambientarti da sola." Annuii e mi avvicinai alla porta sotto il suo sguardo preoccupato.
"Rachel.." Mi girai prima di entrare nella stanza facendo un verso strano con la bocca. "Niente, ti veniamo a chiamare per l'ora di pranzo, arriva anche papà a quell'ora."
Non gli risposi neanche e appena entrai in camera scoppiai in un pianto liberatorio come se fino a quel momento avessi trattenuto il fiato e solo adesso potessi respirare.

Quando Matt tornò in salone Julie si sentiva ancora sconcuassata. 
"Siete davvero così identiche!" Azzardò Jimmy. Julie allora guardò il fratello per ricevere uno sguardo complice. Infine sussurrò sospirando un semplice: "Lo so."
  
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