L’Angelo della Speranza
Era nato all'alba del tempo, prima dei piccoli uomini, con le loro
speranze e le loro illusioni. Era nato
quando la terra apparteneva ancora alle forze primordiali, e lui era uno
dei suoi signori. Amava il sangue. Amava la lotta, amava
l'istante in cui prendeva la vita delle sue vittime, e afferrandone l'anima ne
succhiava l'essenza, diventando di volta in volta più forte. Amava osservare il
soffio della vita che se ne andava, scompariva dai
loro occhi aperti e curiosi.
Era nato allora e ancora esisteva. Era sopravvissuto alle catastrofi che
avevano mutato il mondo, alle guerre in cui gli uomini si erano distrutti tra
loro, al grande sconvolgimento che aveva annientato i suoi simili, lasciandolo
solo e ancora più affamato. Insaziabile come solo un essere
come lui sapeva essere.
Il mondo non era più quello di una volta. Le montagne si erano spostate, i
fiumi prosciugati, ed altri erano sorti al loro posto. Gli uomini, piccoli
esseri ben diversi dalla sua stirpe demoniaca, erano sopravvissuti con lui, a
dispetto di tutto. Si erano rinchiusi nelle loro mura, proteggendosi dai grandi
cataclismi, e ancora sopravvivevano. E lui continuava
a nutrirsi di loro.
Tutti lo conoscevano, tutti lo temevano. Lo avevano
incontrato da bambino, quando si addormentavano pieni di terrore senza sapere
perchè, e svegliavano piangendo i genitori pregandoli di stringerli forte per
scacciare il terrore che la sua presenza suscitava.
Lo avevano sfiorato in qualche sera indimenticabile, quando distratti udivano
un lieve soffio ghiacciato sfiorare le loro spalle, il suo alito di morte
sussurrargli il loro destino, e ancora si rallegravano di essergli scampati.
Lo avevano incontrato in un attimo privo di ricordi, nei sogni angosciosi, negli
incubi che li svegliavano la notte, o quando, ormai anziani, vedevano al di là delle ombre, i fantasmi del passato e del futuro
avvicinarsi a loro, chiamandoli, quando artigliavano l'aria per riprendersi
ancora un giorno di vita.
Come quel giorno.
Era a caccia, quella sera, una delle infinite notti senza luna in cui sentiva
più esigente il morso della fame, fame di anime.
Percorreva le strade delle loro ridicole città, assembramenti affollati come
alveari, e sceglieva le sue vittime tra quelle più gustose. Quella notte ne aveva assaggiati già molti, di soffi vitali, e già
numerose anime si affollavano prive di vita alle porte del luogo che tutti
accoglie, alla fine.
Ma non aveva progettato quell'incontro.
La vittima prescelta era una donna, una giovane donna
dai lucenti capelli castani e gli occhi dolci. L'aveva osservata, trovando
disgustoso quell'amore ch'ella
dispensava alla sua inutile, mortale creatura. La donna si era addormentata,
vegliando il frutto del suo grembo, ed Egli si era avvicinato, meditando di
svegliarla per succhiarne il midollo, dopo aver carpito la sofferenza ed il
terrore nei suoi occhi, cancellando quell'odiosa
serenità.
Entrò nella stanza, silenzioso come la morte che dispensava. Già stava per
sferrare la sua zampata, gli artigli protesi a squarciare il morbido petto
della donna, passandosi la lingua sulle labbra sottili, pregustando la cena.
Allora lo vide. Il bambino si era svegliato, ma non piangeva. Lo guardava,
semplicemente, con i suoi enormi occhi chiari. Era ancora un piccolo, inerme
cucciolo, che ancora non blaterava le stupide sciocchezze dei suoi simili, ma
aveva qualcosa di speciale. Lo fissava e non parlava, le morbide labbra rosee
socchiuse, le guance paffute e i riccioli d'oro che gli spiovevano sul viso. La
creatura non lo calcolò, al primo istante, e si voltò per portare a termine la
sua azione. Poi però qualcosa cambiò. Si voltò nuovamente verso il bambino, e
rimase a fissare quello sguardo sereno e azzurro come il cielo di primavera.
Allora due lacrime silenziose gli scesero lungo la pelle scura, raggrinzita,
una corazza che nulla aveva mai scalfito prima d'ora. E
furono quelle lacrime che lo uccisero. Si sciolse, restando masochisticamente
in contatto con quello sguardo puro come la luce dalla quale
sera scappato, millenni prima, per rifugiarsi nel caldo abbraccio delle
tenebre. E mentre il suo alito vitale, che aveva
creduto immortale, scivolava via da lui, evaporando nella notte, vide quello
che aveva dovuto vedere fin dall'inzio, e capì. Sul
dorso del bambino spiccavano, bianche e luminose, due ali piumate, e una luce
accecante gli tremolava attorno, un'aura dorata di purezza e verità.
Era nato all'alba del tempo. E il suo tempo era
giunto.