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Autore: REAwhereverIgo    06/09/2012    4 recensioni
Che succederebbe se una ragazza con autostima pari allo zero si innamorasse di un bellissimo motociclista? E se le sue sorelle si mettessero in mezzo per darle una mano, rischiando di peggiorare la situazione?
Spero che questa storia sia di vostro gradimento, io di sicuro mi divertirò a scriverla! Rea
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Vicino a Natale

Il tempo passa per tutti, anche quando vivi la tua vita in modo molto addormentato. Magari ti scivola via dalle mani e non te ne accorgi, però passa. E Rea si era resa conto di questo quando, una mattina, si era svegliata e aveva trovato i cartoni con le decorazioni di Natale nell’ingresso.

Sua mamma stava preparando la colazione per lei e le sue sorelle e canticchiava Jingle Bells allegramente.

“Buongiorno, tesoro!” la salutò, sorridendo.

Buongiorno” rispose lei. Aveva passato le ultime settimane dopo che era svenuta in uno stato semi-comatoso, continuando ad andare a scuola, a scrivere, a cantare e a fare tutto ciò che faceva anche prima, però adesso era spenta. Non aveva più voglia di svegliarsi la mattina, di sopportare i professori, di vedere quanto Emma e Laura fossero felici con i loro nuovissimi ragazzi. Era qualcosa che non sopportava, ma non per egoismo: era solo il dover ammettere di essere sola a darle noia.

“Oggi pomeriggio tuo padre e io rimarremo a casa per iniziare a montare l’albero, va bene?” le chiese. A sua madre il Natale piaceva, era la sua festa preferita e, anche se adesso non sembrava, anche quella di Rea. Le venne un po’ di tristezza nel pensare che una volta, appena arrivava il primo dicembre, iniziava a chiedere insistentemente e ripetutamente ai suoi di fare l’albero, mettere le luci, preparare la cioccolata calda e vestirsi con maglioni pesanti che la facevano sentire protetta.

Mamma, mi dispiace, ma oggi devo andare in biblioteca. Ho un compito da fare prima delle vacanze e devo sbrigarmi” rispose. La donna si rattristò, poi sorrise.

“Allora possiamo farlo domani” propose. La ragazza la guardò affettuosa.

No, figurati. Voi preparate tutto, io cercherò di essere pronta il prima possibile” le assicurò, alzandosi e dandole un bacio sulla guancia.

“Sei sicura? A te è sempre piaciuto mettere la stella sulla punta. Lo fai sempre tu, senza non sarebbe lo stesso”

Rientrerò per mettere la stella, te lo prometto” giurò.

Mentre si chiudeva in camera e cercava i vestiti per prepararsi ad uscire, si sentì un po’ in colpa. Non voleva tornare per terminare l’albero, non ce la faceva. Si sentiva così svuotata che non ci avrebbe messo il cuore nelle preparazioni per Natale e, quindi, non sarebbe stato lo stesso.

Una volta sola, in strada, mentre andava a scuola, si chiese se fosse giusto quel suo comportamento passivo. In fin dei conti nessuno le aveva detto di essere così triste, se lo stava imponendo da sola, no? Così come si imponeva da sola il fatto di non uscire più il sabato sera dato che Emma e Laura uscivano con i loro ragazzi, o di non camminare fino a scuola con loro perché non sopportava i loro racconti dettagliati delle relazioni amorose che stavano vivendo. E, soprattutto, nessuno le aveva imposto di allontanare Fabio in modo così brusco e duro.

Non si erano più parlati, né lei lo aveva mai cercato. Vivevano due vite in parallelo, anche se Rea ogni tanto notava che lui la fissava intensamente. E si sentiva una stupida.

 

Quel pomeriggio, quando fu arrivata in biblioteca senza avere davvero qualcosa da fare, la ragazza prese il primo libro che le capitò sotto mano e si sedette in terra a leggerlo. “The last song… destino, non sei simpatico” pensò, girando la prima pagina. L’aveva già letto almeno due volte, quel libro, e tutte le volte piangeva. Era bello e commovente, e questo le piaceva, soprattutto perché era una di quelle persone che amano quando un libro o un film le coinvolgono al punto di provare empatia per i personaggi.

Ma stavolta era diverso. Rimase immobile sul pavimento della biblioteca per quattro ore, e fu una pagina sola a farla pensare. La 143, per la precisione. La tua commedia non funziona con me! Hai evitato che scoppiasse la rissa mentre gli altri volevano sangue. Sei stata l’unica ad accorgerti del bambino che aveva cominciato a piangere, e ho visto come sorridevi quando è andato via con la sua mamma. Leggi Tolstoj nel tempo libero. E ti piacciono le testuggini!” di per sé non voleva dire niente. Era solo Will che tentava di fermare Ronnie prima che scappasse. Ma Rea capì cos’era che l’aveva colpita e ne rimase allibita.

La protagonista rifiutava di vedersi, si nascondeva dietro ad una specie di armatura ironica che non la faceva ferire dagli altri. Proprio come lei. E il ragazzo, nonostante la conoscesse da meno di due giorni, l’aveva capito subito da come si comportava con gli altri. Proprio come Fabio. Ma Ronnie non voleva lasciarlo entrare nella sua vita. E Will continuava a farlo nonostante i suoi rifiuti.

“Mi scusi, signorina, deve andarsene. È scoppiata una bufera di neve e stiamo chiudendo per l’allarme maltempo” la chiamò la bibliotecaria, facendola sobbalzare.

Come? Ah, sì, mi scusi, ora vado via” rispose. Rimise apposto il libro e corse fuori dall’edificio, stupita: quel racconto era anche troppo simile alla sua storia. O almeno, i due protagonisti lo erano.

Una volta in strada si mise i guanti e la sciarpa e si avviò verso casa. Era molto tardi, saranno state le sette, e, a causa della neve, non c’era nessuno in giro. “Che palle, casa è lontanissima. Mi prenderò una polmonite” pensò, portandosi le mani alle guance per scaldarsi. Abbassò la testa affinché la neve non le sferzasse il volto con troppa forza e camminò così per un bel pezzo, prima di rendersi conto che ci stava mettendo troppo.

Dove sono?” si chiese, alzando gli occhi. Li spalancò, incredula.

Come diavolo ho fatto a finire al parco se stavo andando nell’altra direzione?” esclamò, guardandosi intorno. Doveva proprio essere sovrappensiero, non le capitava mai di sbagliare strada. Si voltò per tornare indietro e sbatté il naso contro qualcuno.

Mi scusi, non vole… oh, no” disse. Fabio la stava guardando, sorpreso e divertito.

Buongiorno” la salutò. Per qualche ragione sentire di nuovo quella voce parlarle le fece l’effetto di una stufa, la scaldò terribilmente.

Buongiorno. Arrivederci” rispose lei, superandolo. Le era mancato, questo era certo, ma non poteva cedere all’emozione, doveva riuscire a non pensarci.

Ehi, dove stai andando? Aspetta” la fermò il ragazzo, prendendola per un polso.

A casa. Dovevo rientrare ore fa, mamma mi ammazza se non torno subito” spiegò, cercando di divincolarsi.

Mi lasci andare?” domandò, guardandolo arrabbiata.

Lo farei, giuro che lo farei molto volentieri, ma casa tua è dall’altra parte” le fece presente. Rea fissò stupita la strada che stava per imboccare e si rese conto che aveva ragione: stava per ritornare verso la libreria.

Oh. Grazie, non me n’ero accorta” disse, stupita di sé stessa. Ma che le prendeva?

Figurati” minimizzò Fabio. Rimase ancora attaccato al suo braccio e lei sbuffò.

Guarda che ora puoi lasciarmi andare

Sei sicura? Non mi sembri molto attenta, oggi, e, con questa tormenta, rischi di perderti. Se vuoi ti accompagno e poi vado via” le propose.

Che? No!  rispose punta nell’orgoglio.

Guarda che non c’è niente di male nel chiedere una mano quando serve” la riprese.

E io lo faccio sempre, ma so dov’è casa mia, non ho bisogno di te” ribatté la ragazza, tirando via il braccio. Nel farlo si sbilanciò all’indietro e cadde in un cumulo di neve fresca, sbattendo la testa contro un sasso.

Ahia. Che male” si lamentò, massaggiandosi il punto dove aveva battuto. C’era un bernoccolo bello grosso.

Provò a rialzarsi, ma non aveva molto equilibrio per colpa della botta, e cadde di nuovo.

Fabio sospirò, poi la guardò sorridendo.

Meno male che non avevi bisogno di me” la prese in giro, tendendole una mano. Rea si rifiutò di prenderla, ma lui non demorse.

Te lo chiedo per favore: fatti aiutare almeno a tornare a casa” la implorò. La ragazza strinse i denti e guardò altrove, poi si aggrappò al suo braccio e si fece tirare su.

Brava la mia lentiggine” si congratulò lui, facendola appoggiare a sé. Anche dopo il colpo preso e con la testa che girava, la rossa si rese conto che non avrebbe voluto essere altrove.

Erano passate più di quattro settimane da quando erano usciti insieme; l’aveva maltrattato per poi non parlargli più, si era nascosta ed era fuggita da quello che le faceva provare. Eppure, nonostante ciò, lui la stava aiutando senza esitare, come se non avesse aspettato altro, in quei giorni, come se fosse rimasto in attesa di un suo cenno per tornare indietro ed esserle amico. Perché lo faceva?

Comunque, mi piacerebbe dirti una cosa” esordì Fabio dopo un po’. Ormai erano in prossimità della casa.

Dimmi” lo incoraggiò Rea, stretta a lui. Non sentiva nemmeno il freddo della neve sul volto, c’era lui a proteggerla.

Io volevo chiederti scusa” ammise. Lei lo fissò.

Per cosa?

Per quello che è successo a casa mia. Tu non mi hai più rivolto la parola, ma ho sperato che ci saremmo potuti parlare, prima o poi. Ciò che decidi della tua vita è una questione che riguarda solo te e non avevo il diritto di venire a farti la predica. Sono convinto che hai passato dei brutti momenti e che questi ti abbiano segnato, per cui aspetterò” promise. Si fermò davanti alla porta di casa Stevens.

Aspetterai?” domandò Rea, senza capire.

Sì, aspetterò. E prima o poi te ne dovrai rendere conto” rispose.

Ma di cosa?” chiese lei, confusa. Davvero non ci arrivava? Fabio sorrise, e si avvicinò a lei, posandole un dolcissimo bacio sulle labbra. Durò solo pochi secondi, ma bastarono perché la ragazza spalancasse gli occhi e si irrigidisse leggermente.

Ciao, lentiggine” la salutò, riprendendo a camminare.

Lei rimase ferma a guardarlo scomparire nella tormenta di neve per parecchio tempo, prima di accorgersi che non lo vedeva più.

“Rea, tesoro, finalmente sei rientrata! Vieni, abbiamo aspettato a mettere la stella perché sapevamo che ci tenevi. Ma non stare lì sotto la neve, prenderai qualcosa!” la chiamò sua madre, uscendo sul pianerottolo. Lei sobbalzò e si voltò, poi sorrise per mascherare il disagio.

Arrivo, grazie” rispose.

 

 

Signore, mi può proteggere lei?

Fabio non se l’aspettava, non immaginava che l’avrebbe trovata stesa a terra quasi priva di sensi.

Signore, mi può proteggere lei?

Né si aspettava che avrebbe detto una cosa tanto straziante. Cosa le era successo per ridurla così? Sembrava un gattino, di quelli randagi che si fanno male e poi agonizzano sul ciglio della strada.

Una volta che fu entrato in casa e che si fu scaldato, pensò di nuovo a quella sera.

Signore, mi può proteggere lei?

Era una richiesta assurda, se ascoltata da qualcuno che non sapeva come stavano le cose, ma lui aveva capito cosa stava domandando Rea, la sua Rea. Per la prima volta aveva chiesto aiuto ad alta voce, ed era stato lui ad accogliere quella richiesta.

L’aveva raccolta come si fa con i gatti e se l’era strinta al petto, poi era andato a casa Stevens. Quando Emma e Laura avevano aperto la porta e lo avevano visto con la sorella svenuta in braccio si erano subito spaventate, ma lui le aveva semplicemente sorpassate in silenzio e aveva posato la ragazza sul divano.

L’ho trovata in strada, priva di sensi, e l’ho riportata qui” spiegò senza che nessuno domandasse qualcosa.

Com’è successo?” aveva subito chiesto la mora. Le accarezzò i capelli e la fissò intensamente.

Non lo so, era già a terra quando sono arrivato io. Quanto tempo è che è uscita?” s’informò. Lei ci pensò su un attimo.

Non saprei. È rientrata da scuola a mezzogiorno e poco dopo è arrivato… ehm… comunque, non so di preciso quando è andata via, me ne sono resa conto solo poco fa, quando è tornata anche Laura” rispose.

Allora è fuori da più tempo del previsto. Io ho lasciato Jason che era più o meno quell’ora lì e, se la conosco bene, direi che tua sorella è uscita per farvi stare in pace” ragionò Fabio. Emma spalancò gli occhi.

Tu… tu sai…?

Sì, stamani il professore era con me. Pensavo che lo sapessi” le spiegò.

Non saprei, forse l’ha detto, ma ero momentaneamente sconnessa” arrossì la mora.

Comunque ora che facciamo?” domandò l’altra, coprendo Rea con una coperta di lana.

Nulla, chiamate i vostri genitori e fateli venire a casa. Io me ne vado, non voglio che lei sappia che sono stato qui” rispose il ragazzo, alzandosi.

Perché?” indagò Laura.

Perché è un tipo orgoglioso e non accetterebbe mai il fatto che abbia avuto bisogno di aiuto. Voi non ditele niente, fate finta che sia stata riportata a casa da un signore qualsiasi, ma non nominate me” ordinò.

Sì, ma…” provò a ribattere Emma.

Ascoltatemi entrambe: vostra sorella non sta bene. Non lo è mai stata, se volete saperlo, ma è troppo testarda per ammetterlo. Ha bisogno di aiuto, e voi due siete le uniche persone che possono rimanerle vicine. Non la abbandonate mai, capito? Nemmeno quando sarà lei stessa a dirvi di potercela fare” le addestrò.

Fabio, cosa sai che noi non sappiamo?” domandò Laura.

Quando sarà pronta ve lo dirà Rea, ve lo prometto. Ma voi giurate di non lasciarla mai da sola. E non la fate rimanere indietro perché ora siete fidanzate” intimò. Il suo sguardo, o forse il suo tono serio le fece annuire.

Bene, io me ne vado. E non sono mai stato qui” ricordò loro.

A ripensarci, si chiese come avesse fatto a sopportare la sua lontananza per tutto questo tempo. Era innaturale.

Signore, mi può proteggere lei? lo aveva chiesto a lui e, qualsiasi cosa fosse successo, si era ripromesso di starle vicino da lontano. Non si sarebbe mai fatta aiutare apertamente, così, da allora, ogni tanto la osservava e la seguiva, cercando di assicurarsi che stesse bene.

Non poteva fare altrimenti: non si abbandona la donna che si ama.

 

  
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