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Autore: LaUrA43587    06/09/2012    1 recensioni
Questa fiction è il seguito della storia "Innamorata Di Una Stella"... Non pensavo di farne un seguito, e invece eccolo qua. Ania e Jennifer ora sono felici, hanno una nuova vita e due figlie meravigliose. Ma delle vecchie ombre del passato torneranno a fare loro visita, tormentandole e strappando loro una delle cose più importanti
"Ti prego non farle del male, è piccola, ha bisogno della sua mamma!"
"Questa è la mia vendetta"
"RIDAMMI MIA FIGLIA!"
Può il male lasciarsi abbindolare dall'amore?
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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L’Uomo Nero


Il tempo scorreva lentamente, la convivenza con la nuova coinquilina diveniva via via più piacevole e tutti l’accettavano, anche perche sapevano che entro poco meno di un mese sarebbe poi ritornata in Italia e per rendere felici Ania e Jennifer gli SHINee avevano deciso di ospitare questa Isabel.

Quella mattina era piuttosto piovosa, tuoni e fulmini si udivano in tutte le stanze di quell’immensa villa.

< Proprio oggi doveva piovere? > disse Minho camminando avanti e indietro per il salotto nel quale il leader cercava di guardare un po’ di televisione, ma a causa del continuo agitarsi del minore, risultava piuttosto faticoso rilassarsi sul divano.

< Minho, ti dispiacerebbe… > non terminò la frase che subito venne interrotto < Si, mi dispiacerebbe! Come fai ad essere così tranquillo, eh? Oggi per la prima volta dovremmo lasciare le bambine da sole e in più abbiamo un concerto piuttosto importante tra qualche ora e sa diluviando! > proferì ad alta voce e Onew sorrise. Gli sembrava strano che dopo tutti quegli anni passati a fare i cantanti, ancora il minore si agitava a ballare sotto la pioggia: l’avevano già fatto diverse volte, era capitato di scivolare sul palco, è vero, però sarebbe bastata un po’ di attenzione in più e non sarebbe successo nulla.

< Stai calmo, Minho. Con le bambine ci sta Isabel e il concerto andrà bene, devi stare tranquillo. A proposito, vai a chiamare gli altri. Usciamo > disse il leader calmo alzandosi e spegnendo la tv che non era riuscito a seguire a causa dell’agitazione dell’altro che si diresse immediatamente in cucina dove gli altri membri stavano ancora consumando la colazione, mentre Jennifer e Ania erano uscite presto per andare a lavoro.

< Dobbiamo andare ragazzi. Ci staranno aspettando, saranno tutti agitati, ma non come me, perche io non sono agitato, io sto bene, è tutto ok, niente andrà storto. Forse cadrò e farò una figura di cacca, ma a parte questo tutti saranno felici e contenti, no? > Minho parlò così velocemente che gli altri capirono solo la metà di quello che aveva detto e lo guardarono un po’ sconcertati.

Taemin si alzò lentamente dalla sedia e diede una pacca d’incoraggiamento al suo migliore amico, gli voleva bene e ormai lo capiva anche se lui non avesse detto niente. Sapeva già che era agitato a causa della pioggia, era sempre stato così, ma alla fine in tutti quegli anni, il grande Carisma raramente aveva sbagliato qualcosa sul palco, ma come sempre era in uno stato d’ansia che si ha solitamente ai primi concerti.

< Ci siamo noi con te, Minho. Sarà una giornata splendida nonostante la pioggia > gli fece l’occhiolino, dopodiché uscì dalla stanza per raggiungere il leader che già si stava mettendo le scarpe.

< Si! E poi dopo il concerto venite con me e Jennifer a scegliere le bomboniere per il matrimonio. > concluse Jonghyun imitando il maknae.

Infine si alzò anche Kibum che quel giorno era stranamente felice e allegro, forse più del solito e salutò l’amico con un sorriso a trentadue denti per poi dirgli < Isabel farà da babysitter, ci credi? > chiese con uno strano sorriso stampato in faccia.

< Ehm… si, ma dov’è ora? > domandò il bruno confuso.

< E’ al piano di sopra che gioca con Misaki. Dovevi vederle: sono bellissime! > affermò posando una tazza sul lavandino.

< Non è che ti piace Isabel, vero? Ecco… una coinquilina in più. Facciamo bene a cambiare casa. > disse Minho portandosi una mano alle tempie perche non ce la faceva a immaginare una famiglia con così tanti membri, ma da un lato non gli dispiaceva vivere tutti insieme, ci sarebbe sempre stata quell’atmosfera solare e allegra che nelle altre case non ci sarebbe mai stata.

< Ma che dici?! Ho solo detto che è carina, niente di più > ribattè Kibum, continuando però a sorridere.

< Si, anche Jonghyun aveva detto lo stesso di Jenn e guardali adesso: si stanno per sposare e hanno una bambina di sette anni. > effettivamente Minho non aveva poi tutti i torti, sapeva già come sarebbe andata a finire tutta quella faccenda: un altro matrimonio, altri bambini, altro piacevole caos.

< Ma… Vabbè. Andiamo? > era decisamente meglio non pensarci adesso, sapeva che ci sarebbe stato il rischio che poi Minho si sarebbe potuto agitare di più.

< Ok… >

Uscirono tutti e cinque di casa dopo aver salutato Isabel, Misaki e la piccola Serena che ancora riposava tranquillamente nella sua culla. Taemin le baciò la testolina e le sussurrò all’orecchio < Papà torna presto, amore mio >. Dio quanto l’amava quella bambina, era il suo sole, era il regalo più bello che Ania gli potesse fare. Era la secondo femmina che amava di più al mondo, era bellissima.

 

Passò un’oretta buona. Ormai era quasi mezzogiorno e Ania e Jennifer avrebbero rincasato tra mezz’ora. La piccola Serena si era svegliata da qualche minuto e piangeva, urlava probabilmente per aveva fame, o forse per voleva i suoi genitori, sta il fatto che Isabel non la degnava neanche di uno sguardo, non le interessavano le sue condizioni di salute.

< Dannata mocciosa, se non la smetti te la do io una buona ragione per piangere… > sussurrò tra sé e sé sedendosi sul divano, lasciando Serena a piangere al paino di sopra.

Non passò molto prima che Misaki la raggiunse guardandola con aria interrogativa e un visino triste.

< Isa, perche non vai da Serena? > chiese la piccolina in coreano e difatti la ragazza non capì assolutamente nulla di quanto avesse detto. Era ovvio che una bambina di sette anni non parlasse né l’inglese, né tanto meno l’italiano, quindi la guardò per qualche secondo per poi chiudere gli occhi e rilassarsi sul divano.

Il campanello suonò immediatamente e Isabel corse fino alla porta, l’aprì rapidamente quasi avesse voluto romperla e accolse con un sorriso sadico la persona davanti a sé. Era un uomo completamente vestito di nero, pure il volto era coperto da una maschera a causa della quale erano visibili solo gli occhi che Misaki guardò attentamente prima di indietreggiare di qualche passo.

< La marmocchia di Ania sta strillando! Prendila prima che la sbatto sul pavimento. > disse Isabel chiudendo la porta dietro di sé, lasciando prima entrare “l’uomo nero” o almeno così lo vedeva la piccola Misaki che lo guardò impotente mentre saliva per andare al piano di sopra.

< I-Isa… Chi è lui? > domandò, ma questa ancora non si degnò di risponderle, le si avvicinò cauta e la prese il braccio.

< Ora fai la brava e vieni con me. Non ti succederà niente se stai buona. > sapeva che la bimba non l’avrebbe capita, ma glielo disse lo stesso.

Quando Misaki vide Serena, piangere e urlare ancora più forte di quanto avesse precedentemente fatto in braccio a quell’uomo nero, fece di tutto per divincolarsi da quella stretta che la teneva attaccata al corpo di quella ragazza e grazie a un calcio ben mirato, Isabel la lasciò cadere per terra.

Misaki si rialzò velocemente e corse verso la porta d’ingresso che stava cercando di aprire disperatamente, ma con scarsi risultati.

La mamma mi ha insegnato ad aprire la porta.

Mi ha detto che devo solo abbassare la maniglia

Non ci arrivo.

< Piccola peste, vieni qui! > urlò l’uomo in un coreano quasi perfetto e la bambina finalmente lo capì, comprese quello che stava per accadere. L’uomo nero di cui zio Jinki parlava allora esisteva davvero anche se Key le aveva detto che non era così. Voleva rapirla e portarla in un posto tetro, voleva anche la sua piccola sorellina, Serena.

< Mamma, ma Serena è la mia sorellina? >

< Si, tesoro mio. Crescerete insieme e tu da brava sorella maggiore la devi proteggere sempre >

< Lo farò, mamma >

Si avvicinava sempre di più quell’uomo cattivo, ma Misaki ancora non si dava per vinta, cercava di aprire quella dannatissima porta che la separava dalla salvezza.

Saltò, afferrò la maniglia e la fece scivolare verso il basso, poi finalmente la porta si aprì e la piccola non ci pensò due volte prima di mettersi a correre scalza, sotto quella incessante pioggia. Vide di sfuggita una macchina nera, era molto molto bella e non le era mai capitato di vederla parcheggiata davanti alla sua casa, ma in quel momento non ci fece particolarmente attenzione.

Correva, ma non sapeva bene dove fosse diretta: non sapeva dove fosse papà Jonghyun o mamma Jennifer, non ne aveva la minima idea, semplicemente correva senza guardarsi indietro col cuore che le batteva assai veloce.

Dopo qualche minuto di corsa affannata, si voltò e non vide più nessun uomo nero, nessuna donna cattiva, ma non c’era più neanche la sua sorellina. Chissà cosa le voleva fare l’uomo nero? Chissà la mamma come si sarebbe arrabbiata quando sarebbe venuta a sapere che non era riuscita a proteggerla come le aveva detto?

Le persone per strada la guardarono malamente, alcuni si chiedevano che incompetenti fossero i loro genitori per averla lasciata da sola sotto la pioggia, altri invece erano più preoccupati, ma nessuno si degnò di fermarsi, di chiederle cosa ci facesse lì, o almeno farle un po’ di spazio sotto l’ombrello.

< Mamma… > bisbigliò piangendo. La cercava tra quelle persone, ma non la vedeva, non la trovava.

Un uomo si soffermò a guardarla di più, la fissava incessantemente e le si avvicinò inginocchiandosi accanto a lei, coprendola dalla pioggia grazie al suo immenso ombrello. Misaki guardò quell’uomo grande con terrore, aveva paura, ma qualcosa nel suo viso gli era famigliare, come se l’avesse già visto.

< Lo vedi l’uomo nella foto, Misaki? >

< Si, papà. E’ vecchio! >

< Ahah! E’ grazie a lui se io faccio il cantante, sai? >

< Davvero? >

< Si. E’ una brava persona >

< Sei tutta bagnata, Misaki. > disse l’uomo prendendola in braccio con un po’ di esitazione da parte della bambina.

< C-Chi sei? > chiese ancora spaventata.

< Sono Lee Soo Man, non mi riconosci? Come mai non sei in casa? Papà si arrabbierà molto. Vieni ti ci riporto io… >

< NO! Non voglio andare a casa, ho paura, c’è l’uomo nero. Mi vuole fare male! > urlò la piccola piangendo.

< L’uomo nero? > domandò l’uomo perplesso.

< Si! Voglio il mio papà! Voglio andare da papà! > parlò ancora ad alta voce e non desiderava altro se non l’abbraccio di Jonghyun in quel momento sarebbe stata una delle poche cose che sarebbero riuscite a tranquillizzarla.

 

Note dell’autrice: Ciao!! ^^

Non siete in molte che seguite questa ficcy, ma io non mi do per vinta *povera me*

Spero di avervi incuriosite almeno un po’ con questo capitolo J Grazie mille, alla prossima!

  
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