Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: theOldEnnui    06/09/2012    10 recensioni
In cui Sherlock convince John a sposarlo, un assassino deve essere incastrato e la terapia di coppia produce alcuni rivolti interessanti.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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4.

 

Sherlock Holmes e le sue idee.

John si domanda come diamine sia possibile che da neuroni così inconfutabilmente arguti scaturiscano in continuazione idee altrettanto inconfutabilmente stupide. È un paradosso interessante, qualcuno dovrebbe davvero scriverci sopra un trattato di metafisica.

«No, Sherlock» dice, «Nemmeno per sogno, nemmeno fra un milione di anni. No... solo-- no.»

Il problema, quando ti metti in testa di negare qualcosa a Sherlock Holmes, è che lui è Sherlock Holmes e - davvero - non esiste organismo vivente in questo mondo, ed in ogni altro del creato, in grado di sottrarsi alla sua volontà, perché lui è il dannato Sherlock Holmes, buon dio!, e il dannato Sherlock Holmes riesce sempre ad escogitare una maniera per ottenere che la realtà si pieghi ai suoi capricci.

John è facile da far piegare, nonostante i continui rimproveri ed i borbottii seccati, per lo meno la maggior parte delle volte e specialmente quando le pretese avanzate dal detective non rappresentano un rischio immediato e diretto per la loro incolumità ed anzi potrebbero contribuire a mettere in salvo esistenze altrui.

Oggi, però, davanti ad una richiesta così assurda e fuori luogo John non ha nessuna intenzione di cedere, non importa con quanta insistenza Sherlock continui a tormentarlo, non importa quel broncio infantile, per metà affranto e per metà oltraggiato e sopra ogni altra cosa non importano quei grandi, subdoli occhioni imploranti che lo stanno trafiggendo da parte a parte da interminabili minuti, ormai.

«Andiamo, John!» dice il suo persecutore e John scuote la testa per dare più enfasi al suo rifiuto e gli ripete con ammirabile stoicismo che: «Nemmeno fra un milione di anni, te l'ho detto, Sherlock.»

Il broncio si accentua, i mefistofelici bulbi oculari intensificano le loro silenti suppliche.

John tentenna.

Lo squalo fiuta l'odore dell'incertezza e attacca spietato: «Teale è fuori dal suo ambiente, se non facciamo qualcosa potrebbe non agire mai! Ci sono delle vite in ballo, John!»

Il buon dottore fa una smorfia, si passa la lingua sulle labbra, sbuffa e poi concede: «Oh, e va bene, va bene! Facciamo questa cosa-- ma nessuna parte di te sarà inserita dentro ad una parte di me, faremo il contrario o niente »

Il detective batte le mani entusiasta e sorride compiaciuto: «Perfetto!»

 

 

John non ha mai fatto sesso con un uomo, prima.

John non ha mai voluto fare sesso con un uomo, prima-- e anche adesso, ovviamente, anche adesso John non desidera in alcun modo fare sesso con un uomo.

Ma Sherlock è sul letto, di fianco a lui, e sta dicendo: «Oh, John! Sì... così!» e non è che la qualità di voce che sta usando sia particolarmente seduttiva, anzi è alta e sguaiata, ma ai margini lascia trapelare le tracce di un inconfondibile affanno e il letto sotto di loro cigola e – buon dio - adesso Sherlock sta ansimando e John non ha davvero mai voluto fare sesso con un uomo prima, ma Sherlock non è un uomo, è Sherlock e John chiude gli occhi e vorrebbe tapparsi le orecchie, perché così. Non va. Bene.

«John? John, tocca a te» lo chiama impaziente da qualche parte alla sua destra la voce del detective, questa volta bassa e fatale, e lui è percorso da un brivido lungo e meschino, che non si lascia scrollare via, ma che sguscia sinuoso fino al suo inguine e lì si aggrappa tenace.

Un piccolo gemito di frustrazione gli sfugge dalle labbra serrate e Sherlock sussurra: «Più forte, John-- più vocale»

John respira, si schiarisce la gola e tenta: «Oh, Sherlock...»

«Con un po' più di sentimento?»

«Oh, Sherlock!» riprova allora «Oooh, Sher-- »

Sherlock fa una smorfia scontenta e lui ammutolisce: «Grazie al cielo non sei una donna – sì John! Così, più forte! – chissà l'orgoglio di quanti uomini avresti mandato in frantumi con i tuoi orgasmi simulati-- oooh, John! Sei così grande!»

John sbatte le palpebre.

Se tutto il sangue del suo organismo fosse distribuito equamente e non stesse facendo a gara per raggiungere una certa, specifica estremità del suo corpo è più che probabile che davanti ad un simile exploit il buon dottore sarebbe morto dall'imbarazzo, o quantomeno soffocato dalle risate, ma grazie al cielo allo stato attuale delle cose il suo cervello è leggero, rarefatto e totalmente inetto alla formulazione di qualsivoglia riflessione coerente.

Sherlock prosegue la sua arringa del tutto imperturbato e con una serietà marziale, che cozza in maniera davvero bizzarra con l'assurdità della situazione, gli intima: «Tu pensa a far cigolare il letto, io mi occupo del resto. Credo sia meglio se vogliamo mantenere una parvenza di realismo-- oh, sì! Più veloce, più veloce!»

John esegue ubbidiente, troppo frastornato per obiettare o lamentarsi, e prende a muoversi con moderata enfasi, fino a che gli squittii della rete non sono sincronizzati agli ansiti spudorati di Sherlock.

Il buon dottore incolla gli occhi alla parete di fronte e respira, ma accanto a lui il Male continua a emettere versi subdoli e lascivi nella speranza che al di là dal muro Teale li percepisca e decida di fare qualcosa in proposito, rivelando così la sua vera natura di psicopatico. Una curiosa macchia di muffa a forma di elefante riesce a catturare il suo interesse per una celestiale manciata di secondi, ma la distrazione non dura lungo, perché i versi proseguono, e si fanno sempre più malvagi e nefasti, crescono di intensità e continuano a parlare a parti di lui che dovrebbero avere orecchie calibrate per captare ben altre frequenze e-- buon dio! Aveva capito da subito che si trattava di una pessima idea, non appena Sherlock aveva aperto bocca, prima ancora che emettesse mezzo suono, lo scintillio nei suoi occhi lo aveva avvertito che il detective non stava tramando niente di buono ed ora eccola, inutile, indesiderata e fastidiosamente concreta, che di attimo in attimo cresce e rende i suoi pantaloni sempre più scomodi, la conferma che un soldato non dovrebbe mai e poi mai dubitare del proprio istinto.

John serra strette le palpebre e continua a respirare. Ha passato una vita intera a farlo, com'è possibile che all'improvviso le logiche nascoste dietro ad un meccanismo tanto familiare gli appaiano così oscure?

Accanto a lui Sherlock persiste con indefessa diligenza.

Le profondità della sua psiche devono essere infestate da un qualche tipo di istinto masochistico latente, perché tutto d'un tratto il buon dottore è assalito dal bisogno impellente di vedere. Come se mantenere il controllo non fosse già abbastanza difficile così.

John deglutisce e soppesa la questione. Probabilmente Sherlock è distratto, immerso nella lettura dell'ingombrante manuale di apicoltura che ha trascinato sul letto mentre si preparava all'azione. Un'occhiata veloce e di sfuggita dovrebbe essere possibile senza danni collaterali. John decide di azzardare.

Il libro è aperto sulle gambe del detective, ma completamente orfano di attenzioni.

Il buon dottore avverte una contrazione alla bocca dello stomaco e un'altra un po' più in basso mentre si rende contro che Sherlock lo sta guardando-- lo stava guardando-- lo ha guardato per tutto questo tempo?

Un enorme qualcosa gli ostruisce la laringe quando l'altro tace all'improvviso e un silenzio alieno e denso si impadronisce della stanza.

Si scrutano per qualche istante, poi Sherlock muove le labbra, sta per dire qualcosa, ma John non ha nessunissima intenzione di ascoltarlo in questo momento: è confuso e non c'è abbastanza aria nel mondo e se il cuore non la smette di rimbalzargli con tanta foga nel petto probabilmente è solo questione di attimi prima che il suo sterno vada in frantumi e – buon dio! – ha un erezione.

Sherlock se ne è accorto. Sherlock deve essersene accorto. Sherlock è Sherlock, ovviamente se ne è accorto.

Fra una frazione di secondo dirà qualcosa sulla falsa riga di “sono lusingato dal tuo interesse, ma devi sapere che mi ritengo sposato col mio Lavoro” e John dovrà cedere all'urgenza di tirargli un pugno in faccia, perché tutto questo disastro è soltanto colpa sua e delle sue stupide idee e del suo stupido Lavoro e – buon dio – vuole baciarlo, come è possibile?

«Devo andare in bagno.» dice prima che la situazione degeneri, con una voce così ruvida che lui stesso stenta a riconoscerla come propria.

Non gli importa di essere ovvio, vuole solo infilarsi nel dannato bagno e rimanerci rinchiuso per il resto della sua vita; vuole solo ritardare il più possibile il momento in cui Sherlock sorriderà il suo sorriso di artificiosa cortesia e declinerà coi suoi modi freddi e un po' impacciati un'offerta che John non gli ha nemmeno fatto.

 

 

Quando riemerge dal bagno, quasi un'ora dopo, Sherlock è nascosto dietro allo schermo del suo portatile, e non dice una parola.

Lui esce e passa il resto della giornata appeso al bancone della reception a chiacchierare con Nancy.

 

 

«Come va la testa, Sherlock? Stai meglio?» esordisce Margaret all'inizio della loro seduta di terapia privata, la mattina dopo.

Sherlock sorride e annuisce.

John non riesce ad impedirsi di arrossire.

«Bene, allora possiamo cominciare, che ne dite?»

Margaret si sistema gli occhiali sul naso, scorre fra le pagine del suo taccuino e si getta in un soliloquio sull'importanza della volontà e dell'impegno di cui è imperativo che entrambe le parti della coppia siano armate quando si propongono di uscire da una crisi.

John non può fare a meno di sentirsi tirato in causa dalle occhiate persistenti ed allusive che lei continua ad indirizzargli ogni pochi secondi: quella donna lo odia, non ci sono dubbi.

«Ora vorrei che ognuno di voi confidasse all'altro con sincerità e senza paura di ripercussioni qual è la cosa di lui che lo infastidisce maggiormente. Guardandovi negli occhi, mi raccomando. John, vuoi cominciare tu?»

John grugnisce il suo entusiastico assenso.

Sono seduti su un divanetto rosso, piccolo e scomodo. Per riuscire ad esaudire i desideri di Margaret e mettersi l'uno di fronte all'altro sono costretti a contorcersi un poco e la coscia destra di Sherlock finisce premuta contro alle sua ginocchia. È un contatto innocente e questo non è il momento di farsi prendere dal panico, ma è proprio necessario per l'organismo del suo dannato coinquilino impegnarsi tanto nel processo di termogenesi?

Il buon dottore tenta di mascherare il disagio e decide che non ha nessuna intenzione di guardare la meschina entità negli occhi – dall'incidente del giorno prima ha cercato di evitarlo il più possibile – così, con discrezione, punta lo sguardo da qualche parte nei paraggi del suo orecchio sinistro e dice: «Qualcosa che mi irrita di Sherlock? Direi che c'è l'imbarazzo della scelta»

Sherlock soffia in oltraggio.

«John,» lo riprende Margaret con severità «non serve essere sgradevole. Scegli una cosa e dilla, per favore»

«Bene!» morde lui impermalito «La cosa che mi infastidisce di più di Sherlock è senza dubbio Sherlock.»

Il detective si esibisce in una plateale roteata di bulbi oculari e commenta piccato: «Oh, davvero esplicativo, John, i miei complimenti»

John serra strette le labbra, incrocia le braccia sul petto e non risponde.

Margaret li osserva, scribacchia sul taccuino e dice: «Avverto una notevole ostilità scorrere fra voi. È successo qualcosa che vi va di condividere?»

«No, grazie» sputa fuori in fretta il dottore.

La donna arriccia il naso e lo incenerisce con uno sguardo risentito, ma poi annuisce affettata: «D'accordo, come preferite-- procediamo, allora. Sherlock, è il tuo turno. »

Sherlock le indirizza un sorrisetto veloce, poi riporta la sua attenzione su John e annuncia in tono deliberatamente provocatorio che la cosa che lo infastidisce di più di lui, oltre alla sua provata ottusità, è senza dubbio il fatto che è sempre, costantemente preoccupato di quello che pensa la gente.

«Io non sono preoccupato di quello che pensa la gente-- e poi lei ha detto una cosa, tu ne hai appena dette due!»

«Oh, ma per favore! Tu hai detto Sherlock e Sherlock non è nemmeno una cosa, Sherlock sono io!»

«È perché sei tu che mi irriti, Sherlock! Con tutto il tuo-- essere Sherlock»

«Oh be', grazie. Se proprio lo vuoi sapere neanche tutto il tuo essere John è sempre così piacevole da sopportare!»

Margaret ruggisce: «Ora basta bambini!» ed entrambi ammutoliscono. La donna rimane in silenzio a fissarli per un'esasperante quantità di tempo, poi parla, e naturalmente si rivolge a John: «John, come ti senti nei confronti della tua sessualità?»

«Benissimo» si affretta a rispondere lui.

«Mi sembra di aver percepito che la tua omosessualità ti provochi-- »

Prima che il suo cervello abbia una chance di intervenire la sua bocca ringhia: «Io non sono omosessuale!» Margaret inarca un sopracciglio inquisitore e John balbetta: «Volevo dire-- ecco... di solito non... gli uomini... ma Sherlock-- »

«Ah, capisco. Sherlock è stato il tuo primo uomo?»

Il buon dottore arrossisce, il che è stupido, perché è tutto solo per finta e non c'è alcun motivo di arrossire: «Sì, primo e unico.»

Margaret studia cogitabonda i suoi appunti per qualche attimo e poi domanda: «Posso chiedere qual è il vostro rapporto con le manifestazioni pubbliche d'affetto? Sherlock, come si comporta John nei tuoi confronti davanti ad altre persone?»

«Oh,» trilla l'infame bastardo fingendo smisurata afflizione «si rifiuta anche solo di tenermi la mano!»

«E questo ti fa sentire male? Non desiderato, non è così?»

«Oh, sì. Moltissimo!»

John serra le palpebre e respira: uccidere Sherlock davanti ai suoi occhi non farebbe davvero nulla per migliorare la bassissima opinione che Margaret si è formata di lui.

La donna continua ad annotare dati misteriosi sul suo taccuino, poi si sistema di nuovo gli occhiali e dice: «John, come ti sentiresti se ti chiedessi di baciare Sherlock?»

«Cosa?» tossisce il buon dottore, che si è strozzato con la sua propria saliva e sta combattendo una feroce battaglia contro la morte per soffocamento.

«Ho detto: come ti sentiresti se ti chiedessi di baciare Sherlock?» ripete lei, mentre contempla con gelido ed imperturbabile distacco la sua agonia.

«Come? Adesso? » rantola la grama creatura, tentando di riguadagnare il controllo sul proprio respiro.

Il capo ricciuto di Margaret ha un piccolo scatto impaziente, mentre le sopracciglia le balzano verso l'alto e lei sgrana leggermente gli occhi: e quando, se no? sta dicendo seccata la sua faccia, «Se non è troppo disturbo» miagolano con ben simulata cortesia le sue corde vocali.

«Davanti a te?»

Un sospiro sconsolato e i suoi lineamenti vengono attraversati da un lampo di qualcosa che assomiglia davvero molto al dolore fisico: «Sì, John»

John aggrotta la fronte. Sa bene che la rappresentazione di sé che sta fornendo in questa conversazione non è delle più brillanti, ma ci sono cose su cui è necessario fare assoluta chiarezza, a discapito anche della propria reputazione: «Sulle labbra?»

Margaret si sta preparando ad esalare l'ennesimo quando Sherlock scatta in piedi e col volto deformato in una smorfia complicata dichiara: «Tutto questo è assurdo! Come crede che una cosa del genere possa risolvere i nostri problemi? Se proprio vuole vedere due uomini che si baciano le consiglio di guardare un porno gay!»

John sbatte le palpebre perplesso, una sola volta. Non fa in tempo a riaprirle che Sherlock è sparito e nell'aria riecheggia il fragore della porta dello studio di Margaret che viene spalancata e chiusa senza grande garbo.

Passano alcuni secondi di silenzio interdetto, poi il buon dottore fa un gesto vago nella direzione dell'uscita: «Penso che dovrei andare a vedere... »

La donna davanti a lui appare in stato di shock, ma annuisce.

 

 

Sherlock sta marciando a passo spedito lungo al corridoio, John scorge la sua figura allampanata sparire dietro ad un angolo del muro e si getta al suo inseguimento.

«Sherlock! Sherlock!» lo chiama irritato e col fiato corto, perché le gambe del detective sono inverosimilmente lunghe e, siccome il bastardo pare affetto da una bizzarra forma di sordità selettiva che gli ha impedito sinora di percepire gli strepiti di John che da lontano gli intimava di rallentare, il buon dottore è stato costretto a mettersi a correre per raggiungerlo.

«Cosa?» domanda con sorpresa innocenza l'infame dopo che il suo inseguitore gli è arrivato alle spalle e l'ha afferrato per un braccio con l'intento di arrestare la sua avanzata.

«Cosa diavolo è stato quello?» ruggisce il buon dottore mentre Sherlock inarca un sopracciglio con tiepida curiosità. «Quello cosa?» domanda, e pare in tutta onestà non averne idea.

John spalanca la bocca e la richiude, preda di un ammutolente sconcerto: «Quello!» tuona con encomiabile eloquenza una volta recuperato l'uso della parola.

Il suo migliore amico aggrotta la fronte, assottiglia gli occhi, inclina la testa di lato.

«Quello, Sherlock, quello!» ripete allora lui, frugando nel suo thesaurus mentale alla ricerca di un termine più appropriato «Quel-- quella-- quella scenata! Davanti a Margaret!»

«Oh, quello!» esclama il detective, finalmente illuminato «Non c'è di che!»

«Cosa?» squittisce confuso John e l'esasperazione fa suonare la sua voce di un'ottava più acuta.

Sherlock fa una smorfia, perché detesta quando l'inettitudine del genio altrui lo costringe a ripetersi: «Non c'è di che» scandisce lento, poi ci pensa un po' su e chiarifica: «L'ho fatto per salvare la tua virtù»

«La mia-- cosa? Be', grazie tante, ma non ce n'era davvero bisogno»

Il detective sbuffa una mezza risata scettica, invade lo spazio personale di John e mentre incombe su di lui lo trafigge con uno strano sguardo, un po' ironico e un po' qualcos'altro, di natura indisitnguibile: «Ah no?» domanda beffardo «Non dirmi che eri pronto a commettere un simile turpe atto di vilipendio nei confronti della tua eterosessualità!»

John arrossisce e vorrebbe prenderlo a pugni, perché è ovvio che il bastardo sta deliberatamente mettendo il dito nella piaga, adesso: «Sarebbe stato solo un bacio» dichiara raddrizzando le spalle e puntando gli occhi dritti in quelli di Sherlock, l'espressione impassibile che usava durante le partite a poker con i suoi commilitoni e una bizzarra nota di sfida nella voce.

Le iridi del detective sono intese e molto, molto vicine e stanno vagando veloci e concentrate sul suo volto alla ricerca di indizi del tutto superflui, perché a John ormai è chiaro che lui ha capito-- deve aver capito-- chiunque avrebbe capito. John è stato così ovvio. «Non sapevo saresti stato disposto» dice arrestando finalmente il suo sguardo, proprio dentro a quello di John.

Oh, ma per favore! vorrebbe dirgli lui e invece sorride, un sorriso tirato, per nulla felice e un poco ostile: «Sarebbe stato solo un bacio» ripete compunto.

Le labbra di Sherlock tremano agli angoli con l'impressione di un broncio: «Ovviamente» proferisce rigido, prima di voltarsi e riprendere a camminare, come se niente fosse successo.

«Dove stai andando adesso?» gli abbaia dietro il buon dottore.

«Ho bisogno di un po' d'aria» annuncia lui, in una strana inversione di ruoli.

 

___

NOTE: avrei voluto aspettare di avere pronto il cinque prima di dare alle stampe questo capitolo, tanto per non interrompere il circolo virtuoso, ma in questi giorni non sono riuscita a scrivere nemmeno un po', però volevo pubblicare prima della fine del secolo e allora sì, eccomi qui-- sempre che EFP me lo permetta: sono tipo tre giorni che provo, ma ho problemi ad accedere D:
Poi che dire? La diabolica idea di Sherlock non era tanto difficile da indovinare e in generale la storia non è che abbia una gran trama, ma mi fa davvero un piacere gigantesco che fino ad ora vi sia piaciuta-- sono un'insicura cronica, spero solo di non deludervi u__ù
Come sempre grazie per aver letto e commentato, siete tutti bellissimi e mi rendete iperansiosa, ma tanto, tanto, tanto felice! u_ù
Un bacione! 

  
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