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Autore: MariD96    06/09/2012    3 recensioni
"Così tutti sapevano come mi comportavo ma nessuno sapeva il motivo per cui lo facevo, perché ero sempre triste e perché preferivo stare da sola.
Nessuno conosceva la mia vera storia, cosa era successo 8 anni fa."
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I seguenti giorni passarono normalmente, a casa non parlavo mai né con Ronnie né con Lea. Qualche volta zia mi chiedeva come andava con il dottor Collins e io le rispondevo “bene” nonostante non andassi più ai nostri appuntamenti.
Tyler a scuola cercava di passare il più tempo possibile con me e tutte le ragazze della scuola, compresa Ronnie, sembravano odiarmi perché il capitano della squadra di basket aveva occhi solo per me.
Quando vedevo il ragazzo del frappé e del libro in testa che si avvicinava cambiavo corridoio. Dal quel giorno in cui ero finita con il nascondermi in uno sgabbuzino ero stata molto più attenta a guardarmi intorno per non incontrare nessuno di spiacevole.
In classe mi sedevo sempre lontana da tutti, tranne nell’ora di chimica dove ero costretta a stare con quel Paul perché “ognuno deve avere il proprio compagno di laboratorio” diceva il professor Collins, forse era solo un modo per farmi trovare un amico ma ancora dovevo decidere se Paul fosse un bravo ragazzo o no. Comunque da quando si era sparsa la voce che Tyler mi aveva invitato alla sua festa anche lui cercava di stare al suo posto, mi tartassava di domande ma non aveva mai provato ad avvicinarsi a me più di tanto.
Mancavano solo un giornio alla festa di Tyler, a me non importava molto ma tutti erano eccitatissimi. Sentivo dire tra i corridoi “sarà una festa epica”, “la festa dell’anno”,  “chi non è stato invitato non vale nulla” a quel punto mi chiesi se Justin fosse stato invitato, magari sarei riuscita a parlare di nuovo con lui.
Non ero per niente abituata a quella situazione, in genere erano i ragazzi a venire da me invece questa volta ero io che dovevo cercare lui, anche se sapevo che sarebbe stata una pessima idea per entrambi.

**

- ciao, carina.

Sobbalzai, qualcuno mi aveva semplicemente sussurrato nell’orecchio, aveva sussurrato come l’ultima volta che ci eravamo visti.
Riconoscevo quella voce. Era dietro di me.

- Sai la mia proposta è ancora valida.

Speravo solo che se ne andasse, invece sembrava che volesse una risposta.

- Ops, che sbadato! Non mi sono ancora presentato, mi chiamo Jason.- mi fece un sorriso malizioso.

Questa volta non avevo nulla in mano da tirargli in testa, niente frappé, niente libri. Eravamo nella palestra della scuola aspettando che iniziasse la lezione di ginnastica.
Peccato che non mi ero armata di racchetta da tennis e pallone da basket.

-Sai questi pantaloncini ti donano.

Si mise di fronte a me

- Visto? Sto imparando. Questa volta sei disarmata e io ancora non ti ho toccato neanche un braccio, ho le mani a posto.– sorrise di nuovo, poi allungò la mano come per abbracciarmi ma io la afferrai per bloccarla e gli lanciai un’occhiata di sfida.

- Adesso fai la dura eh? Bene. Non scaldarti troppo, volevo solo sapere se domani ci sarai alla festa di Tyler.

Rimasi in silenzio.

- Certo, ovviamente se ti degnerai di rispondere.

Si accorse che non avevo nessuna voglia di parlare con lui, si liberò dalla mia presa e mi mise una mano leggera sulla spalla, poi gentilmente mi fece indietreggiare fino al muro, lontano dagli occhi dei nostri compagni di classe.

- Comunque io andrò, ci sarà da divertirsi.

Sorrise e avvicinò il suo volto al mio, abbassai la testa.

-Ho fatto una promessa a me stesso sai?

Mi prese dai polsi e li strinse nella sua mano, lui era alto e muscoloso, le sue mani non erano da meno. Io bassa e troppo magra quindi diciamo che riusciva a tenerli facilmente nella sua presa. Non cercai di liberarmi, sapevo che non ci sarei riuscita e sarei sembrata una debole così feci l’unica cosa che mi venne in mente in quel momento per prendere tempo chiesi:

- che promessa?

Proprio in quel momento arrivò la professoressa di educazione fisica per dirci di fare 10 giri di corsa di tutta la palestra.
Lui mi liberò e io mi allontanai con disinvoltura.
Cercai di non sembrare spaventata per colpa di Jason, ma gli stetti lontano il più possibile. Comunque già tante volte mi si erano avvicinati ragazzi come lui e sapevo che assecondandoli dopo un po’ se ne andavano, avrei solo dovuto aspettare.

**

- Ti tingi i capelli?– una ragazza alle mie spalle si stava rivolgendo a me. Era gentile, non risponderle sarebbe stato crudele.
Me lo avevano chiesto circa un milione di volte fino ad allora. Era quasi impossibile averli biondi come li avevo io. Eravamo nello spogliatoio, per cambiarci dopo aver sudato facendo palestra.

- no-risposi distrattamente.

- sai una cosa? Per avere tutti questi ragazzi ai piedi sei davvero antipatica.-era un’altra ragazza, mi sembrò di riconoscerla era una delle cheerleader.
La ignorai e mi abbassai per allacciarmi le converse.

- Ti conviene lasciare in pace Tyler.- continuò lei.

Mi misi lo zaino in spalla per andarmene.

- E Jason.– disse un’altra delle cheerleader.

Mi incamminai con passo veloce verso la porta, ignorando i commenti che stavano facendo su di me, quando improvvisamente mi ritrovai con la faccia a terra. Avevo perso l’equilibrio perché qualcuna mi aveva fatto lo sgambetto.
Mi alzai e la prima cheerleader che aveva parlato mi si piazzò davanti.
Era bionda, con gli occhi azzurri e con un fisico da invidiare. Molto meglio di me questo era poco ma sicuro.

- So che ti ha già invitato alla sua festa. – poi si mise a ridere, non sembrava una risata sincera.

- Ha preferito te a me. Te, una drogata depressa che sarà andata a letto con mille ragazzi diversi.

Altre due cheerleader mi presero dalle braccia.

- almeno io mi so difendere da sola.- dissi con l’espressione  più convincente che riuscii a trovare.

La ragazza bionda fece un cenno e le altre due lasciarono la presa, poi si scansò e io uscii.
E quello si era classificato come il giorno di brutto a scuola nella storia dei giorni brutti. Prima quella specie di maniaco e poi quella psicopatica. Fantastico, direi.
Ero decisa più che mai a mettermi con Tyler per dare fastidio a entrambi.

**

Il parco la mattina presto di Sabato era perfetto. Nessuno veniva a disturbarti e io potevo immergermi nei miei pensieri in santa pace.
Sentivo solo il rumore del vento e il cinguettio degli uccelli.
Perdermi nel mio mondo di fantasie ed immaginare una vera famiglia era la cosa migliore che potessi desiderare.
Per questo ero metà del tempo distratta.

- Tu sei la ragazza dello stanzino.-Quella voce mi riportò alla realtà ma questa volta a differenza delle altre non mi sentivo infastidita.

Era  Mike, solo Mike mi con quel tono gentile. Finalmente avrei potuto dirgli che mi dispiaceva per non averlo mai amato.
Alzai lo sguardo.
Aveva un cappello “NY” rosso, portava dei pantaloni neri a vita bassa e una maglietta a mezze maniche sempre nera.
Mi ci volle qualche secondo per realizzare che quello non era Mike ma Justin.

- si-risposi un po’ delusa.

Si sedette sotto l’albero accanto a me.

- Aspettavi qualcuno?

- nessuno in particolare.

- Posso dirti una cosa? Ti sembrerà strana ma.. beh..- sembrava imbarazzato.

Annuii.

- Mi ricordi tanto mia cugina, avete la stessa fisionomia.

Non sapevo che dire, non mi sembrava tanto strano considerando che lui era identico a Mike.

- Lei si è trasferita qualche anno fa, ci sentiamo per telefono ma mi manca tanto. Eravamo migliori amici.

Posò lo sguardo sopra una siepe in lontananza, stava pensando a qualcosa di profondo. Magari a dei bei momenti passati con lei.
Probabilmente se avessi stretto una buona amicizia con Ronnie non mi sarei fatta del male e starei leggermente meglio.
Si, dovrei continuare a portarmi quel terribile fardello ma avrei avuto meno problemi.

-mi dispiace. –sussurrai.

Justin si girò di colpo verso di me come se lo avessi appena svegliato da un sogno ad occhi aperti

- non importa, allora raccontami un po’ di te.

Fece un sorriso a trentadue denti.
Io che raccontavo a qualcuno la mia vita? Negativo.
Mi alzai e mi incamminai verso un altro posto, lontano da lui.
Mentre camminavo sentii dei passi leggeri dietro di me.
Era Jason sicuramente, mi bloccai e mi voltai di scatto.
Ma vidi i soliti occhi color miele, questa volta confusi più che mai. Tirai un sospiro di sollievo

- non voglio par-lare.– balbettai con un filo di voce.

- stiamo in silenzio.– sorrise di nuovo poi andò a sedersi sotto un altro albero lì vicino.

Lo seguii.

- Perché ti nascondevi dal preside quel giorno?-mi feci coraggio e glielo chiesi, non volevo continuare a stare con lui ma ormai mi ero incuriosita.

- non ero andato a lezione alla prima ora e visto che non era la prima volta avevo paura che mi punisse.

Lo continuavo a guardare senza capire, che gli importava se veniva punito oppure no? Se era già uno che saltava le lezioni, un duro, non gli sarebbe dovuto importare.

- Sono stato in punizione una volta, non è un bel posto. Guarda.-Mi mostrò una cicatrice sopra l’occhio. - Questo è per avere detto a uno di quei bulli che girano a scuola di lasciare in pace un ragazzino.

Non sapevo che dire ero semplicemente dispiaciuta per lui.

- Il tuo occhio nero è guarito invece, un giorno mi dirai mai come te lo sei procurato?

Rimasi in silenzio.

- Ah giusto, tu non vuoi parlare. –imitò la mia voce e rise.

Mi offesi e lui se ne accorse così cambiò discorso

- Ci vediamo stasera alla festa giusto?  Ti hanno invitata?

Annuii.
E in quel momento capii. Sapeva che mi chiamavo Linz ma non aveva collegato che io ero Elisabeth Sten, la ragazza nuova. Se lo avesse saputo non mi avrebbe fatto una domanda simile, a scuola giravano mille voci che riguardavano l’invito alla festa per me. Ecco perché mi trattava bene non conosceva la mia reputazione. Era un bravo ragazzo e se avesse scoperto chi ero veramente sicuramente non avrebbe più voluto passare del tempo con me. Quella “amicizia” era finta e destinata a durare poco.
Lui non mi conosceva davvero.
Mi ero illusa che qualcuno, oltre ai medici, potesse trattarmi bene nonostante conoscesse la mia nomea invece non era vero.
O magari peggio. Sapeva chi ero e faceva finta di no per cercare di conquistarmi. Il suo scopo era lo stesso di Paul, Jason e Tyler.
Poteva essere solo un bugiardo.
Era inutile continuare a stare lì con lui. Mi alzai per andarmene, ma mi sentii tirare per un polso. Mi teneva stretta ma non mi faceva male come invece mi aveva fatto Jason il giorno precedente. Justin era delicato con me, come se fossi fragile e mi potessi rompere da un momento all’altro.

- Ehi che ho fatto adesso? – sorrise, dopo poco il sorriso si tramutò in meraviglia, poi paura e alla fine tristezza. Non capivo cosa stesse facendo.
Alzò il mio polso ancora nella sua mano fino all’altezza dei nostri visi, aprì la stretta e lo guardò.
Ritirai la mano appena compresi cosa gli aveva fatto cambiare umore tanto velocemente, ma non mi allontanai.
Lui rimase anche lì a guardarmi pietrificato. Alla fine sussurrò

- cosa hai fatto? Perché?

E io scappai via. Prendendomi per il polso aveva toccato le cicatrici dei tagli e poi li aveva guardati per capire se era stata opera mia.
Quindi era vero. Non sapeva chi fossi.
Anche Jason mi aveva preso per i polsi, più di una volta ma era stato così superficiale che non aveva notato neanche un minimo graffio.

**

 Non avevo mai fatto nessuna tragedia per la moda, mi vestivo come più preferivo. In genere jeans stressi e una semplice t-shirt, quando dovevo invece andare fuori per delle feste o in discoteca usavo dei vestiti.
Quella sera avevo un top aderente e una minigonna, neri la gente credeva fosse un vestito intero invece erano due pezzi divisi, questo perché stavo molto più comoda ed ero più libera di muovermi. Nessuno riusciva a capire che erano divisi, solo quando alzavo le braccia il top lasciava scoperta una striscia pelle che tradiva la mia trovata geniale.
Capelli sciolti, per nascondere il tatuaggio dietro il collo e tanta matita nera come sempre.

- Linz, sei pronta? –Era Ronnie che mi rivolgeva la parola, di nuovo.

Uscii dalla mia stanza e la raggiunsi al piano di sotto.

- perché?

- Mamma dice che dobbiamo andare insieme, con la stessa auto.

Ronnie guidava di già, io non mi ero mai voluta impegnare per prendere la patente, usavo il mio skateboard per spostarmi da una part all’altra della città e se la distanza era troppo lunga andavo in macchina con il ragazzo del momento, alla fine trovavo sempre un passaggio.

- perché?

- Te la faccio breve. Se ti ubriachi ti devo portare via con me prima che si noti, non vuole che le rovini la reputazione.

Si, questa era una cosa da mia zia.
Salimmo in macchina e non parlammo per il resto del viaggio. Del resto era stata una fortuna quel passaggio, io non avevo idea di dove fosse casa di Tyler.
Arrivati, parcheggiammo e Ronnie disse – mi raccomando, sta lontana da me e da Tyler.
  
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