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Autore: gitanaheart    06/09/2012    1 recensioni
Semplicemente non ho mai compreso del tutto la mia vita, ma dopottutto la vita non è stata concepita per essere compresa ma per essere vissuta.
O almeno così dicono.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ho sempre pensato che il paesaggio di Londra fosse freddo e rude e scortese nei confronti degli emigranti che carichi di una valigia di sogni, di false illusioni e future ambizioni lasciavamo il nido per la volta della Città Grigia.

Ma ora, a distanza di anni da quel fatidico giorno, mi ritrovo proprio qui, sdraiata a pancia in sù, sopra un vecchio lenzuolo messo a mo' di materasso per recare un pò di sollievo ai miei frastornati pensieri, e a tratti sbircio  l'andirivieni di persone che fuori la finestra della mia stanza, sono intrappolate nel flusso della loro vita. Riesco a scorgere qualche viso opaco, qualcuno asciutto, e qualcuno apparentemente sereno e mi sembra quasi di poter essere nelle loro teste, di sfiorare con le dita il  rivolo di problemi che scorre nelle menti di alcuni, e la ragnatela di soddisfazioni materiali e di mera felicità umana che attanaglia quelle di altri.
Vedo una donna, incinta di un bimbo, si accarezza lievemente il ventre  con lo sguardo Lo cerca, è sicura che verrà, glielo aveva promesso e le aveva giurato di amarla e ancora e ancora e ancora lei di nuovo stupidamente le aveva creduto.
Osserva il cielo, sperando di poter trovare qualcosa nel tempo e nella natura circostante che l'aiuti suggerendole un finale più lieto, ma il vento soffia impassibile e nuncurante della sofferenza carnale, del dolore che corrode l'anima e il corpo; la corteccia bruna degli alberi sembra quasi essere d'ebano ora e l'aria diventa pesante, irrespirabile.
Tutto sempre prendersi gioco di lei,tutto sempre ridere freddamente della sua ingenuità puerile.
Un'aquila passa nell'alto del cielo e ha un'aria fiera e selvaggia e soprattutto libera. Quella libertà che quella donna non ha mai neanche sfiorato col palmo della mano, quella libertà che beffarda le ha sorriso, e con agilità e astuzia era corsa via, velocemente e sempre più velocemente.
L'aquila si posa su un ramo, e questo paradossalmente sembra quasi piegarsi sotto il peso della sua potenza reale. Il rapace scruta il paesaggio con superiorità, come se niente e nessuno possa infliggerle delel cicatrici, come se nulla possa imporle di soffrire contro la sua volontà, come se non esista persona, animale o oggetto al mondo in grado di avere la facoltà di farla star male,non più.
E allora la donna decide, decide di voler star bene, di non voler più piangere, di non voler sentirsi umiliata, di non voler più provare quella sensazione amarognola sulla lingua e quell'intorpidimento dopo l'ennesima e questa volta ultima bugia, e instintivamente un accenno di sorriso di sorriso appare sugli angoli della sua bocca, e di  nuovo si porta una mano su quel ventre ormai molto pronunciato,
Io, ancora nel mio piccolo rifugio, mi fisso le mani : sono scarlatte per il freddo e vicino l'unghia le rughe sono talmente profonde da farle sembrare  delle grinze, l'incavo della mano ha perso la sua costante tonacità, prorogaritiva del passato e della mia rapida giovinezza, e ora ha tutta l'aria di cedere. Anche la doppia fede posta sull'alunare sembra aver perso il suo splendore e la sua lucentezza, tutto in me stava andando a pezzi ed ero diventata vecchia senza neanche rendermente conto, tutto era sfuggito dal mio incessante controllo, e la vita mi aveva sbeffeggiata, mi aveva mostrato il suo picco massimo e con la stessa rapidità con cui me lo aveva concesso era tornata ben preso per riscuotere la sua parte d'accordo.
E così che vanno le cose, penso, si nasce senza chiederlo e si muore senza volerlo.
E per un attimo confusa dall'onda delle mie riflessioni, quasi mi dimentico della donna che poco prima era fuori dalla finestra.
E' seduta su di una panchina ora, ed il suo sguardo non è più spento come prima  ma c'è qualcosa nei suoi occhi, una luce, un fuoco ardente e rovente che mi incuriosice e allo stesso tempo mi spaventa.
Fissa un punto indefinto davanti a sè, è una grossa pietra grigia, come tutto il paesaggio d'altronde, con riflessi chiari, non ha una forma pienamente circolare, ma ricorda vagamente un ellissi.
La donna si alza, e si guarda intorno, tutto tace e il silenzio sovrasta ogni cosa, sembra quasi irreale. Cammina in modo goffo, piegando la schiena per l'eccessivo peso della sua creatura, ed ha un andamento non certo spedito ma considerevole dato l'evidente gravidanza.
Si abbassa lievemente, e tra l'erba ancora bagnata dalla pioggia di poco fa, raccoglie il macigno. Lo osserva con imbarazzante insistenza considerata la natura stessa dell'osservato, sembra voler estrarre l'anima da quella pietra, goccia dopo goccia.E poi, e poi, e poi, tutto cambia.
Alza il braccio e furiosamente cerca di incidere il suo ventre con quel arnese demoniaco.
<< No! Ferma! No>> - grido sommosamente, ma dalla mia gola non esce un suon, non un filo di voce. Comincio allora ad agiare le braccia con la speranza che si accorga i me, ma è troppa lontana.
Riesco chiaramente a distinguere i fiattoli di sangue che escono dalla maglia di colore tenue, riesco a sentire il respiro del piccolo che aumenta, ad udire la sua voce che grida il perché di quel gesto insolito proveniente dall'unica persona al mondo che avrebbe dovuto proteggerlo dalla sofferenza circostante, l'unica persona al mondo che avrebbe dovuto tenerlo al sicuro.
E percepisco chiaramente dentro di me, il piccolo, il mio piccolo che mi grida " no mamma. no "

E infine una lacrima riga il faccino del bimbo prima del nulla.

  
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