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Autore: Aven90    07/09/2012    5 recensioni
E alla svelta, anche. Capirete presto perché. Riuscirà il nostro popolo a svegliare il Re prima che sia troppo tardi?
NB: Contenuti volgari.
NB: Non è una storia seria, ma fa finta di esserlo. Adoro come le mie storie si mimetizzano.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Siamo in un’altra dimensione.

Questa storia comincia in un’altra dimensione.

Sì, perché per raccontare quello che bisogna raccontare (come si dice in Futurama), bisogna partire in un’altra dimensione.

Era una dimensione oscura, fatta di gente semplice, luce ce n’era poca, sole non ne parliamo e tutto questo ha favorito la crescita di una popolazione incazzata e guerrafondaia.

Ma soprattutto incazzata.

Il capo di quella dimensione, Pip Ino, si annoiava nel suo palazzo nero come tutto il resto, quindi si faticava a distinguere il buio dal palazzo, ma quando andavi a sbattere contro un muro eri sicuro che eri dentro una stanza.

“Che noia. Sembra di stare a Noialand”, riferendosi al famoso parco giochi molto parco e poco giochi, ove il massimo del divertimento era ascoltare una conferenza di sedici ore sui BTP, Bund e Spread messo lì a casaccio. E se non ti piaceva l’economia nessun problema, perché in un’altra area vi si declamavano le parafrasi e i dibattiti su filosofi poco o per nulla conosciuti.

Bar?

Acquapark?

Bar?

Campetto di calcio?

Night Club?

A che servono tutte queste cose se puoi usufruire di trentotto ore non stop di conferenza sulla crescita dei Baobab e l’influenza che hanno avuto sulle varie influenze? Eh? A che servono? Se poi si parlava anche di Burolandia, dove vive la Burocrazia, c’è il nonplusultra.

Comunque.

Pip si lamentava alquanto, quindi gli venne incontro inchinandosi il suo più fedele servitore, Test Adik Az, che disse “Mio signore, voi vi lamentate, ma pensate anche alle nostre mogli, che si annoiano più di noi”

Pip mise la testa sulla mano poggiata sul bracciale del trono e chiese “E l’alternativa qual è? Trombartela di nuovo per fare uscire l’ennesimo scandalo sulla famiglia reale di enorme interesse per altri stati (un po’ come succede in Inghilterra con l’Italia), tranne che per il nostro?”

Test arricciò le labbra “No mio signore, invadere la dimensione del Sole”

Pip pensò: se a Noialand ci si ammazza e basta dalle risate, allora l’alternativa era proprio quella di invadere un pianeta e soggiogarlo come ai vecchi tempi di quando usciva assieme all’esercito per fare pratica, così avrebbe potuto ricordarsi di come il Sole faceva male ai suoi occhi. E chissà se i nuovi eventuali sudditi (avrebbero potuto capitare in un pianeta deserto, perché l’incantesimo non era sicurissimo) siano più volenterosi di quelli attuali?

Non sto dicendo che non lo siano, ma non davano la soddisfazione di essere “soggiogati”, accettavano passivamente ogni aumento delle tasse, ogni brutalità che a Pip passava di mente, e quindi aveva bisogno di aria nuova, perché Test aveva l’alitosi.

Aveva bisogno anche di altre cose, ma l’aria era quella più urgente. Di cos’altro aveva bisogno, dici? Beh, di finestre nuove (che erano tutte rotte), dell’aria condizionata, del fornello a gas, insomma il castello cadeva a pezzi mangiato dalle ombre dovute dalla dimensione. Così Pip Ino (Ino Pip per gli amici, e voi siete suoi amici) disse a Test Adik Az, suo fedele servitore e stregone del Regno “Sai che ti dico? Mi hai convinto! Sì, esegui pure codesta magia, e invadiamo il pianeta più vicino al portale”

Test inchinò la testa “Sarà fatto, sire”, e andò nelle sue stanze, e fu sostituito dalla moglie del re, entrata subito dopo “I piccoli dormono. Certo, venticinque figli è dura, ma come mettono i denti loro non li mette nessuno”

Pip sorrise “No moglie, nessuno”, facendo vedere i suoi incisivi aguzzi e soprattutto viola intenso.

“Piuttosto, che stavate architettando?”

“Ma nieeente, pensavamo di fare una gita nell’altra Dimensione”

“Ok benissimo, ma lo sai che dopo mi porterai a fare shopping di sangue?”

Per chi non lo sapesse, lo shopping di sangue consiste nel risucchiare il sangue delle vittime e farne bracciali, scarpe, anelli, orecchini, insomma oggetti carini. Se eri particolarmente bravo a lavorare il sangue, come Vag Ina ne facevi anche vestiti, e lei ne indossava uno proprio in quel momento. I maschi invece giravano ignudi, non che si vedesse niente (era tutto nero), il loro apparato riproduttore era situato in bocca.

Pip rispose “Ooook cara, anche lo shopping” cantilenando frustrato, e così aspettarono che Test pronunciasse la formula, ma siccome non me la ricordo passiamo oltre e cambiamo scena.

Siamo sul pianeta Londemom, ove quindici continenti cooperavano in pace facendosi ognuno i cazzi propri. Sta di fatto che nel continente principale, il Territorio Reylor-Pit, era situata la capitale, come si può vedere dalla cartine in dotazione (che qui sono assenti, ma fate finta di averne una, va bene anche una del vostro paese) in blu sono i continenti, nell’altro colore il mare, che non è tuttavia di quel colore, ma l’ho fatto per confondere le idee.

Questa invece è la dimensione oscura:

una massa di continenti totalmente neri, che di giorno si fondevano col cielo nero e di notte si fondevano col cielo altrettanto nero.

Ma dicevamo della capitale.

L’unica capitale del pianeta, dopo essere stato unificato trenta secoli prima da un certo re che ne ha uccisi parecchi per arrivare a questo scopo ( in realtà l’hanno fatto i suoi soldati per lui), aveva di nome Ynos (la capitale, nel territorio Raylor-Pit), e non provate a leggerlo alla rovescia perché non esce affatto una famosa marca di elettronica. Ho detto di no. Comunque, Ynos era definita capitale perché vi era situata la sede del governo, un po’ come il rapporto che c’è tra Berna e Ginevra in Svizzera, solo che alternativa ad Ynos c’era Oninndet. Al castello vi abitava il Re, che guarda caso è il diretto discendente di colui che trenta secoli prima aveva unificato il pianeta, come si evince da questo professionale albero genealogico: Ivarov XXII era figlio di suo padre, che a sua volta era stato riconosciuto dal padre di lui e dalla nannazza, che a sua volta era stato concepito da una serva qualunque rimasta gravida, e così via fino ad arrivare ad Ivarov I.

Siccome faceva brutto che il re governava da solo, era buoncostume che su Londemom (dove non esistevano malattie come l’emicrania, provate ad anagrammare il nome) ci si sposasse, e allora il re Ivarov XXII sposa Joanna Lange Oberschenkel e quel giorno si celebrava il battesimo (dove Battesimo sta ad indicare il riconoscimento del bambino come erede, perché c’erano state complicazioni. Il cattolicesimo in un altro pianeta non è arrivato) del principe ereditario, nato già col nome Ivarov XXIII. Joanna disse al marito, tenendo in braccio il piccolo principe che non trovava l’acqua che le tirava i capelli “Guardalo, è bellissimo“, Ivarov rispose “Già. È tutto suo padre”

“È vero. Ha preso molto da Alì, (lo stalliere del regno)uno che la sapeva lunga non solo di cavalli, dei quali uno di loro subì il test del Dna sul bambino ma anche di come consolare le mogli del Re che per motivi politici non la cagavano: viaggi all’estero di rappresentanza che non finivano mai, eccetera. Come si evince dalla figura seguente, è evidente la differenza tra Alì e un cavallo: Ali era una giovanotto senza maglietta dalla pelle nera e gli occhi azzurri, vestiva sempre e solo pantaloni attillati verdi, che facevano risaltare anche altre parti del corpo, oltre le gambe, e non ditemi che questo è fan service.

Perché non lo è.

Ivarov XXII si stiracchiò e disse “Beh, è stata una giornata lunga e faticosa (lì il giorno dura quarantotto ore) , credo che mi riposerò”, la regina sorrise: era tipico di lui allupìarsi, concedendole momenti di svago con lo stalliere.

“Ok vai pure caro. Aaaah, bella vita si durasse!”, disse affacciandosi, ma qualcosa nel cielo arancione (dovuto a qualche legge fisica che vuole il mare arancione) non andava: il bambino piangeva, e come si sa i bambini piangono quando qualcosa non va: Joanna fissò preoccupata il buco nero che si allargava, facendo uscire centinaia di mostri altrettanto neri, allora Joanna urlò “Aaaaah! I mostri! I MOSTRI CADONO TUTTI! CADONO TUTTI I MOSTRI! DAL CIELO CADONO TUTTI!” e correva facendo divertire il bambino nero, andò nelle stanze del re, invisibile perché chiusa alla vista tramite porta. Joanna bussò forte sul batacchio (in barba ai doppi sensi) e chiamò il marito “Ivarov! IVAROV! Abbiamo bisogno di TEEEE!”, ma nessuno rispose. Era molto difficile chiamare qualcuno avendo la porta fatta di acciaio come questa; sembrava molto spessa ed era possibile accedere soltanto battendo sul battente raffigurante una faccia disegnata con due occhi e una bocca orizzontale che aveva anche l’ardire di guardarti basito.

Joanna, non ricordando la parola d’ordine per aprire e non avendo nemmeno la card reale che apre tutte le porte, andò a cercare il cortigiano Giaro Ktino, che lui ne aveva sempre un mazzo, e ci giocava con i ladri che venivano a derubare il castello, perché accade.

“Giarok! Eccoti! Smettila di fare briscola con i ladri e vieni ad aprire la porta di Sua Maestà!”

Giarok si alzò, piantò in asso i ladri e fece il suo dovere, ovvero quello di passare la card giusta tra le 126 nell’apposita fessura, che con la voce di Topolino ti risponde “Bravo! Hai aperto la porta! Sono fiero di te!”, seguito da un applauso, e si spalancò, lasciando vedere un baldacchino enorme.

Baldacchino nel senso di letto e no, non abbiamo foto a documentarcelo, spiacente.

Joanna disse al cortigiano “Svegliate il re, vi prego!”  

 

Fine Capitolo 1! non picchiatemi, questa storia è stata scritta con le immagini all'inizio, ma l'ho riadattata. Cosa (non) ne pensate?

   
 
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