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Autore: Dram66    07/09/2012    3 recensioni
“Io..dovrei sentire dolore, dovrei essere triste, dovrei..odiarti..ma non ci riesco. Non sento nulla di tutto questo, io non mi sento nemmeno in colpa. Io vedo solo te, io voglio solo te” Bulma prese il suo viso tra le mani e ricambiò il bacio con più passione, il respiro corto ed agitato. Vegeta la baciava e la accarezzava, come se fosse stata l’unica cose che avesse mai voluto fare nella vita.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Chiedo perdono per la lunga assenza, ma sono stata in vacanza e sono stata presa dallo studio e dagli esami.. Inoltre questo capitolo è piuttosto importante ai fini della narrazione e ci tenevo che uscisse quantomeno decente!
Sono disponibilissima per spiegazioni e chiarimenti.
Enjoy!
 
“La rifrazione della lente è corretta, bisogna solo ricalibrala, così dovrebbe funzionare.” Bulma rigirò fra le mani il cannocchiale e poi lo porse a maestro Calabacìn, che curioso lo accostò ad un occhio.
“Oh, ma è tutto così piccolo e lontano..”
Bulma scoppiò a ridere e si sporse verso l’anziano alchimista. “No, sommo maestro, da quest’altra parte” disse girando in maniera corretta l’arnese.
La parlata di Bulma nella lingua Sayan era notevolmente migliorata, grazie all’aiuto di Vegeta e maestro Gurka, sebbene a volte commettesse ancora degli errori. Calabacìn invece parlava una perfetta lingua terrestre, con il leggero accento esotico che contraddistingueva anche Vegeta, ed era solito sfoggiarla con quella che ormai era la sua discepola preferita. Il Sommo Alchimista e la scienziata terrestre si confrontavano sul piano della scienza e della tecnologia, e l’uno imparava dall’altro; scortata da Rapaney, ormai Bulma andava e veniva con la massima libertà dal Locus degli Alchimisti, e la maggior parte di loro, i più esperti e sapienti discorrevano volentieri con lei e la trattavano con rispetto: il Locus era il luogo del sapere e della conoscenza, nessun pregiudizio, almeno in teoria, doveva scalfire le sue antiche ed erudite pareti. Ma i novizi, i nuovi adepti alchimisti spesso le lanciavano occhiate di diffidenza e scortesia: la loro mente non era ancora colta ed aperta e vedere una femmina nel Locus, e per giunta aliena, quale sciagura!
Maestro Calabacìn l’aveva accolta nel suo solarium privato e le aveva cortesemente offerto un infuso bollente di fiori rossi del deserto: l’anziano sapiente disprezzava il vino e sosteneva che il caldo andasse combattuto con bevande altrettanto calde.
“Abbiamo oggetti simili, ma sarebbe impensabile poterli trasportare: tu stessa hai visto che sono fissi e sono collocati nel nostro Osservatorio” asserì il vecchio osservando il cannocchiale “Ritengo che questo possa diventare un oggetto prezioso e molto utile nell’equipaggiamento di uno dei nostri guerrieri, grazie Bulma.”
La scienziata preferiva non pensare che quell’oggetto avrebbe potuto aiutare i Sayan a sottomettere nuovi pianeti: si sentiva colpevole quanto loro.
Maestro Calabacìn afferrò una tazza di terracotta e bevve due lunghi sorsi di infuso.
“Mi sembri assorta Bulma,che c’è? E’ accaduto forse qualcosa che ti ha turbato, mia signora?”
Bulma rimase silenziosa per qualche istante, indecisa se rivelare al vecchio saggio i suoi dubbi e i suoi pensieri.
“Maestro..non mi è accaduto nulla,nulla di grave..quantomeno non a me. Ma vedo tutti i giorni prigionieri e schiavi andare e venire per il palazzo e per il pianeta, vedo che vengono strappati dalle loro case, come me e i miei figli, sebbene a noi sia toccata una sorte decisamente migliore, vedo che vengono maltrattati e sfruttati, che vengono sterminati a centinaia e migliaia e spediti in luoghi remoti e costretti ai lavori più duri, vedo popoli che vengono totalmente eliminati in nome del progresso e della prosperità dei Sayan e poi vedo questo luogo, un luogo di saggezza e cultura, dove i migliori Alchimisti si incontrano e tra loro discutono non solo di scienza, ma anche di etica e filosofia, e allora mi chiedo, come è possibile che queste stragi accadano e voi non facciate niente per fermarle?” Le labbra di Bulma tremavano e i suoi occhi erano fissi sul volto del vecchio che teneva la sua tazzina di fronte alla bocca, la quale si allargò poi in un sorriso sardonico.
“Sul tuo pianeta esiste la schiavitù, mia signora, Bulma?”
“Certo che no!”rispose con fierezza.
“Però scommetto che è esistita.”
Bulma si fece scura in volto. “Io..immagino di sì. Sì, è vero. Ma tanto tempo fa..il vostro pianeta è antico quasi quanto il nostro, tu stesso me lo hai insegnato, quindi non vedo..”
“Il nostro pianeta lo è” la interruppe placidamente “ma non la nostra civiltà. Sai che secoli fa i cuccioli che non nascevano adeguatamente forti venivano eliminati? Barbarie sì, ma fu solo grazie a Vegeta il Saggio che si iniziò a farli sopravvivere. Hai mai sentito l’espressione ‘barba di Khal’?”
Barba di Khal era un modo colorito per indicare la dinastia regnante dei Sayan, i Vegeta, e veniva dalla leggenda che raccontava la nascita del primo Re Vegeta, anche se i sayan la utilizzavano abitualmente come intercalare.
“Me ne ha parlato maestro Gurka.”
“I re precedenti a Vegeta il Saggio erano anch’essi ‘barba di Khal’, sayan migliori degli altri, più forti ed intelligenti, ma nonostante questo i nostri cuccioli venivano sterminati lo stesso”le spiegò Calabacìn in tono dolce “C’è bisogno di tempo affinché le cose cambino, del giusto tempo.”
“E non è forse giunto questo tempo?”lo incalzò Bulma “Maestro, guardami! Sono una terrestre, un’aliena, vuoi forse dire che per questo valgo meno di te? Perché la mia razza non è forte o spietata come la tua?”
Il sorriso dell’anziano era pieno di comprensione “No, mia signora, affatto. Nessuno qui degli altri maestri crede di essere migliore di te, anzi tutti ti ammirano; noi qui nel Locus, non crediamo che la razza Sayan sia superiore.”
Bulma lo guardò stupita “Ma..allora..perchè non fate qualcosa? Sei nel Consiglio, i maestri sono personalità importanti, perché non convincete il Re e il resto del popolo?”
“Un popolo che non crede nemmeno nell’uguaglianza in sé stesso? Un sayan di Prima Classe non crede di essere uguale a uno di Terza, come un guerriero maschio non crede di essere di pari valore ad un guerriero femmina: si credono migliori. Ora dunque , come credi che potrei convincere uno di questi individui che un qualsiasi alieno di una qualsiasi galassia sia uguale a lui?” Lo sguardo del vecchio si riempì di dolce tristezza “Non sempre è bene dire ciò che si pensa, mia signora”
Bulma incrociò le braccia e sollevò il mento con fierezza .“Il principe Vegeta cambierà le cose, lo farà, con le buone o con le cattive.”
Calabacìn sorrise di nuovo “No mia signora, non accadrà, è troppo presto. Certe guerre non si combattono né con la forza né con le parole, ma con il tempo. Ci vorrà tempo, il tempo giusto e la persona giusta, quella più adatta.”
 
Le settimane passavano. Vegeta poteva dire dopo molto tempo di essere felice: lui e Bulma erano davvero fatti per stare insieme,il destino li aveva plasmati per appartenersi, ed anche il rapporto coi due bambini andava di giorno in giorno migliorando,e sebbene Yamko fosse ancora molto diffidente nei suoi confronti,il piccolo Rhaego si sentiva a proprio agio nei confronti del principe, a tal punto che un giorno, mentre interagiva con lui,sovrappensiero lo aveva addirittura chiamato ‘Papà’; Vegeta aveva sorriso e lasciato che il piccolo andasse a nascondersi, rosso in volto per la vergogna, tra le sottane di sua madre. Rhaego lo coinvolgeva nei suoi giochi e nelle sue fantasie di bambino e partecipava volentieri agli allenamenti, rivelandosi molto forte per la sua età. Yamko invece non gli parlava quasi mai e lo guardava sempre di sottecchi. Un giorno erano nel suo piccolo gymnasium personale quando Vegeta gli chiese di unirsi al combattimento insieme a suo fratello. Il bambino rimase immobile, con lo sguardo torvo. “Hai ucciso mio padre” disse e se ne volò verso gli appartamenti. A nulla valsero le mille spiegazioni di Bulma, Yamko rimase immobile a letto per tre giorni senza mangiare, ostinato a non voler nemmeno vedere Vegeta, come se si trattasse di una questione d’onore,in segno di protesta. All’alba del quarto giorno, più che l’onor poté il digiuno e il bambino si alzò dal letto affamato e riprese gli allenamenti con il principe e il suo fratellino, senza più parlare di suo padre e della sua morte. Ma lo sguardo torvo rimase.
Una mattina Vegeta aprì gli occhi. Erano nella loro stanza da letto, i drappi molli alle pareti, il basso letto dalle lenzuola scure, il tavolino di granito in centro alla stanza. Un’altra giornata iniziava, uguale e noiosa a tutte quelle che l’avevano preceduta. Ma la sensazione di Bulma che dormiva tra le sue braccia alleviava le sue preoccupazioni; sentiva il suo seno contro il suo braccio e questa sensazione gli provocò la pelle d’oca. Abbassò il volto e si chinò a baciarli. La donna emise un gemito assonnato e Vegeta sorrise.
Lasciò le sue stanza scortato da Zukko, dirigendosi verso la prima riunione del Consiglio della giornata. Nel salone ci trovò Nappa, Cavage,il secondo di suo padre, il Somma Alchimista Calabacìn che lo salutò con un inchino e un sorriso malizioso, il vecchio Kolben e Poreo, il guerriero più o meno dell’età di suo padre, con una grossa cicatrice che gli solcava a metà il volto.
Il Re entrò con ampie falcate seguito dall’inseparabile Egplo, che si posizionò in piedi, in posa marziale, alle spalle del suo trono. Solo dopo che il Re si fu seduto, tutti gli altri si accomodarono attorno al tavolo, Vegeta alla sua destra e Cavage alla sua sinistra.
“Nappa, un breve aggiornamento sulle nuove conquiste”
Era chiaro che Nappa non avesse ben chiaro il concetto di brevità, dal momento che parlò per oltre mezz’ora, annoiando evidentemente il resto del Consiglio e provocando un timido sbadiglio nell’anziano Kolben.
“Bene, Nappa, basta così” lo interruppe Re Vegeta mentre Nappa stava iniziando a elencare i vegetali commerciabili proveniente dal lontano pianeta Mecron 6.2e qualcosa.
“Maestà” esordì Cavage schiarendosi la voce timoroso “vi ricordo..il momento..l’unione..”disse lanciando occhiate in tralice a Vegeta.
“Giusto, Cavage” Si voltò verso il Principe “Il momento è giunto, figlio mio”
Vegeta lo guardò dubbioso “Quale momento?”
“Quello di avere un erede”
Per un attimo Vegeta vide solo buio. Poi lampi e fiamme rosse, scrutando negli occhi di suo padre che lo guardava serio e determinato.
“Hai l’età per ottenere un erede, futuro Principe dei Sayan, e futuro Re.”
“Barba di Khal..” mormorò sognante e fiero Nappa.
Vegeta non aveva parole.
“La futura Principessa è la figlia di Poreo, Aubergine è il suo nome.  E’ la fanciulla più pura e di alto lignaggio del gineceo di Prima Classe. E’ forte di corpo e di spirito, vi darà un erede degno, vostra altezza” disse Cavage.
“Mia figlia è stata allevata per diventare Regina, mi è stato assicurato e giurato sugli dèi dalla madre e dalle sue tutrici” asserì orgoglioso Poreo “Vi darà un figlio maschio forte, barba di Khal. Non potete sapere quale onore sia questo per me, vostra altezza.”
Le voci dei presenti si mescolarono, congratulandosi col principe per il suo futuro erede,e con Poreo, futuro nonno di un molto futuro Re. L’unica voce che non si unì al coro fu quella del vecchio maestro Calabacìn, che scrutava Vegeta con i suoi occhi neri e saggi.
“Padre..”sussurrò infine Vegeta “Io..vorrei parlarti. Da solo.” E si voltò a fissare i presenti, con uno sguardo glaciale e tetro che li indusse a lasciare la sala senza nemmeno aspettare il congedo dal Re.
“Anche tu” disse rivolto a Egplo, il quale aspettò il permesso reale e poi uscì.
“Padre, io non credo che sia ancora il mio tempo per avere un erede” disse deciso e tutto d’un fiato.
Re Vegeta scoppiò in una risata “Non dire sciocchezze!Il tuo tempo è giunto! Hai l’età che avevo io quando ebbi te. E’ l’età che tutti i Vegeta avevano quando generarono un erede. Non si spezza una tradizione vecchia di secoli e secoli.”
“Potrei aspettare” tentò il Principe “finchè non sarò Re. Il tuo regno non si è ancora concluso, padre, e non si concluderà ancora per molto tempo. Perché affrettare le cose, non ve n’è ragione.”
Lo sguardo del Re si incupì e si fece più duro. “No. Questo è il mio comando e tu devi obbedire. Nella dinastia dei Vegeta si comanda uno alla volta e questo non è ancora il tuo turno.” Il tono del Re non ammetteva repliche, ma Vegeta non si diede per vinto.
“No. Si tratta di me, padre, del mio futuro. Voglio scegliere personalmente la compagna con la quale generare un erede, non voglio una qualsiasi ragazzina spaventata. Il tempo scorre e cambia le tradizione, specie quelle desuete.”
Lo sguardo del Re si rabbuiò e si fece ancora più duro e tetro.
“Ho saputo una cosa” disse “una cosa molto sconveniente su di te..e su una prigioniera terrestre.” Vegeta sentì il sangue gelarsi nelle vene.
“Questa terrestre vive nei tuoi appartamenti coi suoi infimi cuccioli.. ti stai facendo deridere da tutta la Prima Classe, ringrazia il dio Khal che questa notizia non si sia diffusa anche nelle altre classi o la reputazione della nostra dinastia finirebbe nel fango, Vegeta! Stai gettando disonore su tutti noi!” ruggì sua maestà.
“Io comprendo che aver vissuto per molto tempo su Apharios, un pianeta diverso, dalle tradizioni libertine e cortigiane, possa averti influenzato..ma sei il Principe dei Sayan! Abbandona tali turpitudini e rientra nei ranghi della nostra cultura e tradizione! Caccia la terrestre!”
Il fatto che suo padre avesse scoperto che Bulma e i suoi figli vivevano insieme a lui, invece di essere stati eliminati o inviati come schiavi su un qualche pianeta lontano, ammutolì Vegeta. Forse se avesse assecondato suo padre nella faccenda dell’erede, avrebbe potuto anche chiudere un occhio sulla sua convivenza con Bulma.. Ma il pensiero di.. lo faceva fremere di rabbia e ingiustizia.
“Tra due giorni avrai l’incontro con tua madre la Regina per la sua tradizionale benedizione e il giorno seguente l’unione con Aubergine nel Tempio Chiuso della dea Maek. Questo è quanto, nulla di più sarà detto. Ti congedo” così concluse il Re che gli voltò le spalle.
Vegeta uscì sbigottito dalla stanza. Doveva pensare ad un piano, doveva assolutamente parlarne con Bulma.
 
Rientrò a sera tarda, dopo aver pensato e ripensato tutto il giorno a un sotterfugio e a una via di fuga per farla franca.
Yamko e Rhaego dormivano nella loro stanza, esausti dopo la giornata di allenamenti, giochi e lezioni con Gurka. Bulma invece era distesa sul loro letto,nella loro stanza privata, ancora sveglia.
“Pensavo rientrassi prima” sorrise “Mi sei mancato”.
Vegeta si sedette sul bordo del materasso dandole le spalle, non sapendo da che parte cominciare.
“Che cos’hai?” disse la donna aggrottando la fronte “Sei triste?” Si sollevò e andò ad abbracciarlo da dietro, stando inginocchiata sul letto “Parlami” sussurrò dolcemente.
“Dobbiamo andarcene” disse Vegeta nel suo tono più tetro “Dobbiamo partire, partire per un qualche pianeta il più lontano possibile da qui. Ruberò una navicella, dell’oro, saremo ricchi, chiederemo asilo, non ci troveranno, sì questo è l’unico modo..” biascicò vinto dalla disperazione.
Bulma lo prese per le spalle e lo girò verso di lei. “Che cosa stai dicendo?” chiese in tono secco.
“Mi odierai” Vegeta respirò profondamente e poi le spiegò quanto era stato detto al Consiglio quella mattina, le disse del suo erede, della futura Principessa, che suo padre aveva scoperto di loro due e che gli aveva ordinato di obbedire.
“Ma io non voglio, non posso, sarebbe..sarebbe tradirti, andare con un’altra donna, io non voglio” in un impeto di insolita passionalità prese il volto di Bulma tra le mani “E’ te che amo, è solo te che voglio” e la baciò.
Bulma si sciolse velocemente dalla sua presa e lo fissò negli occhi. Era sconvolta, il volto terreo e gli occhi lucidi.
“Andarcene?” disse in un filo di voce.
“Domani, domani notte, oppure stanotte stessa. Ce ne andremo ai confini dell’universo e anche oltre, se necessario, non ci..”
“Ci troveranno” disse Bulma tra le lacrime “Ci troveranno sempre, lo sai. Non c’è modo di scappare.”
Vegeta contrasse i muscoli “Lo ucciderò. Ucciderò mio padre, domani,stanotte. Diventerò Re e cambierò la legge, ti prenderò in moglie e diventerai Regina e nostro figlio sarà Principe e Re”
C’è bisogno di tempo affinché le cose cambino, del giusto tempo.Le parole pronunciate da Calabacìn si affacciarono alla mente di Bulma con prepotenza, facendole tollerare quello che altrimenti non avrebbe mai voluto nemmeno considerare, lasciandole intuire l’unica, dolorosa soluzione possibile.
“No, ti uccideranno a loro volta e allora a cosa sarà servito? Sarà la catastrofe, la rivoluzione: si ammazzeranno tra loro per potere diventare Re, e tutto quello che abbiamo ora, quel poco, che è meglio di niente, sarà svanito nel nulla e non ne rimarrà nemmeno il ricordo” scosse il capo Bulma
“A volte..bisogna scendere a compromessi” concluse guardandolo.
Vegeta sgranò gli occhi “No..non puoi dirlo..no,non è così che devono andare le cose..no!”
“Amore mio..” replicò Bulma piangendo “Non lo voglio nemmeno io,meno di te..per nulla al mondo, il solo pensiero di te..e un’altra..mi viene il voltastomaco. Ma non capisci? E’ l’unico modo per far sì che tutto resti com’è. Sarà una volta sola, un’unica maledettissima volta.” Calde lacrime scendevano sulle gote arrossate della donna, che accostò la fronte a quella di Vegeta, i visi vicinissimi.
“E’ quello che devi fare” disse ad occhi chiusi “quello che loro si aspettano da te.”
Compromesso. Un dannato compromesso. Vegeta la abbracciò e lasciò che qualche lacrima di rabbia e rassegnazione scorresse dai suoi duri occhi neri.
 
Per i due giorni successivi provarono ad evitarsi il più possibile: Vegeta cercava di tenersi impegnato tutto il giorno e lo stesso per Bulma,coi suoi figli e nel Locus degli Alchimisti. Si incontravano solo la sera, nella loro stanza, quando si mettevano a letto e si davano le spalle, dopo essersi scambiati poche parole. Niente odio e rancore, solo un grande imbarazzo,tristezza e disillusione.
La vigilia dell’unione nel Tempio Chiuso di Maek, Vegeta si recò nel Gineceo Reale per l’incontro con la Regina Zaffhera: era tradizione che il Principe alla vigilia della sua unione con la futura Principessa ricevesse la benedizione della Regina nel suo gineceo personale.
Dovette attraversare tutto il palazzo per giungere di fronte all’enorme portone istoriato d’oro, raffigurante immagini della dea Maek e del suo sposo Khal. All’esterno, due guerriere dalla corporatura robusta si inchinarono alla sua vista e lo introdussero nel Gineceo. Era la prima volta che Vegeta entrava lì: sotto ai suoi occhi si aprì uno splendido e rigoglioso giardino artificiale, con piante e vegetazione proveniente da ogni pianeta conquistato dai Sayan, un tripudio di colori e profumi emanati dai più diversi fiori, e pseudo-uccelli colorati che cantavano e svolazzavano fra i rami; fontane di marmo mandavano allegri getti di acqua fresca e pulita. In mezzo a tutto questo, in piedi accanto ad una panca di legno scuro, lo aspettava la Regina. Vegeta non l’aveva mai vista da vicino e pur non riuscendo a darle un’età, constatò che era ancora giovane: la pelle era olivastra e liscia, il naso dritto e perfetto, gli occhi grandi e di un nero profondo e ricco; indossava un abito blu scuro drappeggiato sui fianchi che come di consueto lasciava scoperta una spalla, i capelli acconciati in una voluminosa crocchia che faceva ricadere una sola ciocca nera, che dalla nuca si appoggiava ad una spalla.
Lo sguardo era altero e freddo, ma quando lo vide si sciolse in un sorriso.
“Figlio mio” allargò le braccia e quando Vegeta si avvicinò lo avvolse in un abbraccio, baciandolo su entrambe le guance.
“Madre” esordì timidamente lui, pronto a recitare la formula di rito “Giungo a te, mia Regina, per ricevere la tua benedizione prima della mia entrata al Tempio Chiuso, per generare un Principe dei Sayan. Che le tue parole siano la voce della sposa e madre di tutti noi Maek, che permetta alla Principessa di dare alla luce un erede degno,colui che un giorno governerà su noi Sayan, figli di Khal e della sua sposa, protetti di Vegeta.”
La Regina sfoderò un sorriso accondiscendente, come se Vegeta non avesse che pronunciato una filastrocca stupida.
“Siediti Vegeta, ti prego” disse indicando il posto vuoto sulla panca accanto a lei.
Vegeta obbedì.
“Sono lieta di vederti, sono lieta di apprendere che sei cresciuto sano e forte e coraggioso, me ne compiaccio”disse la Regina
“Sono stata costantemente informata delle tua azioni e dei tuoi trionfi sul campo di battaglia, in politica e..non solo
Fece una pausa per osservarlo meglio e sorrise “Ma guardati: fino a ieri non eri che un neonato rosso e urlante, e ora sei un uomo, un guerriero fatto e finito, che sta per concepire l’erede” disse sardonica
Vegeta chinò il capo tristemente.
“Accadrà domani?”chiese Zaffhera.
Il principe annuì con lo sguardo basso.
“Mi sembri triste” continuò guardandolo con uno sguardo strano e curioso. “Qualcosa ti turba? Cosa rende così triste questa unione?” lo fissò con un lampo di malizia negli occhi “Hai paura che qualcuno possa ricavarne dolore?”
Vegeta alzò lo sguardo verso di lei, non sapendo come rispondere.
Zaffhera sorrise soddisfatta “Figlio mio, le notizie corrono veloci in questo palazzo. So che nei tuoi appartamenti vive una terrestre insieme ai suoi cuccioli, so che hai richiesto espressamente che venissero condotti da te, e so che loro vogliono stare lì” l’acqua della fontana continuava a sprizzare allegramente “Quello che non so è il perché di tutto questo. Vedi, sono molto curiosa e negli anni ho imparato ad aprire la mia mente ed a..come dicono gli alchimisti?ah già, emanciparmi. Non credo alle sciocchezze che girano sulla tua cattiva condotta e sulla tua dubbia moralità, perciò voglio che sia tu a spiegarmi.” Poi attese in silenzio una risposta.
Vegeta era totalmente disarmato, non aspettandosi certo un discorso del genere: dalle poche occasioni in cui aveva visto sua madre, Vegeta aveva dedotto che fosse una donna priva di nerbo e sottomessa al destino suo e di tutte le sayan, incapace di articolare un ragionamento come quello appena espresso. Gli eventi lì dentro stavano prendendo una piega del tutto inaspettata.
“Non potresti capire, madre”
La Regina sorrise di nuovo “So che sei diverso da tutti loro, Vegeta, non credevo sarebbe stato possibile in mano a quelli, ma è così, io lo so,lo vedo nei tuoi occhi”  disse quasi commossa “Sei come me. La Madre ha ascoltato le mie preghiere e non ti ha reso cinico e brutale come loro
“Io la amo” disse tutto d’un fiato, non essendo certo che sua madre conoscesse il significato di quella parola, che Vegeta aveva pronunciato nella lingua dei tarvisiani, essendo la parola amore assente nel lessico sayan.
Zaffhera appoggiò una mano sulla sua guancia “Lo so, figlio, so che significa. Mi dispiace tanto, ma questa unione deve compiersi lo stesso,loro non accetteranno un rifiuto, devi farlo comunque, è il tuo dovere, è il tuo destino.”
Vegeta fu sorpreso che sua madre lo avesse capito.
“Pregherò la dea madre Maek affinché sia un maschio degno e adatto, come vogliono loro” disse infine.
 
Il giorno dell’unione giunse. Vegeta si alzò in silenzio, sapendo comunque che Bulma era sveglia,ma non disse niente e uscì.
Zukko lo attendeva fuori dalla porta e lo scortò fino alla sala del Trono, dove avrebbe ricevuto le delegazioni dei Guerrieri e dei Sapienti, pronti a dargli la loro benedizione e a porgergli i loro migliori auguri. Lì sedette al posto dove solitamente stava suo padre e attese. Prima entrarono i tre Guerrieri, ognuno proveniente da una Classe diversa, che recitarono le formule beneauguranti di rito, poi fu la volta dei tre Sapienti. Al termine di questo, pranzò in modo frugale insieme ai suoi commilitoni, quelli coi quali aveva compiuto la sua prima conquista. Il resto del pomeriggio lo dedicò alla preghiera nel tempio di Khal, dove venne incensato da un maestro e dove si inginocchiò tre volte, una per il dio, una per Maek e una per Vegeta, la sua terra. Dopodiché Zukko tornò a prenderlo e lo scortò alla porta di Khal, quella destinata all’uomo,del Tempio Chiuso. Fuori lo aspettavano suo padre, il Sacerdote Tommat e il Sommo Alchimista Calabacìn, che lo fissava triste.
Il Sacerdote recitò le sue invocazioni e preghiere, l’alchimista procedette alle abluzioni e suo padre gli diede la sua benedizione. Dall’altra parte del tempio, alla porta di Maek, Aubergine era al cospetto della Regina, di tutto il suo Gineceo e di quello della Prima Classe e della Sacerdotessa Kelj, che innalzava le sue preghiere alla dea madre.
Al termine dei rituali, che durarono abbastanza a lungo, e al sorgere della luna, la dea, Vegeta fu lasciato solo davanti alla porta. Probabilmente la ragazza era già dentro ad aspettarlo. Le mani gli sudavano ed aveva le palpitazioni. Fece un respiro profondo ed entrò.
 
  
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