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Autore: EleRigoletto    07/09/2012    2 recensioni
Avril è una ragazza di vent'anni, odia il mare per via del divorzio dei suoi genitori e non ci và da quando aveva cinque anni.
Suo fratello, decide di invitarla in California per passare un mese con degli amici; all'inizio non è tanto convinta, poi, decide di dimenticare il passato e di fare un piacere a Marc ( il fratello) .
Arrivati lì, cambierà idea sul tanto odio per il mare, grazie ad una nuova persona che le farà aprire gli occhi.
Il resto è da scoprire ...
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: David Desrosiers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Stavamo iniziando a prolungare quel bacio rendendolo più profondo, quando lui si scostò e mi accarezzò i capelli.
“Che c’è, ti sei già pentito?” Dissi preoccupata.
“No, anzi mi è piaciuto … ma prima devi dirmi se ti piaccio e cosa vorresti fare.
Io non mi offendo se ti piace un altro o se non ti piaccio io, davvero.”
Si spostò la frangia in alto.
“Certo che mi piaci e molto … sento di provare qualcosa di profondo per te.”
Mi sedetti tra le sue gambe incrociate, baciandogli il collo.
Lui sorrise, mi prese per i fianchi e mi trascinò dalla sua parte, unendo le mie labbra umide con le sue.
Uno scambio di baci e un intreccio di lingue, ricorsero alla serata rendendola più significativa.
C’eravamo detti tutto con questi gesti.
Mi piaceva un sacco e volevo essere qualcosa di più che una semplice amica.
Mi addormentai piano, piano tra le sue forti braccia, accarezzandogli la gamba.
Era caldo, rilassante e niente poteva separarci.
Iniziai a stendermi, fino a non pensare più a nulla.
Passò un po’, quando sentii scuotermi in una presa decisa e per niente calma.
Mi svegliai di malavoglia e stropicciai gli occhi, vedendo David accanto a Marc già vestito, andarsene lungo il corridoio.
“Che c’è?” Mi trovai sul divano con mio fratello sulle ginocchia.
“Presto, vestiti, non abbiamo tempo da perdere.”
“Perché che è successo?” Mi alzai di scatto, preoccupata.
“Vestiti e quando vieni dalla porta ti spiegherò tutto.
Aah. Vestiti un po’ normale, possibilmente non con le tue solite magliette a maniche corte nere o di colori scuri.”
La sua precisazione mi incuriosì parecchio, così, quando mi ritrovai davanti all’armadio, cercai un abbinamento adeguato alla sua richiesta.
Un quarto d’ora dopo ero già pronta.
Mi misi dei pantaloncini di stoffa neri luminosi con abbinato un top azzurro turchino, con delle converse bianche.
I miei capelli erano legati da un elastico dello stesso colore del top e il mio viso aveva un filo di trucco.
Uscii di casa e seguii mio fratello che mi aspettava dentro ad un taxi parcheggiato all’angolo.
Chiusi la portiera e restai per un attimo in silenzio, facendomi portare dall’autista in un posto abbastanza strano.
Non riuscivo a capire, ero confusa.
Dopo qualche esitazione, decisi di chiedere spiegazioni a Marc.
“Dove stiamo andando?”
“In un posto.”
“Oh. Grazie, senza questa tua affermazione non me ne sarei accorta!” Dissi sarcasticamente.
Lui ridacchiò e si mise una mano tra le ciocche dei capelli, ritirandola lungo il fianco.
Non disse nient’altro, di sicuro non voleva aggiungere nessun dettaglio.
Il taxista sboccò lungo una via mai attraversata, ormai era già da più di dieci minuti che continuavamo a vagare per le strade, fino a quando non si fermò.
“Siete arrivati.” Ci disse sorridente.
Mio fratello tirò fuori il portafoglio e gli porse una banconota, scendendo lentamente dall’auto.
Lo seguii e restai sbalordita dall’enorme palazzo che era davanti a me.
Un grattacielo altissimo, con appese bandiere di nazioni diverse.
Stavo ammirando tutto quello che mi circondava, immersa nei miei pensieri, ma mio fratello mi prese per un braccio e mi portò dentro.
“Forza, siamo già in ritardo!”
Entrammo nel grande ascensore e schiacciò il tasto scelto.
Ritrasse dalle tasche un biglietto spiegazzato, aprendolo per bene.
Appena si aprirono le porte, fece un respiro profondo e mi guardò.
“Che succede? Dove siamo?” Ripetei io.
Lui aprii la porta, senza rispondere e ci trovammo davanti un uomo con una tunica nera.
“Salve ragazzi, io sono Armey Barcs e sono il giudice affidato al vostro caso.”
‘Quale caso? Perché siamo venuti qui a parlare con un giudice? Cosa sta tramando mio fratello?’
Queste domande mi rimbombarono subito.
“Prego, accomodatevi nel mio studio, io arrivo tra un minuto.”
Ci sedemmo su due sedie accanto ad una scrivania enorme colma di carte e documenti, mentre il signore uscì dalla stanza.
Guardai mio fratello che sembrava tranquillo.
“Che succede Marc? Di quale caso parla?”
“Adesso ti spiegherà tutto il giudice è inutile che te lo spieghi io.”
Aspettammo in silenzio il suo arrivo, sorridendogli cortesemente.
Si accomodò sulla sua poltrona e iniziò a parlare.
“Voi dovete essere Avril e Marc Lee, giusto?”
“Sì, figli di Matteo Lee.” Prese parola mio fratello.
“Bene, ora vi spiego perché vi ho mandato a chiamare nel mio studio.”
Tirò fuori due foto dei nostri genitori e le rivolse dalla nostra parte.
“Io conosco molto bene vostro padre è un mio carissimo amico e, visto che la mia sede si trova qui in California dove siete in vacanza voi, mi ha chiamato per trattare con voi per la questione della tutela della signorina Avril.”
Mi guardò, porgendomi un mano.
Sorrisi un po’ imbarazzata, poi ritrassi il braccio e fissai mio fratello che ascoltava attentamente le parole del giudice.
“Vi dico con onestà che non sappiamo da dove iniziare, innanzi tutto perché la sede propria del caso era affidata alla vostra città, ma gli assistenti sociali hanno cambiato la tutela  a vostra madre.
Il giudice mi ha chiamato per affidarmi questo incarico che prendo con grande interesse, perciò vorrei sapere cosa ne pensate.”
Iniziò a parlare mio fratello.
“Io credo personalmente, che la faccenda non disturbi in alcun modo il mio modo di essere; Mi spiego meglio, anche se la tutela di mia sorella verrà data a mio padre, non mi dispiacerebbe.
Anche perché non sarà per tanto tempo, ma piuttosto per ristabilire un vero rapporto.”
Il giudice annuì con un atteggiamento interessato.
“Tu, invece, cosa ne pensi della cosa, Avril?”
Passò qualche secondo prima di rispondere.
“Devo ammettere che non ne ero accorrente di questa visita, mio fratello mi ha tenuto all’oscuro di tutto.
Comunque, all’inizio, quando mio padre mi aveva proposto quest’idea, ero molto contraria e non volevo assolutamente andare con lui.”
“… E adesso?” Mi interruppe lui.
“Adesso che ho capito dove sbagliavo, mi è del tutto indifferente, anche perché potrò sempre vedere mia madre quando voglio e non sarà per tanto.”
Sorrisi leggermente, un po’ preoccupata.
“Ragazzi, ora che ho sentito la vostra opinione e al telefono quella dei vostri genitori, sono pronto per iniziare il percorso.
Ormai siete qui da più di una settimana e per cui cercherò di fare il più in fretta possibile, ma vi chiedo, se è possibile, di rincontrarci ancora per farvi altre domande e per mettervi a disposizione del nostro comune.”
“Certamente, noi saremo disposti a tutto.”
Confermò mio fratello, io mi limitai ad annuire.
Detta la data del prossimo appuntamento, ci accompagnò all’uscita del palazzo e ci chiamò un taxi, salutandoci e ringraziandoci di essere venuti.
Saliti sull’auto, restai zitta per tutto il viaggio, pensando alle parole dette dal giudice.
Tornati a casa, andai in camera e mi chiusi dentro.
Era quasi ora di pranzare, ma gli altri non erano ancora presenti, così andai in cucina ed iniziai ad apparecchiare e preparai le pietanze che si trovavano in frigo.
“Come mai gli altri non arrivano?” Proferii parola per la prima volta da quando eravamo tornati a casa.
“Oggi non ci sono.”
“Dove i trovano?”
“Sono andati a mangiare fuori che si trovavano con un amico di David che si è fermato due giorni vicino a noi, Chuck.”
“Ah capito, allora siamo solo noi due?”
Sorrisi.
“Credo proprio di sì.”
Ci sedemmo sulle sedie e mangiammo lentamente.
La casa sembrava più tranquilla del solito, forse perché non c’erano Marc e David a fare i cretini tutto il tempo.
Quei ragazzi riuscivano a farti innervosire in una frazione di secondo,tanto da continuare a chiedersi il perché della loro stupidità.
“Oggi che farai?”
“Non lo so, credo uscirò … sai, Chuck lo voglio vedere anche io.”
“Cosa? Mi lasci da sola?” Urlai io, un po’ preoccupata.
Lui si mise a ridere.
“Ma che dici? Tornerà a casa Dave, mi ha mandato un messaggio.”
“Tu li raggiungi?”
“Sì, anzi, ora vado a prepararmi che sono quasi le quattordici.”
Andò via prima che rispondessi, entrando nella sua camera con una velocità mai vista da lui.
Alzai le spalle e andai a sedermi sul divano.
Un quarto d’ora dopo, scese mio fratello che mi salutò correndo verso la porta.
Visto che non sapevo cosa fare, decisi di prendere un succo alla pesca e mi sdraiai prima di berlo.
Accidentalmente me lo versai tutto sulla maglietta, macchiandomi tutta.
Posai il bicchiere in cucina e mi tolsi la maglia, strizzandola e mettendola da lavare.
Andai sul divano e mi sdraiai, aspettando che la maglia si asciugasse per rimetterla.
Chiusi gli occhi per rilassarmi, quando sentii una mano accarezzarmi dolcemente la pancia, facendomi sussultare.
Aprii gli occhi e vidi di fronte a me, lui.
Diventai tutta rossa dalla vergogna, cercando di coprirmi in vano.
Mi guardò con uno sguardo malizioso, avvicinandosi a me.
“Te l’ho mai detto che sei meravigliosa?”
“Che cretino che sei … che ci fai già di ritorno?”
“Sono venuto per te.”
Si toccò i capelli con una presa e li lasciò ricadere lentamente.
“Certo come no … David piantala, me lo ha detto mi fratello che tornavi.”
Ridacchiai, scherzosamente.
Mi alzai e lo guardai negli occhi.
Avevo una voglia matta di baciarlo ancora, ma non potevo perché non sapevo se per lui era lo stesso, se quello di ieri non contava niente.
Confusione, ecco quello che provavo.
“Che ne dici di fare qualcosa?” Disse lui, con lo sguardo vagabondo per la casa.
“Tipo?” Chiesi io interessata.
Fissò la porta della sua camera, per poi ritornare al mio sguardo.
“Che hai in mente mangiatore?”
“Se vieni in camera mia ti spiego che gioco voglio fare.”
Si mise a ridere, alzandosi e prendendomi leggermente per un braccio.
Io mi unii alla risata e andammo nella sua camera, chiudendo la porta.
Mi fece sedere sul suo letto, mentre lui si sdraiò e si tolse la maglietta, restando con il torace scoperto.
In quel momento mi ricordai che anche io ero senza maglietta e abbassai lo sguardo per l’imbarazzo.
Lui mi prese il viso tra le mani e fece un piccolo risolino.
“Hey, ora anche io sono a pancia scoperto, siamo pari.”
Mi accarezzò i capelli, lisciandomeli di più, fino ad arrivare sotto il mento e da lì le sue labbra si avvicinarono alle mie per finire in un bacio.
Non era un bacio a quello di ieri, questo era più deciso, più definito e durò di più.
Ci baciammo ripetutamente tante volte, prima di sdraiarci sul letto e rimanere immobili a guardarci.
“Quanto sei bella.” Mi disse, accarezzandomi con la mano il mio braccio.
“Tu sei molto più bello.”
Insieme ci alzammo e stavo per sbottonargli i pantaloni, quando suonò il mio telefono e dovetti rispondere.
“Pronto chi parla?” Mi schiarii la voce.
“Pronto Avril, sono Mike, potete venire tu e David in piazza che Darker si è fatto male?”
“Certo, arriviamo subito.”
“Grazie e scusa per l’interruzione.”
Attaccai e avvertii dell’accaduto a Dave che si stava rimettendo la maglia.
Andai a cambiarmi e uscimmo di corsa per le strade, fino a trovarci quattro ragazzi davanti, del quale uno mi era del tutto sconosciuto, doveva essere quel ‘Chuck’ che aiutava a tamponare un fazzoletto sulla mano del nostro amico.
“Eccovi, forza, riportiamolo a casa.” Disse Mike.
“Ma cos’è successo?” Chiese David, prendendo per un braccio il ragazzo ferito.
“Vedi, lui ha avuto un attacco, diciamo che …”
 
Ciaoo ragazzi, come state?
Ho cercato di finire il capitolo in un tempo stabilito, chiudendomi sigillata nella mia “bolla” per trovare ispirazione, solo per voi.
Se vi è piaciuto questo capitolo, vi pregherei di farmelo sapere con una recensione perché ne sarei veramente contenta.
Ringrazio sempre tutti quelli che leggono, recensiscono o che leggono in silenzio e chi ha messo questa storia tra le Preferite/Seguite/Ricordate.
Un bacio da Ele! ;)
 
 
  
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