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Autore: Reddi_    07/09/2012    0 recensioni
"Essere diversi ci appartiene, e chi perde questa caratteristica bè, mi dispiace davvero tanto per l’agonia che sarà la sua vita."
Mi è venuta l'ispirazione così, dal nulla, spero vi piaccia. Baci, Sun.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fumo e cenere.

 
Si spegneva lenta, mentre la cenere cadeva a brandelli, quasi impercettibili, era solo una delle tante ammazza-polmoni che fumava, o meglio, una normalissima sigaretta.
Era in una di quelle spiagge deserte, dove nessuno va mai perché l’acqua del mare sembra più una discarica che una distesa cristallina, come dovrebbe essere. La sabbia però, era bianca e splendente, in contrasto con il verdastro del mare.
La schiena appoggiata ad un muretto  vicino alla sabbia e se ne stava seduto su un telo nero, una mano a tenere la sigaretta ormai sul punto di morte, l’altra mano invece in tasca, in quei jeans azzurro chiaro, che spiccavano in quel quadro nero e spento, in quanto, anche il tempo sembrava in simbiosi con il suo stato d’animo e le sue cose: lo zaino, il telo, la felpa, le scarpe. Tutto grigio oppure nero, in una combinazione di questi due colori.
Sopra i jeans, indossava una felpa nera della Vans, una taglia più grande, è risaputo che le felpe larghe sono più calde o no? Era la sua felpa preferita e fin troppi ricordi gli suscitava quell’indumento, uno si potrà chiedere come mai può una semplice felpa extralarge ricordare qualcosa, eppure per lui era così, quella felpa era come una compagna d’avventura, insieme alle sue inseparabili Vans nere, quelle classiche, ormai consumate dal fango, dai sassolini di ogni dove, dalla terra di chissà quale posto.
E  lui, si chiedeva perché era lì, il ragazzo dai capelli corvini, senza una vera acconciatura ma del tutto spettinati, che comunque gli davano quell’ aria misteriosa, di quel ragazzo complicato, quasi fosse un enigma. La fronte coperta da una bandana blu scuro, con tutte le decorazioni bianche, legata dietro, tra i capelli.
Gli occhi di un castano scuro intenso, di quelli che al primo incontro ci affoghi fino a perdere la testa, quelle pupille che ti scavano dentro e si portano via un po’ di te stesso, fino a crearti una dipendenza chiamata amore.
E lui lo sapeva. Sapeva che il suo aspetto del tutto intrigante, con quei dilatatori neri enormi e quella barbetta nera faceva perdere battiti a tutte le ragazze che incontrava per puro caso, che magari non avrebbe mai più rivisto, ma comunque lui lo sapeva di essere il quadrifoglio in una distesa di erba infinita, non perché fosse fortunato, ma perché sapeva ed era fottutamente fiero di essere diverso. Una di quelle persone che ti ricordi, indipendentemente se lo si guardava per un secondo o per un’ora.
Perciò, per un motivo o per altro, lui si era trovato lì, ad Amsterdam perché come faceva sempre, un viaggio all’anno d’estate se lo permetteva, lui diceva che rifletteva durante un viaggio tranquillo.
E quindi, era in questa spiaggia con lo sguardo assente, perso tra le mille onde che si infrangevano violente alla riva, il vento non sembrava voler cedere e quei nuvoloni grigi non esitavano ad andarsene.
Ma a lui quel posto piaceva così, grigio, privo di emozioni, solo così si sentiva in grado di riflettere e ripensare alla sua vita, su tutto quello che si poteva fare in una misera vita di diciotto anni, su quanti errori puoi fare e che magari non sei più in tempo di correggere, oppure che puoi ancora salvare, e poi, quanti rimpianti puoi avere, quante gioie puoi ricordare, tutto ciò che ti ha lasciato delle cicatrici nel cuore.
Guardò per un attimo la sua sigaretta e la lanciò via, con rabbia ed amarezza. Quella cosa lo stava deteriorando dentro, eppure ne sentiva il bisogno.
Ancora si ricordava come aveva iniziato, forse erano le sigarette uno di quei errori che non sei più in tempo di correggere che ti segnano dentro, eppure erano solo degli aggeggi stracolmi di veleno per i polmoni, lui però non riusciva a farne a meno. E tutte che gli morivano dietro, perché pensavano che lui così era più bello, più sexy. Invece lui si sentiva tutt’altro che sexy con quel vizio asfissiante.
Amsterdam e il vento dritto e pungente nella pelle e sul viso, gli schiarivano i pensieri e subito affiorò al cervello il ricordo della sua prima sigaretta.
Era un pomeriggio così detto, del cazzo, nel quale esci con in tuoi amici, perché è il fine settimana ed il sabato è sacro, in quanto, tutta la settimana sei su quei banchi a patire le pene dell’inferno.
Invece lui era in giro da solo, tra quella mandria di persone occupate a ridere e scherzare fra coetanei, si sentiva quasi abbandonato in una folla di gente che non gli apparteneva, che non riconosceva, che non riusciva a vedere come amici, come persone coerenti e intelligenti, in quanto tutti si sentivano dio sceso in terra, manco la loro carne fosse fatta con preziosi rubini e diamanti.
Così, un sedicenne da solo e senza un vero posto nel mondo, come credeva a quei tempi, voleva trovare qualcosa che lo facesse evadere completamente da quella monotonia e da quella totale omologazione.
Entrò in un tabacchino, comprò delle Chesterfield rosse, non sapeva perché proprio quelle sigarette, ma gli piacevano, perciò le prese.
Uscì e si sedette su una panchina in disparte, ne prese una e con un accendino che teneva da tempo nei jeans, in caso di necessità  - anche se non c’erano delle vere necessità per tenerlo in tasca – accese una sigaretta e la poggiò sulle labbra con estrema cura, come se avesse paura, perché non sapeva come toccarla, come comportarsi.
Aspirò e poi cercò di tenere il fumo nel palato, di assaporarlo più che poteva e poi lo buttò fuori con rabbia, perché sapeva di aver appena fatto una cazzata, ma in quel momento durato pochi secondi, per lui era stato così intenso, così unico che da quel momento in poi, le sigarette erano diventate quel momento di pausa giornaliero, dove la terra smetteva di girare e c’erano solo lui e i suoi pensieri, i suoi complessi, le sue riflessioni, i suoi sentimenti, tutto ciò che gli passava per quel cervellino strano e contorto.
Adesso si ricordava tutto per filo e per segno, la sua prima sigaretta.
L’inizio di un nuovo capitolo della sua vita, si sa, anche le brutte cose arrivano per segnarti dentro, e forse lui non era segnato solo emotivamente, ma anche dal fumo nei polmoni.
Eppure, non ci poteva far niente, quel piccolo spazio di tempo per sé stesso e la sigaretta lo trovava sempre e anche se lo odiava lo faceva, perché si sentiva sazio.
Si strinse nel felpone e lasciò vagare  gli occhi e soprattutto il cuore per capire il vero senso di questo viaggio, e adesso lo sapeva. Lui lo sapeva.
E’ venuto qui per ripercorrere tutte le sue memorie, i suoi ricordi, quei momenti strani della vita in cui qualcosa o qualcuno fa si che tu ti possa ricordare sempre e per sempre di un posto, di un oggetto, di una canzone, di una briciola, di un semplice dettaglio impercettibile al resto del mondo, ma che magari per te ha un significato.
Allora, il ragazzo dalla chioma corvina si alzò e si andò a rifugiare nella sua tenda in spiaggia - aperta appositamente il giorno prima - in quanto stava iniziando a piovere e lui aveva paura che la pioggia potesse cancellare e far scivolare i suoi ricordi e i suoi pensieri. Ma come potevano delle innocue goccioline? Alla fine noi scriviamo tutto a penna e non esiste nessuno correttore.
Siamo ciò che siamo, e lui lo aveva capito grazie a quella sigaretta, perché non aveva davvero bisogno di un oggetto materiale per sentirsi meno solo o diverso.
Essere diversi ci appartiene, e chi perde questa caratteristica bè, mi dispiace davvero tanto per l’agonia che sarà la sua vita.
   
 
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