Sono appena salita sul battello e da un po’ è calata la nebbia. Devo uscire con una mia amica ma non ne ho tanta voglia, prendo il cellulare,la chiamo e le dico che c’è troppa nebbia e che non posso arrivare;non è una cosa del tutto vera, certo è per colpa della nebbia ma non perché i mezzi non circolano ma perché mi piace, la nebbia.
Sono appoggiata al bordo esterno verso la prua, chiudo gli occhi e mi rilasso, non cambia molto se li tengo aperti, solo il nero sostituito dal bianco che ti confonde e allo stesso tempo ti riordina le idee, che ti da quel senso di nulla e desolazione che ti protegge come una coperta.
Non ho voglia di scendere perché dovrei aprire gli occhi e camminare per le calli dove la nebbia non nasconde le immagini, le fa solo apparire più sfocata e ciò mi da fastidio. Inizio ad immaginare, è come se dormissi, le immagini e le idee, un po’ incerte e impercettibili, si susseguono velocemente; ad un certo punto sento un rumore, mi spaventa come se mi fossi svegliata di soprassalto, riordino le idee fissando quel bianco opaco davanti a me e capisco che c’è una nave, vedo la sua prua avvicinarsi, fa un po’ impressione: c’è questa “cosa” che esce dall’acqua salmastra della laguna e a metà si perde nella nebbia fino ad in alto, da dove esce il fumo, un fumo nero che inquina quel candore pallido, sono queste immagini che fanno pensare a quanto facciamo male al nostro pianeta; se socchiudo gli occhi e guardo fisso intravedo il ponte vuoto, come quello di una nave fantasma.
La nave si allontana e con lei il fumo nero, lo stesso disperso nella nebbia candida, è uno spettacolo affascinante come un’eruzione: immensamente bella e suggestiva ma con un retrogusto amaro e fastidioso.
Torno al mio stato di dormiveglia, le immagini e le idee, un po’ incerte e impercettibili, si susseguono velocemente.
Mi accorgo solo ora che sono arrivata alla palanca e che il vaporetto si avvicina all’imbarcadero e rovina quella magia, quello spettacolo della sensazione di nessuno, del vuoto e del nulla che mi rassicura nel profondo e mi alleggerisce il cuore. Sale un po’ di gente:una signora col passeggino, due signori che discutono e un ragazzino, per fortuna nessuno di loro mi nota, vanno dentro, non sopporteranno la sensazione di avere anche le ossa umide, l’unico difetto della nebbia secondo me. Ho deciso che scenderò a Sacca Fisola, non voglio allontanarmi troppo; arrivata lì prenderò il 41 se passa.
Torno al dormiveglia, le immagini e le idee, un po’ incerte e impercettibili, si susseguono velocemente.
Si ferma alle Zattere e a S.Basilio ma quasi non me ne accorgo, ho gli occhi chiusi.
Arrivo in Sacca e quasi quasi perdo la fermata; mi siedo dentro l’imbarcadero e aspetto guardando fuori assorta quel bianco pallido e perforante.
Dopo circa cinque minuti passa l’82 e chiedo al marinaio se i motoscafi passano, lui annuisce, slega la porta e riparte.
Aspetto ancora tre minuti e arriva il 41 ci salgo riappoggiandomi al bordo e guardo fuori con le immagini e le idee, un po’ incerte e impercettibili, che si susseguono velocemente...