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Autore: FairySweet    07/09/2012    2 recensioni
Un figlio che non vuoi, la consapevolezza di dover scegliere e solo quella dannata paura a mangiarsi viva la razionalità ...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cristina Yang
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione
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Dentro di te                                                                                        Due persone come Tante








Era un sogno, un bel sogno che lo trascinava in un mondo nuovo e diverso. Il braccio di Cristina avvolto attorno al suo mentre il profumo di quel negozio gli inebriava i sensi, una bella coppia che aspetta un bambino, ecco quello che sembravano.
Due persone come tante altre, come tutte quelle coppiette che passeggiavano allegramente  indicandosi a vicenda un vestitino o un giocattolo, quelli sguardi sognanti, quella specie di mondo nuovo e diverso che aveva sempre desiderato ora iniziava ad essere più chiaro e nitido.
La mano della ragazza abbandonò lentamente la sua, la seguì con lo sguardo fino a quelle scarpine minuscole, così piccole da fare tenerezza “Ti piacciono?” non riusciva nemmeno a risponderle, concentrato sul suo viso, sul suo sorriso e su quella bellezza che ora era esplosa violenta.
Era sempre stata bella ma ora, così, lo era ancora di più “Non ti piacciono?” “No, no sono bellissime” “Davvero?” annuì appena avvicinandosi “Sono solo, beh, non sono abituato a tutto questo” “Mi hai fatto del male per questo” eccola lì, diretta, ironica, tagliente.
Non rispose, non poteva farlo, in fondo, l’aveva costretto lui a fare una scelta e ora, non poteva far altro che incassare quei colpi senza reagire.
Le camminava accanto tentando di riconoscere in lei la stessa ragazza di una volta, concentrata sulla chirurgia, così maledettamente testarda e arrogante da vincere ogni sfida e ora, aveva davanti una ragazza diversa.
Una donna meravigliosa, con lo sguardo sognante perso su quei vestitini così piccoli, una mano a sfiorarsi dolcemente il ventre, quasi come se quel bambino potesse risponderle ogni volta che parlava, che si muoveva e poi quel sorriso luminoso che non abbandonava nemmeno per un secondo le sue labbra.
Ci aveva messo un po’ a convincere il cervello, lei era sua moglie, la stessa che aveva sposato, la stessa che non era mai uscita nemmeno per un secondo dai suoi pensieri “Owen?” si voltò di colpo attratto dalla voce della ragazza “Stai bene?” domandò confusa inclinando leggermente la testa di lato “Si, si non preoccuparti, stavo solo pensando” bel salvataggio davvero “A che pensavi?” sorrise sfiorandole il viso “Al nome per il nostro bambino” “Non voglio saperlo, ti ho rovinato una sorpresa ora sarai tu a farla a me, però io ho il diritto di veto sui nomi idioti chiaro?” scoppiò a ridere divertito da quell’esplosione di allegria “D’accordo” “Mi aiuti a scegliere la carrozzina?” la seguì lungo il corridoio ridacchiando "Non ne hai già presa una?" "Si ma non va bene" era una bugia, una bugia bella e buona ma dargli la possibilità di scegliere assieme a  lei l'avrebbe in qualche modo aiutato a comprendere “A me sembrano tutte uguali” “Davvero?” le sorrise posando la mano su un enorme pupazzo “Davvero” “Beh, anche a me, però una dovremo prenderla no? Altrimenti come lo portiamo a spasso?” giusta obiezione, in fondo, una carrozzina poteva essere davvero utile.
Passarono un’ora circa a girare lì dentro, a scherzare, a sorridere come se tutto fosse “normale”  eppure, sapevano entrambi che non c’era proprio niente di normale “Questa?” si avvicinò a lui posando una mano sulla sua spalla “E non ci scivola via da lì?” “No, a meno che non esca dalla tua pancia con le istruzioni per smontare una carrozzina credo che ci starà piuttosto comodo” “Ah, non fa ridere” mormorò ironica passandosi una mano tra i capelli “D’accordo”  “Posso aiutarvi?” domandò sorridente una giovane commessa dagli occhi verdi, sembrava sbucata dal nulla, messa lì apposta come un'avvoltoio per accalappiare i clienti “Oh noi, volevamo prendere una carrozzina e l’abbiamo trovata” balbettò confusa  “La portate via subito?” si voltò verso di lui cercando un modo per mandare via la commessa psicopatica apparsa dal nulla  “Oh va bene, la portiamo via subito”  la ragazza sorrise “D’accordo, ve la faccio portare direttamente alla macchina”.
Un leggero cenno della mano e  un ragazzo alto dall’aria svampita li raggiunse “Mike puoi portare questa all’uscita laterale” annuì debolmente sollevando la scatola “Se lo chiami Mike ti uccido” sussurrò avvicinandosi leggermente a suo marito “Ma io non ...” “Non chiamarlo così” sorrise stringendola dolcemente tra le braccia “Avete bisogno anche del passeggino?” si voltò di colpo riportata al presente dalla voce della ragazza “No, quello per ora non ci serve” “Di quanti mesi è?” domandò sorridente soffermandosi qualche secondo sul suo ventre “Cinque” “Uao, e sa già cos’è?” “Un maschietto” “Però, il papà ne sarà davvero molto fiero” ma Owen scosse leggermente la testa ridacchiando “Non fa differenza, basta che stia bene, per il resto sono solo molto felice” “Si vede” sussurrò la giovane “I padri sono sempre molto orgogliosi, di solito comprano tutine e giocattoli, riempiono carrelli interi e poi tornano il giorno dopo a prendere altre cose” "Uao" mormorò ironica stringendosi più forte a suo marito "Ok, andiamo" la prese per mano tirandola dolcemente verso l'uscita.

Mezz’ora per raggiungere casa e solo due minuti per capire quanto quell’uscita l’aveva stancata, era pallida, aveva lavorato come una matta per i primi quattro mesi e ora, ogni sforzo in più la sfiniva più di quanto lei non volesse mostrare “Hai bisogno di riposare un po’” “Devo passare in ospedale, controllare i miei dottori e capire cosa stanno combinando con le mie ricerche” ma Owen sorrise togliendole dalle mani le chiavi della macchina “Non azzardarti ad uscire dalla porta”  sorrise sciogliendosi dolcemente dal suo abbraccio, una mano a giocherellare con i capelli mentre l’altra si insinuava lentamente tra le sue “Prometto che sarò a casa il prima possibile” le chiavi di nuovo tra le  sue mani “Cristina non ...” ma lei stava già correndo verso l’uscita, il rumore delicato dei tacchi a rompere il silenzio “Almeno non correre” ma la voce si perse nel silenzio abbandonandolo ad un dolcissimo sorriso.
  
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