La prima cosa che Chiara riuscì a
focalizzare furono capelli color pece di Della Corte sul cuscino del letto vicino al suo. Aveva il capo leggermente orientato
verso di lei, col viso rivolto verso la luce che proveniva dalla finestra. Una
mattinata decisamente luminosa per essere alla fine
dell’inverno austriaco. Stiracchiò lentamente il braccio, arricciando il naso.
Aveva dormito per tutta la notte con quell’odore di acqua marina che emanavano i ricci di Roberta. Non era affatto spiacevole, anzi. Qualcos’altro che le ricordasse il suo amato mare era più che gradita. La sera
prima, quando aveva accolto la compagna per consolarla, il suo profumo era
rimasto intrappolato fra il cotone della sua canottiera, mischiandosi all’aroma
di cedro dei suoi capelli scarlatti. Si tirò su da quel groviglio di coperte
con uno scatto secco e , sentendo un dolore al ventre,
raggiunse in poche falcate la finestra. Scostò ancora di più le tende
fermandosi ad osservare il riflesso dorato che produceva un fascio di luce
sulla pelle serica dell’altra ragazza, evidentemente ancora persa nei meandri
del sogno. Sospirò e sentì il cuore contrarsi per un attimo in qualcosa di
simile alla comprensione. Stava davvero cercando di aiutare colei che un tempo
era stata una delle sue aguzzine? Stava davvero
offrendo una mano al nemico sconfitto che cade nel
baratro? Scosse la testa e sentì i suoi pensieri spirare ovattati fra le pareti
della sua mente. Un dolore fitto e penetrante le scosse i sensi, mentre si
portava una mano alle meningi. Cercò di aggrapparsi alla scrivania in legno massello e arrivò a sedersi sul suo letto,
sentendosi mancare per un attimo. Poi una nausea improvvisa la colse e la
costrinse ad abbassare la testa. Corse in bagno e, chinandosi sul gabinetto,
rigettò la cena della sera prima. Cercò di darsi una sciacquata al viso,
notando che gli occhi erano cerchiati da leggeri aloni scuri e la sua pelle era
più pallida del solito. Un viso, stanco almeno quanto il suo, fece capolino oltre
lo stipite della porta. Probabilmente aveva svegliato Roberta con il rumore
dello scarico. Sospirò affranta.
- Torri, non hai un bell’aspetto stamattina- obiettò
quella, sbadigliando. Gettò un’occhiata al viso quasi esangue dell’altra e le si accostò lentamente. Chiara gemette frustrata e si
massaggiò la testa, che continuava a rimbombare facendo eco a tutto.
- Sto bene- minimizzò subito, afferrando lo spazzolino e
cercando il dentifricio. Della Corte lo afferrò per prima e glielo lanciò. Ridacchio quando vide che l’altra non era riuscita ad
afferrarlo prontamente.
- Si certo, hai i riflessi di un dinosauro con l’artrosi- Era
quasi piegata in due dalle risate.
- Ti rende
felice il fatto che io stia male?-
Quella domanda
uscì dalle labbra della rossa senza che potesse
accorgersene, facendole assumere una smorfia fra il rabbioso e il deluso. Aveva
consolato Della Corte, ma ciò non voleva dire che
Della Corte avrebbe consolato lei. Quella sembrò pensarci e alla fine smise di
ridere. Le posò una mano sulla fronte, in attesa.
- Hai la febbre- disse soltanto, seccamente. Poi uscì dal
bagno prendendo la sua spazzola e legandosi i capelli in una treccia.
Chiara si guardò allo specchio un’altra volta poi, stancamente, si avviò
a prendere i suoi vestiti. Sarebbe scesa con Roberta e i suoi amici a fare
colazione. Non aveva la febbre, ne era sicura, era
soltanto colpa di quella temperatura insolitamente calda.
-
Sbatté ancora
una volta la sua palla rimbalzante arancione contro la moquette che
tappezzava le pareti della stanza d’albergo.
“Torri, lei ha evidentemente l’influenza, non può
venire con noi oggi sul Prater” le aveva
detto
“ Della
Corte mi ha riferito che stamattina ha rimesso…” aveva cominciato, ma Chiara
aveva smesso di ragionare al solo sentir pronunciare il nome della sua compagna
di stanza. Aveva digrignato i denti e fissato insistentemente il tavolo dove si
trovava quella, circondata da quell’alone di esclusività proprio solo della sua
compagnia.
E ora, mentre
lei se ne stava placidamente stesa fra le coperte sfatte, quella guardava Vienna da una delle
ruote panoramiche più alte d'Europa. Un improvviso moto di rabbia
ingiustificata la pervase e le vennero in mente tanti epiteti poco carini nei
confronti della compagna. L'aveva fatto apposta, questo era
stato il suo primo pensiero. Si stava davvero divertendo, Roberta, nonostante
ciò che le aveva raccontato? Ovvio.
Carmen aveva
chiamato un paio di volte, giusto per accertarsi che non fosse
in pericolo di vita; Sabrina le mandava messaggi continuamente.
"Vista mozzafiato, riesco quasi a vedere la tua
stanza d'albergo!" recitava l'ultimo, risalente a qualche ora
prima. Come se non fosse già abbastanza deprimente essere
chiusa in camera con la professoressa Morra che di tanto in tanto le
bussava alla porta.
Lanciò di
nuovo la pallina contro il muro e si decise a fare qualcosa di costruttivo.
Prese il libro di poesie che aveva acquistato poco
tempo prima e cominciò a leggere, attendendo che qualche parola, qualche verso
attirasse la sua attenzione vagante. Niente, nemmeno la poesia riusciva a farla
sentire meglio. Scagliò violentemente il libro sul letto di
fianco, provocando un tonfo sordo sulle coperte ben sistemate. Sbuffò,
aveva sgualcito il letto di Della Corte, così si alzò e vi si accostò per
riparare alle pieghe formatesi sul tessuto scuro. Lasciò che una mano scorresse
veloce fra quel cotone, perdendosi nell'osservare i ghirigori di velluto che la
ornavano. Rimase a fissare il letto per qualche minuto, senza riuscire a
pensare ad altro che a quelle forme sinuose. L'occhio le cadde più in là del dovuto,
andandosi a posare sulla grande valigia di pelle scura
di Roberta, accuratamente sistemata contro il muro. Spiccava, da una tasca
laterale, una piccola forma rettangolare rivestita di cartone scuro.
Sembrava un
libro, o un piccolo blocco per appunti da lì. Chiara si fermò interdetta,
mentre stava per avvicinarsi alla valigia.
“Non è roba
mia… Ma che mi prende?” si rimproverò. Solo le sembrò strano che Roberta avesse
con se un libro o qualcosa che implicasse sforzi intellettuali superiori al suo quoziente e di
quello di tutte le sue amiche messe insieme.
Trascorse il
resto del pomeriggio facendo zapping alla grande tivù
della stanza, ascoltando per un po’ le voci incomprensibili dei telefilm
tedeschi.
“Chissà che
sta facendo Della Corte” si chiese per l’ennesima volta quella giornata,
poggiando la testa alla testiera del letto e fissando il soffitto. No così non andava, conosceva già la risposta. Si stava
divertendo, tutti si stavano divertendo. E lei
era sola, Roberta l’aveva lasciata sola. Si ricordò di come l’aveva consolata
la notte precedente e per un momento pensò addirittura di non averla mai
odiata, ma stava solo delirando per la febbre.
Aveva una tale
confusione in testa che non sapeva più se a pensare fosse
lei o l’influenza che l’aveva contagiata.
I
pensieri le facevano male alle meningi, non riusciva a
liberarsene. Così gettò la testa oltre il bordo delle coperte, rimanendo a
guardare il mondo sottosopra. Magari in quel modo la sua mente avrebbe trovato
uno sbocco dove sfociare e l’avrebbe lasciata in
pace.
-
Il cellulare
di Chiara segnava appena le sette e un quarto quando sentì dei passi
attraversare l’ingresso. Stava stesa supina fra le lenzuola sfatte, con la
fronte imperlata di sudore e gli occhi scuri vaganti per la stanza. Ci mise
qualche secondo a focalizzare il viso ovale di Roberta che si dirigeva a grandi
passi verso il suo letto. Il termometro ancora stava sul comodino e il
suo libro di poesie giaceva aperto sul pavimento. Era calato un silenzio
irreale da quando la rossa aveva spento il televisore
e questo l’aveva fatta sentire ancora più sola. Alla vista dell’altra, Chiara
cercò di sistemarsi i lunghi capelli rossi in modo che non si notasse il
pallore del viso.
-Stai bene?-
domandò la riccia, mentre si toglieva la pesante sciarpa e poggiava la sua costosissima
borsa sulla scrivania. L’altraci pensò su, poi
decise di dire la verità. Non aveva senso dirle che stava bene e che non doveva preoccuparsi, che
poteva uscire e andare a divertirsi con quelle
, che voleva restare sola. Carmen, Sabrina e Ivan le
avevano promesso di tornare dopo cena con un mega
frullato alla fragola, ma nel frattempo la sconfortava il fatto di rimanere
ancora chiusa lì, a fissare punti indefiniti della moquette.
- No, scotto e
ho freddo… Senza contare il mal di testa- biascicò,
stringendosi con due dita una tempia. Vide con la coda dell’occhio che Roberta
stava tirando fuori qualcosa dalla tasca della giacca blu, ma i suoi occhi
erano coperti da una ciocca di capelli neri.
-Dev’essere
stato il freddo che abbiamo preso sul Danubio-
cominciò con il suo solito tono distaccato, voltandosi a guardare il paesaggio
fuori dalla finestra. – Ha nevicato-
Chiara
strabuzzò gli occhi. Era rimasta così tanto tempo a autocommiserarsi che non si era nemmeno accorte che il
clima si era irrigidito. Cercò di alzarsi, stringendosi nella felpa, e di
raggiungere un buon punto da dove godere del panorama.
- Aspetta, ti aiuto…- mormorò Roberta, vedendo che la compagna
non si era ripresa abbastanza da stare in piedi senza difficoltà. Le si accostò e notò la sua faccia stanca illuminarsi e
sporgersi più in avanti per guardare la neve sui tetti. Prese quel gesto come
un assenso e le afferrò il braccio, in modo che potesse appoggiarsi sulla sua
spalla.La mora sorrise lievemente a quel contatto e
si accostarono insieme al davanzale.
- Che
vista mozzafiato- esclamò con voce estatica Chiara, voltandosi a
guardare i lineamenti dolci e delicati
che formavano il viso della compagna.
Quella alzò di poco un sopracciglio e sorrise di nuovo, guardando oltre i
tetti.
- Chissà che
c’è oltre- si limitò a sospirare, aguzzando gli occhi azzurri il
più lontano possibile.
- Vienna- ridacchiò la rossa, muovendo lievemente la testa.
Roberta scoppiò a ridere, probabilmente perché quei capelli le solleticavano il
collo. Chiara si accorse che riusciva a reggersi in piedi senza fatica se
aggrappata al davanzale.
Si staccò
dolcemente da quel corpo con un espressione stranita,
sentendo per un attimo girarle la testa.
- Grazie,
riesco a stare in piedi anche da sola- bisbigliò,
imbarazzata. Non sapeva che dire, forse doveva limitarsi a
guardare il paesaggio e stare zitta. Forse era
questo che si aspettava Roberta. La vide mentre
annuiva e faceva vagare di nuovo lo sguardo oltre i tetti. La sua testa riccia
rimase per qualche minuto ferma, i capelli che le
ricadevano ai lati del viso, le labbra
corrucciate in un espressione vagamente pensosa.
- Pensi?-
chiese improvvisamente Chiara, sentendo quella domanda salirle in gola come
bile e farsi strada fra i suoi
denti,
silenziosa. Roberta
stette in silenzio per un'altra manciata di secondi,
poi si girò in modo che potesse fissare direttamente gli occhi castani della
compagna di stanza. Fece un’espressione a metà fra il rassegnato e il
diffidente. Si limitò ad annuire, con calma.
-A Massimo?-
azzardò la rossa, pentendosene. Vide una vena gonfiarsi sull’ossuta mano della
ragazza, mentre quella cercava di dissimulare il tormento.
- No,
pensavo a quanto sia bella Vienna, con questa neve… si
vede meglio da questa stanza che dal Prater- proferì
con
autocontrollo, esalando piccoli sbuffi di fiato
contro la finestra. A Chiara venne di nuovo da ridere.
- Non diresti
così se avessi passato in questa stanza metà della tua giornata-
La rossa
cominciò a disegnare piccole forme astratte lì dove il respiro dell’altra era
stato ghiacciato e fissato su quella superficie liscia.
- Non
diresti così se avessi passato metà della tua giornata con persone che... ah,
lascia stare- sbuffò Roberta stizzita, prestando
attenzione ai disegni contorti impressi sul vetro. Allungò un indice e traccio una R tremolante.
L’altra continuò la sua piccola opera d’arte, stringendo la lingua fra i denti.
Improvvisamente starnutì e dovette poggiarsi al muro per non cadere.
- Dovresti
tornare sotto le coperte-
- Non sei mia
madre, Della Corte. Non devi far finta che ti importi
qualcosa di me- sibilò debolmente, senza una reale rabbia ad animare quelle
parole. Aveva solo bisogno di sfogarsi, non importava
il come o il perché. Roberta la fissò per un momento, incredula.
- Non voglio
fare finta anche qui- si limitò a dire. Chiara non si chiese nemmeno il motivo di quell’affermazione,
cercò di non sembrare isterica. Le faceva male stare sola per troppo
tempo. Si passò una mano sulla fronte e, sentendola scottare, decise di
seguire il consiglio della compagna. Si accoccolò sotto le coperte,
chiudendo gli occhi. Fuori nevicava e lei era lì con la febbre, non riusciva a
capacitarsene.
Poco dopo fu
risvegliata da uno scossone alquanto rude.
-Che cavolo vuoi, Della Corte? Mi stavo giusto autocommiserando- gracchiò Chiara con voce
roca, scostandosi un po’ dal cuscino. Roberta fece per sedersi sul suo letto,
ma alla fine optò per accomodarsi sulle sue coperte
ben fatte.
- Nulla… mi annoiavo- ammise, guardandosi le unghie smaltate di rosso.
- Devo
ripeterti che non mordo? Al massimo ti attacco l’influenza-
Con un leggero
tonfo Roberta si lasciò cadere a qualche centimetro di distanza dalle sue
ginocchia, piegate di lato in modo da farle spazio.
-
Guarda qui… Così potrai dire comunque di aver visto il
Prater- iniziò la riccia, porgendole una costosissima
macchina fotografica.
Chiara
riconobbe nella foto una gigantesca ruota panoramica, gremita di turisti. Fissò
l’immagine digitale per un po’, sorridendo. Sarebbe stato bello esserci.
Stava per
dirle un grazie sincero, perché sapeva che Roberta non
stava fingendo, quando bussarono alla porta.
La compagna di
stanza si allontanò per qualche minuto. Sentì voci familiari provenire dal
corridoio d’ingresso.
-
Spostati, Della Corte. E non fare quella faccia…
non siamo qui per te- iniziò Sabrina, senza che quella avesse detto nulla. La
testa scura di Carmen fece capolino all’improvviso, con in
mano un grande frullato alla fragola.
Le sue amiche
erano state davvero gentili, ma Chiara non si era
sentita completamente a suo agio con loro come lo era stata qualche minuto
prima. Roberta era sparita improvvisamente chissà dove, riprendendosi la
macchina fotografica. Chiara aveva notato quel suo sguardo stranamente
nostalgico.
- Quella
è davvero antipatica- disse sprezzante Sabrina,
imitandone i modi altezzosi e mettendosi a ridere. La rossa ebbe un fremito.
- Se magari imparaste a conoscerla!- esclamò indignata,
stringendo i denti.
Le due ragazze
attribuirono quell’affermazione al deliro
della febbre, ma Chiara davvero si chiese perché Roberta fosse stata condannata
a vivere fingendo.