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Autore: Deirbhile    07/09/2012    1 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Capitolo otto: Neve alla finestra

La prima cosa che Chiara riuscì a focalizzare furono capelli color pece di Della Corte sul cuscino del letto vicino al suo. Aveva il capo leggermente orientato verso di lei, col viso rivolto verso la luce che proveniva dalla finestra. Una mattinata decisamente luminosa per essere alla fine dell’inverno austriaco. Stiracchiò lentamente il braccio, arricciando il naso. Aveva dormito per tutta la notte con quell’odore di acqua marina che emanavano i ricci di Roberta. Non era affatto spiacevole, anzi. Qualcos’altro che le ricordasse il suo amato mare era più che gradita. La sera prima, quando aveva accolto la compagna per consolarla, il suo profumo era rimasto intrappolato fra il cotone della sua canottiera, mischiandosi all’aroma di cedro dei suoi capelli scarlatti. Si tirò su da quel groviglio di coperte con uno scatto secco e , sentendo un dolore al ventre,  raggiunse in poche falcate la finestra. Scostò ancora di più le tende fermandosi ad osservare il riflesso dorato che produceva un fascio di luce sulla pelle serica dell’altra ragazza, evidentemente ancora persa nei meandri del sogno. Sospirò e sentì il cuore contrarsi per un attimo in qualcosa di simile alla comprensione. Stava davvero cercando di aiutare colei che un tempo era stata una delle sue aguzzine? Stava davvero offrendo una mano al nemico sconfitto che cade nel baratro? Scosse la testa e sentì i suoi pensieri spirare ovattati fra le pareti della sua mente. Un dolore fitto e penetrante le scosse i sensi, mentre si portava una mano alle meningi. Cercò di aggrapparsi alla scrivania in legno massello e arrivò a sedersi sul suo letto, sentendosi mancare per un attimo. Poi una nausea improvvisa la colse e la costrinse ad abbassare la testa. Corse in bagno e, chinandosi sul gabinetto, rigettò la cena della sera prima. Cercò di darsi una sciacquata al viso, notando che gli occhi erano cerchiati da leggeri aloni scuri e la sua pelle era più pallida del solito. Un viso, stanco almeno quanto il suo, fece capolino oltre lo stipite della porta. Probabilmente aveva svegliato Roberta con il rumore dello scarico. Sospirò affranta.

- Torri, non hai un bell’aspetto stamattina- obiettò quella, sbadigliando. Gettò un’occhiata al viso quasi esangue dell’altra e le si accostò lentamente. Chiara gemette frustrata e si massaggiò la testa, che continuava a rimbombare facendo eco a tutto.

- Sto bene- minimizzò subito, afferrando lo spazzolino e cercando il dentifricio. Della Corte lo afferrò per prima e glielo lanciò. Ridacchio quando vide che l’altra non era riuscita ad afferrarlo prontamente.

- Si certo, hai i riflessi di un dinosauro con l’artrosi- Era quasi piegata in due dalle risate.

- Ti rende felice il fatto che io stia male?-

Quella domanda uscì dalle labbra della rossa senza che potesse accorgersene, facendole assumere una smorfia fra il rabbioso e il deluso. Aveva consolato Della Corte, ma ciò non voleva dire che Della Corte avrebbe consolato lei. Quella sembrò pensarci e alla fine smise di ridere. Le posò una mano sulla fronte, in attesa.

- Hai la febbre- disse soltanto, seccamente. Poi uscì dal bagno prendendo la sua spazzola e legandosi i capelli in una treccia.

Chiara si guardò allo specchio un’altra volta poi, stancamente, si avviò a prendere i suoi vestiti. Sarebbe scesa con Roberta e i suoi amici a fare colazione. Non aveva la febbre, ne era sicura, era soltanto colpa di quella temperatura insolitamente calda.

                                                                                     -

 

Sbatté ancora una volta la sua palla rimbalzante arancione contro la moquette  che tappezzava le pareti della stanza d’albergo.

Torri, lei ha evidentemente l’influenza, non può venire con noi oggi sul Prater” le aveva detto la Manzi con quel tono perentorio, accompagnandola di persona sulla soglia della sua camera. Era riuscita a reperire fra i tanti ospiti italiani dell’hotel un medico che l’aveva visitata e aveva tratto la conclusione: una semplice influenza da freddo, complicata dal fatto che Chiara spesso soffrisse d’indigestione. Guardò l’aspirina che le aveva lasciato la professoressa sul comodino e il termometro digitale che ancora segnava un trentotto e mezzo. Quella mattina non era riuscita nemmeno a fare colazione che subito la sua insegnante l’aveva notata, ripetendole che non aveva un bell’aspetto.

“ Della Corte mi ha riferito che stamattina ha rimesso…” aveva cominciato, ma Chiara aveva smesso di ragionare al solo sentir pronunciare il nome della sua compagna di stanza. Aveva digrignato i denti e fissato insistentemente il tavolo dove si trovava quella, circondata da quell’alone di esclusività proprio solo della sua compagnia. 

E ora, mentre lei se ne stava placidamente stesa fra le coperte sfatte, quella guardava Vienna da una delle ruote panoramiche più alte d'Europa. Un improvviso moto di rabbia ingiustificata la pervase e le vennero in mente tanti epiteti poco carini nei confronti della compagna. L'aveva fatto apposta, questo era stato il suo primo pensiero. Si stava davvero divertendo, Roberta, nonostante ciò che le aveva raccontato? Ovvio.

Carmen aveva chiamato un paio di volte, giusto per accertarsi che non fosse in pericolo di vita; Sabrina le mandava messaggi continuamente.

"Vista mozzafiato, riesco quasi a vedere la tua stanza d'albergo!" recitava l'ultimo, risalente a qualche ora prima. Come se non fosse già abbastanza deprimente essere chiusa in camera con la professoressa Morra che di tanto in tanto le bussava alla porta.

Lanciò di nuovo la pallina contro il muro e si decise a fare qualcosa di costruttivo. Prese il libro di poesie che aveva acquistato poco tempo prima e cominciò a leggere, attendendo che qualche parola, qualche verso attirasse la sua attenzione vagante. Niente, nemmeno la poesia riusciva a farla sentire meglio. Scagliò violentemente il libro sul letto di fianco, provocando un tonfo sordo sulle coperte ben sistemate. Sbuffò, aveva sgualcito il letto di Della Corte, così si alzò e vi si accostò per riparare alle pieghe formatesi sul tessuto scuro. Lasciò che una mano scorresse veloce fra quel cotone, perdendosi nell'osservare i ghirigori di velluto che la ornavano. Rimase a fissare il letto per qualche minuto, senza riuscire a pensare ad altro che a quelle forme sinuose. L'occhio le cadde più in là del dovuto, andandosi a posare sulla grande valigia di pelle scura di Roberta, accuratamente sistemata contro il muro. Spiccava, da una tasca laterale, una piccola forma rettangolare rivestita di cartone scuro. 

Sembrava un libro, o un piccolo blocco per appunti da lì. Chiara si fermò interdetta, mentre stava per avvicinarsi alla valigia.

“Non è roba mia… Ma che mi prende?” si rimproverò. Solo le sembrò strano che Roberta avesse con se un libro o qualcosa che implicasse sforzi intellettuali superiori al suo quoziente e di quello di tutte le sue amiche messe insieme. 

 

Trascorse il resto del pomeriggio facendo zapping alla grande tivù della stanza, ascoltando per un po’ le voci incomprensibili dei telefilm tedeschi.

“Chissà che sta facendo Della Corte” si chiese per l’ennesima volta quella giornata, poggiando la testa alla testiera del letto e fissando il soffitto. No così non andava, conosceva già la risposta. Si stava divertendo, tutti si stavano divertendo. E lei era sola, Roberta l’aveva lasciata sola. Si ricordò di come l’aveva consolata la notte precedente e per un momento pensò addirittura di non averla mai odiata, ma stava solo delirando per la febbre.

Aveva una tale confusione in testa che non sapeva più se a pensare fosse lei o l’influenza che l’aveva contagiata.

 I pensieri le facevano male alle meningi, non riusciva a liberarsene. Così gettò la testa oltre il bordo delle coperte, rimanendo a guardare il mondo sottosopra. Magari in quel modo la sua mente avrebbe trovato uno sbocco dove sfociare e l’avrebbe lasciata in pace.                                                                   

 

 

                                                                                      -

 

Il cellulare di Chiara segnava appena le sette e un quarto quando sentì dei passi attraversare l’ingresso. Stava stesa supina fra le lenzuola sfatte, con la fronte imperlata di sudore e gli occhi scuri vaganti per la stanza. Ci mise qualche secondo a focalizzare il viso ovale di Roberta che si dirigeva a grandi passi verso il suo letto.  Il termometro ancora stava sul comodino e il suo libro di poesie giaceva aperto sul pavimento.  Era calato un silenzio irreale da quando la rossa aveva spento il televisore e questo l’aveva fatta sentire ancora più sola. Alla vista dell’altra, Chiara cercò di sistemarsi i lunghi capelli rossi in modo che non si notasse il pallore del viso.

-Stai bene?- domandò la riccia, mentre si toglieva la pesante sciarpa e poggiava la sua costosissima borsa sulla scrivania.  L’altraci pensò su, poi decise di dire la verità. Non aveva senso dirle che stava bene e che non doveva preoccuparsi, che poteva uscire e andare a divertirsi con quelle , che voleva restare sola.  Carmen, Sabrina e Ivan le avevano promesso di tornare dopo cena con un mega frullato alla fragola, ma nel frattempo la sconfortava il fatto di rimanere ancora chiusa lì, a fissare punti indefiniti della moquette.

- No, scotto e ho freddo… Senza contare il mal di testa- biascicò, stringendosi con due dita una tempia. Vide con la coda dell’occhio che Roberta stava tirando fuori qualcosa dalla tasca della giacca blu, ma i suoi occhi erano coperti da una ciocca di capelli neri.

-Dev’essere stato il freddo che abbiamo preso sul Danubio- cominciò con il suo solito tono distaccato, voltandosi a guardare il paesaggio fuori dalla finestra. – Ha nevicato-

Chiara strabuzzò gli occhi. Era rimasta così tanto tempo a autocommiserarsi che non si era nemmeno accorte che il clima si era irrigidito. Cercò di alzarsi, stringendosi nella felpa, e di raggiungere un buon punto da dove godere del panorama.

-  Aspetta, ti aiuto…- mormorò Roberta, vedendo che la compagna non si era ripresa abbastanza da stare in piedi senza difficoltà. Le si accostò e notò la sua faccia stanca illuminarsi e sporgersi più in avanti per guardare la neve sui tetti. Prese quel gesto come un assenso e le afferrò il braccio, in modo che potesse appoggiarsi sulla sua spalla.La mora sorrise lievemente a quel contatto e si accostarono insieme al davanzale.

-  Che vista mozzafiato-   esclamò con voce estatica Chiara, voltandosi a guardare i lineamenti dolci e delicati

che formavano il viso della compagna. Quella alzò di poco un sopracciglio e sorrise di nuovo, guardando oltre i tetti.

 

- Chissà che c’è oltre- si limitò a sospirare, aguzzando gli occhi azzurri il più lontano possibile.

 

- Vienna- ridacchiò la rossa, muovendo lievemente la testa. Roberta scoppiò a ridere, probabilmente perché quei capelli le solleticavano il collo. Chiara si accorse che riusciva a reggersi in piedi senza fatica se aggrappata al davanzale.

Si staccò dolcemente da quel corpo con un espressione stranita, sentendo per un attimo girarle la testa.

 

-  Grazie, riesco a stare in piedi anche da sola- bisbigliò, imbarazzata. Non sapeva che dire, forse doveva limitarsi a

guardare il paesaggio e stare zitta. Forse era questo che si aspettava Roberta. La vide mentre annuiva e faceva vagare di nuovo lo sguardo oltre i tetti. La sua testa riccia rimase per qualche minuto ferma, i capelli che le

ricadevano ai lati del viso, le labbra corrucciate in un espressione vagamente pensosa.

 

- Pensi?- chiese improvvisamente Chiara, sentendo quella domanda salirle in gola come bile e farsi strada fra i suoi

denti, silenziosa. Roberta stette in silenzio per un'altra manciata di secondi, poi si girò in modo che potesse fissare direttamente gli occhi castani della compagna di stanza.  Fece un’espressione a metà fra il rassegnato e il diffidente. Si limitò ad annuire, con calma.

 

-A Massimo?- azzardò la rossa, pentendosene. Vide una vena gonfiarsi sull’ossuta mano della ragazza, mentre quella cercava di dissimulare il tormento.

 

- No, pensavo a quanto sia bella Vienna, con questa neve… si vede meglio da questa stanza che dal Prater- proferì con

autocontrollo, esalando piccoli sbuffi di fiato contro la finestra. A Chiara venne di nuovo da ridere.

 

- Non diresti così se avessi passato in questa stanza metà della tua giornata-

La rossa cominciò a disegnare piccole forme astratte lì dove il respiro dell’altra era stato ghiacciato e fissato su quella superficie liscia.

 

- Non diresti così se avessi passato metà della tua giornata con persone che... ah, lascia stare- sbuffò Roberta stizzita, prestando attenzione ai disegni contorti impressi sul vetro. Allungò un indice e traccio una R  tremolante. L’altra continuò la sua piccola opera d’arte, stringendo la lingua fra i denti. Improvvisamente starnutì e dovette poggiarsi al muro per non cadere.

- Dovresti tornare sotto le coperte-

- Non sei mia madre, Della Corte. Non devi far finta che ti importi qualcosa di me- sibilò debolmente, senza una reale rabbia ad animare quelle parole. Aveva solo bisogno di sfogarsi, non importava il come o il perché. Roberta la fissò per un momento, incredula.

- Non voglio fare finta anche qui- si limitò a dire. Chiara non si chiese nemmeno il motivo di quell’affermazione, cercò di non sembrare isterica. Le faceva male stare sola per troppo tempo.  Si passò una mano sulla fronte e, sentendola scottare, decise di seguire il consiglio della compagna.  Si accoccolò sotto le coperte, chiudendo gli occhi. Fuori nevicava e lei era lì con la febbre, non riusciva a capacitarsene.

Poco dopo fu risvegliata da uno scossone alquanto rude.

-Che cavolo vuoi, Della Corte? Mi stavo giusto autocommiserando-  gracchiò Chiara con voce roca, scostandosi un po’ dal cuscino. Roberta fece per sedersi sul suo letto, ma alla fine optò per accomodarsi sulle sue coperte ben fatte.

- Nulla… mi annoiavo- ammise, guardandosi le unghie smaltate di rosso.

- Devo ripeterti che non mordo? Al massimo ti attacco l’influenza-

Con un leggero tonfo Roberta  si lasciò cadere a qualche centimetro di distanza dalle sue ginocchia, piegate di lato in modo da farle spazio.

-   Guarda qui… Così potrai dire comunque di aver visto il Prater- iniziò la riccia, porgendole una costosissima macchina fotografica.

Chiara riconobbe nella foto una gigantesca ruota panoramica, gremita di turisti. Fissò l’immagine digitale per un po’, sorridendo. Sarebbe stato bello esserci.

Stava per dirle un grazie sincero, perché sapeva che Roberta non stava fingendo, quando bussarono alla porta.

La compagna di stanza si allontanò per qualche minuto. Sentì voci familiari provenire dal corridoio d’ingresso.

 

-    Spostati, Della Corte. E non fare quella faccia… non siamo qui per te- iniziò Sabrina, senza che quella avesse detto nulla. La testa scura di Carmen fece capolino all’improvviso, con in mano un grande frullato alla fragola.

Le sue amiche erano state davvero gentili, ma Chiara non si era sentita completamente a suo agio con loro come lo era stata qualche minuto prima. Roberta era sparita improvvisamente chissà dove, riprendendosi la macchina fotografica. Chiara aveva notato quel suo sguardo stranamente nostalgico.

 

-  Quella è davvero antipatica- disse sprezzante Sabrina, imitandone i modi altezzosi e mettendosi a ridere. La rossa ebbe un fremito.

-  Se magari imparaste a conoscerla!- esclamò indignata, stringendo i denti.

Le due ragazze attribuirono quell’affermazione al deliro della febbre, ma Chiara davvero si chiese perché Roberta fosse stata condannata a vivere fingendo.

 

  
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