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Autore: damnhudson    08/09/2012    4 recensioni
"Odiava quando la gente la obbligava a parlare, quando veniva obbligata a raccontarsi. Si poneva spesso delle domande verso queste persone, si chiedeva perché volessero sempre sapere così tanto di lei che in fondo non era nulla di speciale. May aveva un problema di fondo: aveva paura di risultare troppo noiosa, per quello non raccontava niente, aveva paura soprattutto che la gente facesse come lei, ovvero distrarsi al suono delle sue parole. Per questo May non raccontava, non parlava con nessuno, nemmeno da sola. "
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO DIECI.
 
Non appena Jay ricevette il messaggio, non si trovava come aveva detto in giro per la Spagna, bensì in uno studio di registrazione, assieme agli altri ragazzi. Finalmente stavano facendo quello per cui si sentivano portati. Erano euforici, nemmeno avessero mangiato un quantitativo assurdo di zucchero. Ridevano e scherzavano l’uno con l’altro, come se non fosse successo niente di quello che da lì a due settimane succedeva. Jay e Tom spesso condividevano anche lo stesso microfono.
«Non senti caldo?» Chiese Siva, guardando Jay, che si sventolava una mano davanti alla faccia.
«No, ho talmente freddo che per non sentirne la mancanza mi faccio aria da solo.» Rispose Jay, allora, guardandolo. Che domanda era? Era ovvio che ne avesse.
«Stai sudando come un maiale. Secondo me sono i tuoi capelli.» Si intromise Nathan, sorseggiando una diet coke.
«Tu invece sei convinto che a bere diet coke, non ingrassi! Guardati la pancia, sei più grasso del bambino di Up.» Lo schernì, ridendo Tom. Nathan si portò una mano sulla pancia, guardandoli e poggiando la lattina sul tavolo.
«Un giorno me la pagherete tutti!» Disse poi.
Jay prese il cellulare, controllando il nuovo messaggio arrivato, May. Controllò Tom con un’occhiata veloce e non sembrava avere nulla, quindi doveva aver scelto di uscire prima con lui. Si morse un labbro per non sorridere, per non fare la figura del cretino, ma il momento di gioia sparì subito dopo, quando pensò al suo amico Tom. L’aveva messo di nuovo dietro di lui. Sapeva già come sarebbe andata questa cosa. Lei magari, ad una festa, avrebbe bevuto un po’ e si sarebbe comportata come si era comportata con Tom con un altro ragazzo. May non era affidabile per nulla e lui lo sapeva bene, eppure era convinto più che ma che ci sarebbe andato a quell’appuntamento quella sera. Almeno per parlare.
 
Alle dieci meno cinque di notte, Jay aveva deciso di farsi vivo, May lo stava aspettando coricata a letto, mentre Sofia faceva avanti e indietro dalla finestra cercando di vedere quando sarebbe arrivato. Stava leggendo, come al suo solito. Aveva scoperto che i libri in spagnolo non erano poi tanto difficili, quindi aveva iniziato a leggerne uno, così per passare il tempo. Quando Jay le aveva detto che probabilmente ci avrebbe messo un po’ ad arrivare, non pensava così tanto. Okay, stava lavorando ad un progetto e quindi non poteva lamentarsi. May aveva avuto tutto il tempo di calmarsi. Stava finalmente rimediando ai suoi errori nei confronti di Jay, poi, in un secondo momento magari avrebbe pensato a Tom. Sofia continuava a rinfacciarle il fatto che aveva cercato prima Jay, piuttosto che Tom mentre la diretta interessata sosteneva solamente che era per dovere. L’unica cosa importante era sistemare le cose, prima o dopo, non importa con chi prima. Era questo il particolare a cui doveva appigliarsi.
Non appena Sofia vide comparire il cappellino azzurro di Jay, corse a dirlo a May, la quale si stava già addormentando. Era un periodo che era sempre stanca. Più dormiva più voleva farlo. May scattò in piedi, con eccessiva foga, sistemando i capelli biondi e lunghi con una forcina, portando il ciuffo all’indietro. Non voleva apparire, ecco, sistemare le cose.
«Jay!» Fece lei, chiamandolo, mentre attraversava il portoncino bianco andandogli incontro. Aveva il fiatone, visto che aveva fatto le scale di corsa per non farlo aspettare troppo. Certo! Come se lui non l’aveva fatta aspettare tanto.
«Ciao! – fece lui, sorridendole. – Ti ho portato una cosa!» May alzò un sopracciglio, stringendo gli occhi ad una fessura, cercando il senso di quello che il ragazzo chiamava regalo. Jay le mostrava un sole disegnato su un cartoncino giallo, munito addirittura di occhi, bocca e naso disegnati col pennarello nero. «Stavano scrivendo canzoni, mi annoiavo.» Giustificò lui, vedendo che la ragazza lo guardava con un sorriso.
«Okay, ha funzionato.» Aggiunse poi, guardando May che prendeva il sole che le veniva passato, passando le dita sui contorni neri. Doveva averlo fatto davvero lui, visto che aveva un tratto davvero leggero. Se fosse stato fatto da un bambino i tratti sarebbero risultati schiacciati.
«Cosa?»
«Sorridere! Con un’idiozia, aggiungerei. – Fece lui, piegando di lato la testa. – Ogni volta che sei triste, avrai Mr.Sun a sorriderti.» May rise, tirando la testa all’indietro.
«Come può una persona che scrive canzoni chiamare qualcosa Mr.Sun? E secondo: E’ mio?» Chiese, calmando la risata e trasformandola in un semplice sorriso.
«Lasciami in pace. – Si difese. Era il primo nome che gli era venuto in mente. – Comunque certo, tutto tuo.»
«Grazie, davvero!» Sorridere guardando un sole di cartone. L’estate dalle mille sorprese.
«Secondo te, Sofia ne ha ancora per molto? – indicò la finestra a cui era affacciata. May alzò lo sguardo, notandola muoversi dietro le tende. – Ci spia da quando sei scesa. Vuoi darle qualcosa da vedere?» C’era da constatare che oggi Jay, stava parlando come non mai. May alzò un sopracciglio, guardandolo. Non sapeva a cosa stava andando a parare, finché il ragazzo non alzò un sopracciglio per controllare Sofia, che nel frattempo si era risistemata nel suo posto alla finestra, la attirò a sé, poggiandole una mano su un fianco e la baciò. Rimase un po’ interdetta. Era ancora convinta che quello fosse un ‘appuntamento’ solo per sistemare le cose?
«Okay, ora possiamo andare. Almeno ha visto qualcosa su cui poi potrò fare delle domande.» Disse, allontanandosi da lei. Rimase un po’ imbambolata. Non si aspettava per niente quel bacio, aveva già baciato Jay, in precedenza, durante quella serata, ma ora era diverso, quasi. Non sapeva di cosa si trattasse. Presero a camminare l’uno vicino all’altro, silenziosi. Jay aveva davvero imparato come non forzarla a parlare, se non aveva voglia. Proprio come le aveva promesso.
«Come sta andando quello che state facendo? – chiese May, voltando lo sguardo verso di lui. – No, un secondo… Ho una domanda più importante. Voi cosa fate? Scrivete canzoni… e poi?»
«Credo che questo tipo di gonna ti stia molto bene. E’ una gonna alta?» Chiese per conferma, lui. Mica faceva un lavoro super segreto di cui non poteva parlare? Magari era un killer e lei era in pericolo. Lei portò una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio, sorridendogli.
«Parlami di quello che fate tu e i ragazzi.» Riprovò di nuovo.
«Stiamo cercando di diventare una band, quindi avendo i contatti giusti ci siamo fatti sentire e nulla, scriviamo canzoni e registriamo un disco. Finito. » Raccontò, schiacciando il cappellino azzurro sui ricci che formarono una cornice al suo viso. Desiderio malsano di passarci una mano dentro.
«Scrivi anche tu?»
«Di tanto in tanto. Ma mi annoio facilmente. Nathan scrive bei testi.» Rispose. Oh bene, oltre ad essere imbarazzante di tanto in tanto, quel ragazzo sapeva fare anche qualcos’altro. Era curiosissima di sentire o anche solo leggere un testo di qualche canzone. «Tu invece che cerchi di fare?» Chiese poi, spostando la conversazione sulla ragazza. May si strinse nelle spalle, alzando un sopracciglio, poi sospirò.
«Al momento imparare il cinese, laurearmi e tornare qui, magari andare a vivere con Sofia e lavorare… Spero.»
«E io che pensavo che dopo quest’estate non volessi più tornare qui.» Fece il ragazzo, guardandola. May rise, effettivamente.
«Prima di tutto, conto che voi cambiate meta di vacanze, durante questi quattro anni e poi vedila così: sono una che non si arrende.
«Continuerai a venire allora?» Chiese ancora.
«Jay! – disse lei, dandogli un colpetto nel braccio, ridendo. – Smettila di fare sembrare tutto un gigante doppio senso!»
«Io? – chiese lui, in maniera innocente, sorridendole. – Cioè, non fraintendermi, anche se vuoi. Posso fare un sacco di cose e questo rientra nelle mie facoltà, quindi basta chiedere.» Fece lui, guardandola con la coda dell’occhio, mentre il colore sulle sue guance diventava naturale e non semplice trucco.
«Okay… Ne prendo atto, grazie… Per la prossima volta, magari…» Domani, anche…
«Ah, ti mette a disagio, parlare di queste cose!» Fece lui, ridendo.
«No! – Fece lei, ridendo. – Sei tu che mi metti a disagio… Parlo del sesso molto apertamente, ma parlarne con te è un altro paio di maniche.» Cioè. Non voleva dire che era lui a metterla a disagio, perciò, per non far pesare l’affermazione, rise ancora. Era vero, però. Ma c’era già abbastanza tensione, e aggiungerne nuova non era buona cosa.
«Ai ragazzi avevo detto: ‘Andiamo in Olanda, lì la birra è buona e parlano la nostra lingua, più o meno.’ Ma la Spagna, secondo loro era più grande.» Non è che secondo loro era più grande… Era più grande!
«Se stai cercando di chiedermi scusa, non importa, sono tranquilla. E’ stato un caso.» Fece lei, sorridendogli. «Potete stare tranquilli anche voi… Non so se lo sai, ma sono un casino. E’ colpa mia. Ho lasciato che tu e Tom mi faceste male, io non sono questo genere di persona che vedi… Ma per una volta, qualcuno si era interessato a me e ho solo voluto approfittare del momento…» Non seppe come concludere perché Jay la tirò a sé, abbracciandola. May sospirò, tra le braccia del ragazzo e Jay iniziava a sentire tutta quella stanchezza di cui May parlava. C’era. Cosa doveva dire a quel punto? Non seppe nemmeno ricambiare l’abbraccio come si doveva, perché non era brava in quelle cose. L’unica persona che l’abbracciava era la mamma e lo faceva raramente perché a lei non piaceva tanto.
«Che va tutto bene già lo sai… E poi… imparerai il cinese, e tornerai qui.» Fece lui, allontanandola un poco per poterla guardare, mentre le diceva queste cose e ci credeva davvero. Era convinto che May valesse molto più di quanto mostrava in pubblico.
«Lo so… Va tutto bene, per questo non devi o meglio, non dovete sentirvi in colpa. Come ti ho detto è tutta colpa mia! Davvero…» Gli sorrise, e lui la lasciò andare, sorridendo a sua volta.
«Bene. May… Non posso fare troppo tardi e immagino siano già le undici o le dieci e mezza… Devo anche tornare a piedi e domani mi devo alzare presto! Devo andare…» Lei annuì, ovviamente non poteva obbligarlo a restare, soprattutto se doveva lavorare. E poi doveva farlo anche lei.
 
«Allora… A domani?» Chiese lui, una volta che si trovarono nuovamente davanti al portoncino da cui era uscita. Non si era fidato a non accompagnarla. Non era decoroso, prima di tutto e poi c’era gente brutta in giro.
«A domani sì.» Disse lei, sorridendogli. Aprii il portone, entrandoci per metà.
«Aspetta! – fece lui, fermandola. Lei si girò e lui la baciò nuovamente. Fu sorpresa anche questa volta, ma ebbe la bella faccia di ricambiare. Non sapeva nemmeno se avessero risolto tutto quello che dovevano risolvere, non che al momento le importasse tanto… Quel bacio aveva scombussolato tutto, ancora una volta e come sempre. Era un problema. – Ecco, ora puoi andare e io tornare in stanza.»
«Sì, è il caso… Puoi tornare a casa.» Fece lei, guardandolo, portando una mano all’altezza dello stomaco. «Ciao!» Salutò, sorridendo e Jay fece lo stesso, girandosi di spalle, tornando a ‘casa’.
May si morse il labbro, pensando a cosa fare, a cosa dire. Ogni speranza che quello fosse un appuntamento come gli altri era sparita subito, non appena lo ebbe visto, non appena volle ‘dimostrare’ qualcosa alla cugina che li guardava dalla finestra. E se fosse Jay quello che lei voleva, ma che allontanava per il bene di Tom? Mise le mani tra i capelli, mentre aspettava l’ascensore, per tornare nella sua stanza. Perché allontanava Jay per il bene di Tom? Cosa aveva fatto Tom per farla stare bene, da quando si conoscevano? L’aveva incasinata, baciata, le aveva riportato indietro un brutto ricordo e le aveva fatto del male, anche se non in maniera effettiva. Se Tom non le avesse ricordato tanto Nick, lei non ci sarebbe stata a tutto quello. Ma lui era diverso da Nick, aveva un profumo migliore, e quello di Nick lo ricordava ancora alla perfezione. Aveva un sacco di domanda per la testa, quando si addormentò nella sua cameretta blu.
 
 
*HelloMarti!*
Sono in ritardo? Eh, lo so. Ho avuto a che fare con un esame di matematica che mi ha dato del filo da torcere e poi ho finito un’altra ff che avevo aperta su Glee, finalmente! Anche se un po’ mi manca… Okay, no, non è vero LOL.
Comunque niente, non ho nulla da dire in merito a questo capitolo.
Faccio un po’ la lecchina e vi ringrazio tutti, come al solito. Grazie mille a tutti!
Ps: la ff, ha raggiunto le 500e passa visualizzazioni!! Thank you!
   
 
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