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Autore: The Revenged Shadow    08/09/2012    2 recensioni
In questa storia ci saranno i personaggi dell'anime più due nuovi ragazzi usciti dalla mia testolina.
"Ryan sentì una stretta al cuore mentre pensava:
Evans? Questo qui… è un Evans? Com’è possibile!?"
"Nami posò lo sguardo sul suo volto e perse un battito. Il ragazzo aveva due occhi del colore del ghiaccio, magnetici. La nuova arrivata rimase ipnotizzata da lui."
Quali nuovi pericoli affronteranno i nostri eroi? Sbocceranno nuovi amori o solo nuovi guai? Scopritelo leggendo! ^U^
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il passato del ghiaccio
 
 

-Eccola, eccola! Ho trovato la palla!- disse un bambino affacciandosi dietro un arbusto. Aveva i capelli neri, ondulati e foltissimi, la pelle era scura ed aveva gli occhi del colore del topazio più lucente.
Un altro ragazzino corse per raggiungere l’amico, era l’esatto opposto: i capelli erano di un biondo chiarissimo, la pelle lattea e gli occhi celesti chiaro come il ghiaccio. Indossava dei pantaloni a pinocchietto blu, una camicetta a maniche corte bianca senza una piega con il colletto avvolto in una cravattina e un jilet di cotone azzurro, tutti gli indumenti erano come nuovi. Al contrario l’altro bambino aveva degli abiti un po’ rovinati, visibilmente vecchi: dei bermuda marroncini e una maglietta di lino bianco un po’ ingiallita dal tempo.
Entrambi erano sui cinque-sei anni e ridevano divertiti.

-Kyle, dov’è finita?- chiese avvicinandosi il biondo.

-E’ qui Ryan… Magari la prossima volta cerca di non colpirla così forte.- rispose il moro ridendo.

D’un tratto un lampo e un rumore lancinante trapassarono l’aria e in poco tempo l’erba verde brillante del prato si macchiò di un rosso vivo.
La brezza cessò e il silenzio s’impregnò dell’odore metallico del sangue.
Un tonfo e il corpo esile di Kyle cadde pesantemente sulla pozza che si andava ad espandersi sempre di più. Il suo volto era pallido, le labbra tremanti e gli occhi sgarrati fissavano il cielo che sembrava si facesse sempre più grigiastro.
L’avambraccio del biondo era diventato la lama curva e affilata di un’ascia dalla quale scivolava una cascata di quel liquido denso e scarlatto.
Presto intorno la scena dell’incidente si avvicinò una folla di persone che cominciarono a fissare Ryan come si guarda un cane con la rabbia mentre qualche uomo si inginocchiò affianco il corpo del ragazzino moro trafitto all’altezza delle costole, sul fianco sinistro; affrettandosi a chiamare aiuto.
Ryan si inginocchiò sull’erba e gridò. Gridò così forte da temere che i polmoni gli sarebbero scoppiati da un momento all’altro.

 
L’arma si tirò su a sedere di scatto sul divano e si guardò intorno spaesato, voltandosi di qua e di là con gli occhi sbarrati e il fiato trattenuto nella gola.
Nami si avvicinò piano e si sporse dallo schienale del divano: -Ehi, Ryan. Che ti prende?-

Il biondo si voltò verso di lei guardandola con gli occhi stracolmi di disagio, poi però fece un lungo sospiro e si ricompose passandosi le mani sulla faccia e massaggiandola.

-Niente… Non è nulla.- rispose poi con voce fredda ma alquanto tremolante.
La ragazza lo trapassò con un’occhiataccia, gli diede uno colpetto sulla fronte e si sedette vicino a lui: -Falla finita, sei ridotto uno schifo. Che c’è che ti preoccupa?-

L’ascia la guardò per un attimo poi tornò a fissare le mani intrecciate, poggiando i gomiti sulle ginocchia.
-Un brutto ricordo… Dei tempi dell’infanzia.- iniziò di spontanea volontà Ryan, dopo una manciata di secondi in silenzio.
Ora che Nami ci pensava entrambi avevano tenuto all’oscuro all’altro un pezzo della loro vita, era strano che non fosse mai saltato fuori l’argomento.

-… Quando ero piccolo avevo dei problemi nel controllare la trasformazione in arma, ad esempio di botto capitava che al posto dell’avambraccio mi comparisse la lama e tornavo subito dopo normale, oppure altre volte mi riusciva difficoltoso tornare umano. Qualche volta succedeva che mi trasformavo completamente e mi facevo prendere dal panico, quando succedeva. Temevo che diventassi un pezzo da museo per l’eternità- qui si lasciò scappare una risatina un po’ nervosa.
-All’età di cinque anni avevo stretto una profonda amicizia con un bambino, mentre giocavo al parco. Da quel giorno iniziammo a vederci spesso, qualche volta lo aiutavo in lavoretti per la madre, dato che il padre l’aveva lasciata sola quando era incinta e non è più tornato… Oltretutto conducevano una vita poverissima, quindi spesso i miei genitori mi permettevano di aiutarli portando loro qualche cosa da mangiare e vestiti, insomma dare loro una mano finanziariamente.-

-Tua madre sembra una donna gentile e dal cuore d’oro.- gli sorrise Nami.

-Forse, ma non ne sono più completamente convinto… Un pomeriggio successe un incidente, purtroppo con il mio difetto di trasformazione ho ferito gravemente Kyle, il ragazzino con cui avevo stretto amicizia, e da lì la gente ha cominciato ad osservarmi in un modo diverso, mi prendevano per un mostro, un assassino… Io ci rimasi malissimo, ma ciò che mi ferì ancora di più fu il fatto che quando decisero che dovevo essere lasciato nella nostra residenza nel bosco completamente solo, i miei non obiettarono.-

Le ultime parole le aveva pronunciate con una punta d’odio negli occhi.
Nami ascoltava attentamente e in silenzio, seduta sulla poltrona con le gambe strette al petto, completamente presa dalla voce di Ryan.
Le faceva uno strano effetto vedere che l’arma si stava rivelando ai suoi occhi. Che, in un certo senso, le stesse raccontando la sua vita e le sue emozioni.
Era sempre estremamente freddo, persino con lei non assumeva praticamente mai atteggiamenti protettivi e a lei non dispiaceva affatto, anzi, probabilmente se fosse stato molto protettivo la ragazza avrebbe risposto prendendolo a calci e urlandogli che si sentiva oppressa. Non aveva mai sopportato troppe attenzioni.

-Stetti cinque anni da solo in quella residenza. Avevo imparato ad abituarmi alla solitudine, anche se durante i primi tempi spesso mi rinchiudevo nella mia stanza per ore e piangevo. Inoltre i miei genitori in quel periodo erano estremamente impegnati dal lavoro; anche loro venivano scrutati dall’alto verso il basso e dopo quell’incidente i loro superiori li caricavano di impegni. Però man mano col tempo avevo accettato la situazione, i servitori della residenza mi volevano bene, però quell’esperienza ha lasciato un enorme segno, sopratutto nel mio carattere.-
Ryan sospirò ancora e buttò la testa all’indietro, appoggiando la nuca sulla cima dello schienale e guardando il soffitto.
Nami si alzò e si diresse in cucina tirando fuori dal frigo la cheese cake al caffè che aveva preparato il pomeriggio precedente, ne tagliò due fette e una la porse al biondo che l’aveva guardata con un’espressione stralunata e interrogativa.

-Mangia. Hai parlato per tutto questo tempo, non ti è venuta fame?-

-…Perché quando si parla viene fame?- domandò lui scuotendo la testa e afferrando il piatto, sorridendo.

-A me si, soprattutto perché mi si comincia a seccare la gola e mi si impasta la lingua e comincio a sembrare un’analfabeta.-

-Sei strana, lo sai?- sghignazzò Ryan.

Nami dopo due bocconi di torta riprese a parlare: -Devo ammettere che non posso capirti. Per niente, dato che durante la mia infanzia non ero mai stata sola, però forse posso provare ad immaginare… Deve essere stato tremendo essere isolati a quell’età.-

-Bah, mi ci sono abituato presto, solo che spesso mi annoiavo… Però devo ammettere che ci sono stati dei risvolti positivi, ad esempio spesso per passare il tempo leggevo e ciò mi ha permesso di costruirmi una cultura generale molto ricca. Poi probabilmente è stato quell’incidente a fermare il problema che avevo con la trasformazione dato che da quel momento in poi non è più successo.
Ritornando al discorso di prima, dopo questi cinque anni una sera di autunno avevano suonato al portone…-

 
Erano le otto e mezza di sera. Le numerosissime gocce di pioggia si infrangevano sui vetri coperti dalle tende provocando uno scroscio violento e senza fine. Ryan scese dal grande letto e si avvicinò alla finestra, spostando con una mano la stoffa che ricadeva dalle aste di legno mentre con l’altra, coperta dalla manica della camicia, asciugò un po’ di umidità dal vetro per riuscire a vedere qualcosa.
Il giardino era coperto da una coltre di nebbia ed oscurità, il vento ululava tra i cipressi, mentre le foglie erano miscelate nella terra fangosa e nell’acqua piovana.
Il biondo sospirò spostando lo sguardo sulla fiamma della candela posta sul comodino, che danzava nelle mani del silenzio. Improvvisamente un suono attirò l’attenzione del ragazzino di undici anni: era il campanello della porta d’ingresso.
Prese velocemente una coperta e ci si avvolse mentre corse per i corridoi, diretto verso la sala principale. Scese rapidamente i gradini della scalinata e precedette di un soffio Inger, una delle servitrici, colei che si era occupata di lui più di tutti.
Ryan afferrò le maniglie del portone e lo spalancò improvvisamente, trovandosi di fronte una figura incappucciata.
Un fulmine e un tuono squarciarono la notte e il fracasso della pioggia, illuminando il volto sotto il cappuccio fradicio.
Il biondo sgranò gli occhi, lasciando le maniglie e facendo ricadere le braccia lungo i fianchi.
La figura si abbassò il cappuccio scoprendo i capelli ondulati neri e sorrise a Ryan, che lo guardava basito e sorpreso. –K-Kyle… Kyle! Che ci fai tu qui?!-

-Ho una proposta da farti, padrone…-

L’arma aggrottò le sopracciglia a quelle parole: -Come “padrone”?-

-Se non ti è di disturbo, potrei trasferirmi qui? Sarò il tuo collaboratore e aiuterò nelle faccende domestiche, se servirà aiuto.-

-Ma… E tua madre?-

Il volto del moro si scurì un poco: -Purtroppo mia madre è morta… Pochi giorni dopo la mia convalescenza dalle ferite.- disse tirando un sospiro mentre Ryan lo faceva accomodare all’interno del grande atrio. 

-Ho un debito enorme con te… Penso che sia il minimo accettarti in casa mia.- disse sorridendo Ryan.

 
-E da quel momento l’abbiamo… “adottato” in un certo senso. Lui però era voluto diventare a tutti i costi il mio collaboratore, anche se io insistevo nel dire di no.-

-Sembravate molto legati.- sorrise Nami. Ryan annuì: -Anche se in fondo mi sentivo sempre un poco in colpa… Poi all’età di dodici-tredici anni decisi di andare a cercare i miei genitori, che nel frattempo si erano trasferiti a Londra, ma cambiai idea mille volte e rimasi un anno circa a Londra e infine sentii dell’esistenza della Shibusen e mi sono trasferito qui.-

Ryan si alzò dal divano e presi i due piatti si diresse in cucina per lavarli.
La castana sorrise compiaciuta e si alzò per uscire sulla veranda a guardare il cielo tingersi di un rosso fuoco e il Sole sparire piano piano dietro l’orizzonte. Si sentiva bene e come sollevata.

 
 


Spazio all’autrice

*si nasconde in un bunker e prende un microfono*
Signore e signori lettori vi sto parlando da qualche parte del mondo, non lo dico per non essere maciullata viva…
Mi scuso per i due mesi si inattività, chiedete spiegazioni alla mia ispirazione e alla mia voglia, vi prego di NON prendervela con me! D:
Io sto cercando di impegnarmi per finire queste benedette long ma più mi sforzo più mi saltano in mente storie nuove (chissà per quale motivo molto migliori di queste in corso) e non riesco a concentrarmi su quelle che devo finire. E in particolar modo non ho più tanto entusiasmo per questa qui… Non chiedetemi il perché, è davvero triste, ma purtroppo non riesco mai a scegliere le parole durante la scrittura e mi fa tutto disgusto.
Avevo intenzione che finita questa e finite anche le altre, l’avrei riscritta. Leggendola mi sono accorta che prima non avevo molta esperienza e scrivevo penosamente, poi ho visto che anche i personaggi di Nami e Ryan non sono personificati proprio come volevo (solo in questi ultimi capitoli sto facendo riaffiorare il carattere che avevo veramente ideato per loro), poi ci sono errori, pezzi saltati e poco approfonditi. Beh, avete capito!
Quindi appena finita ovviamente non sarà finita con loro, continuerò a farli comparire (ovviamente anche con la collaborazione di LizThompson per quando facciamo le nostre fanfic a quattro mani e il peso di scriverle, per qualche assurdo motivo, ricade sempre su te… X’’D Sorry, cara boss! D: XD)
Comunque non sapete quanto apprezzo la vostra pazienza e sappiate che mi accorgo di non essere proprio un asso, ma che cerco di impegnarmi anche contro la mia mancanza di ispirazione… Capitemi! D:
Ora finito con questo sproloquio vi saluto, e la vostra Ombra Vendicata vi manda un grandiiiiiiiiissimo abbraccio col cuoreH! <3
Alla prossima! :3
 
Tsu_the Revenged Shadow
P.S: il titolo è perché io vedo il biondo rappresentato come il ghiaccio mentre Nami ovviamente il mare… E l’ho inventato tre minuti prima della pubblicazione e la rilettura! Perdonatemi quindi se è una schifezza. XD
  
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