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Autore: Dark Moon    09/09/2012    6 recensioni
"-Mi odi?- che domande.
-Ti odio con la stessa intensità con cui ti ho amato.- senza nemmeno dargli tempo di parlare ancora, mi voltai e con Nikolai ritornai nel locale."
Damon è ritornato a Mystic Falls, è ritornato nella vita di Angel, ma niente di quello che trova è come l'aveva lasciato: Angel è cambiata e sembra odiare tutto ciò che in passato aveva amato. In un mondo dove i vampiri non sono gli unici essere sovrannaturali, saprà Damon riconquistare Angel? Se aggiungiamo, poi, un bellissimo demone dagli occhi rossi...la storia si complica...
Sequel di Mi appartieni. E' necessario leggere la storia precedente per capire questa!
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 27: Presente...reazioni...

 

 

 

 

 

Smisi di raccontare la mia storia ed era come se un senso di vuoto mi attanagliasse l'anima.

Rievocare tutto quello mi faceva male: era come se tutte le paure, i dolori e le angosce tornssero a galla con la stessa potenza distruttrice.

Così, dopo il mio racconto, sulla stanza era sceso da un pesante silenzio, rotto solo da qualche singhiozzo di Elena.

Stefan era seduto accanto ad Elena e dal suo sguardo si capiva che era allibito. Elena gli teneva una mano e se solo Stefan fosse stato umano, glie l'avrebbe di sicuro stritolata.

Io ero seduta sull'enorme divano, con lo sguardo basso e la voglia di fuggire da lì il prima possibile.

Non avevo il coraggio di alzare lo sguardo e incontrare gli occhi di Damon: avevo paura di cosa vi avrei potuto leggere.

Lui stava in silenzio, ancora appoggiato all'enorme camino di quella stanza.

Niente, era di fronte a me e io non riuscivo ad alzare lo sguardo.

Mi sentivo come se la colpevole di tutta quella storia ero io. Tutto il mio passato faceva male, ma, raccontarlo a loro, ne faceva di più.

In qualche modo, nell'angolo più remoto del mio cuore, io attribuivo a loro tutte quelle mie sofferenze.

Ero riuscita a perdonarli in un certo senso, ma li ritenevo ancora un po' responsabili.

Sospirai pesantemente, cercando di raccogliere tutto il mio coraggio e alzai lo suardo.

Lui era lì: era così immobile da sembrare una statua.

Aveva gli occhi fissi su di me: sembravano quasi di vetro tanto erano diventati trasparenti e la cosa non mi piaceva affatto. Gli occhi di Damon avevano quella colorazione quando era decisamente accecato dalla rabbia.

Lo vidi stringere i pugni così tanto che le nocche gli divennero bianche.

-Damon...- sussurrai. In realtà non sapevo nemmeno dove avevo trovato la forza per pronunciare il suo nome.

Lo vidi imprecare sottovoce e poi lasciò la stanza.

-Damon!- lo chiamai di nuovo.

Mi alzai dal divano e gli corsi dietro: stava andando nella sua stanza. -Damon...- lo richiamai, sulla soglia della sua camera.

Damon era di spalle, con le mani strette intorno alla colonna del baldacchino.

Non avevo il coraggio di avvicinarmi, avevo paura della sua reazione

-E'...è tutto vero?- mi chiese all'impovviso, con uno strano tono di voce.

Io sospirai. -Si, tutto.-

Lo vidi stringere le mani così tanto, che dopo poco la colonna di legno del letto si piegò sotto la sua forza distruttrice.

Io sobbalzai, vedendo Damon distruggere una parte del letto.

Si voltò poi verso di me: aveva i canini sfoderati e gli occhi iniettati di sangue.

Spazzò via poi tutto ciò che aveva sulla scrivania, per poi far volare anche quella.

La sua furia si stava abbantendo su tutti gli oggetti della stanza e io non sapevo che fare.

-Damon, ti prego!- la mia voce uscì più tremolante di quanto avessi voluto, ma Damon sembrò calmarsi.

Si diresse al muro accanto a me e vi appoggiò contro la fronte.

Portò anche le mani sul muro, ma quella calma sarebbe duata ancora per poco: cominciò a riempire il muro di pugni e stava quasi per sgretolarlo, ma io decisi che era arrivata l'ora di muovermi e fare qualcosa.

Gli afferrai il polso e lo costrinsi a voltarsi verso di me.

-Basta, ti prego.-

Damon strattonò il braccio, portandosi poi le mani nei capelli.

Sembrò perso nei suoi pensieri, era immobile e con lo sguardo perso nel vuoto.

-Non è possibile...- disse poi dopo un po', inchiodandomi di nuovo con i suoi occhi di ghiaccio.

-Damon...io...- era come se avessi dimenticato come si parlasse, riuscivo a pronunciare solo il suo nome.

Damon cadde in ginocchio, con lo sguardo sul pavimento e le mani nei capelli. Non l'avevo mai visto così o forse poche volte, ma comunque non riuscivo a sopportare la sua vista in quello stato.

Mi portai anche io le mani al viso e piansi silenziosamente. Credevo che in quegli anni le lacrime fossero finite, ma evidentemente non si smetteva mai di piangere.

Si supera, in qualche modo, ma non si dimentica. I dolori sono impressi con forza maggiore dentro di noi rispetto ai momenti belli.

E io, in quel momento, di momenti belli non ne ricordavo.

-Io lo disintegro.- proruppe all'improvviso Damon, con gli occhi iniettati di sangue.

Io mi abbassai alla sua altezza, mettendomi in ginocchio. Non volevo che lui facesse qualcosa di stupido, non volevo che affrontasse Axel, perchè sapevo che lui non ne sarebbe uscito vincitore.

-Damon, no, per favore. E' la mia battaglia.- dissi, cercando di persuaderlo.

-No, è anche la mia adesso. Voi siete la mia famiglia.-

Rimasi sorpresa da quelle parole, di certo non me le aspettavo da qualcuno che mi preferiva morta.

-Non c'entra più con te questa storia.-

-Cosa non c'entra più? Mia figlia o la madre di mia figlia?- fece lui con tono arrabbiato, alzandosi e constringendo anche me a farlo.

Era ritornato il solito Damon, con la rabbia negli occhi e l'animo imperscrutabile.

-Me la so cavare da sola, Damon.- non volevo il suo aiuto, non perchè non ne avessi bisogno, ma perchè non volevo perderlo anche fisicamente.

-Non sembra, dal momento che sei stata capace solo di piagnucolare e farti violentare.- mi sputò addosso tutta la sua rabbia, come se la colpevole di tutta quella storia ero io.

Senza che io potessi fermarle, le lacrime si impossessarono di nuovo dei miei occhi, ma per nulla al mondo gli avrei dato la soddisfazione di vedermi piangere.

Damon sembrò riscuotersi e forse si rese conto delle sue parole, perchè fece un passo verso di me e nei suoi occhi non c'era più traccia di rabbia.

-Angel, io...-

-Non voglio starti a sentire. Adesso sarebbe colpa mia?!- ero io quella arrabbiata adesso. -Se tu mi avessi amato davvero come ti sei ostinato a farmi credere, se tu fossi restato con me, io non mi sarei trovata in certe situazioni!-

-Non puoi contare sempre sugli altri.-

-Su di te pensavo di si.- dissi, guardandolo diritto negli occhi.

Damon non mi rispose, si limitò solo a spostare lo sguardo di lato per poi ripuntarlo su di me.

-Dove posso trovare Axel?- mi chiese, di nuovo arrabbiato.

-Non lo so, Damon, ma se anche lo sapessi di certo non te lo direi.-

Damon avanzò verso di me, inchiodandomi al muro e appoggiò le mani ai lati della mia testa.

-Forse non ci siamo capiti. O me lo dici tu o lo cerco da solo.-

-Axel ti ucciderà.- gli dissi, cercando di farlo desistere.

-Non se lo trovo così incazzato.-

-Damon, no, tu...- ma non finii la frase, perchè lui mi bloccò.

-Quante volte ti ha toccato?- sibilò, a un centimetro dal mio viso.

Aveva uno sguardo strano e quella sua vicinanza mi stava già mandando in iperventilazione.

-Solo quella volta, Damon, solo quella volta.-

-Lo ucciderò, Angel e poi ti porterò la sua testa.-

-Fa tanto cavaliere del Medioevo.- dissi, cercando di uscire da quella situazione.

-Non scherzare. L'idea che qualcuno possa aver...-

Damon si allontanò da me, dandomi poi le spalle.

-Cosa significa?-

Damon si voltò di nuovo verso di me, come se la mia fosse una domanda ovvia.

-Vorrei uccidere tutti coloro che ti hanno solo minimamente sfiorato. Li vorrei ridurre in brandelli e torturarli fino alla morte, perchè odio che qualcun altro tocchi qualcosa che è mio.- disse, con gli occhi di nuovo accessi di rabbia.

Io spalancai la bocca e se la mia mascella non fosse stata saldamente attaccata, l'avrei sicuramente ritrovata a terra.

-Damon...-

-Però ormai ho capito che io te non potremmo più ritornare insieme. Ormai si è creata una frattura irreparabile. C'è solo Stella che ci tiene uniti, perchè altro non vi può essere.- disse, abbassando lo sguardo.

Io cercai di non fargli capire che le sue parole mi avevano colpito più del dovuto. Sapevo che quella era la verità, ma dirlo ad alta voce lo rendeva troppo vero.

-Non si sta insieme solo se non c'è più amore. E questo l'ho capito, Damon. Non si possono continuare ad amare i ricordi.- dissi amara.

-Non si tratta solo di ricordi.-

Questa volta fui io a voltargli le spalle. -Non entrare in questa storia, non ti riguarda e a mia figlia ci penso io e l'uomo che l'ha cresciuta. E' Nikolai suo padre, tu con noi non c'entri niente.-

Lasciai la stanza, cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime.

Arrivai in salone, ma non mi fermai nemmeno a salutare Elena e Stefan e mi precipitai fuori da quella casa.

Non ne potevo più di tutta quella situazione. Stare in quel modo accanto a lui mi distruggeva e io non ne potevo più di essere distrutta.

 

 

Ero disteso sul letto della mia stanza, ripensando a tutto quello che Angel mi aveva detto e tutta quella storia mi sembrava ancora incredibile.

Sospirai, ci voleva decisamente un bicchiere di bourbon.

Mi alzai e andai in salotto. Fortunatamente Elena e Stefan non c'erano, non avrei sopportato di fingere di stare bene.

Mi avvicinai il mini bar e mi versai il liquido ambrato nel bicchiere. Stavo per bere quando venni interrotto da qualcuno che bussava alla mia porta.

Andai ad aprire, ritrovandomi di fronte l'ultima persona che avrei immaginato: Stella.

Come aveva fatto una bambina così piccola a venire fin qui?

Mi concentrai di nuovo su di lei e sentii una morsa nel petto.

Era mia figlia.

Mi sembrava ancora assurdo, eppure lei esisteva e mi stava fissando, con ls stessa intensità dei miei occhi.

Mi spostai per farla entrare e benchè avesse solo cinque anni, vidi quanto di me c'era in lei.

Stella si fermò in mezzo al salone e poi si voltò a guardarmi.

-Hai mantenuto la promessa.- mi disse all'improvviso.

Non riuscii a capire subito cosa intendesse. -Quale promessa?-

Che promessa avrei potuto fare a una persona che vedevo per la prima volta.

-Sei ritornato a prendermi.- disse, con un'aria tipicamente da Salvatore.

Corrugai la fronte, non riuscivo a capire, ma poi collegai quella frase.

-Tu...-

-Mamma mi ha detto che se mai fossero venuti a prendermi delle persone cattive io non avrei dovuto dire il mio nome, mi sarei dovuta inventare una storia.-

-Elizabeth?!- sgranai gli occhi.

Non ci potevo credere.

Avevo avuto mia figlia tra le braccia e non l'avevo capito.

L'avrei dovuto capire in quella cella, avrei dovuto capire che c'era qualcosa di più dietro quel mio sentirmi legata a quella bambina.

-Sarà valida per sempre quella promessa? Mi verrai sempre a prendere? Ovunque sarò?-

Mi avvicinai velocemente a Stella e la presi tra le braccia. Quella volta non avevo paura di stritolarla.

-Sempre. Ovunque.-

Quella bambina riusciva a tirare fuori un lato di me che neanche io conoscevo. La sentivo parte di me, sentivo che era speciale e che da lì a quel momento sarebbe stata la mia vita.

-Papà...così mi fai male...- mugugnò tra le mie braccia.

Io sentii qualcosa stringermi il cuore e subito dopo un calore mi inondò il corpo.

Papà...

Da quando ero diventato così rammollito? Da quando mi esaltavo per quattro semplici lettere?

La lasciai, guardandola intensamente negli occhi.

Stella sembrò confondersi, poi stranamente divenne rossa. -Scusa, forse non dovevo...-

-Non dovevi cosa?-

-Chiamarti papà.-

Io inarcai le sopracciglia e mi abbassai alla sua altezza. -Perchè non avresti dovuto?-

-Perchè forse tu non la vuoi una figlia.- il suo animo era disarmante.

Non poteva avere solo cinque anni quella bambina.

-E' questo quello che ti ha detto tua madre? Che io non ti volevo?-

Stella sospirò. -No, quando gli chiedevo di te, lei mi rispondeva che tu avresti tanto voluto essere con me, ma che non potevi. Però ogni volta che parlavamo di te lei si chiudeva in camera a piangere e così io ho smesso di chiedere.-

Abbassai lo sguardo. Stella colpiva ancora più forte di Angel.

-Adesso ci sono.-

-Si, ci sei.- mi sorrise.

Era uguale a Angel quando sorrideva. Mi ritrovai a sorridere anche io.

-Mamma me l'aveva detto che avevamo gli stessi occhi, ma non credevo fossero cosi uguali.-

Le accarezzai il viso, stupendomi della morbidezza del sua pelle. Era davvero un esserino perfetto.

-Da oggi in poi ci sarò sempre per te, te lo prometto.-

Stella sorrise di nuovo e gli occhi le si illuminarono. Sembrava che era proprio quello che voleva sentirsi dire.

-Adesso vado, se la mamma scopre che non sono a casa le viene un infarto!-

-Ok, vai piccoletta.-

Le scompigliai i capelli e le sorrisi.

Stella mi guardò ancora, poi si voltò e lasciò la casa.

Come si poteva amare una persona dal primo sguardo?

Sorrisi amaramente.

Quella era una sensazione che avevo già provato...

 

 

 

Salveeee!

Scusatemi se aggiorno con un madornale ritardo, ma il portatile è partito e io ho dovuto studiare per i test d'ammissione universitari...un vero casino...

spero che questo capitolo vi piaccia, anche se a me non entusiasma poi tanto...anche se ho in mente un capitolo che...poi vedrete!

Mi farebbe piacere sapere la vostra opinione, se magari avreste preferito leggere altro o magari se il capitolo fa proprio schifo xD

Scusatemi ancora per il ritardo!

Baciiii

   
 
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