Capitolo 27:
Presente...reazioni...
Smisi di raccontare la mia storia ed era come se un
senso di vuoto mi attanagliasse l'anima.
Rievocare tutto quello mi faceva male: era come se
tutte le paure, i dolori e le angosce tornssero a galla con la stessa potenza
distruttrice.
Così, dopo il mio racconto, sulla stanza era sceso da
un pesante silenzio, rotto solo da qualche singhiozzo di Elena.
Stefan era seduto accanto ad Elena e dal suo sguardo
si capiva che era allibito. Elena gli teneva una mano e se solo Stefan fosse
stato umano, glie l'avrebbe di sicuro stritolata.
Io ero seduta sull'enorme divano, con lo sguardo basso
e la voglia di fuggire da lì il prima possibile.
Non avevo il coraggio di alzare lo sguardo e
incontrare gli occhi di Damon: avevo paura di cosa vi avrei potuto leggere.
Lui stava in silenzio, ancora appoggiato all'enorme
camino di quella stanza.
Niente, era di fronte a me e io non riuscivo ad alzare
lo sguardo.
Mi sentivo come se la colpevole di tutta quella storia
ero io. Tutto il mio passato faceva male, ma, raccontarlo a loro, ne faceva di
più.
In qualche modo, nell'angolo più remoto del mio cuore,
io attribuivo a loro tutte quelle mie sofferenze.
Ero riuscita a perdonarli in un certo senso, ma li
ritenevo ancora un po' responsabili.
Sospirai pesantemente, cercando di raccogliere tutto
il mio coraggio e alzai lo suardo.
Lui era lì: era così immobile da sembrare una statua.
Aveva gli occhi fissi su di me: sembravano quasi di
vetro tanto erano diventati trasparenti e la cosa non mi piaceva affatto. Gli
occhi di Damon avevano quella colorazione quando era decisamente accecato dalla
rabbia.
Lo vidi stringere i pugni così tanto che le nocche gli
divennero bianche.
-Damon...- sussurrai. In realtà non sapevo nemmeno
dove avevo trovato la forza per pronunciare il suo nome.
Lo vidi imprecare sottovoce e poi lasciò la stanza.
-Damon!- lo chiamai di nuovo.
Mi alzai dal divano e gli corsi dietro: stava andando
nella sua stanza. -Damon...- lo richiamai, sulla soglia della sua camera.
Damon era di spalle, con le mani strette intorno alla
colonna del baldacchino.
Non avevo il coraggio di avvicinarmi, avevo paura
della sua reazione
-E'...è tutto vero?- mi chiese all'impovviso, con uno
strano tono di voce.
Io sospirai. -Si, tutto.-
Lo vidi stringere le mani così tanto, che dopo poco la
colonna di legno del letto si piegò sotto la sua forza distruttrice.
Io sobbalzai, vedendo Damon distruggere una parte del
letto.
Si voltò poi verso di me: aveva i canini sfoderati e
gli occhi iniettati di sangue.
Spazzò via poi tutto ciò che aveva sulla scrivania,
per poi far volare anche quella.
La sua furia si stava abbantendo su tutti gli oggetti
della stanza e io non sapevo che fare.
-Damon, ti prego!- la mia voce uscì più tremolante di
quanto avessi voluto, ma Damon sembrò calmarsi.
Si diresse al muro accanto a me e vi appoggiò contro
la fronte.
Portò anche le mani sul muro, ma quella calma sarebbe
duata ancora per poco: cominciò a riempire il muro di pugni e stava quasi per
sgretolarlo, ma io decisi che era arrivata l'ora di muovermi e fare qualcosa.
Gli afferrai il polso e lo costrinsi a voltarsi verso
di me.
-Basta, ti prego.-
Damon strattonò il braccio, portandosi poi le mani nei
capelli.
Sembrò perso nei suoi pensieri, era immobile e con lo
sguardo perso nel vuoto.
-Non è possibile...- disse poi dopo un po',
inchiodandomi di nuovo con i suoi occhi di ghiaccio.
-Damon...io...- era come se avessi dimenticato come si
parlasse, riuscivo a pronunciare solo il suo nome.
Damon cadde in ginocchio, con lo sguardo sul pavimento
e le mani nei capelli. Non l'avevo mai visto così o forse poche volte, ma
comunque non riuscivo a sopportare la sua vista in quello stato.
Mi portai anche io le mani al viso e piansi
silenziosamente. Credevo che in quegli anni le lacrime fossero finite, ma
evidentemente non si smetteva mai di piangere.
Si supera, in qualche modo, ma non si dimentica. I
dolori sono impressi con forza maggiore dentro di noi rispetto ai momenti
belli.
E io, in quel momento, di momenti belli non ne
ricordavo.
-Io lo disintegro.- proruppe all'improvviso Damon, con
gli occhi iniettati di sangue.
Io mi abbassai alla sua altezza, mettendomi in
ginocchio. Non volevo che lui facesse qualcosa di stupido, non volevo che
affrontasse Axel, perchè sapevo che lui non ne sarebbe uscito vincitore.
-Damon, no, per favore. E' la mia battaglia.- dissi,
cercando di persuaderlo.
-No, è anche la mia adesso. Voi siete la mia
famiglia.-
Rimasi sorpresa da quelle parole, di certo non me le
aspettavo da qualcuno che mi preferiva morta.
-Non c'entra più con te questa storia.-
-Cosa non c'entra più? Mia figlia o la madre di mia
figlia?- fece lui con tono arrabbiato, alzandosi e constringendo anche me a
farlo.
Era ritornato il solito Damon, con la rabbia negli
occhi e l'animo imperscrutabile.
-Me la so cavare da sola, Damon.- non volevo il suo
aiuto, non perchè non ne avessi bisogno, ma perchè non volevo perderlo anche
fisicamente.
-Non sembra, dal momento che sei stata capace solo di
piagnucolare e farti violentare.- mi sputò addosso tutta la sua rabbia, come se
la colpevole di tutta quella storia ero io.
Senza che io potessi fermarle, le lacrime si
impossessarono di nuovo dei miei occhi, ma per nulla al mondo gli avrei dato la
soddisfazione di vedermi piangere.
Damon sembrò riscuotersi e forse si rese conto delle
sue parole, perchè fece un passo verso di me e nei suoi occhi non c'era più
traccia di rabbia.
-Angel, io...-
-Non voglio starti a sentire. Adesso sarebbe colpa
mia?!- ero io quella arrabbiata adesso. -Se tu mi avessi amato davvero come ti
sei ostinato a farmi credere, se tu fossi restato con me, io non mi sarei
trovata in certe situazioni!-
-Non puoi contare sempre sugli altri.-
-Su di te pensavo di si.- dissi, guardandolo diritto
negli occhi.
Damon non mi rispose, si limitò solo a spostare lo
sguardo di lato per poi ripuntarlo su di me.
-Dove posso trovare Axel?- mi chiese, di nuovo
arrabbiato.
-Non lo so, Damon, ma se anche lo sapessi di certo non
te lo direi.-
Damon avanzò verso di me, inchiodandomi al muro e
appoggiò le mani ai lati della mia testa.
-Forse non ci siamo capiti. O me lo dici tu o lo cerco
da solo.-
-Axel ti ucciderà.- gli dissi, cercando di farlo
desistere.
-Non se lo trovo così incazzato.-
-Damon, no, tu...- ma non finii la frase, perchè lui
mi bloccò.
-Quante volte ti ha toccato?- sibilò, a un centimetro
dal mio viso.
Aveva uno sguardo strano e quella sua vicinanza mi
stava già mandando in iperventilazione.
-Solo quella volta, Damon, solo quella volta.-
-Lo ucciderò, Angel e poi ti porterò la sua testa.-
-Fa tanto cavaliere del Medioevo.- dissi, cercando di
uscire da quella situazione.
-Non scherzare. L'idea che qualcuno possa aver...-
Damon si allontanò da me, dandomi poi le spalle.
-Cosa significa?-
Damon si voltò di nuovo verso di me, come se la mia
fosse una domanda ovvia.
-Vorrei uccidere tutti coloro che ti hanno solo
minimamente sfiorato. Li vorrei ridurre in brandelli e torturarli fino alla
morte, perchè odio che qualcun altro tocchi qualcosa che è mio.- disse, con gli
occhi di nuovo accessi di rabbia.
Io spalancai la bocca e se la mia mascella non fosse
stata saldamente attaccata, l'avrei sicuramente ritrovata a terra.
-Damon...-
-Però ormai ho capito che io te non potremmo più
ritornare insieme. Ormai si è creata una frattura irreparabile. C'è solo Stella
che ci tiene uniti, perchè altro non vi può essere.- disse, abbassando lo
sguardo.
Io cercai di non fargli capire che le sue parole mi
avevano colpito più del dovuto. Sapevo che quella era la verità, ma dirlo ad
alta voce lo rendeva troppo vero.
-Non si sta insieme solo se non c'è più amore. E
questo l'ho capito, Damon. Non si possono continuare ad amare i ricordi.- dissi
amara.
-Non si tratta solo di ricordi.-
Questa volta fui io a voltargli le spalle. -Non
entrare in questa storia, non ti riguarda e a mia figlia ci penso io e l'uomo
che l'ha cresciuta. E' Nikolai suo padre, tu con noi non c'entri niente.-
Lasciai la stanza, cercando in tutti i modi di
trattenere le lacrime.
Arrivai in salone, ma non mi fermai nemmeno a salutare
Elena e Stefan e mi precipitai fuori da quella casa.
Non ne potevo più di tutta quella situazione. Stare in
quel modo accanto a lui mi distruggeva e io non ne potevo più di essere
distrutta.
Ero disteso sul letto della mia stanza, ripensando a
tutto quello che Angel mi aveva detto e tutta quella storia mi sembrava ancora
incredibile.
Sospirai, ci voleva decisamente un bicchiere di
bourbon.
Mi alzai e andai in salotto. Fortunatamente Elena e
Stefan non c'erano, non avrei sopportato di fingere di stare bene.
Mi avvicinai il mini bar e mi versai il liquido
ambrato nel bicchiere. Stavo per bere quando venni interrotto da qualcuno che
bussava alla mia porta.
Andai ad aprire, ritrovandomi di fronte l'ultima persona
che avrei immaginato: Stella.
Come aveva fatto una bambina così piccola a venire fin
qui?
Mi concentrai di nuovo su di lei e sentii una morsa
nel petto.
Era mia figlia.
Mi sembrava ancora assurdo, eppure lei esisteva e mi
stava fissando, con ls stessa intensità dei miei occhi.
Mi spostai per farla entrare e benchè avesse solo
cinque anni, vidi quanto di me c'era in lei.
Stella si fermò in mezzo al salone e poi si voltò a
guardarmi.
-Hai mantenuto la promessa.- mi disse all'improvviso.
Non riuscii a capire subito cosa intendesse. -Quale
promessa?-
Che promessa avrei potuto fare a una persona che
vedevo per la prima volta.
-Sei ritornato a prendermi.- disse, con un'aria
tipicamente da Salvatore.
Corrugai la fronte, non riuscivo a capire, ma poi
collegai quella frase.
-Tu...-
-Mamma mi ha detto che se mai fossero venuti a
prendermi delle persone cattive io non avrei dovuto dire il mio nome, mi sarei
dovuta inventare una storia.-
-Elizabeth?!- sgranai gli occhi.
Non ci potevo credere.
Avevo avuto mia figlia tra le braccia e non l'avevo
capito.
L'avrei dovuto capire in quella cella, avrei dovuto
capire che c'era qualcosa di più dietro quel mio sentirmi legata a quella
bambina.
-Sarà valida per sempre quella promessa? Mi verrai
sempre a prendere? Ovunque sarò?-
Mi avvicinai velocemente a Stella e la presi tra le
braccia. Quella volta non avevo paura di stritolarla.
-Sempre. Ovunque.-
Quella bambina riusciva a tirare fuori un lato di me
che neanche io conoscevo. La sentivo parte di me, sentivo che era speciale e
che da lì a quel momento sarebbe stata la mia vita.
-Papà...così mi fai male...- mugugnò tra le mie
braccia.
Io sentii qualcosa stringermi il cuore e subito dopo
un calore mi inondò il corpo.
Papà...
Da quando ero diventato così rammollito? Da quando mi
esaltavo per quattro semplici lettere?
La lasciai, guardandola intensamente negli occhi.
Stella sembrò confondersi, poi stranamente divenne
rossa. -Scusa, forse non dovevo...-
-Non dovevi cosa?-
-Chiamarti papà.-
Io inarcai le sopracciglia e mi abbassai alla sua
altezza. -Perchè non avresti dovuto?-
-Perchè forse tu non la vuoi una figlia.- il suo animo
era disarmante.
Non poteva avere solo cinque anni quella bambina.
-E' questo quello che ti ha detto tua madre? Che io
non ti volevo?-
Stella sospirò. -No, quando gli chiedevo di te, lei mi
rispondeva che tu avresti tanto voluto essere con me, ma che non potevi. Però
ogni volta che parlavamo di te lei si chiudeva in camera a piangere e così io
ho smesso di chiedere.-
Abbassai lo sguardo. Stella colpiva ancora più forte
di Angel.
-Adesso ci sono.-
-Si, ci sei.- mi sorrise.
Era uguale a Angel quando sorrideva. Mi ritrovai a
sorridere anche io.
-Mamma me l'aveva detto che avevamo gli stessi occhi,
ma non credevo fossero cosi uguali.-
Le accarezzai il viso, stupendomi della morbidezza del
sua pelle. Era davvero un esserino perfetto.
-Da oggi in poi ci sarò sempre per te, te lo
prometto.-
Stella sorrise di nuovo e gli occhi le si
illuminarono. Sembrava che era proprio quello che voleva sentirsi dire.
-Adesso vado, se la mamma scopre che non sono a casa
le viene un infarto!-
-Ok, vai piccoletta.-
Le scompigliai i capelli e le sorrisi.
Stella mi guardò ancora, poi si voltò e lasciò la
casa.
Come si poteva amare una persona dal primo sguardo?
Sorrisi amaramente.
Quella era una sensazione che avevo già provato...
Salveeee!
Scusatemi se aggiorno con un madornale ritardo, ma il
portatile è partito e io ho dovuto studiare per i test d'ammissione
universitari...un vero casino...
spero che questo capitolo vi piaccia, anche se a me
non entusiasma poi tanto...anche se ho in mente un capitolo che...poi vedrete!
Mi farebbe piacere sapere la vostra opinione, se
magari avreste preferito leggere altro o magari se il capitolo fa proprio
schifo xD
Scusatemi ancora per il ritardo!
Baciiii