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Autore: mackenzie_    09/09/2012    4 recensioni
Ci introduciamo nella mente di J.K. Rowling quel giorno che ideò il mondo di Harry Potter. Ma qualcosa questa volta va storto...
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Era un martedì come tutti gli altri. La sveglia le trapanò le orecchie come sempre, intrufolandosi nel suo strano sogno che aveva ormai dimenticato. Si stiracchiò e si mise a sedere sulle coperte mosse e disordinate: un’altra notte di incubi, doveva essersi agitata molto nel sonno.
Niente caffè. Non poteva permettersi di diventarne dipendente e di sprecare i suoi pochi soldi in esso, come i fumatori accaniti. Si vestì in tutta fretta mentre Londra ronzava ai suoi piedi. I rumori si intrufolavano già di prima mattina dalla finestra che aveva dimenticato aperta, salivano veloci come bollicine, fino all’ottavo piano, fino al suo misero appartamento, e poi scoppiavano proprio davanti alla sua finestra in un clangore di clacson e urla. E la sua testa scoppiava di pensieri:  la Amnesty International , il suo incarico di segretaria, i pochi soldi, il treno, il treno che doveva prendere quella mattina… Qualcuno di quei famosi scienziati di cui ogni tanto leggeva sul giornale avrebbe dovuto inventare un marchingegno che contenesse i pensieri di troppo. Come un bacile, o qualcosa del genere: aprivi la tua mente e ci riversavi dentro i pensieri che ti opprimevano, rovesciandoli liquidi o gassosi.  Lei l’avrebbe chiamato Pensatore, oPensamento o forse Pensatoio.
Si stupì delle stupide frivolezze che il suo cervello immaginava così di prima mattina. Si doveva sbrigare. Il treno.
Prese un taxi fino al distretto di Camden, a nord. King’s Cross era una stazione, non un bar. Nessuno l’avrebbe aspettata se fosse arrivata in ritardo. Non si rilassò finché la sua schiena non toccò il sedile consumato del vagone. Chiuse gli occhi, riflettendo, senza permettersi il lusso di dormire.  Si domandò cosa l’avesse indotta ad accettare il ruolo di segretaria, quando fin da piccola desiderava diventare scrittrice. Insomma, le sue storie sui coniglietti erano le migliori, sua sorella le adorava e lei, Joanne, a soli sei anni pretendeva che venissero pubblicate, come ovviamente non avvenne. Poi si rispose da sola “I soldi. Ecco perché mi devo accontentare di questo lavoro”.  Si massaggiò le tempie: erano solo le sette e tre quarti d’ora, figuriamoci che mal di testa avrebbe avuto alle otto e tre quarti, o alle nove e tre quarti o… Mmh, nove e tre quarti, quel numero le suonava bene.  
Il treno prese pian piano velocità, Joanne socchiuse gli occhi e vide i cartelli con i numeri dei binari sorpassarla, come se in realtà la locomotiva fosse ferma e fosse il resto del mondo a muoversi: sette, otto, nove, nove e tre quarti, dieci… No, ora era troppo. L’assenza di caffè si stava ripercuotendo sulla sua sanità mentale. Non esisteva nessun binario nove e tre quarti.
“Non ancora” disse una vocina nella sua testa. Aprì di scatto gli occhi. La sua mente esplose, ma non di pensieri fastidiosi e deprimenti come quelli di poco prima: erano fantasie meravigliose, su un mondo nuovo, dove si poteva fuggire alla realtà, dove non esistevano lavori noiosi come la segretaria, perché chiunque era speciale e magico
Quando arrivò a destinazione, quella donna era il portale fra due mondi: quello grigio, rumoroso e fastidioso  fuori; quello magico, armonioso e piacevole dentro di sé. 
Sorrise e si incamminò, ogni rumore esterno non sembrava poi così orribile, in quanto non poteva intaccare o rovinare i suoi favolosi pensieri. Il treno fischiò e sibilò acuto, cigolando sulle rotaie in un orchestra di stridii metallici, la gente che le passava accanto parlava forte, gli uomini con le suole delle scarpe che scricchiolavano mentre camminavano veloci, il ritmico passo delle donne sui tacchi, lo sbattere delle portiere delle auto, il ticchettio di un orologio e poi lo strillare della sveglia
Era un martedì come tutti gli altri. La sveglia le trapanò le orecchie come sempre, intrufolandosi nel suo strano sogno che aveva ormai dimenticato. Erano le nove e tre quarti, ma quell’orario non le diceva nulla, se non che il treno a King’s Cross era partito senza di lei, Joanne Rowling, lasciandole la sensazione di aver perso qualcosa di molto più importante che un treno. 
  
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