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Autore: Eternal_Blizzard    09/09/2012    2 recensioni
Kisaragi. Un cognome, due donne. Mako: ragazza intraprendente ed esuberante. Sarina: donna sexy e decisamente "adulta". Due donne, due caratteri e per Shin'Ichi Handa non sarà facile trovarsi suo malgrado trascinanto in casa loro - senza che lui effettivamente lo volesse. Le attenzioni di una o dell'altra possono essere nocive per il pover'uomo.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Basta così, per oggi è abbastanza!» batté ripetutamente le mani un uomo di bell’aspetto, dalla corporatura asciutta, gli occhi grandi e marroni e i capelli castani tenuti corti, in un taglio abbastanza comune, ma che gli donava molto. «Potete tornare tutti a casa, ma domani ci alleneremo mezz’ora di più, d’accordo? Riposatevi, quindi!» comandò sorridendo ai bambini di cui era il coach, i quali facevano parte della squadra Inazuma KFC. I ragazzini salutarono contenti l’uomo che, una volta che si erano allontanati tutti, si lasciò cadere seduto sulla panca al bordo del campo in riva al fiume, luogo dove erano soliti allenarsi dieci anni prima lui e la sua squadra di calcio. Sospirò, stanco ma soddisfatto. Non che fosse facile stare dietro i bambini, ma bisognava ammettere che quelli erano dotati di talento e allenarli dava già parecchie soddisfazioni.
«Stanco, Shin’Ichi? Come puoi, se non hai fatto nulla?» domandò scherzosa una ragazza dai lunghi capelli lisci appuntati in due piccoli codini laterali. Aveva grandi e brillanti occhi color nocciola che scrutavano divertita l’uomo, che sobbalzò spaventato. Non si era nemmeno accorto di averla accanto.
«Mako…» espirò dal naso, poggiando i gomiti sulle ginocchia e la fronte sulle dita della mano destra, scuotendo la testa. «Non farmi prendere certi colpi, avverti quando mi vieni accanto» la rimproverò.
«Cosa? Ma se sei tu che ti sei seduto accanto a me! Per di più quasi mi ti sedevi sopra sai?» borbottò la ragazza, accavallando le gambe e mettendo un finto broncio, subito dopo avergli dato una botta sula braccio. Squadrò l’uomo, che non le diede troppo peso e poi, leggermente più preoccupata, gli si avvicinò di poco, sporgendosi in modo da vedergli il viso puntato a terra. «Tutto bene, Shin’Ichi?» domandò, punzecchiandogli il braccio su cui teneva poggiata la testa. Quello la guardò.
«Non è che solo perché sei la manager della mia squadra puoi chiamarmi per nome a caso, sai? Agli adulti va portato rispetto!» l’ammonì serio, ma scherzoso. Lei allora si alzò con un balzo e lo guardò con aria di sfida, prendendo il pallone.
«Ma per favore, ci conosciamo da dieci anni!» si lamentò, ricordando di quando tempo prima, facendo lei parte dell’Inazuma Kids di allora e lui della Raimon Eleven, si allenavano tutti insieme su quello stesso campo in riva al fiume dove si trovavano in quel momento. «Certo che sarei stata più contenta di fare la manager per un allenatore come Endou…» brontolò e l’altro, come reazione, l’indicò.
«Vedi? Lui lo chiami E-» fu bloccato da una linguaccia della giovane.
«Mamoru!» si corresse. «E poi, ho diciassette anni, non è che tu sia tanto più grande di me, eh…» storse le labbra. Contando che lui aveva ventiquattro anni ne avevano solo sette di differenza; non erano così tanti. E poi, lei stava per compierne diciotto, quindi non erano nemmeno sette anni completi. L’uomo non badò più di tanto alla ragazza, massaggiandosi le tempie. «Comunque davvero, perché sei così stanco? Non dormi la notte? Forse… ti sei trovato una signorina e io non ne so niente?» domandò, iniziando a palleggiare con il ginocchio, distrattamente. Shin’Ichi quasi sobbalzò.
«Mako, sono affari tuoi, forse?!» sbottò, arrossendo. «Nessuna donna, stai tranquilla» roteò gli occhi, ma lei fece spallucce continuando a palleggiare.
«Tranquillissima. Sai che mi frega di te? Semplicemente ero curiosa» sbuffò. Il silenzio che cadde subito dopo, disturbato solo dal rumore dell’acqua che scorreva e del pallone quando incontrava il ginocchio e talvolta il piede della ragazza, le diede modo di riflettere. «Ora che ci penso… non sei mai venuto a casa mia» esordì.
«Come te ne esci, all’improvviso?» replicò lui, alzando lo sguardo sulla palla che faceva su e giù. «Perché dovrei venirci» inarcò un sopracciglio, ma l’altra scosse la testa.
«Non c’è un motivo» affermò tranquilla. «Semplicemente, ci conosciamo da un sacco e adesso lavoriamo anche insieme, quindi…» ridacchiò, ma il castano schioccò diverse volte la lingua, agitando l’indice della mano destra. «Io lavoro, per questo sono distrutto. Tu stai seduta in panchina e dici “bravo” qui, “accidenti” lì, “bel tiro” qua e “la prossima volta andrà meglio” là» sbuffò, facendo gonfiare le guance a Mako, che smise di palleggiare.
«Non è vero!» sbottò. «Ogni tanto gioco con loro! Dovresti aver imparato che giocare contro qualcuno più grande è importante, no?» domandò piccata.
«Mah, a me sembra solo che tu ti voglia divertire…» ammise Shin’Ichi. Mako avvampò e le sue guance si colorirono per l’irritazione, mentre l’uomo riaprì bocca. «Ma in effetti per i ragazzi è un buon allenamento…» annuì, abbastanza convinto. Fissò gli occhi in quelli della ragazza e fece per dire altro, ma lei calciò con forza il pallone, che gli volò dritto in faccia.
«Sei uno stupido, Shin’Ichi! Io lo faccio per aiutare anche te! Hai già tanto da fare, non puoi certo metterti a tirare calci al pallone con loro, no?!» ringhiò, ma vedendo che l’uomo era stato preso sul viso e per la botta si era sbilanciato all’indietro e non mostrava intenzione di tornare dritto, addolcì l’espressione, ora preoccupata. «T-ti ho fatto male?» domandò, avvicinandosi di un paio di passi. Il castano si raddrizzò, tenendosi il naso ed ignorando la domanda della ragazza non propriamente bionda.
«Stavo per dire che scherzavo… Suscettibile, eh?» sbuffò. Mako incassò la testa tra le spalle e si accarezzò nervosa un braccio con la mano. Intenzionata a scusarsi aprì la bocca, che però non emise alcun suono vedendo un rivolo di sangue uscire da una narice di Shin’Ichi.
«Oddio, ti ho fatto male!» affermò, non facendo capire l’altro che inarcò un sopracciglio.
«Ma nemmeno tro…» si tastò il naso, sentendo scendere qualcosa di liquido. Osservò un istante i polpastrelli delle sue dita macchiati leggermente di rosso e ridacchiò. «Capirai, stai tranquilla, Mako!» tentò di rasserenarla. «Non sento praticamente nulla… e poi, se ripenso a quello che mi hanno fatto quelli della Gemini Storm anni fa…» rabbrividì al solo pensiero. Ancora si ricordava il nome di quella squadra di alieni e i loro volti. Chiuse gli occhi per scacciare quel pensiero, ma appena lo fece si sentì tirare per la manica con diversi strattoni.
«Adesso vieni a casa mia e ti medico!» ordinò la giovane, ottenendo una pacca in testa come risposta. L’allenatore fece per dirle di non preoccuparsi perché non era nulla davvero, ma lei insistette, pestandogli un piede con forza. «Ti ho detto che ti curo! È colpa mia, fammi rimediare anche se è una sciocchezza!» comandò, tanto che ormai l’uomo non poté che accettare, seppur leggermente controvoglia. Si lasciò guidare da lei fino ad arrivare in alcune vie del centro della città che osservò con interesse.
«Non vengo spesso qui, ma mi sembra un posto familiare…» sussurrò, notando una grande porta di legno, mentre camminavano. L’indicò con un sorriso. «Questo non è quel locale di maid che piaceva tanto a Megane e Teppei?!» domandò più a se stesso che ad altri, solo per ricordare. «Ma sì che è lui…» si disse ancora, vagamente nostalgico mentre Mako ridacchiava.
«Sì e lì dietro c’è il quartiere per “persone mature”…» disse sarcastica sottolineando quelle parole facendo le virgolette con le mani. «Non vorrai farmi credere che tu non ci vai mai… Se capisci che intendo» sorrise sorniona.
«Mako! Ancora?!» arrossì nuovamente il castano, decidendo di non rispondere. Non frequentava certi locali, ma non era nel suo interesse saperlo, che diavolo.
Ben presto arrivarono a casa della ragazza, un normale appartamento vicino al negozio di articoli sportivi dove spesso aveva comprato l’attrezzatura con i suoi compagni di squadra o per i suoi ragazzi.
«Mamma, abbiamo un ospite!» disse appena aperta la porta dell’appartamento. Dal salone apparve una donna probabilmente sulla quarantina, ma estremamente bella e, bisognava ammetterlo, piuttosto sexy. Aveva degli occhi provocanti e grandi, nocciola come quelli della figlia e dallo stesso taglio; anche le loro bocche erano uguali, osservandole bene. La pelle, però era un po’ più scura e i capelli, invece che chiari, tendevano al nero e, contrariamente a quelli di Mako, non erano lisci ma mossi. Sembrava avere una decina buona di anni in meno di quanti realmente non ne avesse, tanto che Shin’Ichi non era nemmeno sicuro di essere riuscito a stimare l’età giusta della donna, che per qualche motivo gli risultava incredibilmente familiare. «Gli ho fatto sanguinare il naso, quindi vado a prendere qualcosa per tamponare» avvisò, lasciando soli i due, lei sorridente e lui vagamente in imbarazzo. Fece per presentarsi, ma una risatina della signora lo precedette.
«Eravate in riva al fiume, vero? A piedi ci vuole parecchio per arrivare qui da laggiù, ormai ogni suo intervento sarà inutile…» scosse la testa. «Scusala, è sempre troppo esuberante» sorrise.
«Si figuri… Non è un problema» ricambiò il sorriso, grattandosi la testa.
«Ma che scortese! Vieni, vieni, Shin’Ichi, accomodati pure!» si affrettò a fargli strada fino al tavolo nel salotto, dov’era seduta prima del loro arrivo. Il ragazzo pensò che sapesse il suo nome perché Mako ne parlava, evidentemente, così preferì concentrarsi sul dove poteva aver visto quella donna, perché l’aveva già incontrata, ne era certo. Si sedette come proposto dalla signora, la quale fece altrettanto, osservandolo soddisfatta. «Come ti sei fatto grande… Certo che sei diventato proprio un bel ragazzotto, hai capito mia figlia chi frequenta!» ridacchiò osservandolo per bene, arrivando anche a prendergli il mento tra le dita in modo da fargli girare la testa come voleva. Sembravano proprio un’adulta di fronte a un ragazzino.
«…mi scusi?» domandò stizzito lui. «Non… non credo di capire…» ammise, arrossendo leggermente quando quella avvicinò il volto al suo. La donna annuì senza perdere il sorriso, mentre si alzava e gli chiedeva gentilmente di attendere qualche secondo. Tornò poco dopo nascondendo qualcosa dietro la schiena.
«Naturale che non ti ricordi di me, è passato tanto tempo… Anche io, se Mako non parlasse di te, probabilmente mi sarei scordata che ti chiamavi Shin’Ichi» ammise, mostrando ciò che celava. Shin’Ichi sgranò gli occhi davanti ai quali si trovava una maglia da calcio gialla e verde, con una grande ed elegante S ricamata sulla parte sinistra del petto. Boccheggiò qualche istante.
«Sarin…» cominciò, ma scosse la testa prima di correggersi. «Signora Kisaragi!» ricordò: era il capitano di una squadra di calcio “da strada” composta interamente da adulti che lavoravano nei negozi del centro e che possedeva un bar in quella zona. Avevano giocato un’amichevole d’allenamento ai tempi del loro primo Football Frontier! «Mi scusi, non l’avevo riconosciuta!» s’inchinò dispiaciuto, ma quella ridacchiò.
«Chiamami Sarina, non vi facevate tanti problemi a farlo, prima!» ricordò divertita. «Ci siamo visti solo un paio di volte dieci anni fa, eppure mi ricordo ancora che faccia avevi allora e sai perché?» domandò, ma lui scosse la testa. «Perché eri l’unico normale!» asserì con decisione. «Erano tutti strani i tuoi compagni, quindi non li ricordo troppo bene, eccetto te e il capitano. Mamoru, vero?» domandò per conferma.
«Esatto, Endou Mamoru…» annuì, non sapendo se doversi sentire lusingato o meno dall’essere stato definito normale. Sicuramente era meglio che essere bollato come strano, ma sperava solo che non fosse un modo educato per dirgli che passava inosservato o che era scialbo. Ma no, dai… e poi, quello che non si notava era Kageno, poverino.
«Comunque devo ammettere che ti ricordo anche perché non sei cambiato di una virgola. Sei solo diventato più “figo”» ammiccò la donna, dandogli un buffetto sulla guancia.
«Ah, beh, la ringrazio…» sussurrò solo, in imbarazzo. Ma com’era finito in quella situazione? Non che fosse insostenibile, ma non si sentiva propriamente a suo agio e desiderava andarsene al più presto. «Comunque adesso devo andare signora, mi scusi per il disturbo…» tentò, alzandosi e facendo un rapido inchino.
«Seduto» comandò cinguettando la signora, indicandogli la sedia. «Vorrei solo parlarti un attimo…» gli sorrise, mentre quello obbediva. «Tu conosci Mako da quando era una ragazzina, o sbaglio?» chiese e Shin’Ichi annuì.
«Abbiamo giocato un po’ in riva al fiume, ma a quel tempo era legata molto più a Endou o addirittura Gouenji. Noi non ci eravamo mai parlati se non per un saluto ogni tanto» spiegò, non capendo dove la donna volesse arrivare. Quella ascoltò attentamente, senza perdere il sorriso.
«Immaginavo. Comunque, avrai notato che è cresciuta. È diventata proprio una signorina niente male eh?» il tono rimase lontanamente indagatorio, ma mentre pronunciava quella frase era diventato piuttosto fiero.
«Ah… Non si può negare che sia una bella ragazza, se intende quello» confermò l’uomo. Era quella la risposta che Sarina si aspettava, giusto? «Perché mi chiede questo..?»
«Perché devo verificare che intenzioni hai con lei» ridacchiò, facendo raggelare il sangue al povero Shin’Ichi. «Che deve fare?» chiese, convinto di aver capito male. Che intenzioni poteva avere?
«Mettiamo le carte in tavola subito, prima che torni, che ne dici?» continuò senza modificare la sua espressione serena e al contempo maliziosa. «Tu mi sembri un bravo ragazzo come lo sei sembrato anni fa, ma… Mako è ancora una ragazzina in fondo, te ne rendi conto vero?» chiese con tono leggermente più serio. «Avete quanto? Sei-sette anni di differenza? È una bella responsabilità, sai?» andò avanti, facendo sudare sempre più freddo il giovane, che scosse la testa, confuso.
«S-Sarina… Mi dispiace deluderla, ma io non provo quel genere di cose per Mako… Lei ai miei occhi è più come…» gesticolò cercando la parola giusta. «Una sorellina, una cuginetta… Una di famiglia, insomma! Non penserei mai a lei in… in quel modo!» dichiarò imbarazzato, lasciando la donna di stucco.
«Ah no?» chiese conferma. «Quindi posso stare tranquilla?» inclinò il capo mentre Shin’Ichi annuiva lentamente. Ridacchiò. «Ti chiedo scusa! È che a casa parla sempre di te, anche se non con parole da “innamorata” e quindi… volevo capire tu come interpretavi le attenzioni di mia figlia nei tuoi confronti!» spiegò. Handa dovette impegnarsi perché non gli cadesse la mascella. Mako? Che si arrabbiava con lui per un nonnulla, che lo sfotteva, che non gli portava rispetto, che gli tirava pallonate in faccia? Sospirò.
«Se posso parlare sinceramente, io non proverei mai un interesse sentimentale nei suoi confronti. Non so cosa le racconta, ma… a me piacciono altri tipi di ragazze, sinceramente» ammise con un risolino amaro. Si rese conto solo dopo che, alle orecchie di una madre, le sue parole potevano suonare vagamente offensive nei confronti della figlia, quindi si sbrigò a scuotere la testa ed agitare le mani, agitato. «Non che Mako abbia nulla che non vada, eh! È che…» cercò qualcosa di decente da dire, che non lo facesse sembrare un idiota o un imbranato, ma niente. Lasciò la frase in sospeso, abbandonandosi totalmente sulla sedia, rassegnato. Alzò lo sguardo, vago, sulla donna che lo fissava leggermente perplessa. Arrossì ancora, piuttosto vistosamente stavolta: fare la figura dell’imbranato di fronte ad una donna così… “matura”. Voleva sotterrarsi.
Sperava solo che Mako non lo venisse mai a sapere, altrimenti gliel’avrebbe rinfacciato a vita.
Fu però rincuorato dalla cristallina risata di Sarina, che gli disse di alzare lo sguardo. «Non imbarazzarti, non ne hai motivo! Ho capito quel che volevi dire… comincerò anche ad avere un’età, ma non sono ancora rimbambita» gli fece l’occhiolino, cosa che non fece altro che ricordare al ragazzo che l’età, su Sarina, non si vedeva proprio.
«Comunque se può rassicurarla io tengo molto a sua figlia, mi ci sono affezionato davvero. Quindi, finché starà con me – anche se ripeto che non ho intenzione di… stare con lei in quel senso – ci penserò io a lei!» dichiarò. «Anche perché è un elemento più importante di quel che pensi, all’interno della squadra. Se la lasciasse…» scosse la testa, come a far intendere che parte degli allenamenti andava a farsi benedire.
«Perché mi stai dicendo tutto ciò?» domandò Sarina, non capendo come mai avesse preso la tangenziale per conto suo. Non che non le facesse piacere sentire certe cose, per carità, ma… Sorrise di più. «Forse è un tuo modo indiretto per dirmi di riferirgliele? Hai paura che vada da un’altra squadra o cosa?» ridacchiò.
Ed ecco che s’era dato la zappa sui piedi da solo. Effettivamente perché se n’era uscito con quelle frasi chiaramente equivocabili? «No, era solo per informarla!» si difese, mentre l’altra agitava una mano, cercando di rassicurarlo dicendo che stava solo scherzando.
«Mi dispiace» irruppe Mako nella stanza, facendo sobbalzare l’uomo e voltare la donna. «Pare che abbiamo finito ovatta, tamponi e simili. Shin’Ichi, ti ho portato qui per niente…» sospirò la ragazza, facendo finta di non vedere la madre che allungava un fazzoletto fino al naso del castano, strofinando e cogliendolo in contropiede.
«Mako, non per dire, ma…» le mostrò il fazzoletto pulito, per sottolineare quanto non ce ne fosse più bisogno.
Shin’Ichi si alzò di scatto dalla sedia, ancora con le guance piuttosto colorate e fece un breve inchino. «Mi scuso per il disturbo, ma ora devo proprio andare… La ringrazio di tutto» affermò cordiale. Le due padrone di casa lo accompagnarono fino all’uscio e lo guardarono uscire, teso. Chi gliel’aveva fatto fare? Entrare in quella casa era stato puro masochismo, anche se non poteva saperlo… Mako era la figlia di Sarina, di quella bomba che lo metteva nel sacco con poche ed innocenti parole. O gesti. Aveva ventiquattro anni, ma davanti a lei era come se fosse ancora un ragazzino. Però, riflettendo, se il DNA non mente, Mako crescendo… Scosse la testa. No, doveva far finta di nulla, perché quel giorno era passato come tanti altri. Come no.

«Quanto ci voleva a capire che non avevamo l’ovatta?» domandò Sarina, vaga, dopo che la porta era stata chiusa. La figlia fece la gnorri, scuotendo la testa con aria perplessa.
«Come? Guarda che l’ho cercata per bene, per quello c’ho messo tanto» annuì, illudendosi che la madre le credesse. Quella sorrise, portandosi un dito al mento.
«Quindi non hai sentito nulla del nostro discorso?» chiese sorniona.
Mako arrossì. «Tutto cosa?» domandò con aria superiore, intrecciando le dita delle mani dietro la schiena e dando le spalle alla porta, avviandosi verso la sua camera, con nonchalance mal simulata ed un sorrisetto in viso.
Sarina sghignazzò. Beata gioventù!


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E' STATO UN PARTO.
Non sono soddisfatta di questa fic, è venuta fuori una cosa orripilante, ma dato che tre amiche mi dicevano di volerla leggere... mi son costretta a finirla. ...Oh, quanti insulti ho sparato contro questa fic, e dire che amo Handa. ...che schifezza *odia la fic dal profondo.
Il titollo è squallido e la fine anche di più, ma vi prego chiudete un occhio, volevo solo scrivere - dato che avevo scoperto che Sarina era la madre di mako (per chi non lo sapesse: Sarina = Sally, Mako = Maddie) e pensando che Shin'Ichi da adulto lavorava con Mako... - di lui che va a casa loro. E incontra di nuov Sarina. Semplicemente.
E vabbè. Non ricordo che dovevo dire, ma... al momento sono impegnatissima, quindi mi do. Bye
Ryka
PS. Ho messo nessuna come coppia, perché io non li shippo. Se devo mettere Shin'Ichi con qualcuno lo metto, se non è impegnata con Tsunami, con touko. Sono la mia crack pairing preferita, qundi... boh.
  
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