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Autore: Katekat    09/09/2012    4 recensioni
Perchè io Lo sento. Sempre. Con tutti e cinque i sensi. Con tutta me stessa. E anche di più.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I Cinque Sensi








1. Udito
 

 
Quando parla, io fisso la sua bocca schiudersi e alitare fuori parole che uccidono.
La sua voce si srotola fredda e sinuosa, avvolge morbida e seducente le sue spire intorno al mio cuore, stringendolo in un palpito di dolorosa adorazione.
Lunghe parole perdute mi sussurrano lentamente,
è una nenia misteriosa e inquietante che avvinghia e irretisce col suo sibilo, soffiato fuori tra i denti e le labbra, che si arriccia deliziosamente sulla lingua liscia, gonfiandosi tra le ceree guance incavate.
È puro incanto, mera Magia Nera, per me, sentirlo parlare…
È una magia che sa di antico e di perverso, di più vecchio del mondo, e io davvero mi chiedo quanto sia diventato vecchio, mentre vagava senza corpo tra le foreste dell’Albania…Quanti anni umani gli siano scorsi davanti, impossibili da afferrare…Quanti anni abbia ora. Quante cose che lui sa e io no. Sono ancora solo una bambina, al suo confronto, come la prima volta che lo incontrai.
Lo ascolto ipnotizzata.
La sua voce fa l’amore con le mie orecchie, si insinua scottante nella mia mente, gocciolando come burro fuso sul mio cuore, lasciando la sua impronta ovunque passi.
Su di me, dentro di me.
La sua voce mi marchia, molto più del teschio ruvido sulla mia pelle. Mi instilla il calore grottesco e avvolgente di una tenebra desiderata. Mi fa volere di più, sempre di più.
Più lui si ritrae, più respinge il mio amore, più quello gli si attacca stretto, abbarbicato come un’edera infestante che ha la tenacia silenziosa e la perseverante pazienza dell’eternità. La sua voce tiene sospese le corde del mio cuore  e le fa vibrare in una melodia irriverente in cui rotola lo scherno della sua risata.
E ancora non riesco a capire cosa mi trattenga qui, con lui, appesa al filo delle sue labbra bugiarde. O forse lo so fin troppo bene.
 
 
 
Parole: 307
 
 
 
 
 
 
 
 
 
2. Vista
 

 
Quando ride, solo un angolo della sua bocca si curva verso l’alto, come tirato su da un filo invisibile che gli corre sotto la pelle sottile, fredda.
I suoi occhi si socchiudono come lame di buio spesso, di lava densa, sornioni, scrutatori, poche volte realmente divertiti. Posso affermare con umile sicurezza di essere quasi sempre e solo io la causa di quei fulminei sprazzi di gioia crudele e insensata.
I miei occhi si riempiono di lui, accecati; mi soggioga, mi domina col solo sguardo.
E lui è ancora qui. E mi guarda. Le sue pupille lame incandescenti che affilano dolci promesse di  impossibili torture sulla mia pelle spasimante. Colpiscono, affondano, si ritraggono, invischiandosi nel sangue. Non ho il tempo di arrestare l’emorragia ed ecco un altro colpo, un altro squarcio, un altro fiotto umido. Il suo sguardo non mi dà respiro.
Lui è lì che mi guarda e mi vuole.
Con gli occhi. Solo con gli occhi me lo dice. Solo così si concede di esternare la sua enorme, vergognosa debolezza.
E io lo amo anche per la sua incoerenza.
Lo amo per il suo culto della purezza magica e per il sangue sporco che l’ha concepito.
Lo amo per l’odio freddo e implacabile che nutre per gli altri e per il suo desiderio altrettanto ferreo ed agonizzante di essere accettato, osannato e riverito al di sopra degli altri.
Ci odia, noi Mangiamorte, e al tempo stesso non può fare a meno di noi. Cosa sarebbe da solo? Cos’è un capo senza seguaci? Cosa sarebbe senza nessuno ad attendere scalpitante i suoi ordini, a farlo sentire importante? Senza di me a dare senso e scopo a ogni suo pensiero?
Quello sguardo…lo sento annegarmi, trascinarmi giù. Giù dove neppure io, con le mie più torbide fantasie e col buio che mi ha partorito e messo questo cuore di tenebra nel petto, sono mai andata. Giù dove non c’è più fondo né salvezza. Giù con lui che mi avviluppa senza fiato, così stretto che non so dove inizia lui e finisco io. Mi spinge giù dal trono di Regina Nera che occupo tra i suoi Mangiamorte, mi riduce più schiava di ogni altro schiavo.
Per lui.
E ride. E ci gode.
Lo temo con ogni battito del mio cuore.
So che potrebbe uccidermi senza batter ciglio. La sua collera è tremenda e soverchiante come un’ondata di maremoto. È l’unico che io temi. Io, che non ho mai avuto paura di nessuno, io ho paura di lui.
E lo amo. Lo temo e lo amo. Perché per me non c’è confine tra amore e terrore, come non ce n’è tra amore e odio, per Rod, verso di me.
Non lascerò che mi tiri sotto con lui. Non così facilmente. Il gioco, la caccia, la sfida. Questo lo diverte. E io sarò preda ostinata e sfuggente, dovrà lottare per avermi completamente e ciò lo aizzerà a inseguirmi con ancor maggiore determinazione. E quando mi avrà presa, quando sarò nella sua stretta micidiale, riderò, perché il cuore mi scoppierà di gioia. Perché io, a differenza di lui, non ho paura del buio. È da lì che vengo, ci sono nata nel buio. Lui invece lo teme. È un altro di quei segreti che custodisce con ossessa gelosia nello scrigno di anima che gli resta. È un uomo pieno di segreti, il mio Signore, e io ho la presunzione di essere l’unica persona a conoscerne più di uno.
Mi guarda. Sempre, più spesso di quanto dovrebbe, vorrebbe. Mi cerca con gli occhi quando non ci sono, come io con lui. Mi guarda e così mi vuole. Si soddisfa con lo sguardo del mio corpo perché così ha ordinato a se stesso. Ha deciso di accontentarsi. Il Superuomo non cede alla vergogna della carne. La lussuria rende schiavi. Ma il desiderio inappagato ancor di più. Lo senti come una corrente nell’aria, elettricità crepitante tra i capelli, pizzicore sulla lingua bagnata. Ne senti l’odore greve e fuorviante espandersi come un fungo invisibile e otturarti tutti i pori, sussurrando direttamente alle orecchie del tuo cuore le tentazioni più abominevoli, gli istinti più bestiali.
Per questo è mio. Mio e non lo sa. Perché io sono la sua ossessione, quanto lui è la mia. E io non lo avrò mai e lui non avrà mai me. Ci giriamo intorno annusandoci la coda, leccandoci le zanne, pregustando il sesso e il sangue, ma a distanza.
Lui c’è. Costantemente.
C’era a salvarmi da Azkaban quando ormai disperavo.
Mi ha salvata dagli Auror e da Silente quel giorno al Ministero. Singhiozzavo spezzata sotto la statua, terrorizzata dall’averlo deluso. Mentre possedeva il ragazzo l’ho invidiato, perché io non ho mai saputo cosa si prova ad averlo dentro. A essere tutt’uno col mio Signore. Non ha mai voluto usare il mio corpo, benché gliel’abbia offerto più e più volte. Poi ricordo le sue dita fredde avvolgersi intorno al mio polso e tenermi stretta mentre ci Smaterializzavamo.
Lui è sempre lì. A guardarmi e a stuprarmi con i suoi occhi rossi che tradiscono la voglia cui non si concede. Vuole dimostrare di essere superiore alla carne. Di essere padrone dell’istinto. Perciò si accontenta di guardarmi.
Sono la tentazione che non si permetterà. Il fiore che non coglierà.
E io appassisco lentamente, tristemente, in attesa della rugiada vivificante di un amore che mai arriverà.
 
 
 
 Parole: 887
 
 
 
 
 
 
 
 
 
3. Tatto
 

 
È ancora lì. Lo sento. Lo sento come nessun altro. Come se fosse parte di me, un pezzo reciso dalle mie viscere. Non ho bisogno di occhi per sapere se lui è nella stanza. E’ sulla mia pelle, sussurra in ogni mio brivido.
E altrettanto terribilmente, intensamente so quando lui non c’è. E immediatamente vorrei andarmene, andare da lui, perché non c’è luogo cui appartenga se lui non è con me.
Sono un uccelletto dalle piume arruffate nel suo palmo. Gli basterebbe chiudere le dita per finirmi.
Lui è la mia morte. Lui e le sue interminabili dita di seta che non toccano. Lambiscono. Non accarezzano. Venerano. Nagini... Preferisce lei, le scaglie metalliche  e viscide di un serpente, quando c’è la mia pelle così palpitante e invitante ad ambirlo.
Ma lui mi rifiuta.
E più mi rifiuta più io mi accanisco, mi intestardisco ad adorarlo, a riverirlo.
A volte il desiderio di essere toccata da lui è talmente forte che mi sembra che ogni poro della mia pelle si trasformi in una microscopica bocca urlante, protesa affamata verso di lui. Mi accontenterei di essere sfiorata da una sola delle sue dita flessuose, di avere appena un assaggio della danza languida che tesserebbero sulla mia pelle.
Sono ipnotizzata dalle sue dita. Non ho mai visto niente di così elegante e aggraziato in vita mia. Il desiderio mi chiude la gola, tagliandomi il respiro, quando le osservo avvolgersi lente e fatali intorno alla bacchetta. E penso che anche un inerte pezzo di legno sia molto più fortunato di me. Darei tutto per sostituire la sua bacchetta con la mia gola. Per sentire i suoi polpastrelli premere e affondare ai lati del mio collo, schiacciare l’altalena pulsante del sangue, annebbiarmi il cervello, togliermi la vita così, in un sol gesto. Non sarebbe nulla, per lui. Anzi, forse la mia morte sarebbe la sua completa liberazione, il suo trionfo ultimo sulla bassezza umana. E io sono sicura che ogni tanto- ogni tanto- rimpianga davvero di non potere- di non volere - stringere appena più forte.
 
 
 
 Parole: 340
 
 
 
 
 
 
 
 
 
4. Olfatto
 
 

Mi sbagliavo prima.
Non è lui a darmi la caccia.
In questa lotta senza esclusione di colpi, in questa corsa senza sosta, è lui la preda.
 Io lo inseguo da quando l’ho conosciuto. Io sono la cacciatrice.
 Io che palpito con ogni fibra del mio corpo e fremo e mi mordo le labbra e scuoto la testa e mi afferro i capelli quando perdo le sue tracce. E non mi do pace finchè non risento il suo odore, vivo, riempirmi di nuovo le narici con l’essenza inebriante che lo contraddistingue. Guidarmi da lui, attirarmi con- chissà- quel magnetismo per cui i Pianeti gravitano l’uno intorno all’altro senza cascarsi addosso. Gli ruota intorno la mia  smisurata, amara devozione, ma lui finge di non accorgersene. Lo circondo con la mia estasi frustrata e la mia adorazione delusa, ma lui mi volta le spalle.
E’ lui la cagna, eh già. La cagna in estro che ti mostra la coda, facendoti fiutare il suo calore perverso, e poi ti volta le spalle e ti sfugge, lasciandoti a digrignare impotente le zanne di rabbia. Il suo odore mi si chiude intorno come una gabbia invisibile e infrangibile, costringendomi a spostarmi, prigioniera, ogni volta che lui si sposta, a seguirlo ovunque egli vada, a disegnare stancamente la mia orbita sconfitta ma perseverante intorno a lui, non come la luna intorno alla terra, no, ma come l’ultimo degli infimi pianetini più sperduti intorno al centro stesso dell’universo.
Quando odoro il sangue, avverto l’essenza del mio Padrone in esso.
Lui sa di sangue.
È per questo che amo così tanto uccidere. Tutti credono che mi spinga unicamente la follia, o il gusto per l’assassinio.
Ma le mie narici alitanti inspirano una verità diversa. Il mio corpo assorbe quel miasma potente, fa suo quel sentore di morte e di immortalità che scivola felpato fino al mio cervello, avvolgendolo della promessa che Lui mi ha fatto, quando sono diventata sua.
Immortalità.
Nel suo odore io la respiro.
 
 
 
Parole: 327
 
 
 
 
 
 
 
 
 
5. Gusto
 
 
 
Quando sono furiosa, quando strepito e urlo e perdo il controllo, quando Crucio i prigionieri prima che lui me lo dica, anticipando ogni suo desiderio, ogni sua mossa, lui è contento.
Me ne accorgo perché le sue narici sottili si dilatano e la sua lingua balena per un istante tra i denti, assaporando quel caleidoscopio di emozioni selvagge e fuori controllo in cui mi trasformo, quando perdo la presa su me stessa.
A volte mi ricorda un Dissennatore. Si nutre di emozioni altrui.
E io sono la più emotiva, la meno fredda e razionale tra i suoi seguaci, così diversa da lui- il suo opposto-, così calda, così viva, così vibrante di passioni che non ho mai represso. Sono abituata a esternare i miei sentimenti. Lui rappresenta l’unica eccezione. Davanti a lui la mia lingua ha accettato buona buona di incollarsi al palato e di giacere lì come morta.
Ma non posso impedire al mio cuore di scandire il ritmo delle sue parole o dei suoi sguardi o del tocco delle sue dita su di me. Vivo per lui. Per poterlo vivere con tutti e cinque i miei sensi. E non è mai abbastanza.
Quando mi inginocchio ai suoi piedi, quando allargo le dita sul pavimento e premo le labbra tremanti sulla terra sotto i suoi piedi, so che lui è contento. Il suo corpo- Salazar! il suo corpo- io non oserei mai toccarlo, profanarlo con le mie labbra indegne.
Sono un verme della terra per lui.
Quando mi permette di baciare l’orlo screpolato della sua veste….ecco, io vivo per quei momenti, capite? E dopo tengo la testa bassa finchè non è lui a ordinarmi, con annoiata pigrizia: “Alzati, Bella.” Sembra quasi infastidito dalla mia irriverenza, ma io so- io so- che gode nell’avermi ai suoi piedi. E mi guarda negli occhi e uno scintillio demoniaco danza nei suoi. E la punta della sua lingua di nuovo fa capolino, un attimo e subito si ritrae, lasciandomi rapita come il serpente davanti all’incantatore. Un secondo, il tempo  di scorgerla e di desiderarla, e poi scompare. Sottile e fredda come quella di un serpente: si mostra e immediatamente dopo si ritrae sgusciando nella sua tana. Morbida tana foderata di seta liscia e fredda. Così dev’essere l’interno delle sue guance.
Se ne accorge. Perversamente compiaciuto. Sa esattamente cosa succede dentro di me e la cosa lo irrita e lo diverte insieme.
È come un bambino che non sa decidere se il gioco gli piace o lo scoccia di più.
Si sente oltraggiato dal mio amore e al tempo stesso non potrebbe vivere senza. Lo so, lo capisco. Se lui è per me l’aria che respiro, io per lui sono ciò che lo tiene legato alla terra. E lui mi detesta per questo: perché gli ricordo tutta la debolezza dell’essere umano, quella che si è lasciato recisamente alle spalle- lui, il Superuomo- e al tempo stesso sono la personificazione delle segrete gioie del peccato cui ha voltato le spalle rinunciando all’umanità.
Sono il suo più grande rimpianto. Sono tutto ciò che odia, che disprezza: la debolezza della carne.
Sono tutto ciò che non potrà mai avere. E so quanto sia difficile, per lui, il Mago più grande, ammettere che c’è qualcosa che non possa avere.
Non può avere il mio corpo; equivarrebbe a degradarsi. Intrappolato nelle catene che lui stesso si è imposto, illudendosi di spezzarne altre.
E non può avere il mio sangue che brama più di ogni altra cosa.
Io lo so, sono la sua serva più fedele.
So che il suo sommo desiderio non è potere né ambizione, ma purezza di sangue. Quella di cui è dolorosamente, innegabilmente privo. Vergogna cocente che cerca di dimenticare e di far dimenticare come il più spietato dei padroni. Ma io conosco la sua debolezza. 
E non ammetterebbe mai che io abbia qualcosa che lui non ha e che agogna disperatamente.
Mi prenderebbe ogni singola goccia di sangue dalle vene. E io glielo lascerei fare. La sua volontà è la mia. Il suo desiderio è il mio piacere. Soddisfarlo, accontentarlo, riempirlo della mia essenza fino a scoppiare: è il mio imperativo.
Ero così vuota, dentro, prima di conoscerlo. Una bestia in cerca del padrone. Qualcuno che si mostrasse capace di domarla, di farle sentire cosa significa appartenere, soggiacere, obbedire, servire. Dominavo tutti perché ambivo ad essere dominata. Nessuno ci è mai riuscito. Poi è arrivato lui e mi ha fatto sentire il morso e le redini. Non chiedevo di meglio. E’ stato pioggia gelida sulle mie labbra riarse, ghiaccio velenoso che placa l’arsura.
Il suo cuore pulsa nella mia testa.
Sono lui, non sono più me stessa.
Mi possiede anche così, a distanza, semplicemente allineando il mio sguardo col suo e riversandomi dentro cataratte dei suoi pensieri. E io qui ad accoglierlo a bocca aperta, assetata. Mi lascio bagnare, pervadere da lui. Tempesta fredda e poi bollente: sfrigola sulla mia pelle, crepita nelle mie ossa, soffia nei miei polmoni.
Il suo sapore danza sulle mie papille.
Ancora. Ne voglio ancora.
E sempre. E di più.
Lo voglio. 
 
 
 
Parole: 842
 
 
 
 
 



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