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Autore: Sumi_    09/09/2012    0 recensioni
Sto per morire, ma non mi dispiace affatto: meglio la morte, che questo inferno.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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There'll be days like this, my mama said...
 

Vorrei avere più sangue, più carne, più fegato.
Vorrei stringere i pugni e farmi forza, alzarmi da questo letto, venirti incontro e portarti su un'altro pianeta. Vorrei andare in bagno con le mie gambe, sollevare un bicchiere con le mie dita, masticare un pezzo di carne, lentamente, gustandone il sapore come non ho più potuto fare.
Vorrei, vorrei, vorrei.

Non sai quanto sia stancante desiderare incessantemente l'impossibile, senza poter nemmeno puntare il dito. È come distendere le braccia per accogliere un dono, e rimanere così non per ore, ma per mesi, anni, secoli. Credimi, in breve tempo è la stanchezza a prevalere sui buoni propositi. Non ti stupire: in un'esistenza patetica come la mia, persino la speranza è un ingombrante fardello. Come se queste lenzuola non fossero già abbastanza soffocanti...

Ah, perché Dio è così crudele? Perché proprio io?
Non posso credere che la mia condizione sia stata espressamente predisposta da Lui. Non posso concepire che questa sia una benedizione, che sarebbe potuta andarmi peggio, come dici tu. E non guardarmi così: è facile parlare quando si hanno soltanto otto anni.
Invero, l'unica benedizione che a mio avviso dovresti considerare tale, è non poter sentire questi miei pensieri. È davvero tutto ciò per cui dovresti ringraziare Dio e gli astri. Davvero.

Anche senza abbassare gli occhi sulla mia mano, so già che troverò la tua ad avvolgerla.
Non la sento, lo so. Le tue piccole dita e la tua testolina riccioluta che riposa sul mio grembo. Mi assomigli, credo. O per lo meno assomigli a come mi immagino.
Ormai non ricordo nemmeno più il mio volto.
Per qualche strano motivo legato all'istinto materno, però, mi basta vedere il tuo.
Quella tua espressione serafica mentre mi osservi pacatamente, quelle tue sopracciglia sottili, quel tuo naso un po' piatto e quei tuoi denti a scacchiera. È orgoglio, questo che mi scalda il petto? È così soffocante.

Ti guardo, e vorrei che tu non ci fossi. Vorrei non esserci neanch'io, in effetti.
Vorrei che questo mondo finisse, o che tu fossi nato altrove. Ecco, sì, vorrei che fossi sbucato fuori da un'altro paio di gambe, che non avessi metà del mio corredo cromosomico, che fossi tutto tuo padre, tutto tuo nonno, tutt'altro. E invece sei mezzo me, mezzo condannato, mezzo morto.

Dimmi, tu che credi tanto nella Divina Provvidenza e nell'Uomo Ragno, che senso ha questo filo rosso che ci unisce? Perché non spezzarlo prima che faccia danni, perché cucirlo? Tu non puoi saperlo, nella tua ingenua ed inesauribile fiducia, ma il futuro non ti riserva proprio niente di buono.
Sia che tu finisca su un letto d'ospedale, sia che tu torni a casa sano e salvo, la felicità non sosterà mai abbastanza a lungo nella tua dimora.
Perché non c'è lieto fine, per quelli come noi. Mai.

Qualcosa mi dice che non ti vedrò crescere.
Sarà il torpore che lentamente comincia ad appesantire le mie palpebre, o il fastidio crescente che mi procura il battito indotto dal pacemaker. Sarà la stanchezza, sarà la depressione. Sarà quel che sarà, ma lo sento nelle ossa. Non c'è più tempo.
Avrei voluto scorrere gli occhi sulla tua barba, fra una decina di anni, e scoprirti uomo. Avrei voluto abbracciare la tua futura donna e ammiccarti con lo sguardo. Avrei voluto essere una madre migliore per te, un modello degno del tuo rispetto, un genitore in grado di proteggerti dalle difficoltà della vita. E invece io stessa ti ho introdotto nel mondo delle delusioni e delle sciagure.
Chissà che proprio io, con le mie flebo e la mia paralisi, non ti abbia arrecato un trauma infantile insormontabile.
Forse trascorrerai il resto della tua vita alla ricerca di un affetto materno che non ti è mai stato dato. Forse svilupperai un malsano terrore per gli ospedale e per i medici. O forse mi dimenticherai facilmente e andrai avanti per la tua strada stringendo i denti e facendo un passo dopo l'altro senza guardarti alle spalle. Come un vero uomo.

Non ti vedrò crescere, ma ti ho messo al mondo.
Che brutto affare, non trovi? Niente di guadagnato, infatti, se non molte, molte sofferenze.
Ma per adesso sei sereno, giochi con le mie guance tiepide e mi guardi con affetto come se fossi il più grande tesoro che ti sia mai capitato tra le mani. Cosa dovrei dirti, se potessi? Di non dimenticarmi o di dimenticarmi? Di essere sempre felice o di non abbassare mai la guardia? Di innamorarti o di fare attenzione a coloro cui affidi il tuo cuore? Oh, troppi dilemmi.
Se il mondo fosse giusto come credi, un malato terminale non avrebbe tutte queste preoccupazioni. Nel dubbio, giovanotto, apri bene le orecchie.

Sto per morire, ma non mi dispiace affatto: meglio la morte, che questo inferno.
Tu però non perdere mai la speranza: è il combustibile che ti scalda quando il freddo ti ghiaccia le membra. E non temere la morte o la vita, perché del resto sono entrambe inevitabili. Non giocare con i tuoi sentimenti, non ignorarli, non sopprimerli. Goditi ciò che ti viene dato ma non lasciare che ti venga facilmente portato via. Se puoi, dimenticami. Anzi, trai una lezione da ciò che hai visto marcire in questo maledetto letto, una qualsiasi, e poi dimenticami. Fidati, ma mai totalmente, se possibile. Tranne che di tuo padre. Oh, di lui fidati ciecamente. Abbraccialo tutti i giorni, anche quando l'imbarazzo renderà quel semplice gesto difficile ed impacciato. Ma continua a farlo, per me. Innamorati pure quanto vuoi, anche mille volte, ma non cedere all'impeto della passione: ci sono già abbastanza fattori che concorrono a spedirti tra le fila di un pronto soccorso, non allungare inutilmente la lista. Conosci te stesso, sii il cambiamento che desideri vedere nel mondo(*) e ricorda...

Mama said there'll be days like this
there'll be days like this, my mama said..

(*) Citazione di Socrate: "Conosci te stesso" e di Gandhi: "Be the change you wish to see in the world".
Il titolo e la frase finale sono tratti dal testo di "Mama said" delle Shirelles.


NOTE
Ho impiegato circa due ore a scrivere questa one-shot, dopo circa due mesi in cui non aprivo Word.
Ho avuto una serie di problemi: il computer, un corso estivo, il test di ingresso per Medicina e per Architettura. Un sacco di stress, ma devo dire che è stata un'estate intensa!
Ora è tutto finito, mi sto preparando per un attesissimo viaggio di due settimane con degli amici (I'm going to London, people! :D), e coincidenza vuole che mi sia capitato tra le mani anche un pc. Ed eccomi qui!
Ieri sera ho iniziato il secondo capitolo di "The beauty and the tragedy", conto di pubblicarlo prima di Mercoledì. Nel frattempo ho avuto un click, non so come meglio spiegarlo in effetti, e questo è il risultato. Spero sia stato di vostro gradimento! :3
Lasciatemi un commento e fatemi sapere se vi è piaciuta o meno, okay?
A presto,
Sumi

   
 
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