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Autore: MoodyBlue    10/09/2012    5 recensioni
-E’ qui la festa?- improvvisamente, una voce leggermente nasale la riscosse dai suoi pensieri. Eccolo. Finalmente, si era degnato di arrivare. Aberdeen lo squadrò con aria critica, già pronta ad emettere giudizi al vetriolo sul disgraziato di turno.
“Oh porca miseria”.
Sobbalzò. Nessuno si era degnato di precisare che si sarebbe trattato...sì, insomma......proprio di “quel” JOHN LENNON, per la miseria!
John Lennon era universalmente noto in tutto il College. Doveva essere una sorta di idolo delle folle. Pareva che non gliene fregasse assolutamente niente di ottenere voti decenti, essendo perennemente impegnato a strimpellare con la sua stupida chitarra. Peccato che se il resto del gregge trovava la cosa ammirevole, agli occhi di Aberdeen, fosse viceversa decisamente patetica.

Lei è Aberdeen Bird: perfezionista e forse sociopatica, la classica “Miss dieci e lode” con tanto di bacio accademico. Non ha mai fallito una volta ed è convinta riuscirà ad istruirlo.E lui, beh...lui è John Lennon, tutto genio e sregolatezza. E fin qui, niente di nuovo da aggiungere. Ma se al binomio aggiungiamo un bassista innamorato, una parrucchiera intraprendente e numerosi guai..lo scontro tra titani si trasformerà in “qualcosa di più” oppure in un bagno di sangue?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Paul McCartney , Quasi tutti, Ringo Starr
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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New York, 1980
 

-Ne...ne siete sicuri?
-Sì, signorina Bird. Ci teneva tanto che l’avesse lei.
 
Aberdeen alzò il capo, rabbrividendo. Il cielo di New York era livido, quel giorno. Sembrava che fosse ancora notte. Sembrava che il sole non si decidesse proprio a sorgere.
Sembrava....sembrava che...
 
-Abbey, è l’ora...- Paul le si fece accanto, lasciando scivolare la mano lungo il suo fianco. Gliela strinse.
Aberdeen appoggiò la testa alla sua spalla. Stava gelando. Era terribilmente stanca.
-Dobbiamo andare.
 
Paul fece per trascinarla via ma Aberdeen restò immobile, ancorata a quella porzione di spazio. Non faceva che fissare l’oggetto che le era stato consegnato, in una busta di cellophane trasparente.
L’avrebbe riconosciuto ovunque. Con la copertina nera, ricoperta di scarabocchi, e le pagine qua e là macchiate di caffè.
Era il quaderno di John.
Silenziosamente Aberdeen, cadde sulle ginocchia. Quelle stesse ginocchia che l’avevano retta faticosamente, non si sapeva come, sino a quel momento e, finalmente, coprendosi convulsamente il viso con le mani, pianse.
 
 
 

TWENTYTWO YEARS BEFORE.

 
 
-Stu, ti prego! Fratello mio! Non lasciarmi! Si dice che quella tizia si nutra di carne umana...!-
-Dio mio, Johnny. Sganciati IMMEDIATAMENTE dal mio polpaccio sinistro! Non ti sembra di stare un po’ esagerando?
 
Stuart Sutcliffe, come di consueto vestito di nero da capo a piedi, lanciò all’amico che strisciava per terra in preda alla disperazione, uno sguardo decisamente perplesso. Era un ragazzo composto, lui, che diamine. Lo imbarazzavano profondamente certe scenate nel corridoio principale del college, considerato che ci teneva,  in ogni caso, a  continuare a godere di alta considerazione presso i professori della scuola.
Vero era che, considerata l’eccentricità del suo migliore amico, John Lennon, diciotto anni di pura genialità ( ma soprattutto di sfrenata nullafacenza) performance del genere non avrebbero dovuto sorprenderlo in alcun modo. Anzi.
 
Però...che cazzo..iniziava ad avere i CRAMPI alla gamba, dannazione!
 
-Per nulla! Dovresti sentire che cosa mi ha raccontato Pete Shutton, di lei...-
-Porca miseria, John!? Ma ancora dai retta, a quel cretino di Shutton? - Obiettò Stu, decisamente disgustato, passandosi una mano tra i lucenti capelli scuri - Quel deficiente va in giro a dire di essersi fatto sua madre!
Per tutta risposta, John, gli rivolse un sorrisino malizioso, senza tuttavia accennare a mollare la salda presa della sua gamba sinistra.
-Beh, come dargli torto. Niente male, la signora Shutton..-
A quelle parole, indeciso se prorompere in un’esclamazione di disappunto, oppure in una sonora risata, Stuart si liberò con un deciso strattone dall’opprimente morsa dell’amico disteso a terra e fece per incamminarsi lungo lo spazioso corridoio principale del Liverpool College of Arts.
-Sei decisamente disgustoso, Lennon. Ed io decisamente in ritardo...- Ridacchiò, controllando nervosamente l’orologio che gli cingeva il polso sottile..- In bocca al lupo, mon amour. Fatti forza!-
 
 Dal canto suo, John Lennon, rincantucciandosi nella lunga giacca nera invernale di panno, impallidì visibilmente. Si rialzò il bavero nel vano tentativo di sentirsi più sicuro di sè, sistemò due o tre volte gli scompigliati capelli biondastri e, strizzando gli occhi castani e spaventosamente miopi, nel tentativo di mettere a fuoco la propria posizione geografica, emise un profondo sospiro.
Se solo avesse studiato di più, dannazione. Se solo Mimi non avesse aperto “quella” maledetta lettera. Se solo i suoi voti fossero riusciti un pelino a migliorare, insomma. Quel tanto che bastava per piantarla, di somigliare ad un fronte bellico  dopo l’esplosione di un centinaio di granate.
Tragedia.
Era che....la sua testa era nella musica, e per questo non si poteva di certo fargliene una colpa. Gli sembrava che tutto quello studio, arido e cattedratico, svilisse spaventosamente la sua vena artistica.  Lui non ne aveva bisogno, se proprio si voleva sapere. Sarebbe diventato più popolare di Elvis, John Lennon! Più popolare...dello stesso Gesù Cristo!
Già.
Ma che qualcuno lo andasse a spiegare a Mimi, per esempio....
...o al Preside del suo College.
 
Sospirando profondamente, John Winston Lennon, tutt’altro che uno studente modello, il ragazzo con il sorriso sfacciato sulla faccia e la chitarra issata sulla schiena, si diresse verso l’aula 3 B (quella del dopo-scuola)con lo stesso entusiasmo col quale si presupporrebbe che un condannato a morte si debba avviare alla propria esecuzione capitale.
 
Non c’era proprio gloria, per gli artisti!
 
***
 
Traendo un profondo sospiro, Aberdeen Bird lanciò all’orologio che occupava per intero la parete dirimpetto uno sguardo decisamente spazientito. Quel cretino (chiunque egli fosse) era in ritardo.
E Aberdeen Bird non aveva tempo (neppure  un minuto, neanche una frazione di secondo) da perdere.   
 
Studentessa numero uno del Liverpool College, la signorina Bird, scommettevano i suoi professori, un giorno avrebbe insegnato “Arte” in uno dei più prestigiosi atenei del mondo. Magari, ad Harvard.
Era una  pittrice astrattista di abilità impressionante, rappresentante degli studenti e, a tempo perso, faceva equitazione.  I suoi insegnanti la stimavano. Le sue coetanee  avevano un reverenziale timore di lei.
I ragazzi della scuola erano perennemente impegnati a  spargere, sul suo conto, volgarità ai limiti del blasfemo, nonchè odiose leggende metropolitane.
 
Temo che finirebbe per congelarmelo, se solo mi avvicinassi a lei ...- aveva commentato Charlie Shew in proposito, uno dei più disinibiti studenti del terzo anno  -....deve tirare un vento glaciale, sotto la gonna della Bird. In ogni caso me la farei, se non fosse frigida. Merita parecchio”.
 
Ma Aberdeen Bird non era frigida, se proprio si voleva sapere. Semplicemente, era perfezionista. Semplicemente, i suoi si erano separati, e considerato che il padre aveva abbandonato la madre per mettersi con una subrettina che aveva all’incirca la sua età, ragionevolmente, gli uomini la disgustavano non poco.
Semplicemente, il fatto che sua madre, anziché disperarsi, fosse passata dal frequentare individui uno più assurdo dell’altro, scoraggiava la povera Aberdeen nel fare altrettanto, e non poco. Nonostante le volesse molto bene, infatti, da sua madre, Aberdeen non aveva desiderato che di diversificarsi il più possibile, per tutta la vita. Già il fatto che avesse insistito così tanto, per metterle un nome a tal punto assurdo, beh....la irritava non poco.

Ma dico...era proprio necessario decidere di far sapere al mondo che, sua figlia, era stata concepita durante una fuga d’amore in una delle più popolose città Scozzesi? Un disastro, ecco cos’era. Un disastro al cubo.

Comunque fosse, non era il caso di divagare. Aberdeen era lì soltanto per fare il suo “lavoro”, e basta. O meglio; per
dedicarsi ad un’opera pia non priva di risvolti positivi per lei. Così aveva detto il Preside del College per convincerla, d’altra parte:  “La prenda come una missione umanitaria, signorina Bird”.
Ma considerata la sua ottica esistenziale di stakanovista irriducibile, comprensibilmente, Aberdeen la vedeva soltanto come una preziosa strategia per guadagnare crediti extra. Avrebbe  scalzato tutti i compagni di scuola che, come lei,  anelavano il piazzamento nella graduatoria degli studenti candidati all’ottenimento di una borsa di studio per la fine di quell’anno, grazie ad un piccolo sacrificio. Dunque, avrebbe stretto i denti....
...e tentato altruisticamente di guidare, qualunque tipo di bifolco le fosse stato assegnato, al di fuori del tragico tunnel dell’ignoranza patologica.

-E’ qui la festa?- improvvisamente, una voce leggermente nasale la riscosse dai suoi pensieri. Eccolo. Finalmente, si era degnato di arrivare. Aberdeen lo squadrò con aria critica, già pronta ad emettere giudizi al vetriolo sul disgraziato di turno.

“Oh porca miseria”.

Sobbalzò. Nessuno si era degnato di precisare che si sarebbe trattato...sì, insomma......proprio di “quel” JOHN LENNON, per la miseria!

John Lennon era universalmente noto in tutto il College. Doveva essere una sorta di idolo delle folle. Pareva che non gliene fregasse assolutamente niente di ottenere voti decenti, essendo perennemente impegnato a strimpellare con la sua stupida chitarra. Peccato  che  se il resto del gregge trovava  la cosa ammirevole, agli occhi di Aberdeen, fosse viceversa decisamente patetica.
John passava più tempo sbattuto fuori dalla porta che dentro la classe a seguire le lezioni, ma nonostante questo non aveva mai perduto la sua faccia tosta.  Ad Aberdeen non era mai capitato di seguire un corso insieme a lui: per questo, all’infuori di scorgerlo qualche volta nel giardino esterno del college, come sempre perennemente intento a fare il cretino osannato da un manipolo di suoi pari, la ragazza non aveva mai avuto occasione di osservarlo da vicino.
Dopo esserselo ritrovato a pochi centimetri di distanza, ad Aberdeen, non restava che ammettere con riluttanza che si trattava comunque di un tipo piuttosto interessante. Era abbastanza alto, con i capelli vagamente ricciuti e biondo scuri, e due occhi marroni vispi ed irriverenti, dietro agli occhiali rotondi del Servizio Sanitario Nazionale, che in ogni caso quasi mai l’aveva visto indossare.
Come il suo inseparabile amico, Stuart Sutcliffe (col quale, viceversa, Aberdeen sarebbe uscita volentieri) vestiva interamente di nero, con pantaloni a tubo da Teddy Boy e vecchie scarpe da bowling con la punta dura di cuoio.
Il suo viso aveva un’aria intelligente, in ogni caso. Perfettamente insopportabile, forse, ma comunque sveglia.
Sembrava parecchio strano che i suoi voti non riuscissero a riflettere le promesse tradite dall’arguzia del suo viso....
 
-No. Nessuna festa, qui...- Rispose Aberdeen cercando di mostrarsi risoluta - Ci sono solo io.  Quella che ha avuto la sfiga di essere incaricata dal preside di farti da Tutor. Sono Aberdeen Bird. Ma in ogni caso, qualcosa, tende a convincermi che tu mi conosca già...-
- E come no?- Borbottò John con un sorrisino malizioso, squadrandola da capo a piedi. -....il contrario sarebbe altamente improbabile..-
 
Dal canto suo, anche John osservava la ragazza che si era ritrovato di fronte con sincero interesse. Era bella, con un viso quasi completamente struccato e sbarazzino, che la faceva assomigliare un po’ ad una volpe, ed indossava una gonna  pantalone sopra un paio di pesanti calze scure infilate in scarpe da tennis bianche.
Sfoggiava, in altre parole ,un abbigliamento decisamente eccentrico; non c’era dubbio. Ma d’altronde era perfettamente in linea, con ciò che si raccontava di Aberdeen Bird.
I capelli biondi le toccavano a malapena le spalle, ed il suo nasino francese guardava insù, con la stessa alterigia della sua proprietaria. Aveva gli occhi grandi e scuri, coronati di ciglia lunghe e qualche efelide spiaccicata sulle guance. Si sarebbe arrischiato a definirla niente male, se solo il fatto che fosse una secchiona tremenda non avesse dimostrato già ampiamente che era noiosa e conformista.
 
 
-Allora?
-Allora che?
-Allora...hai intenzione di torchiarmi veramente o di lasciarmi vivere? Eddai, Bird...- la pregò John, con un occhiolino malizioso -....non mi dire che la vuoi fare veramente, questa stronzata della maestrina. Ti posso pagare per lasciarmi in pace, se vuoi. In natura...-
A quelle parole, Aberdeen proruppe in una sonora risata.
-Ma non  ci penso nemmeno. Io prendo quello che faccio molto sul serio, Lennon. Per cui, se pensi di cazzeggiare, hai sbagliato indirizzo..-
-In effetti , credevo di essere diretto soltanto “in Piazza dello noia mostruosa”, e non in “Via dello sfracellamento di Palle”...- Ironizzò John, con una risatina acuta.
-Qualunque sia l’itinerario attraverso il quale passerai, il tuo traguardo DOVRA’ essere necessariamente il superamento degli esami finali, caro mio...- Riprese Aberdeen, risoluta -...non ho mai fallito prima d’ora, e di certo non credo che topperò per la prima volta proprio per causa tua...-
-E’...una minaccia?
-No. E’ una constatazione.
- Devo forse avere paura?
-Fai un po’ quel che ti pare. Bada che domani alle quattro sarò a casa tua, Lennon...- Aberdeen si avviò a passo di carica verso la porta, stringendo al petto i suoi libri frettolosamente raccolti dal banco in cui sedeva -...e non credere di poterla fare franca, intesi? so dove abiti.
 
John rimase solo in aula, decisamente contrariato. Non aveva tempo da  sprecare per assecondare le mire di quella pazzoide ruffiana di Presidi. Lui doveva continuare ad inseguire il suo sogno, dannazione.
Lui doveva, assolutamente....LEVARLA DI MEZZO!
Un sorriso diabolico si dipinse sul viso irriverente del giovane Liverpooliano. Si poteva star certi che ce l’avrebbe fatta.
Conosceva giusto due persone, disposte ad aiutarlo.
 
Aberdeen si diresse verso l’uscita del College, quasi correndo. Non aveva tempo da sprecare per assecondare la svogliatezza di quel deficiente flippato con la musica. Lei doveva continuare ad inseguire la sua borsa di studio, dannazione.
Lei doveva..assolutamente....RIUSCIRE A FARGLI OTTENERE DEI VOTI DECENTI!
Un sorriso diabolico si dipinse sul viso della bionda di origini Scozzesi. Si poteva star certi che ce l’avrebbe fatta.
Conosceva giusto una persona, disposta ad aiutarla.

 

 

Salve :3

Non crocefiggetemi per questo schifo. I Beatles non mi appartengono (disgraziatamente) e compagnia bella.  L’ispirazione per il nome di Aberdeen mi è venuta da una delle mie canzoni preferite (l’omonimo dei C age The Elephant) eeeeee abbiate pietà. Sono sensibile(scherzo ù.ù all’incirca...).

Lots of Love

Blue .

  
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