Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Rota    10/09/2012    0 recensioni
[Imayoshi + Momoi + Aomine]
Vuota di presenze moleste, la vita di Shoichi si divideva tra sua madre e il mare – magari anche qualche bimbo che, perdendosi nel sulla spiaggia, arrivava fino a casa sua smarrito e spaurito, oppure quel negoziante tanto insistente che veniva a far loro visita portando di tanto in tanto vestiti nuovi e qualche strano utensile nonché un mucchio di libri che il bimbo leggeva durante gli inverni; per quanto sua madre odiasse quell'uomo, sembrava non poter essere libera di dire ciò che pensava realmente e quindi si adattava alle circostanze. Da una parte agiva, dall'altra pensava. E tutto quello doveva avere un grande scopo perché effettivamente Shoichi non pensava potesse essere diversamente. In quel modo, in compenso, lui aveva potuto assistere alla guerra tra un uomo e una balena gigante, ai viaggi di uno stupido fesso che non contento dei nani e dei giganti si era diretto dove gli animali parlavano, o anche all'esperienza formativa di un mozzo un po' goffo che per diventare grande devette difendere un tesoro e sconfiggere il proprio educatore morale. Nella libreria personale del bimbo, pochi testi non prevedevano il mare.
Genere: Angst, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Autore: margherota

*Titolo: Trying to keep an eye on you

*Fandom: Kuroko no Basket

*Personaggi: Imayoshi Shoichi, Aomine Daiki, Momoi Satsuki/Sirena!Momoi, Altri

*Generi: Fantasy, Angst, Introspettivo

*Avvertimenti: Bi- Shot, AU, What if...?, Cenni vaghi di Shonen- ai

*Rating: Arancione

*Credits: Losing my religion, REM

*Note: Secondo e ultimo capitolo di questa piccolina (L) anche qui, sono stata molto indecisa su come farla finire, mi spiace per questo ritardo èè''

Non vi anticipo nulla perché è meglio, magari fate occhio ai primi paragrafi che si nasconde qualche pair di mia recente passione 8D

Buona lettura :D

 

 

 

 

Yoshinori addentò una mela, appoggiandosi con tutto il sedere e una gamba tesa sul parapetto legnoso della nave; guardava oltre la banchina, dove i capanni delle attività commerciali si ammassavano l'un con l'altro a formare quasi un villaggio a sé stante, distaccato per morale e fine da tutto quanto il resto. Il merciaio, la giornata precedente, aveva avuto da ridire sulle casse di zucchero che la Too gli aveva portato: troppo ionizzato, diceva, che più di zucchero sapeva di acqua marina. Wakamatsu non ci aveva visto più e gli aveva dato un pugno in viso – e a dire la verità, con una persona che sempre sparava balle di quel calibro, Susa si era domandato spesso come Kosuke fosse riuscito a trattenersi fino a quel punto. Le casse le avevano vendute, ma dubitava che in futuro ci sarebbero stati affari ancora con quello. Tanto la costa era piena di paeselli che necessitavano di quel tipo di beni, non era un problema trovare un acquirente nuovo quanto piuttosto trovarne uno davvero buono.

Ah, non erano affari suoi, il capitano era molto più bravo a badare a cose del genere.

Diede un altro morso che quasi dimezzò la mela rimanente. Un tempo neanche immaginava che avrebbe addentato un frutto simile, con tranquillità e noncuranza. Dalle sue parti non crescevano molte piante da frutto e la maggior parte dei loro prodotti erano molto aspri, dai colori caldi e squillanti; da quando era entrato a far parte dell'equipaggio della Too, sotto quel pazzo del capitano Imayoshi, aveva visto luoghi incredibili, assaggiato cibi di ogni tipo, incontrato gente fin troppo diversa e dalle abitudini assurde. Gli stessi altri marinai di quella nave mercantile erano un esempio concreto di questa sua fantastica esperienza, contando che erano pochi e nessuno era nato in un luogo vagamente simile a quello degli altri. Con ogni probabilità, Shoichi aveva cercato di raggruppare persone che si fossero sentite di dipendergli totalmente.

Kosuke imprecò e neanche tanto piano, mentre con un passo accelerato e nervoso percorreva per l'ennesima volta tutta la lunghezza del ponte. L'orario flessibile del capitano aveva sempre dato molta libertà ai suoi marinai, almeno abbastanza da lasciarli liberi di vagare come meglio credevano per intere giornate prima della partenza, anche perché doveva giustificare in qualche modo il fatto che lui stesso, alle volte, si fermava qualche ora in più presso una casa isolata, ai margini di una cittadina povera di un'isoletta nell'estremo est del paese. Susa si era domandato le prime volte il perché di una traversata simile, se poi ad attenderli non c'era altro che un piccolo clan di mezzi demoni molto poco socievoli. La verità era semplice: tutto quello rappresentava solo un piccolo capriccio del capitano, una presa di contatto sempre più intima con la propria natura e il proprio modo d'essere. Niente riempiva di felicità Imayoshi che qualche giorno passato tra i Ragni a Sei Braccia e se questa gratificazione giustificava anche i ritardi del resto dell'equipaggio, allora andava bene.

Però doveva ammettere che Aomine tirava eccessivamente la corda, alcune volte. Persino Shoichi diveniva isterico, dopo che il limite di tempo prefissato aveva un esubero di più di tre ore.

-Avrà avuto problemi...-

Il capitano tendeva a giustificarlo sempre e non era così strano data la natura della relazione che li legava – tuttavia, anche con tutta la buona volontà del mondo, Yoshitori non riusciva a provare pietà per la situazione.

-Non c'è niente che possa farlo ritardare così tanto! Lo sta facendo apposta!-

L'uomo le aveva provate davvero tutte per calmarlo e di solito riusciva molto bene nel proprio intento: non c'era parola di Imayoshi che i membri del suo equipaggio sprecassero, neppure una. Ma davanti ad una tale stizza Shoichi non seppe davvero che ribattere senza entrare troppo in contraddizione, così che Wakamatsu poté approfittare della cosa e fare la sua proposta.

-Io dico di partire senza di lui! Se lo meriterebbe! Lasciamolo qui per qualche mese e poi vediamo se ha ancora voglia di ritardare!-

L'uomo sorrise benevolo e si fece avanti per dire qualcosa quando una voce, femminile e allegra, fece notare a tutti loro che qualcuno stava arrivando. Con un braccio teso in avanti e la coda da sirena che si muoveva a destra e a sinistra, Momoi trillò non meno preoccupata degli altri.

-Aomine è laggiù, laggiù! Sta arrivando!-

 

Trattare con un tipo come Daiki non era affatto semplice, specie se eri dotato di un carattere molto poco indulgente come quello di Kosuke: per quanto fossi stato capace di portare pazienza, per quanto potevi tollerare certi comportamenti arroganti, per quanto potevi comprendere che per una creatura simile il mondo umano era tutta una grande e meravigliosa scoperta, non potevi davvero passare sopra all'insieme di tutte queste cose unito poi alla sfacciataggine perennemente dipinta su quella faccia da immortale demente, figurarsi se non riuscivi a fare neppure una cosa delle prime tre. Almeno, così era se ti chiamavi Wakamatsu.

Il giovane, quando lo vide mettere piede sulla passerella e percorrere quel poco di tragitto che lo divideva effettivamente dalla nave lento e indifferente a qualsiasi cosa, si irritò ancora di più e si mise così vicino al parapetto che dava sulla terraferma che quasi sembrava volesse rotolare giù. Attese che Aomine salisse effettivamente sulla nave, sgridato sia da Shoichi che Satsuki, che la passerella fosse ritirata così assieme all'ancora e allora esplose in tutto il suo ardore.

-Tu non sei degno di questa nave!-

L'altro fermò il passo più per il tono che gli era stato rivolto che per le parole effettive, e se già dalla sua postazione Momoi aveva previsto la peggiore calamità di sempre Daiki aveva l'aria di chi si sta ancora largamente annoiando.

Kosuke, per sottolineare quanto fosse arrabbiato, gli andò contro e lo prese per il collo della maglia sgangherata.

-Non ti devi permettere di mancare di rispetto al nostro capitano a questo modo! Imayoshi è troppo buono con te: io ti avrei abbandonato da un sacco di tempo!-

Avvenne abbastanza in fretta, come al solito: un calcio ben piazzato, un'intenzione ostile nascosta e per questo decisamente più efficace, Wakamatsu che rotolava sulle assi di legno del ponte fino a ritrovarsi ai piedi di Aomine, il resto dell'equipaggio che alzava gli occhi al cielo e sbuffava.

Daiki fece un mezzo ghigno, qualcosa che ricordò vecchi dissapori finiti tutti allo stesso modo, e lo guardò con sufficienza portandosi una mano al fianco. D'altronde, tra i due non c'era mai stato neppure paragone.

-Infatti Shoichi ha la possibilità di usarmi, a differenza tua...-

Wakamatsu rantolò a terra e cercò di guardarlo storto, per quanto gli era possibile.

-Brutto...-

Mancò poco che Daiki gli desse un altro calcio – forse il fatto che Satsuki lo richiamò, con tutta la severità del mondo e muovendo isterica la coda luminosa, lo calmò solo di un poco.

-Non mettermi sullo stesso piano dei membri di questo equipaggio. Io sono diverso da tutti voi! Io non sottosto alle regole imposte a tutti voi! Sono un'arma divina, non c'è legge o regola che possa limitarmi!-

Dietro di lui sentì Imayoshi sospirare affranto e quando si voltò stava evidentemente trattenendo per sé una buona parte di stizza. Lui e le sue parole da pomposa prima donna.

-Sì, Daiki. Lo sappiamo. Ora, gentilmente, potresti aiutarmi a issare le vele invece che perdere tempo così? Magari riusciamo ad arrivare a casa in settimana, se ci muoviamo adesso...-

 

Per Sakurai non era stato difficile abituarsi all'idea d'avere un comandante mezzo demone. Avendolo visto spesso nudo, aveva notato anzitempo i segni che aveva lungo uno solo dei due fianchi – non come Daiki, che aveva segni neri all'altezza del petto da entrambi i lati del suo corpo, segno di una natura demoniaca completa e perfetta. Che Imayoshi avesse un poco d'umano lo rassicurava molto, in realtà. Ma non era stato questo particolare a convincere Ryo della qualità innegabili di quello strambo capitano, quanto piuttosto il suo atteggiamento verso quello che era e verso il mondo che lo circondava. A quanto aveva capito, lui era diventato un marinaio molto presto, verso i quindici anni, guidato col corpo e con lo spirito dal vecchio capitano della Too, il signor Harasawa. Aveva solo ventisei anni e aveva una nave tutta per sé: questa poteva essere una dimostrazione efficacie del suo genio.

Aomine e Momoi erano stati la chiave di ogni suo vero successo. E a nessuno interessava che l'uno fosse un vero demone e l'altra una sirena, perché finché restavano vicini a Shoichi sarebbero stati governabili, alleati preziosi in ogni momento. Ryo aveva visto come Shoichi “usava” Daiki, in un modo che rimandava tanto alla sua vera essenza da pescatore: come una creatura marina, come un tricheco leggendario e come la stessa Momoi alle volte faceva, l'uomo agitava il tridente attraverso fendenti ben precisi e ne conficcava le tre punte all'interno dei corpi delle sue vittime. Era chiaramente una forza antica – sprecata – quella che Shoichi riusciva a incanalare nei propri colpi, anche perché usava sempre e soltanto la sinistra per impugnare Aomine.

Collegato al timore come sempre era, Ryo era colui che aveva il compito di guardare tutto e dirigersi nella direzione giusta. Vedeva Wakamatsu alle prese con vele irriverenti, vedeva Imayoshi scendere sotto coperta a controllare la saldatura delle ultime casse che avevano come bagaglio, vedeva Susa recuperare una carta nautica che non si sapeva bene come era uscita dalla cabina del capitano e rischiava di finire in mare, e vedeva anche Aomine e Momoi giocare assieme saltellando tra i fluttui come due delfini, gridando di gioia e spruzzando acqua dappertutto. A conti fatti era divertente, per una persona come lui cresciuta su un'isola sperduta nel grande oceano del Nord, poter viaggiare a quel modo, una grande opportunità nonché la vera e sola libertà conosciuta.

Annusò l'aria, forte di vento che preannunciava burrasca. La meta era vicina e non avrebbero trovato problemi a sbarcare entro qualche ora, scansando l'eventualità non tanto piacevole di ritrovarsi attorno un mare in tempesta.

Stavano tornando a casa del capitano, come accadeva ogni sei mesi circa, secondo un programma specifico che avevano concordato tutti assieme e che rendeva quella terra una delle poche tappe di reale riposo per tutti loro. Povera com'era, non aveva niente con cui incrementare il commercio se non qualche pecora e un po' di altro bestiame che serviva all'allevamento di sussistenza degli abitanti della zona. Quello che importava era che ci fossero una casa ed una donna ad attenderli.

Ryo annusò di nuovo l'aria e cominciò a sentire nel vento i primi odori della cenere dei fuochi terrestri. Sapeva di dimora stabile, sapeva di terra, sapeva di legno bruciato.

La nave si avvicinò alla costa orientale, laddove gli scogli erano rintanati sul fondale dell'oceano e lasciavano libero il passaggio ad una nave piccola come quella.

Momoi nuotò verso riva con una certa energia mentre Aomine, risalendo a bordo, la chiamò più e più volte prima che lei rispondesse alle sue urla.

Ed ecco che tutto l'equipaggio lo vide chiaramente, quel palo infisso poco distante dalla spiaggia, piantato nel terreno per tenere sotto controllo le varie maree che si allungavano e si ritiravano dalla spiaggia. Appeso al legno, c'era il corpo annegato e marcio di una persona.

 

Aomine conosceva da quasi vent'anni Imayoshi e sapeva bene che il solo vero legame che lui avesse era quello con la sua genitrice – chiamarla “madre” suonava strano, per quanto l'uomo adoperasse per primo quel termine, perché non racchiudeva niente di quello che Shoichi e quella donna rappresentavano l'uno per l'altra.

La prima volta che Satsuki lo aveva consegnato nelle mani di quel piccolo mezzo umano non solo l'aveva trovato umiliante ma anche degradante per quello che era e rappresentava: un'arma celeste come lui data in dotazione ad un mortale neanche fosse stato un pugnale qualsiasi. Ricordava gli anni passati nelle caverne scavate nelle rocce umide, a guardare Momoi che insegnava l'arte della spada e della lotta a quel bambino solo, piccolo e malnutrito. La sirena aveva visto bene, con quella sua capacità di giudizio che l'aveva sempre caratterizzata e che l'aveva eletta più di cinquecento anni prima la sua legittima custode: quell'essere non sarebbe morto schiacciato dal suo potere né sarebbe impazzito sostenendone l'enorme gravità. Forse lo si doveva al fatto che fosse mezzo e mezzo, forse solo per dote naturale. Imparando a fidarsi di lui, non si era più posto domande di alcun tipo.

Non si faceva alcun tipo di domanda neppure in quel momento, a guardarlo mentre era tutto rannicchiato sopra uno scoglio bagnato dagli spruzzi che le onde producevano nell'infrangersi contro la pietra. Aveva lo sguardo fisso, proprio nel punto dove era infisso il palo; il corpo della donna, ormai, era stato fatto a pezzi dai pesci. Non gli era servito molto per capire l'identità della vittima: era bastato entrare in casa, evitando accuratamente come suo solito di attraccare la nave vicino al paese dell'isola, per andare da Sakiko a salutarla. Segni di lotta sui pochi mobili, cibo per terra e il caminetto tutto sporco erano stati segni abbastanza chiari, ai suoi occhi.

Il suo equipaggio lo aveva lasciato su quello scoglio, perché non era molto saggio portarlo al villaggio dopo quello che era successo. Sakurai, la mente più pessimista dei tre, aveva temuto la peggiore delle ipotesi e aveva avuto anche il buon senso di trattenerla per sé stesso. Wakamatsu aveva proposto quasi subito di rientrare sulla nave e di scappare via il più velocemente possibile, preso da una foga e da una paura sottopelle che lo rendevano ancora più isterico del solito. Susa, dall'alto della sua posizione di vice, aveva cercato di acquietare gli altri due dando voce alla ragione che suggeriva che se gli abitanti dell'isola ancora non li avevano attaccati di certo avrebbero aspettato quantomeno la notte per farlo e loro avevano parecchio tempo per organizzarsi. Era comunque chiaro, a tutti e tre, che Imayoshi si trovasse in pericolo – dovevano solo capire il perché.

Shoichi, da canto suo, non sembrava essere animato da alcuna volontà. Momoi era accanto a lui e gli stava pettinando i capelli, con un'espressione in viso che sembrava affranta e addolorata. Quanta stranezza, per Aomine: non aveva mai sentito particolare gioia per quello che accadeva al suo padrone così come mai aveva sentito particolare rabbia e ora era lì, a sentire nel petto qualcosa di pesante che gli schiacciava, senza che potesse fare nulla, i polmoni e il cuore.

Ma d'altronde se era vero che con Sakiko aveva sempre avuto un legame assoluto, indissolubile, tra le poche persone che durante la sua vita avevano fatto la differenza rientravano sia lui che Momoi. E questo lui non lo poteva certo ignorare così facilmente.

Si avvicinò a lui e lo affrontò di petto, anche piuttosto duramente.

-Allora, cos'hai intenzione di fare?-

Imayoshi sembrò svegliarsi da uno stato di quiete momentanea e come primissima cosa vide lui, Daiki, l'arma che il mare gli aveva donato con così tanta grazia. Aomine non seppe dire subito cosa notò nascere nel suo sguardo, una nuova fiamma che non gli aveva mai visto prima e che rese il suo ghigno animale terribile e scuro come le profondità marine. Ebbe un brivido di paura quando si alzò e protese la mano verso di lui.

-Aomine-kun, dovresti accompagnarmi un attimo al villaggio...-

 

Non importava: qualsiasi strada avesse scelto Shoichi era lui il nuovo padrone di Aomine. Non importava se fosse un assassino, se fosse un dannato, se fosse la peggiore persona di sempre: nelle sue mani Daiki era tornato alla vita, aveva trovato una casa e un concetto di famiglia che aveva lasciato indietro quando l'Imperatore li aveva traditi e aveva fatto a pezzi il loro animo, quando lui era stato costretto ad assumere una posizione ferrea, come gli altri suo fratelli. Non importava di quanta morte sporcava il proprio tragitto e quanti cadaveri scostava per proseguire: l'unica cosa che avrebbe potuto distruggerlo l'aveva persa e ormai era incrollabile, senza niente che legasse la sua coscienza a quel mondo terreno.

Lo aveva visto incontrare gli isolani riuniti – come bestie acquattate nella tana, lo stavano attendendo con i forconi e le mazze pronte all'assalto. Lo aveva visto con i suoi occhi da Bestia marina, che vedevano ben oltre la distanza umana, come li avesse avvicinati con le mani alzate e il sorriso sulle labbra. Parlando con quegli animali rabbiosi, la sua espressione non era cambiata per nulla; parlando, era chiaro che volesse portare avanti la propria decisione qualsiasi fosse stata la giustificazione dei suoi compaesani. Ma dopo che infilzò il primo di loro, un giovane della sua età che gli aveva sputato in faccia, Satsuki aveva capito che non poteva restare da solo. Si era tuffata velocemente in acqua e aveva assunto la forma della Bestia, della piovra gigante, e stendendo le proprie braccia verso la terra ferma ne aveva presi un sacco e buttati a mare, uno a uno, o stritolati con le sue ventose e fatti a pezzi. La spiaggia, per soddisfare la loro rabbia, si colorò di rosso.

 

Sporco di sangue sulle braccia, sulle gambe e sul petto, Imayoshi brandendo ancora Aomine con il braccio sinistro camminava sicuro diretto alla propria nave. Non c'erano attacchi e quindi la Too era stata ancorata poco distante dalla costa ma era talmente piccola e vicina che nessuno aveva mai davvero pensato di rifornirla di una scialuppa. Così, con l'acqua del mare che gli arrivava alle ginocchia, Shoichi si ricordò che doveva fermarsi. Momoi, ormai in forma di sirena, scivolò ai suoi piedi e si sostenne con le sue gambe, cercando in qualche modo di risalire il suo corpo per abbracciargli le spalle. Ci riuscì a stento e già quando lui aveva cominciato a parlare; dietro di lei, c'erano ancora fili di una scia rossastra.

-Il nostro Re ha emanato una direttiva che rende illegali i demoni e i mezzi demoni. L'avrebbe fatto qualche tempo fa ma in questa parte di mondo ancora in pochi lo sanno e un paio di giorni fa ha attraccato qui la nave reale incaricata di far applicare la legge in qualsiasi angolo della terra di proprietà degli Himuro. A quanto pare, i miei compaesani non vedevano l'ora che arrivasse una scusa dal cielo per uccidere me e Sakiko.-

C'era del terrore profondo negli occhi dei tre marinai, qualcosa che poche altre volte avevano davvero conosciuto. Derivava probabilmente dalla calma estrema palesata dall'uomo o dal tono così sereno delle sue parole, come se non ci fosse altra soluzione che quella.

Ora lui era fuori da ogni legge – e se già rifiutava di ripetere nei propri discorsi la dolce parola “madre” allora significava che davvero aveva varcato la soglia del non ritorno. Aomine brillava al sole, sostenuto dalla presa ferma dell'uomo, e Momoi pettinava ancora i capelli di Shoichi con calma e devozione. Quei tre, nell'insieme, formavano un'immagine in totale contrasto con la tragedia appena avvenuta.

Qualcuno, lontano, lanciò un urlo terrificante, seguito da altri gemiti che il vento sparse ovunque.

Imayoshi continuò a parlare.

-Da questo momento c'è un nuovo inizio. La Too smette di essere una nave mercantile come io smetto di essere il capitano di una compagnia commerciale perché, in quanto fuorilegge per definizione, mi sarebbe oltremodo impossibile. Tutto ciò che possiedo è me stesso e quel guscio galleggiante, la mia arma e un mostro marino a cui sono particolarmente simpatico.-

Altre grida, movimenti sospetti, l'organizzazione dei pochi sopravvissuti che sembrava davvero molto propensa all'attacco e allo sterminio.

Susa, Sakurai e Wakamatsu guardavano sempre più preoccupati quell'uomo delirante.

-Niente di quello che sono adesso vi lega a me. Siete liberi di fare quello che volete: o seguirmi o dirigervi altrove. Sappiate solo che la bandiera bianca del commercio verrà sostituita entro domani con un manto nero dal teschio bianco.-

Sorrise davanti ai loro occhi, alzando il proprio tridente al cielo.

-Che guerra sia!-

   
 
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