Mi
hanno tenuto per ore alla centrale di polizia e hanno chiamato i miei
genitori che quando hanno saputo cosa era successo per poco non
muoiono di infarto. Mi dispiace aver coinvolto anche loro, ma essendo
minorenne devono essere per forza informati e quindi, ovviamente,
sono venuti a sapere che in realtà l'obbiettivo ero io.
Ci
hanno sottoposto a interrogatori infiniti e ci hanno fatto diecimila
domande di ogni genere,ma non sono riusciti a scoprire niente di
nuovo. Non abbiamo nemici, siamo sempre stati una famiglia unita, non
abbiamo nessun precedente, i miei genitori fanno un lavoro
tranquillo, insomma niente che possa far capire come mai qualcuno ce
l'abbia con noi.
Il
commissario ha mandato a casa i miei circa un'oretta fa, ma io sono
dovuta rimanere per le ultime domande. Ha rassicurato i miei
dicendogli che mi accompagnerà personalmente a casa.
Adesso
sono seduta in attesa che esca dal suo ufficio e che mi porti a casa.
Sono distrutta e spaventata e non vedo l'ora di buttarmi nel letto e
farmi una lunga dormita, anche se sono sicura di non riuscire a
chiudere occhio.
Ho
smesso di tremare, è rimasta soltanto un po' di nausea. Penso di
aver avuto un attacco di panico, cosa assolutamente comprensibile
viste le circostanze, spero davvero di non iniziare a tremare di
nuovo, è davvero orribile non poter gestire il tuo corpo, anche se,
considerando come sarebbe dovuta andare oggi non mi lamento per un
po' di tremore e nausea.
Chiudo
gli occhi e inizio a pensare a cosa sarebbe realmente accaduto se
fossi morta oggi. Chissà come avrebbero reagito i miei genitori e se
si sarebbero messi a piangere oppure sarebbero stati forti e come
glielo avrebbero detto a mio fratello di soli nove anni che la
sorella non c'era più? E mia sorella? Lei come avrebbe reagito?
Sono
talmente sovrappensiero che non mi accorgo che la porta dell'ufficio
del commissario si è aperta e quando mi poggia una mano sulla
spalla, mi spavento e automaticamente balzo in piedi.
Guardo
il commissario con occhi sbarrati e faccio un profondo respiro mentre
cerco di calmarmi.
-Mi
scusi, ero sovrappensiero e non l'ho sentita arrivare-
-No,
scusami tu. Dopo la giornata che hai passato oggi quella di metterti
la mano nella spalla è stata una pessima mossa. Sei pronta per
andare a casa?-chiede.
La
sua voce e il suo modo di guardarti ti trasmettono sicurezza e
calore. Questo commissario dev'essere davvero una persona stupenda,
anche se sarebbe stato meglio non averlo mai conosciuto.
Durante
il tragitto in macchina rimango in silenzio e lui lo spezza soltanto
una volta con una semplice domanda.
-Vuoi
sapere cosa succederà adesso?-
-Preferisco
non saperlo- rispondo, anche se dentro di me so già cosa succederà.
Continueranno le indagini, cercheranno testimoni, faranno tutti i
rilievi possibili e bla, bla ,bla.
Arrivati
in piazza mia, lui spegne la macchina e rimane in silenzio, vorrebbe
dire qualcosa, ma non lo fa, forse per paura di spaventarmi ancora di
più e io non voglio proprio sentire quello che ha da dirmi. Apro lo
sportello e scendo.
-La
ringrazio. Buonanotte- lo salutò senza nessuna emozione nella voce e
chiudo lo sportello.
Sto
per aprire la porta di casa quando lui abbassa il finestrino. Lo
sento sospirare.
-Forse
è il caso che tu inizi a darmi del tu. Buonanotte, Giada.- e se ne
va.
Questa
frase può significare solo una cosa e cioè che lo vedrò talmente
spesso che sarebbe inutile continuare a chiamarlo commissario e
dargli del lei e mi sento invadere dallo sconforto. Proprio come
avevo immaginato.
Nonostante
siano le dieci passate i miei mi stanno aspettando in cucina e stanno
parlando tra di loro, ma quando entro interrompono il loro discorso e
vengono ad abbracciarmi, mentre io scoppio a piangere tra le loro
braccia.
Stanotte
non ho chiuso occhio, sono riuscita ad addormentarmi alle cinque e
mezza e un'ora dopo mi sono dovuta alzare per andare a scuola. Non so
se quella di andare a scuola, sia una buona idea, ma dal momento che
nessuno me lo ha ancora impedito io ci vado, perchè anche se l'idea
di poter essere sparata di nuovo mi mette i brividi e mi fa venire la
nausea non voglio restare rinchiusa in casa tutto il tempo. La vita
deve continuare e poi, se qualcuno vuole uccidermi di certo non si
fermerà soltanto perchè non esco più di casa.
Mi
guardo allo specchio e noto delle occhiaie enormi, così ci passo il
correttore sperando di coprire almeno in parte la mia stanchezza.
Vorrei poter bere un caffè, ma poi mi verrebbe l'agitazione e sono
già abbastanza ansiosa. Ci manca solo il caffè!
Io
e mia sorella andiamo alla fermata del pullman, ma né io né lei
affrontiamo il discorso della sparatoria e da una parte è meglio
così, preferisco non parlarne.
Mentre
cammino mi guardo spesso intorno e ho come l'impressione di essere
seguita da qualcuno. Questa è pura paranoia, lo so. So che nessuno
mi insegue davvero, o almeno credo, però non riesco a
tranquillizzarmi.
Vedo
un signore seduto al tavolino del bar che mi fissa e poi ce n'è un
altro seduto in una panchina e mi fissa anche lui. Accelero il passo
e mia sorella è quasi costretta a correre per stare al mio passo, ma
nonostante tutto non dice niente.
Quando
arriviamo alla fermata ho quasi il fiatone e inizio a tremare di
nuovo. Mi sento male, sento che l'ansia mi assale e voglio soltanto
tornare a casa e chiudermi dentro. Quella di andare a scuola è stata
una pessima idea, ma ormai non posso tornare a casa, non avrebbe
senso, sono arrivata fin qua, tanto vale andare a scuola.
C'è
una macchina che passa e ripassa nel mentre che aspettiamo il pullman
e naturalmente l'uomo che guida mi fissa insistentemente. É
lui quello che mi vuole sparare, me lo sento è lui.
Arriva
il pullman e salgo il più velocemente possibile, ma quando vedo un
uomo seduto al mio posto il mio cuore perde un battito, poi lo
riconosco: è il commissario.
-E
lei che ci fa qui?- gli domando senza nemmeno salutarlo.
Lui
fa un sorriso, un meraviglioso sorriso.
-Era
questo che intendevo quando ti ho detto che forse è il caso che tu
inizi a darmi del tu, anche perchè altrimenti mi fai sentire
vecchio-
Mi
siedo affianco a lui e mi domando se mi farà da bodyguard fino a
quando tutto questo non sarà finito.
-Non
ho bisogno di te, sto benissimo, grazie.- mento spudoratamente.
Lui
alza un sopracciglio e mi guarda con uno sguardo serio.
-Ah
si? Quindi prima non avevi la sensazione di essere seguita
continuamente? Non ti guardavi intorno con aria impaurita?-
E
lui come faceva a..Ma certo!
-Erano
poliziotti, vero? L'uomo al bar, e quello della panchina e il tizio
in macchina.-
Lui
annuisce.
Fantastico!
A quanto pare la situazione è veramente grave se devo essere
costantemente seguita da poliziotti.
Non
ho nemmeno la forza di rispondere a Riccardo, sono talmente stanca
che non ho voglia di discutere.
-Mi
dispiace, ma dovrai veramente abituarti.-
Annuisco.
Infondo non è così male avere lui come guardia del corpo, in
qualche modo riesce a farmi sentire al sicuro, protetta.
-Non
hai dormito granché stanotte o mi sbaglio?-
Sorrido.
-Il
correttore per le occhiaie non fa miracoli.- rispondo.
-Dai,
prova a riposarti un po', appena arriviamo a scuola ti sveglio- dice
mentre fa cenno di appoggiarmi alla sua spalla.
Sono
talmente stanca che non ci penso due volte e così mi appoggio a lui
e chiudo gli occhi cercando di pensare esclusivamente alle cose belle
come ad esempio, il fatto che io sia ancora viva.