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Autore: _Dolphin_    10/09/2012    1 recensioni
Giada è una diciassette qualunque, che ama la musica, odia la scuola e fa tutto quello che fanno le persone normali, ma qualcosa cambia quando durante una normale giornata di scuola qualcuno spara in classe e Giada scampa alla morte per un soffio. Questa storia è fatta di lacrime, risate, affetti, amicizie, ma soprattutto ansia.
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi hanno tenuto per ore alla centrale di polizia e hanno chiamato i miei genitori che quando hanno saputo cosa era successo per poco non muoiono di infarto. Mi dispiace aver coinvolto anche loro, ma essendo minorenne devono essere per forza informati e quindi, ovviamente, sono venuti a sapere che in realtà l'obbiettivo ero io.
Ci hanno sottoposto a interrogatori infiniti e ci hanno fatto diecimila domande di ogni genere,ma non sono riusciti a scoprire niente di nuovo. Non abbiamo nemici, siamo sempre stati una famiglia unita, non abbiamo nessun precedente, i miei genitori fanno un lavoro tranquillo, insomma niente che possa far capire come mai qualcuno ce l'abbia con noi.
Il commissario ha mandato a casa i miei circa un'oretta fa, ma io sono dovuta rimanere per le ultime domande. Ha rassicurato i miei dicendogli che mi accompagnerà personalmente a casa.
Adesso sono seduta in attesa che esca dal suo ufficio e che mi porti a casa. Sono distrutta e spaventata e non vedo l'ora di buttarmi nel letto e farmi una lunga dormita, anche se sono sicura di non riuscire a chiudere occhio.
Ho smesso di tremare, è rimasta soltanto un po' di nausea. Penso di aver avuto un attacco di panico, cosa assolutamente comprensibile viste le circostanze, spero davvero di non iniziare a tremare di nuovo, è davvero orribile non poter gestire il tuo corpo, anche se, considerando come sarebbe dovuta andare oggi non mi lamento per un po' di tremore e nausea.
Chiudo gli occhi e inizio a pensare a cosa sarebbe realmente accaduto se fossi morta oggi. Chissà come avrebbero reagito i miei genitori e se si sarebbero messi a piangere oppure sarebbero stati forti e come glielo avrebbero detto a mio fratello di soli nove anni che la sorella non c'era più? E mia sorella? Lei come avrebbe reagito?
Sono talmente sovrappensiero che non mi accorgo che la porta dell'ufficio del commissario si è aperta e quando mi poggia una mano sulla spalla, mi spavento e automaticamente balzo in piedi.
Guardo il commissario con occhi sbarrati e faccio un profondo respiro mentre cerco di calmarmi.
-Mi scusi, ero sovrappensiero e non l'ho sentita arrivare-
-No, scusami tu. Dopo la giornata che hai passato oggi quella di metterti la mano nella spalla è stata una pessima mossa. Sei pronta per andare a casa?-chiede.
La sua voce e il suo modo di guardarti ti trasmettono sicurezza e calore. Questo commissario dev'essere davvero una persona stupenda, anche se sarebbe stato meglio non averlo mai conosciuto.
Durante il tragitto in macchina rimango in silenzio e lui lo spezza soltanto una volta con una semplice domanda.
-Vuoi sapere cosa succederà adesso?-
-Preferisco non saperlo- rispondo, anche se dentro di me so già cosa succederà. Continueranno le indagini, cercheranno testimoni, faranno tutti i rilievi possibili e bla, bla ,bla.
Arrivati in piazza mia, lui spegne la macchina e rimane in silenzio, vorrebbe dire qualcosa, ma non lo fa, forse per paura di spaventarmi ancora di più e io non voglio proprio sentire quello che ha da dirmi. Apro lo sportello e scendo.
-La ringrazio. Buonanotte- lo salutò senza nessuna emozione nella voce e chiudo lo sportello.
Sto per aprire la porta di casa quando lui abbassa il finestrino. Lo sento sospirare.
-Forse è il caso che tu inizi a darmi del tu. Buonanotte, Giada.- e se ne va.
Questa frase può significare solo una cosa e cioè che lo vedrò talmente spesso che sarebbe inutile continuare a chiamarlo commissario e dargli del lei e mi sento invadere dallo sconforto. Proprio come avevo immaginato.
Nonostante siano le dieci passate i miei mi stanno aspettando in cucina e stanno parlando tra di loro, ma quando entro interrompono il loro discorso e vengono ad abbracciarmi, mentre io scoppio a piangere tra le loro braccia.

Stanotte non ho chiuso occhio, sono riuscita ad addormentarmi alle cinque e mezza e un'ora dopo mi sono dovuta alzare per andare a scuola. Non so se quella di andare a scuola, sia una buona idea, ma dal momento che nessuno me lo ha ancora impedito io ci vado, perchè anche se l'idea di poter essere sparata di nuovo mi mette i brividi e mi fa venire la nausea non voglio restare rinchiusa in casa tutto il tempo. La vita deve continuare e poi, se qualcuno vuole uccidermi di certo non si fermerà soltanto perchè non esco più di casa.
Mi guardo allo specchio e noto delle occhiaie enormi, così ci passo il correttore sperando di coprire almeno in parte la mia stanchezza. Vorrei poter bere un caffè, ma poi mi verrebbe l'agitazione e sono già abbastanza ansiosa. Ci manca solo il caffè!
Io e mia sorella andiamo alla fermata del pullman, ma né io né lei affrontiamo il discorso della sparatoria e da una parte è meglio così, preferisco non parlarne.
Mentre cammino mi guardo spesso intorno e ho come l'impressione di essere seguita da qualcuno. Questa è pura paranoia, lo so. So che nessuno mi insegue davvero, o almeno credo, però non riesco a tranquillizzarmi.
Vedo un signore seduto al tavolino del bar che mi fissa e poi ce n'è un altro seduto in una panchina e mi fissa anche lui. Accelero il passo e mia sorella è quasi costretta a correre per stare al mio passo, ma nonostante tutto non dice niente.
Quando arriviamo alla fermata ho quasi il fiatone e inizio a tremare di nuovo. Mi sento male, sento che l'ansia mi assale e voglio soltanto tornare a casa e chiudermi dentro. Quella di andare a scuola è stata una pessima idea, ma ormai non posso tornare a casa, non avrebbe senso, sono arrivata fin qua, tanto vale andare a scuola.
C'è una macchina che passa e ripassa nel mentre che aspettiamo il pullman e naturalmente l'uomo che guida mi fissa insistentemente. É lui quello che mi vuole sparare, me lo sento è lui.
Arriva il pullman e salgo il più velocemente possibile, ma quando vedo un uomo seduto al mio posto il mio cuore perde un battito, poi lo riconosco: è il commissario.
-E lei che ci fa qui?- gli domando senza nemmeno salutarlo.
Lui fa un sorriso, un meraviglioso sorriso.
-Era questo che intendevo quando ti ho detto che forse è il caso che tu inizi a darmi del tu, anche perchè altrimenti mi fai sentire vecchio-
Mi siedo affianco a lui e mi domando se mi farà da bodyguard fino a quando tutto questo non sarà finito.
-Non ho bisogno di te, sto benissimo, grazie.- mento spudoratamente.
Lui alza un sopracciglio e mi guarda con uno sguardo serio.
-Ah si? Quindi prima non avevi la sensazione di essere seguita continuamente? Non ti guardavi intorno con aria impaurita?-
E lui come faceva a..Ma certo!
-Erano poliziotti, vero? L'uomo al bar, e quello della panchina e il tizio in macchina.-
Lui annuisce.
Fantastico! A quanto pare la situazione è veramente grave se devo essere costantemente seguita da poliziotti.
Non ho nemmeno la forza di rispondere a Riccardo, sono talmente stanca che non ho voglia di discutere.
-Mi dispiace, ma dovrai veramente abituarti.-
Annuisco. Infondo non è così male avere lui come guardia del corpo, in qualche modo riesce a farmi sentire al sicuro, protetta.
-Non hai dormito granché stanotte o mi sbaglio?-
Sorrido.
-Il correttore per le occhiaie non fa miracoli.- rispondo.
-Dai, prova a riposarti un po', appena arriviamo a scuola ti sveglio- dice mentre fa cenno di appoggiarmi alla sua spalla.
Sono talmente stanca che non ci penso due volte e così mi appoggio a lui e chiudo gli occhi cercando di pensare esclusivamente alle cose belle come ad esempio, il fatto che io sia ancora viva.

   
 
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