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Autore: Pendragon of the Elves    10/09/2012    4 recensioni
Non era una bambina forte. Forse un giorno lo era stata ma da quando era in quell'orfanotrofio aveva perso ogni volontà di combattere: la sua autostima e la sua considerazione di se stessa erano in frantumi nel suo giovane cuore. La sua vita era un incubo: ogni speranza di felicità sembrava persa. Per fuggire alla sua dolorosa realtà si rinchiudeva sempre più in se stessa ogni giorno che passava, nacondendosi dai bambini crudeli che l'avevano distrutta facendola scivolare in un'apatia solitaria. Non aveva nessuno al mondo.
Così dal suo mondo dell’impossibile, seduta su colline invisibili, aspettava. Cosa? Non lo sapeva bene nemmeno lei. Scivolava, così, insensibile negli anni delle sua vita, lasciandola scorrere via lentamente fino al giorno in cui l’avrebbe lasciata del tutto. Voleva soltanto che qualcosa la portasse via di lì, fosse stata anche la morte non si sarebbe voltata indietro. E invece, arrivò Watari...
La storia di una bambina, senza nome e senza passato a cui viene offerta la possibilità di crearsi un futuro. Ma ce la farà lei, così debole e insicura, a trovare la sua strada senza perdersi tra le fulgenti stelle della Whammy's House?
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Warm Soup
 

Furono condotte in una stanza attigua al salottino dove erano state fatte entrare.
L’arredo era un po’ più moderno rispetto alle altre stanze per le quali erano passate ma il materiale principalmente utilizzato era comunque il legno e su tutto dominavano colori caldi. Era piuttosto piccola ed appartata, con delle credenze alle pareti e un grande tavolo di legno al centro. Omicron era piuttosto piccola e minuta e succedeva spesso che il mobilio la facesse sembrare più bassa di quello che fosse ma, questa volta, la colpa non era delle sue dimensioni, ma di quelle del tavolo. Rispetto ad un normale tavolo da lavoro o da pranzo, questo era molto alto, tanto che, per sedere, c’erano degli alti sgabelli di legno. Non si capiva bene che razza di stanza fosse o, almeno, quale fosse la sua principale funzione ma molti dettagli facevano pensare che fosse una sala da pranzo.
Era una cosa strana in un orfanotrofio, avere una stanza di quelle dimensioni adibita ai pasti: decisamente troppo piccola perché tutti i bambini potessero mangiarci. Eppure ad aspettarle su qual tavolo, illuminati da un lampadario pendente color arancione, c’erano, come offerte su un altare, tre generosi piatti di quella che sembrava zuppa fumante. Anche se dalla sua misera altezza non riusciva a scorgere il contenuto dei piatti, l’odorino invitante che si levava da essi compensava tutto ciò che i suoi occhi non scorgevano.
«Spero che la minestra vi piaccia: un pasto caldo dovrebbe farvi bene dopo il freddo che vi siete prese per venire qui. E poi le verdure sono più sane di altre porcherie. Ora, accomodatevi e mangiate pure: le vostre compagne scenderanno a momenti e vi faranno compagnia».
«Co-compagne?», chiese Omicron, titubante. Prima aveva sentito che Roger aveva detto ad un ragazzo di andare a chiamare  delle compagne ma pensava che intendesse solo avvisare gli altri bambini del loro arrivo.
«Sì, le vostre compagne di stanza», fece sbrigativamente Roger, «Ora, se volete scusarmi, ho del lavoro da fare. Buon appetito!». E così dicendo, si defilò in fretta chiudendo la porta.
Le tre si guardarono con aria interrogativa. Era un ben strano comportamento da parte di un direttore lasciarle lì da sole in una cucina. Senza contare che erano appena arrivate e non avevano famigliarità col posto. Ma la cosa che più turbava Omicron, era il fatto che di li a poco sarebbero arrivate le loro compagne. Sperò caldamente che avessero di meglio da fare che guadare tre nuove arrivate che si sorbivano una zuppa.
Niky, si sedette su uno sgabello, al capo apparecchiato della tavola. Fi le si sedette accanto da un lato del tavolo e Omicron, fronteggiandola, dall’altro. Anche se un po’ impacciata a confronto con la compostezza di Niky, si accomodò sullo sgabello –che la innalzava ad un’altezza quasi vertiginosa- e fissò finalmente la zuppa verde dinnanzi a loro. Nel denso brodo, giacevano sottili fette di zucchine e riso. Solo guardando quel tesoro sommerso si rese conto di quanta fame avesse: non sapeva a proposito delle altre due, ma lei non mangiava decentemente da quella mattina.
Portò un cucchiaio colmo di minestra alle labbra, ci soffiò delicatamente sopra e poi lo mise in bocca. Quasi arrossì. La minestra era davvero caldissima, ma non era per questo: il sapore era così buono e morbido da scaldare perfino il cuore. Ed il suo era tristemente abituato ai freddi e grigi cibi insapori del suo vecchio orfanotrofio. Non che il cibo fosse cattivo ma la tutto sembrava avere un sapore, un odore e un colore peggiore: vivendo in quel posto lei si era spenta, come si era spenta la sua capacità di godere delle gioie della vita. Era come un solo sorso di quella minestra avesse avuto il potere di farla rinascere. E questo solo il primo assaggio: quanti altri sapori le avrebbe riservato quel posto straordinario? Una sola cucchiaiata ebbe il potere di infonderle un po’ più di coraggio in corpo in vista dell’incontro con le loro nuove compagne.
Il suo sguardo si posò su Niky e Fi, che mangiavano tranquillamente la minestra. Era evidente dai loro sguardi che anche loro stavano pensando a ciò che pensava lei: leggeva nei loro occhi ombre di speranze, aspettative e timori. Erano molto meno ansiose ma, per il resto, sembravano pensare come lei. La cosa le diede un po’ fiducia. Ma sì: non c’era nulla di cui avere paura. Dopotutto, era già sopravvissuta all’incontro con loro due. E fronteggiare uno sguardo di pietra come quello di Niky era un’impresa.
In quel momento si sentì uno scalpiccio fuori dalla porta e un confuso vociare di bambine. Parlavano a voce abbastanza alta e riuscirono a distinguere un paio di parole.
«…e vedi di non spaventarle!».
«E tu non assillarle!».
La porta si aprì con notevole slancio e due bambine entrarono nella stanza. Le fissarono come si potrebbe fissare un militare armato ad un convegno per la pace mondiale.
Assieme erano un’accoppiata davvero singolare, perché per alcuni aspetti si somigliavano, per altri parevano opposte. Una era una ragazzina esile e bionda, con capelli dorati raccolti in una coda alta che le sfiorava le spalle come la scia di una cometa. Il visino era elegante, come quello di una bambola di porcellana, con un sorriso un po’ furbetto di chi la sa lunga, un bel nasino alla francese e due luminosi occhi azzurri. L’altra, un po’ più robusta, aveva un faccino rotondo, incorniciato da una quantità generosa di gonfi capelli castani, i ciuffi laterali erano legati ai lati del viso in due corte codine, il resto era sciolto ed arrivava alla fine del collo della ragazza in un caschetto scarmigliato, mentre una frangetta le copriva la fronte. Le guance erano squisitamente rosate, il suo sorriso era sincero ed entusiasta. Al centro del volto c’era un nasetto a patatina e, sopra di questo, gli occhi più grandi e luminosi che avesse mai visto. Solo dopo si sarebbe accorta che erano di colori diversi.
«Ciao!», esclamarono in coro, i loro volti quasi interamente occupati dai larghi sorrisi: sembravano delle piccole testimonial di una pubblicità di dentifrici.
Omicron riusciva quasi vedere una sorta di aura luminosa attorno a loro: sprizzavano entusiasmo da tutti i pori. Una tale manifestazione di felicità le disorientava alquanto dato che erano stanche ed quasi incapaci di ideare pensieri più complessi di “zuppa” o “letto”. Senza contare la preoccupazione per l’incontro con le compagne di stanza: si trovavano a vivere quell’istante in cui le aspettative del loro cervello intorpidito andavano a cozzare troppo all’improvviso con una realtà dirompente che le mandava in mille pezzi e non sapevano ancora come reagire allo svanire di tutte le loro fantasie, se cominciare a temere o essere grate del fatto che fossero andate in fumo. In quel momento, Niky aveva un’espressione talmente spiazzata che ci si sarebbe aspettati le fosse caduto il cucchiaio di mano e avesse fatto schizzare la minestra: sembrava dire “mi state prendendo in giro?”.
«Scusate per l’interruzione, non sapevamo a che ora sareste arrivate!», continuarono imperterrite.
«Già», fece la bimba coi codini che, tra le due, pareva quella più paurosamente esuberante, «cioè, insomma… sapevamo che sarebbero arrivate delle compagne ma non sapevamo quando. Poi adesso sono venute a chiamarci dicendo che eravate arrivate ed io ero tipo “ma che diavolo…?”. Credevo fosse uno scherzo e invece poi era vero davvero!».
«Sì, sì: cerca di tirare fiato altrimenti mi muori asfissiata sul posto!», le fece la bambina bionda.
Poi si rivolse a loro, sorridendo:«Con questa qui», fece accennando all’amica, «dovremmo fare ogni volta le prove per un discorso altrimenti è capace di divagare per ore».
«E per questa qui dovremmo sottoporci a due mesi di prove prima della comparsa ufficiale», fece l’altra, ironica.
«Comunque, questa volta non abbiamo avuto il tempo di farlo: abbiamo appena scoperto che eravate arrivate».
«Circa cinque minuti fa. E il bello è che io ero già andata a preparami e ho pure dovuto andare a cercare in lungo e in largo questa qui che si era dispersa chissà dove e…».
«Io mi chiamo Nicole», la interruppe la bionda, «e la pazza schizzotica qui è…».
«Io sono Ichigo», esclamò gioiosamente la bimba scarmigliata, togliendosi la mano della compagna dalla bocca, «lieta di fare la vostra conoscenza!».
«Vi dispiace se ci sediamo con voi?», chiese Nicole.
«N-no, figurati…», fece Niky un po’ esitante: era ancora visibilmente provata dallo scontro con quelle dirompenti personalità.
Nicole si sedette accanto a Fi mentre Ichigo balzò accanto a Omicron. Lo slancio, assolutamente esagerato, fece ondeggiare pericolosamente lo sgabello.
«Waaah!».
Omicron vi poggiò velocemente una mano sopra, fermandolo.
«Fuih… grazie!», sospirò con sollievo Ichigo grattandosi la testa, imbarazzata. Poi, guardando nei loro piatti: «Uh, minestra, eh? Non è il massimo per un’accoglienza ma questa è davvero buona, a mio parere!».
«Voi non mangiate?», chiese Niky.
Ichigo rise. «No abbiamo già cenato… ma avete una minima idea di che ore siano?».
«In effetti, no…».
«Sono le undici di sera».
«Oh».
«Vi teniamo solo un po’ compagnia», disse Nicole.
«E che compagnia!», esclamò Ichigo, «siete alla presenza della più grande intrattenitrice del mondo, signore e… signore: Ichigo, l’unica acrobata senza il minimo senso dell’equilibro che affronta numeri pericolosissimi senza rete!». E mentre mimava l’atto di restare in equilibrio su una trave, quasi si sbilanciò davvero provocando l’ilarità generale.
Risero davvero tanto quella sera. Omicron rise come non aveva mai riso in vita sua e come pensava non le sarebbe mai accaduto. Si divertiva così tanto che non faceva più, come le veniva tristemente spontaneo, confronti con la sua vita passata o dubbiosi pensieri sul futuro: ora vedeva solo il presente e si stupiva di quanto fosse bello. Perfino la stanchezza sembrava essersene andata. La presenza di quelle due bambine era davvero ristorante, come una sorta di calda zuppa. Avrebbe potuto restare per ore a crogiolarsi in quel brodo dorato, dove tutto il dolore svaniva e regnava suprema solo l’effimera allegria del momento. Ma, si sa, quando ci si diverte, il tempo passa molto più in fretta.
Quasi si spaventò quando sentì un orologio a pendolo suonare la mezzanotte.
«Accidenti che tardi!», fece Nicole, «è ora di andare a dormire. Datemi i vostri piatti».
Le tre le porsero i piatti vuoti e la bambina bionda scomparve con essi in una stanzetta attigua che si presupponeva essere un cucinino.
«Venite», fece Ichigo, «vi facciamo vedere la stanza e i vostri letti».
Solo al suono di quelle dolci parole si resero davvero conto di quanto fossero terribilmente stanche.
«Ah giusto!», fece Ichigo mentre salivano le scale, «non vi abbiamo ancora chiesto i vostri nomi».
«Io sono Niky».
«Io sono Fi».
«Io… Omicron».
E nella soffusa penombra di quella rampa di scale, pronunciò per la seconda volta il suo nuovo nome. Solo dopo si rese conto che era anche la prima parola che aveva detto da quando era entrata in quell’orfanotrofio.




                                                 




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Lo so, sono in ritardo spaventoso ma ho avuto un sacco di impegni e molte complicazioni, il tutto condito con una spruzzata di lezioni di chitarra, una generosa spolverata di compiti da finire e qualche funerale qui e là.
Devo ammettere, che non sono nemmeno andata più avanti a scrivere quindi i capitoli che ho già nel computer ci tengo a somministrarveli regolarmente: spero mi perdonerete se la storia procede così lentamente. Ora, non possiamo più mentire, sta per iniziare la scuola e non avrò molto più tempo per scrivere. Il motivo per cui non l'ho fatto finora è che ho avuto un piccolo momento di incomprensione con la storia: ad un certo punto, dopo aver preparato il titolo del nuovo capitolo, le mie mani sono rimaste a volteggiare sopra la tastiera come avvoltoi affamati, in disperata ricerca di parole che non sono venute. Piuttosto che forzare qualche schifezza dalle mie mani, ho preferito fermarmi e chiedermi davvero cosa voglio da questa storia. Alla fine, forse l'aria di autunno che sta per arrivare mi ha portato consiglio e ho ripreso fiducia in questa storia, ho ripreso fiducia nella piccola Omicron che, finalmente, mi ha svelato come si comporterà quando conoscerà gli altri. A proposito di questo: come avrete immaginato, sarà una parte difficoltosa da scrivere, senza contare che richiede un mucchio di personaggi originali e diversi, quindi… beh, mi spaventa un pochino. Senza contare che ho quasi esaurito le idee. Per questo mi appello a voi recensori (e alla vostra clemenza xD): vi chiedo solo di avere un po' di pazienza, rilassarvi, e godervi i prossimi capitoli come dei cucchiai di zuppa calda: una piccola evasione dalla scuola e degli assaggi di autunno che pian piano arriverà. Sarà il nostro piccolo momento magico (e spero di riuscire a renderlo bene! °_°). In attesa, vi propongo una cosa: ditemi voi che tipo di OC volete oppure che tipo di scene volete che inserisca nella storia. Se mi ispireranno, li inserirò pure. Vi avverto, però: siamo a corto di ragazzi, quindi puntate si quelli! ;) E mi raccomando: non devono avere tutti la stesse età. Ovviamente, alla fine, dirò chi mi ha consigliato il personaggio (e lo ringrazierò dovutamente). Avete ancora almeno 5 o 4 capitoli di tempo: se non me lo scrivete nelle recensioni, mandatemi dei messaggi privati.
Ringrazio in anticipo quelli che vorranno aiutarmi e, ovviamente, tutti quelli che leggono questa storia. Un pensiero anche alle straordinarie ragazze che mi hanno ispirato/consigliato i personaggi di Ichigo e Nicole e un abbraccio forte ad Hamber of the Elves e a Eru Roraito che hanno sopportato i miei sfoghi sulle mie mille frustrazioni. Grazie a tutti! ^ ^

La vostra ponderante insicura,
Pendragon of the Elves



P.S.: Auguro a tutti quelli che condividono la mia sventura un felice (per quanto possibile) ritorno a scuola. (ugh! D:)
  
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